La traditrice

di
genere
etero

"No che non sono felice!"
Cosi mi veniva da rispondere. Invece, cosi come si fa con chi non si conosce o si conosce da poco, o persino si conosce solo cosi, per lavoro o per parentela, o per prossimità, risposi. "Sai... L felicità non esiste, sono momenti che non si ricongiungono mai...". Chiaramente, in testa mi venivano mille slogan che riguardavano la felicità; dai pensatori europei ai saggi orientali. "Interessare" é la priorità quando si vuole colpire. Un uomo solo che va in un locale vuole colpire. "Interessare" dal vestito al colloquiare. Avevo certi amici che addirittura recitavano delle battute apprese a memoria per sembrare più interessanti o colti quando incontravano una donna. Fortunatamente, la mia cultura era abbastanza vasta da poter "interessare" senza ricorrere a certi artefici. Risposi vagamente alla donna che praticamente mi aveva "apostrofato" da una quindicina di minuti. Era vestita a modo, solo a modo. E quindi, non dava nell'occhio. Senza trucco, vestiti lunghi e larghi che non lasciavano indovinare quale fosse il suo fisico. Le sue mani però erano ci un curato che risaltava. Difatti, lei ebbe la mia attenzione quando le vidi le mani. Forti, affusolate, decise, belle. Cominciavo a scocciarmi dalla sua presenza ma dalle sue mani passai al suo viso. Benché non avesse alcun trucco ed i cappelli sparsi quasi sulla metà del viso, notai che era molto carina. Mi venne istintivo guardarle il corpo e lei rise provocandomi imbarazzo. Imbarazzo che passò subito quando lei chiamò il barista ed ordinò da bere per entrambi pagando subito. Mi ero levato due dubbi; che non fosse li a scrocco, e che non era niente male.
Brindammo e ci presentammo.
"Monica" mi chiamo disse. "Io sono Muhamad" le risposi. La sua mano e la mano si strinsero e potei constatare che oltre ad essere belle, aveva delle mani meravigliose. Mi imbarazzai di nuovo per quel breve contatto e cominciamo a parlare.
Monica non parlava come le altre. O meglio, come gli altri. Lei non faceva domande. Parlava, ed in modo istintivo, ti agganciavi a quel che aveva detto, e poi cosi via all'infinito. Ridemmo come due bambini quella sera e dacché sarei dovuto stare poco in quel pub, ci passai la serata e la prima parte della notte. Stentavo a lasciare Monica, era come se qualcosa mi trattenesse li con lei, una cosa non propriamente fisica, ma mentale. "Cosa fai domani? Devo rientrare che domani ho una riunione del consiglio di amministrazione". Cosi, Moncai mise fine alla serata. Ci salutammo e ci dirigemmo verso l'uscita. Barcollavo un pò, tuttavia riesci a prendere la macchina e nel giro di mezz'ora raggiunsi casa. Misi la macchina in garage ed apri il portone del palazzo. Mentre stavo girando la chiave sentii una macchina fermarsi alle mie spalle. A quell'ora, non c'erano macchine in giro, specie nel parco dove vivevo. E dunque mi girai a guardare. Era lei, Monica. Non mi aveva ancora visto, stava pagando il tassista. Rimasi un attimo in sospeso con le chiavi nella topai della serratura e pensai che mi avesse seguito. "Che ci fai qui?" Le chiesi con la voce davvero sorpresa. Appena mi vide ebbe una reazione straordinaria. Cacciò un urlo infinito e cosi potente che il tassista che era già a cento metri lo senti e fece immediatamente marcia indietro. Qualche finestra si illuminò e qualcuno si affacciò mentre la donna stava continuando ad urlare ed a mostrarmi col dito. In un lasso di tempo, fui circondata da gente che veniva da non so dove. Fui accerchiato da facce minacciose mentre qualcuno andava dalla donna che era sotto choc e singhiozzava senza riuscire s spiegarsi. La polizia arrivò in brevissimo tempo, il che fu per me una manna del cielo. Il numero di coloro che mi avevano accerchiato aumentava sempre di più, e le loro intenzioni non erano buone. Persino chi mi conosceva perché abitavo nel quartiere da anni si smarcò con delle frasi del tipo " Mi é sempre puzzato questo tipo... ma poi sai, con i migranti non si sa mai, é gente imprevedibile". Chi non mi conosceva invece era più diretto. "Dovremmo rimandare tutti questi ladroni e fannulloni indietro esattamente come sono venuti".
