Nell'Oscurità - 0_Riflessione/ 1_Il servizio

di
genere
tradimenti

NELL’OSCURITÀ
Intro

Un paio di giorni fa, per la prima volta dopo due anni, ho scritto di nuovo. O meglio, ho scritto qualcosa di completo.
Ho scritto di fretta, facendo qualche errore e parlando di una mia esperienza sessuale, seppure in maniera onirica e surreale. L’ho fatto per condividere il testo con lettori e autori su questo sito ed è probabilmente questo che mi ha dato la spinta per riuscire finalmente a concludere.

Non posso non pensare a come tutto sia in un certo senso legato a te. In un passato ormai lontano intendo, ma che sembra avvicinarsi ogni volta che cerco di liberarmene.
L’idea di te, in effetti, è l’espressione più corretta.
Avevo cominciato a scrivere di altro, in realtà. Del lato luminoso, sereno e terribilmente piacevole di cui ora sono capace; non saprei come altro definirlo. Di altro e di altre donne.
Ma per arrivare a quello, temo si debba passare prima per ciò che è avvenuto allora.

Quindi devo tornare indietro, a due anni fa.


0
RIFLESSIONE

Ho smesso di farmi domande.
Un giorno, semplicemente, mi sono dato pace ed ho accettato il fatto che esistano dei posti nella tua mente e nella tua vita dove non si può arrivare. O meglio dove arrivare è possibile, ma al prezzo di non potere più riconoscere quella persona che da sempre ho chiamato col tuo nome.
Così non ho fermato tutto questo. E non l’hai fatto neanche tu.

Come tutto quello che comporta un cambiamento irreversibile, è cominciato all’improvviso. Come un gioco che inevitabilmente finisce con una stretta allo stomaco, un senso di lieve disorientamento e il cuore che batte. Emozioni e immagini troppo intense, riposte poi ogni volta da qualche parte nella nostra mente dopo gli orgasmi violenti e spossanti, per essere dimenticate e ignorate fino al momento giusto.

Ora so rendermi conto che non poteva essere possibile se non con te. Non poteva essere possibile se non come continua lotta tra una debole, strenua negazione e l’inevitabile conseguente umiliante esibizione della controprova di tutto ciò che l’altro vorrebbe rimanesse nascosto nei luoghi scuri della propria mente e delle proprie pulsioni. Evitato.

Siamo schiavi del piacere che proviamo nello sporcare senza ritegno ciò che abbiamo amato così a lungo. Ormai da un po’ di tempo.
Un esplosione che lega i nostri corpi e le nostre menti come se fossero nuovi, come se noi stessi non li avessimo mai conosciuti. Un’esplosione della quale è impossibile rintracciare le cause. Alla quale nessuno dei due, d’altra parte, sembra riuscire a sottrarsi.
E che ci porta a volerne ancora, fino a che il turbamento e il desiderio incontenibile non superano paure e imbarazzo.
Quello è il punto a cui arriviamo sempre, inevitabilmente. Godere e abusare di quella sensazione di estraneità disturbante. Trasformarci in estranei capaci di qualsiasi cosa, ma in qualche modo legati per forza l’uno all’altro, rivivendo continuamente la scioccante emozione del non riuscire a credere a ciò che stiamo facendo.
E venire violentemente per renderlo reale.
Comprendere questo è la chiave per cominciare a percepire realmente cosa sta accadendo.

Sappiamo che tutto ha avuto inizio con il tuo tradimento.
Non ne parlammo mai, non lo confessasti mai. Non ne parlammo ma le nostre menti lo fecero per noi nei silenzi e nei non detti, e nel modo più inaspettato possibile.
Credi sia stato quel negarsi a vicenda così a lungo, quel fare sparire dalle nostre vite il desiderio stesso a generarne uno immenso e incontrollabile?
Un desiderio nuovo, nato dall’esaurirsi del primo. Fatto dell’umiliazione di ciò che siamo, un incontrollabile e continuo varcare limiti, almeno per noi, inviolabili.

Credi sia stato rompere la purezza a generare questo incontrollabile cadere nel nostro gioco sempre diverso?
Il mio volere sentire con tutti i sensi la natura femminile del tuo corpo, il desiderio che ti ha fatto cadere? Il mio volere continuamente riprovare a me stesso che il tuo piacere è indipendente dal mio?
Il mio continuo cercare di portarti oltre il ruolo e la decenza a cui sei così affezionata?
Oppure il tuo continuo cercare il mio limite, l’eccesso di sopportazione, il tuo continuo volere sentire come ogni provocazione e umiliazione non faccia che accrescere ciò che da me ti allontana ma del quale sembri non volere fare a meno? Come ad ogni ingiustizia o richiesta corrisponda comunque e soltanto una semplice e irrefrenabile crescita del mio desiderio verso l’esplosione, un arrendersi che è la conferma e la negazione stessa del mio averti?

