L'angelo d'altrove
di
Judicael Ouango
genere
etero
“Hai cenato?” Mi chiese.
“Si” risposi imbarazzato. Altrimenti, non avrei saputo dire. Era una situazione del tutto non usuale, un sogno ricorrente ad ogni uomo che é stato ragazzo. Forse anche alle donne, ma avevo i miei forti dubbi in riguardo. Incontrare una donna bellissima al bar, e finire a casa sua…
Evelyn era mulatta. Metà congolese e metà italiana. Aveva ventiquattro anni, io trentadue. La sua pelle era color amore. Non avrei saputo definirlo con precisione. A volte, con i riflessi delle diverse candele disposte sapientemente nella casa, sembravano di oro, altre volte, luccicavano e mandavano raggi argentei che penetravano nei miei occhi. Certamente ero sotto soggezione. Ritrovarsi con una donna cosi bella non era una cosa banale… Non sono ricco. Alle belle donne non sono abituato. Nessun uomo povero lo é. Qualcuno, raramente, ha la fortuna di sposare una donna bella anche se non é ricco. Ma é raro. Molto. Io invece ero li. A guardare una donna che sarebbe potuta sfilare senza sfigurare in qualunque palco. Mi chiedevo perché me. Il bar era zeppo di gente. Gente di tutti i tipi e le estrazioni sociali. Sito nel cuore della città, era il classico bar frequentato da tutti coloro che desideravano stare in un luogo dove farsi vedere e no. Io facevo parte di quelli che non volevano essere visti, ma non volevano nemmeno essere soli. E quindi ero li a sorseggiare il mio gin toni come facevo sempre il venerdì sera dopo la giornata in ufficio quando ad un punto mi si avvicinò. “Troppo gente eh” disse. Non risposi. Non avrei mai immaginato che si rivolgesse a me. Mi guardò con quelli occhi da cerbiatta e sorrise dicendo” sto dicendo a te eh!”. Forse dissi qualcosa, forse no, nemmeno me lo ricordo. Ero emozionato come ben poche volte mi era capitato nella mia vita. Una vita adolescenziale abbastanza travagliata tra genitori migranti anche se all’interno dello stesso paese e quindi più indigenti dei locali, una scuola che apertamente mostrava disdegno per noi altri terroni, una società che lasciava ognuno a se stesso e sperava che non diventasse troppo delinquente. Poche ragazze, mai quelle scelte, ma capitate. C’erano tipe come Belen ovviamente, ma sempre ovviamente, le tipe come Belen non vanno con tipi come noi. Dopo l’università, stesso grigiore. Nessuna impresa di famiglia, nessun parente influente, e quindi obbligato ad un noioso ufficio che mi permetteva di sostenere un indipendenza appena decente. Ed ora lei. Troppo bella per me. Ecco. I suoi seni nudi si muovevano sotto l’innocente maglietta con sopra topolino in un assurdo contrasto. I suoi short gli arrivavano a metà dei glutei e non indossava scarpe. Piu di eccitato, ero allibito. Da cosi tanta sensualità espressa in un corpo. Qualunque cosa sarebbe potuta accadere, per me sarebbe stata una vincita. Persino solo se mi offrisse il caffè e poi ce ne andassimo ognuno per la sua strada e per sempre. La magia della bellezza toglie le parole alla bocca e le mette nel cuore e nell’anima. Nessuno meglio di loro sanno accogliere la bellezza, e viverla. Loro che del dolore, della privazione, dell’incomprensione umana, vivono. In modo assurdo, io che mi ero sempre sentito solo, diventai parte di qualcosa.
Quel qualcosa continuava a parlarmi ed a ridere ma preso com’ero dalla magia di quel momento non ascoltavo. Sei sicuro che va tutto bene?” Mi chiese sedendosi sulla sedia libera accanto a me. Era molto vicina, a tal punto che allungando il collo l’avrei potuta baciare. Mosso da non so cosa, allungai il collo, lei allungò il collo, e ci baciammo dolcemente. La sua pelle era cosi liscia che a volte avevo il dubbio di starla toccando. Mai stato romantico, ma in quel momento capi che l’amore non é privilegio del tempo. Esiste anche nello spazio. È contenuto nelle sembianze di persone, di esseri, essi umani o no. Ci vuole un nesso per la felicità, un pò come la pietra filosofale per l’oro, ed esso, quanto la pietra filosofale, a volte sprofonda nei miti della storia. Il mio era in quel momento un presente destinato a diventare mito. Il mio corpo vibrava come mai. Un vero e proprio tremore che era condiviso da lei. I nostri tremori si abbracciavano e creavano delle scosse di un sentita inimmaginabile in me. Non so cosa provasse lei in quel momento, ma io ero felice.