Rimanevo zitto. Era da quando vivevo in Italia che avevo a che fare con imbecilli. Gente frustrata in cerca di una ragione per contare e che nella migrazione individuano una vittima disegnata perché incapace di difendersi. Con gli imbecilli, il silenzio é davvero di oro. Poiché l'imbecille npn capisce, é inutile spiegarli. E dunque rimasi muto fino all'arrivo della polizia che all'inizio ed inspiegabilmente fu rude con me. Persino mi visero le manette e mi fecero accomodare nel retro della volante mentre cercavano di tenere a bada una folla sempre più numerosa. Nel frattempo, due donne poliziotte arrivate da chissà dove erano vicino a Monica che sei era calmata e cercava di spiegare. Poi, le poliziotte parlarono con altri poliziotti che mi guardarono con degli occhi assassini. La cosa peggiore di quella notte, é che non mi chiesero nulla. Fui portato alla centrale. In tutto questo bordello, nessuno mi aveva tolto le chiavi del portone...
"Sono dieci anni che abito in quel palazzo, e sono cinque anni che almeno quattro volte a settimana vado in quel pub". Non smettevo di ripeterlo agli ispettori che si guardavano increduli. La donna aveva detto di essere stata seguita dopo il nostro incontro al pub. Tutto qui. Gli ispettori che si erano resi conto dopo pochi minuti della persone che ero; perbene, erano confusi in scuse travestite. Potei sentire da dove ero quando uscirono che strigliarono i due agenti della volante che mi aveva portato. Ero molto stanco, e dispiaciuto. Chiesi di essere riaccompagnato a casa se possibile. I due agenti che mi avevano interrogato mi proposero di farmi dare il passaggio ma rifiutai a chiamai un tassi. Durante il tragitto, qualche lacrima scese lunga la mia guancia. Quella dentro di me, avrebbe raggiunto un immenso lago.
C'era ancora qualcuno per strada quando tornai. Credo la verità si fosse diffusa dopo la mia partenza. Ora mi guardavano dispiaciuti. Non mi interessava, ne la loro compassione, ne la loro pietà, ne la loro opinione. Volevo solo andare a casa, il giorno dopo, avrei lavorato.
Apri il portone e mi precipita dentro il mio appartamento. Sentii di essere arrivato. Arrivato in quel posto dove niente ti può più toccare; ne la cattiveria umana, ne quella di Dio. Accesi la Tv come facevo sempre mentre mi spogliavo ed andavo in bagno. Le notizie erano le stesse, cosi come la casa era rimasta uguale. Solo gli eventi cambiavano. Mi correggo, anche nell'intimo qualcosa si muoveva. Mentre ero seduto sul gabinetto, le lacrime trovarono un altra volte la via e mi travolsero. Questa volta, mi lascia andare a veri e propri singhiozzi. "Non é giusto" era il pensiero ricorrente. Poco dopo, mi misi al letto, ma ovviamente, non riuscii a chiudere l'occhio. I raggi dell'alba entrarono nella mia stanza senza nessun permesso ed occuparono i spazi riservati al buio della notte. Giorno, é giorno. Mandai un messaggio al mio capo scusandomi del fatto che non sarei andato al lavoro e rimasi al letto ad osservare il giorno cosi impudente e sfrontato da arrivare senza invito. Mentre stavo pensando a preparare un caffè o a meno, sentii bussare alla porta. Non avevo idea di chi potesse essere, poco mi interessava, volevo stare con me, e per me. Ma chiunque fosse, era un maleducato. Per oltre mezz'ora, senti il fastidioso suono di qualcosa che urtava contro la porta. Forse una chiave. Mi alzai a fatica ed andai a sbirciare nello spioncino. Era Monica.