Sono arrivato a comprendere, forse, che è l’assistere dell’altro a ciò che avviene in quei momenti la chiave per capire quel piacere irrefrenabile e inesauribile che ci invade ogni volta, tangibile e percepibile attraverso i nostri umori e la risposta dei nostri corpi.
Siamo diventati la prova visibile di fronte all’altro della vergognosa natura del nostro piacere.

Abbiamo trasformato quello che per anni abbiamo chiamato amore in un gioco deliziosamente degradante.

Di tutto quello che abbiamo fatto e vissuto in questo anno e mezzo, voglio concedermi di ricordare questi sei momenti, salvandoli dall’oblio tranquillo nel quale una parte di me vorrebbe seppellirli.
Ciò che racconterò dei miei pensieri e delle mie emozioni, così come dei fatti, è un ricordo vivido e ancora quasi presente a cui non posso e non voglio sottrarmi. Ciò che racconterò di te sarà invece una mia visione e un mio personale completamento del quadro tratto dalle impressioni che ho avuto in queste occasioni.
Come potrebbe essere altrimenti?

Ecco come ho chiamato quei momenti che ci hanno trasformato per sempre, in questo ultimo anno e mezzo.

1 IL SERVIZIO.
La negazione affermativa di quello che siamo

2 FINO A CEDERE.
Rubare ciò che di te non conosci

3 MUSICA E GHIACCIO.
Come vinci sempre

4 LUCE LEGGERA
Oltrepassandoci

5 IMITAZIONI DI UN SOGNO
Non potere

6 PASSATO CHE BRUCIA ADESSO
Annichilimento


1
IL SERVIZIO
La negazione affermativa di quello che siamo

Il giorno in cui tutto è iniziato, sono seduto e ti guardo cercare di farmi sparire dalla stanza.

La rabbia e il silenzio sono durati tre mesi.
Poi le emozioni sono cambiate. Il silenzio no.
Il mio personale viaggio nel dolore ha lasciato spazio a una sorta di continuo e devo confessare davvero paradossalmente piacevole gioco mentale del quale non posso, o non voglio, fare a meno.
Ciò che mi faceva troppo male ha cominciato a darmi piacere, ed ho la netta sensazione di non poter tornare indietro.

Solo in questo modo riesco ancora a sostenere il fatto di trovarmi solo in una stanza con te.

Mentre stai seduta sul divano fingendoti assorta nella lettura per potermi ignorare, riprendo il mio gioco segreto.
Un’immagine che trasforma la realtà di una stanza squallida e della fine di una storia squallida in qualcosa di differente. In qualcosa di inevitabile, per quanto mi riguarda.

Ti vedo a cavalcioni di qualcuno, non importa chi.

So che non è proprio come una di quelle fantasie pornografiche iperboliche dove il mio amore cavalca un prestante e superdotato adone sconvolgendomi con una performance degna del miglior film desiderabile, chiamandomi cornuto.

Non sono il tipo, assolutamente no.
Ma a causa tua e solo a causa tua, ora in qualche modo e senza poterci fare nulla posso comprendere molto bene quel tipo di piacere, sebbene in una mia personalissima versione.

Una mia personalissima versione di quel piacere fatto di contrasti assurdi che ho visto nascere dalle ceneri del dolore e poi crescere in me contro la mia volontà, scoprendomi a venire squallidamente nel nostro bagno nascondendomi da te, scoprendomi a guardare su uno schermo proprio quei video pornografici dove dolcissime mogli si fanno montare da estranei sorridendo al marito che le riprende.
Preferisco e voglio fermamente ora percepire fino in fondo invece il tuo annoiato rancore nei miei confronti, cercare di intuire il tuo negarti e trovare, da qualche parte, un’altra te senza rifugiarmi di la, appoggiato alla vasca. Anche se restare a guardarti e non sparire in bagno ora sembra davvero difficile.

È proprio nel comprendere che un’altra te è possibile solo al di fuori di me che ho cominciato a capire che cosa è successo.

Ho cominciato a capire che quell’immagine di te che ti affanni alla ricerca del piacere a cavalcioni di un uomo sul divano, mischiando il tuo respiro a quello di qualcuno che non ha volto nei miei pensieri, non è poi tanto lontana da quello che la cruda realtà dei fatti deve essere stata.
La sensazione di mortificazione si mischia ad un piacere ovattato. Ed ecco che inaspettatamente, senza nessuna plausibile ed accettabile giustificazione, sento il cazzo gonfiarsi e diventare sempre più duro.

Sono talmente furioso che potrei avere un orgasmo adesso, qui.