Si sedette su di me dopo essersi tolta la maglietta e mise a nudo due seni stupendi con i capezzoli piu grandi che avessi mai visto. Erano turgidi e mi parve naturale abbracciarle con le mani, con la bocca, persino con gli occhi. Lei mi toccava delicatamente la schiena mentre la baciavo. Mi sfiorava appena e ogni tocco esacerbava l’adrenalina in me che già era a livello altissimo. Presi con tutte le due mani i suoi seni e rimasi affascinato da non so cosa, da quale dettaglio, non saprei dire. Lei si rialzò e mi prese per la mano portandomi verso la stanza.
La stanza era come la cucina soggiorno che avevamo appena lasciato. Piccola ma costellata di gioia. Colori ovunque sulle pareti, frasi di ogni genere prese da celebrità, tende coloratissime. Mi tolsi i bottoni della camicia con una mano, e subito dopo seguirono i pantaloni. Lei era gia completamente nuda ed in mano teneva un telecomando. Mise della musica che non conoscevo per niente ma per niente male e si girò verso di me. Ci baciammo mentre le nostre mani cercavano affannosamente di stringere ogni parte dei nostri corpi compresi le nostre parti intime. Dovevo essere troppo precipitoso perché lei mi prese la mano a piano mi insegnò a toccarla mentre con l’altra mano mi masturbava. Volevo che mai finisse quel momento. Ero in procinto di esplodere ma la voglia di far durare l’istante per sempre mi permise di controllarmi. Feci un profondo respiro per calmarmi e cominciai a concentrarmi su di lei. Ogni centimetro della sua pelle, con le mani, con la bocca, la esplorai fino all’infinito, fino al dolore. “Prendimi ti prego…”, mi supplicava mentre le mia lingua si infilava nei suoi intimi segreti e ne raccoglieva tutta la voglia, mentre le mie mani curiose di costanza bellezza vi attingevano a piene mani. Passò non saprei quanto tempo cosi prima che lei mi spinse la testa, si alzò, e si sedette su di me. Non so cosa voglia dire essere penetrati, di esperienze omosessuali non me ne erano mai capitate, avevo un membro, un cazzo, ma fu come se fossi stato io la donna. Una sensazione incredibile accompagnata di brividi e tremori mi pervase mentre Evelyn urlava a squarcia gola muovendo freneticamente il bacino su e giù. L’intensità delle urla di Evelyn aumentava ancora e forse fu la ragione per cui non esplosi in lei. Mi chiesi se i vicini sentivano, guardai la finestra per verificarne la chiusura e scopri che era aperta a metà. In quel momento un pò della magia se ne andò ma non durò a lungo. Dopo un urlo finale Evelyn si afflosciò affianco a me tutta tremante e cosi rimase per almeno cinque minuti prima di girarsi verso di me, Dari un bacio, ed alzarsi. Attraversò nuda la stanza mentre le guardavo il culo e tornò con una scolaretta accesa ed un portacenere. Fece per tendermela ma declinai. Ero ancora sotto l’effetto della magia. Riprendemmo a fare l’amore, lei non rugò più, gemeva senza sosta, ed in me, l’eco dei suoi gemiti. L’amore mi invadeva completamente in quel momento, l’amore é assurdo, é quando ti senti completo, qualunque cosa o chiunque sia a farti sentire cosi. Non mi serviva niente con Evelyn in quel momento, ero un uomo felice.
Non rividi più Evelyn. Una settimana dopo partiva per New York dove avrebbe studiato all’università. Non l’avrei mai più rivista, ma nemmeno persa. Era in me per sempre, per avermi insegnato che prima o poi, il tuo momento capita sempre, e la speranza mai si perde.