La riconobbi perché avevo passato la notte a pensare a lei. Tutta la notte, Monica era stata un incubo ad occhi aperti. Non avrei dovuto parlarle mi ripetevo senza sosta. Ed ora Monica stava bussando alla mia porta. Era talmente diverso. Vestita elegante ma sexy con un vestito nero che le plasmava le forme in modo sublime, truccata, la bocca rossa quanto la sua borsetta. Portava un foulard legato sui cappelli e due grandi occhiali neri. La differenza col giorno di prima era cosi grande da lasciarmi senza respiro.
Monica dovette sentire qualcosa dietro la porta. "Sei li?" Chiese. Trattenni il respiro e cominciai ad allontanarmi piano. Non so nemmeno perché lo feci, ma lei parlò di nuovo. "Ti prego, sono mortificata, apri, ho bisogno di parlare con te."
Quello era il momento in cui forte della ragione avrei potuto fare il "bambino" e chiedere "cosa vuoi?". Ovviamente imprimendo alla voce un tono di rabbia e risentimento. Non lo feci. Mi fermai ad aspettare per qualche altro tempo ma la donna non se ne andava. Poi andai ad aprire e mi misi sullo stipite della porta. Lei mi guardò dopo aver fatto un paio di passi all'indietro e poi cominciò a farfugliare cose incomprensibili. Da sotto gli occhi, parlarono due grosse lacrime. "Ti prego" si mise a ripetere all'infinito. Qualche porta nel corridoio si apri, e mi senti imbarazzato. "Vieni" le disse, e chiusi la porta dietro di lei quando entrò. Si teneva le mani l'un l'altra come i bambini quando commettono un guaio. La testa bassa, i piedi giunti, cercava di farsi piccola. "Siediti" le disse prima di proporle un caffè o un tè. Accettò il tè ed andai un attimo a mettere il bollitore sul fuoco. "Non sai quanto mi dispiace... mi sono impressionata nel vederti con le chiavi in mano ad aprire il portone dopo averti conosciuto al pub... È una coincidenza, ma purtroppo ho avuto esperienze nel passato che mi hanno segnata a vita...."
Monica telava di giustificarsi. Era comprensibile. Ero cosi stanco e demoralizzato che le scuse non mi bastavano. Era inutile spiegarle che la mia più gran delusione erano stati i vicini, che pur conoscendomi hanno reagito cosi senza capire nemmeno la dinamica della situazione. Avevano preso partito a prescindere, il che in Italia é legge, ma non in casi del genere. Non volevo accettare che nessuno mi avesse chiesto cosa fosse successo, che la polizia mi abbia portato via senza nemmeno ascoltare ciò che avevo da dire. Come spiegarlo a Monica senza rabbia ne risentimento? Col mondo, non con lei, lei era stata un tramite, il triate dell'odio. Mentre parlavo, avevo messo la mano sulla parte superiore del bollitore, non mi resi conto che stavo bruciandomi la mano, non sentivo dolore. Fu la mano di Monica a spostare la mia da li. "Faccio io" disse dolcemente. Andai a sedermi sul divano e stavo per dirle dove stavano le cose quando mi accorsi che aveva già fatto. Monica si sedette affianco a me. Non parlava più, non mi guardava, di tanto in tanto, beveva dalla sua tazza. Mi addormentai cosi, e mi sveglia con la testa poggiata sulle sue cosce a mò di cuscino. Stavo per alzarmi quando disse " tranquillo" accarezzandomi la testa e le guance. Una strana sensazione mi invase, di pace e serenità, ma non solo. Guardando verso il mio basso ventre, mi resi conto di avere una formidabile erezione. Mi vergognai e feci per alzarmi quando Monica ripeté la stessa frase con tranquillità "tranquillo...".