“Si” risposi imbarazzato. Altrimenti, non avrei saputo dire. Era una situazione del tutto non usuale, un sogno ricorrente ad ogni uomo che é stato ragazzo. Forse anche alle donne, ma avevo i miei forti dubbi in riguardo. Incontrare una donna bellissima al bar, e finire a casa sua…
Evelyn era mulatta. Metà congolese e metà italiana. Aveva ventiquattro anni, io trentadue. La sua pelle era color amore. Non avrei saputo definirlo con precisione. A volte, con i riflessi delle diverse candele disposte sapientemente nella casa, sembravano di oro, altre volte, luccicavano e mandavano raggi argentei che penetravano nei miei occhi. Certamente ero sotto soggezione. Ritrovarsi con una donna cosi bella non era una cosa banale… Non sono ricco. Alle belle donne non sono abituato. Nessun uomo povero lo é. Qualcuno, raramente, ha la fortuna di sposare una donna bella anche se non é ricco. Ma é raro. Molto. Io invece ero li. A guardare una donna che sarebbe potuta sfilare senza sfigurare in qualunque palco. Mi chiedevo perché me. Il bar era zeppo di gente. Gente di tutti i tipi e le estrazioni sociali. Sito nel cuore della città, era il classico bar frequentato da tutti coloro che desideravano stare in un luogo dove farsi vedere e no. Io facevo parte di quelli che non volevano essere visti, ma non volevano nemmeno essere soli. E quindi ero li a sorseggiare il mio gin toni come facevo sempre il venerdì sera dopo la giornata in ufficio quando ad un punto mi si avvicinò. “Troppo gente eh” disse. Non risposi. Non avrei mai immaginato che si rivolgesse a me. Mi guardò con quelli occhi da cerbiatta e sorrise dicendo” sto dicendo a te eh!”. Forse dissi qualcosa, forse no, nemmeno me lo ricordo. Ero emozionato come ben poche volte mi era capitato nella mia vita. Una vita adolescenziale abbastanza travagliata tra genitori migranti anche se all’interno dello stesso paese e quindi più indigenti dei locali, una scuola che apertamente mostrava disdegno per noi altri terroni, una società che lasciava ognuno a se stesso e sperava che non diventasse troppo delinquente. Poche ragazze, mai quelle scelte, ma capitate. C’erano tipe come Belen ovviamente, ma sempre ovviamente, le tipe come Belen non vanno con tipi come noi. Dopo l’università, stesso grigiore. Nessuna impresa di famiglia, nessun parente influente, e quindi obbligato ad un noioso ufficio che mi permetteva di sostenere un indipendenza appena decente. Ed ora lei. Troppo bella per me. Ecco. I suoi seni nudi si muovevano sotto l’innocente maglietta con sopra topolino in un assurdo contrasto. I suoi short gli arrivavano a metà dei glutei e non indossava scarpe. Piu di eccitato, ero allibito. Da cosi tanta sensualità espressa in un corpo. Qualunque cosa sarebbe potuta accadere, per me sarebbe stata una vincita. Persino solo se mi offrisse il caffè e poi ce ne andassimo ognuno per la sua strada e per sempre. La magia della bellezza toglie le parole alla bocca e le mette nel cuore e nell’anima. Nessuno meglio di loro sanno accogliere la bellezza, e viverla. Loro che del dolore, della privazione, dell’incomprensione umana, vivono. In modo assurdo, io che mi ero sempre sentito solo, diventai parte di qualcosa.
Quel qualcosa continuava a parlarmi ed a ridere ma preso com’ero dalla magia di quel momento non ascoltavo. Sei sicuro che va tutto bene?” Mi chiese sedendosi sulla sedia libera accanto a me. Era molto vicina, a tal punto che allungando il collo l’avrei potuta baciare. Mosso da non so cosa, allungai il collo, lei allungò il collo, e ci baciammo dolcemente. La sua pelle era cosi liscia che a volte avevo il dubbio di starla toccando. Mai stato romantico, ma in quel momento capi che l’amore non é privilegio del tempo. Esiste anche nello spazio. È contenuto nelle sembianze di persone, di esseri, essi umani o no. Ci vuole un nesso per la felicità, un pò come la pietra filosofale per l’oro, ed esso, quanto la pietra filosofale, a volte sprofonda nei miti della storia. Il mio era in quel momento un presente destinato a diventare mito. Il mio corpo vibrava come mai. Un vero e proprio tremore che era condiviso da lei. I nostri tremori si abbracciavano e creavano delle scosse di un sentita inimmaginabile in me. Non so cosa provasse lei in quel momento, ma io ero felice.