No che non ero tranquillo con il mio arnese in tiro e la testa poggiata sulle gambe di duna donna per cui avevo rischiato il linciaggio. Ma ci stetti, e feci bene.
Lentamente, dalla mia testa rasata, la sua mano continuò ad accarezzarmi scendendo dalle guance, il collo, il torace dove si attardò un pò, per poi arrivare al pube. Le sue unghie sporgente si posavano con delicatezza sulla mia pelle e sembravano lame di ferro e di ghiaccio insieme che si conficcavano nelle mie carni. Era un tocco bellissimo, una sensazione meravigliosa. Monica sorrideva guardando il mio corpo. " Sei bello disse", giusto prima che la sua mano si infilasse nei pantaloni della tuta che usavo per dormire. Sussultai elettrizzato. Semplicemente, la sua mano mi prese il pene, e rimase li, senza muoversi, come ad ascoltare il battito delle mie speranze. Monica chiuse gli occhi e rimase col mio pene in mano per molti minuti, il tutto in silenzio. Non sapevo se muovermi o a meno, se rompere la magia di quel momento, o starci ed aspettare il seguito, qualunque fosse.
Il seguito fu l'altra mano che segui la prima scostando la tuta e svelando il mio pene che sussultava nella sua mano. Con tutte le due mani, prese a masturbarmi guardando come se fosse in estasi. Il suo movimento era fluido e piacevole... una mano che saliva ruotando mentre l'altra scendeva col movimento inverso. Leggero ma deciso. Ritrasse le due mani e se li portò in bocca. Sputò su entrambe le mani e le riporta sul mio pene che già sentiva la nostalgia. Le sue mani sembravano piu calde, erano scivolose, ancor piu piacevoli. Mi scappò un gemito e lei mi guardò negli occhi accennando un sorriso. "Mi dispiace davvero..." Disse guardandomi negli occhi. "Non fa niente" dissi. D'altronde, che avrei potuto dire?
Monica mi fece togliere la maglietta ed il pantalone della tuta. Non avevo aperto le finestre ed il sole lasciava la camera non buia ma nemmeno illuminata. Un ambiente piacevole. Monica si strinse a me e il contatto del suo corpo, il suo odore, la sensualità che emanava, forse qualcosa in più che veniva dalla sua anima stessa, fui estasiato.
Eppure di donne ne avevo avute, conosciute, possedute. In compagnia di altre, o da solo con più di loro, non avevo sprecato la mia vita nella divisione che avviene nell'umanità per i valori si o i valori no. Anche l'amore conoscevo. Ma questa sensazione destata da Monica era una cosa sino ad allora mai provata. Forse per la tensione degli avvenimenti della notte, non saprei, ma il contatto con lei fu premessa del paradiso. Monica mi spinse sul letto e si inginocchiò tra le mie gambe. Il suo rossetto doveva essere del genere di quelli che non si cancellano perché non era per niente intaccato. Prese il mio membro in bocca e temetti per un attimo di aver goduto tanta fu bella la sensazione. Una sensazione che andava crescendo man mano la sua bocca andava e veniva sulla mia verga. La sua mano attaccata alla base che accompagna la sua testa era un tocco a dir poco quasi alieno. Chiusi gli occhi per assaporare meglio la sua bocca e dovetti trattenermi per non esploderle in bocca. Lei si toccava. La guardai bene. Sotto il vestito che si era tolta, era nuda, tra le gambe, un piccolo e distretto ciuffo scuro. Le sue dita sfioravano il suo clitoride, andavano alla vagina a raccogliere un po' di umido di piacere per poi tornare li riprendendo il ballo della goduria. Monica venne con me in bocca. La sua lingua premette contro il mio cazzo comprimendolo nella bocca e facendomi vivere sensazioni mai nemmeno sognate. Monica venne per un lungo tempo continuando a toccarsi e col mio cazzo in bocca. Era cosi tesa che potevo distinguere ogni muscolo del suo corpo. Non so come mai non venni. Dopo un pò, tenendo sempre la mia verga tra le mani, vi si sedette sopra. Stavo per dire "ma il preservativo?", ma non feci in tempo. Ero in paradiso. Era cosi bollente da quasi bruciarmi. Non esagero, aveva la figa di fuoco, lubrificata a dovere, elastica, piena, goduriosa, in cerca. Monica rimase sopra di me appena se lo infilò dentro per un minuto almeno. Spingeva verso il basso e tremava come se in preda alle trance. Vibrava, e con lei, la sua figa, e di conseguenza, il mio cazzo. Vibravo di lei senza che si muovesse, ed era una cosa immensa, nuova, bella da morire.
Poi prese a muoversi, a ballammo assieme, una danza meravigliosa, un feeling perfetto. Le nostre arti si fondevano per dare vita ad un entità unica, eravamo pervasi da brividi, immersi in una sensazione dove solo Bacco sa dov'é.
Feci alzare Monica e la misi a carponi. Era bellissima. La curva della sua schiena era perfetta, il suo sedere tondo e sodo, il profilo da Dea che era. La penetrai lentamente, guardandomi sparire poco a poco dentro di lei. La presi con lentezza, ma certezza, e decisione. Cominciai a muovermi dentro di lei guardando il mio membro che entrava inesorabilmente ed usciva con altrettanto inesorabilità portando con se centimetri di vagine che si avvolgevano come ad impedire che se ne vada. Ma tornava il mio cazzo dentro di lei, senza sosta, ed ogni centimetro per me errano miglia di sensazioni. Monica gemeva, aveva gli occhi chiusi. Quando con la mano le appoggiai le dita sul clitoride mentre continuava lo stesso movimento, sospirò rumorosamente e quasi comincio a mordersi le labbra. La sentii godere di nuovo ancor prima che un getto caldo mi raggiunse tra le palle inondando il mio letto. Dalla sorpresa feci per tirarmi indietro ma le sua mani si attaccarono al mio sedere spingendo verso di lei mentre squirtava cercando di non urlare. Quando smise, mi tenne fermo dentro di lei. Rimanemmo cosi per altri minuti prima che cominciò di nuovo a muovere il sedere attorno al mio pene. Poi, con uno delle sue dita con le unghie lunghe, cominciò a toccarsi l'ano... Nel giro di pochi minuti, ero dentro di lei. Il contrasto del mio cazzo nero nel suo ano rosa, le mie mani nere sul suo sedere bianco, eppure non era la prima volta per me, nemmeno la prima volta con una donna cosi bella, comunque le venni dentro mentre anche lei stava venendo e rimanemmo tremanti con me conficcato in lei per lungo tempo prima che uscissi da lei. Lei si girò con la faccia sconvolta. Mi sorrise, e poi cominciò ad urlare. "Auitoooo, mi ha violentata, auito!! Qualcuno per favore!". Prima che potessi reagire, si era alzata ed era corsa già verso la porta che aprii velocemente e continuò ad urlare dal corridoio. Non ebbi alcuna reazione, non mi alzai nemmeno dal letto a rincorrerla. Semplicemente, dopo cinque minuti, mi alzai ed andai a chiudere la porta con ke proteste della gente che si era riunita li. "Lo sapevo" disse uno, "Non c'era da fidarsi dopo ieri". "L'ho sempre detto che bisogna aspettarsi di tutto da questa gente", disse un altro.
Stavo scaricano i file della mie telecamere di sicurezza quando bussarono i due ispettori che mi avevano interrogato la notte precedente. Furono cauti questa volta. Difatti mi guardarono senza parlare. Fui io a dire loro "venite a vedere". Fortunatamente, le mie videocamere erano dotato anche del suono. Potettero vedere tutto, dall'ingresso della donna alla scenata finale.
Monica fu denunciata.
scritto il
2023-05-15
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