Si sedette su di me dopo essersi tolta la maglietta e mise a nudo due seni stupendi con i capezzoli piu grandi che avessi mai visto. Erano turgidi e mi parve naturale abbracciarle con le mani, con la bocca, persino con gli occhi. Lei mi toccava delicatamente la schiena mentre la baciavo. Mi sfiorava appena e ogni tocco esacerbava l’adrenalina in me che già era a livello altissimo. Presi con tutte le due mani i suoi seni e rimasi affascinato da non so cosa, da quale dettaglio, non saprei dire. Lei si rialzò e mi prese per la mano portandomi verso la stanza.
La stanza era come la cucina soggiorno che avevamo appena lasciato. Piccola ma costellata di gioia. Colori ovunque sulle pareti, frasi di ogni genere prese da celebrità, tende coloratissime. Mi tolsi i bottoni della camicia con una mano, e subito dopo seguirono i pantaloni. Lei era gia completamente nuda ed in mano teneva un telecomando. Mise della musica che non conoscevo per niente ma per niente male e si girò verso di me. Ci baciammo mentre le nostre mani cercavano affannosamente di stringere ogni parte dei nostri corpi compresi le nostre parti intime. Dovevo essere troppo precipitoso perché lei mi prese la mano a piano mi insegnò a toccarla mentre con l’altra mano mi masturbava. Volevo che mai finisse quel momento. Ero in procinto di esplodere ma la voglia di far durare l’istante per sempre mi permise di controllarmi. Feci un profondo respiro per calmarmi e cominciai a concentrarmi su di lei. Ogni centimetro della sua pelle, con le mani, con la bocca, la esplorai fino all’infinito, fino al dolore. “Prendimi ti prego…”, mi supplicava mentre le mia lingua si infilava nei suoi intimi segreti e ne raccoglieva tutta la voglia, mentre le mie mani curiose di costanza bellezza vi attingevano a piene mani. Passò non saprei quanto tempo cosi prima che lei mi spinse la testa, si alzò, e si sedette su di me. Non so cosa voglia dire essere penetrati, di esperienze omosessuali non me ne erano mai capitate, avevo un membro, un cazzo, ma fu come se fossi stato io la donna. Una sensazione incredibile accompagnata di brividi e tremori mi pervase mentre Evelyn urlava a squarcia gola muovendo freneticamente il bacino su e giù. L’intensità delle urla di Evelyn aumentava ancora e forse fu la ragione per cui non esplosi in lei. Mi chiesi se i vicini sentivano, guardai la finestra per verificarne la chiusura e scopri che era aperta a metà. In quel momento un pò della magia se ne andò ma non durò a lungo. Dopo un urlo finale Evelyn si afflosciò affianco a me tutta tremante e cosi rimase per almeno cinque minuti prima di girarsi verso di me, Dari un bacio, ed alzarsi. Attraversò nuda la stanza mentre le guardavo il culo e tornò con una scolaretta accesa ed un portacenere. Fece per tendermela ma declinai. Ero ancora sotto l’effetto della magia. Riprendemmo a fare l’amore, lei non rugò più, gemeva senza sosta, ed in me, l’eco dei suoi gemiti. L’amore mi invadeva completamente in quel momento, l’amore é assurdo, é quando ti senti completo, qualunque cosa o chiunque sia a farti sentire cosi. Non mi serviva niente con Evelyn in quel momento, ero un uomo felice.
Non rividi più Evelyn. Una settimana dopo partiva per New York dove avrebbe studiato all’università. Non l’avrei mai più rivista, ma nemmeno persa. Era in me per sempre, per avermi insegnato che prima o poi, il tuo momento capita sempre, e la speranza mai si perde.
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