Un’erezione stranamente intensa, come non ne avevo da molto, moltissimo tempo. Il cuore batte forte, il corpo intorpidito preda della fantasia. So che non è quello che dovrebbe essere. E più lo combatto, più ne sono preda.
Ho appena il tempo di pensare alla umiliante situazione di impotenza che vivo in questo momento: Il cazzo durissimo, a tratti dolorosamente, e fiotti di sperma che inevitabilmente cominciano ad accumularsi gradualmente.

Di fronte alla donna che non posso avere, almeno adesso.

È qualcosa che è cominciato gradualmente qualche settimana fa, e che ora sembra non poter essere fermato.
Se fossi minimamente disposta, potresti infilare una mano nei miei pantaloni per sentire i testicoli duri e quasi completamente pieni, potresti prendere in mano il pene pulsante e renderti conto di cosa sta montando dentro di me. Ma questo avviene di fronte a una donna che tutto potrebbe provare in questo momento, fuorché desiderio sessuale. Nei miei confronti, si intende.
Sei raggiante e soddisfatta, in questo periodo. Fresca come un fiore, occhi attenti e pieni di una strana energia, di particolare buonumore.
Eppure qualcosa non ti permette di uscire da quella porta.
La mia unica scelta sembra quella di consumare ancora una volta ciò che ora scateni in me da solo nel nostro bagno, come faccio ormai da qualche settimana.
Non so che cosa mi abbia spinto nella direzione opposta. Dovrei mirare alla porta, e invece mi dirigo verso il divano. Dando inizio a quello che successe poi.
Ti parlo piano, semplicemente. Ti sussurro all’orecchio.

“ Sei una puttana e io non ti amo più”.

Lascio che la frase lavori al posto nostro. Cerco di capire se potrebbe essere un’opzione vincente regalarti la scusa per andartene.
Stiamo in silenzio. Un silenzio terribilmente lungo e immobile.

Ricordo solo di come sfiorarti l’orecchio mi portò a una piccola scintilla di piacere incontenibile. Come qualche goccia si riversò nei boxer all’improvviso.
Rispondi a mezza voce, assolutamente inconsistente, soltanto dopo un silenzio troppo lungo e troppo denso di pensieri.
“Sì”.
Una non risposta.
Ora il silenzio dura anche di più.

Sentendo le gocce umide del mio piacere preparatorio, non riesco a impedirmi di pensare senza sosta a cosa hai provato quando hai lasciato che qualcuno a cui non so e non voglio dare un volto ti riempisse del suo piacere. Odi usare il preservativo e purtroppo ti conosco abbastanza bene da non potere neanche concedermi di pensare che possa essere andata in un altro modo.

Poi succede tutto in fretta. Probabilmente davvero troppo in fretta, per quanto ti riguarda.
Mi sbottono i pantaloni, li abbasso, ti afferro la testa e la spingo verso il pene con un gesto terribilmente diretto e senza l’ombra di alcuna emozione.
Provo un senso di totale disorientamento. Un misto tra disgusto per me stesso da una parte e liberazione totale dall’altra.

Un salto nel vuoto.

Mi spiazzi completamente prendendolo in bocca. Come se non avessi avuto il tempo di schermarti, di nasconderti, in un sospiro che trasmette tensione e incertezza.
Ti accarezzo i capelli mentre una scarica di piacere mi trapassa il corpo. La tua bocca è pura dolcezza, all’improvviso. Accogli il cazzo con tenerezza e amore, come se niente fosse successo. Presa alla sprovvista, devi avere reagito meccanicamente. O forse è un bacio impossibile quello che vorresti.
Mi invade una vampata di odio e desiderio che scorre dritta verso il pene che lavori con cura inumidendolo con la saliva mentre ti muovi affettuosa e del tutto distaccata allo stesso tempo.
Spingo. Non posso fare altro. Spingo la tua testa e spingo il mio pene con tutta la violenza di cui sono capace.

La tua tenerezza lascia il posto ad una sorta di passiva immobilità, una inattiva accondiscendenza.

Ti guardo negli occhi, ricambi lo sguardo.
Allungo un braccio e prendo il tuo computer ancora aperto sul divano. Ti faccio sedere sulla mia gamba e infilo, quasi automaticamente, la mano nelle tue mutandine. È così che mi accorgo di un’altra ineluttabile verità, una verità che ci avrebbe accompagnato a lungo.
Nemmeno l’ombra di una goccia di desiderio.
Mi fa male, molto male. Ma non fa altro che accrescere il piacere che mi monta nelle palle ormai durissime che ora tieni saldamente nella mano, tentando di ricambiare il gesto.
Non mi allontani. Ho sperato che lo facessi e continuerò a farlo a lungo.
Mi guardi mentre comincio a digitare sulla tastiera. Non riesci a capire.

Pensi di avere realizzato, ora. Sorridi
Questo mi fa solo venire voglia di andare fino in fondo.

Mi appoggio il computer sul petto. Il video parte e sullo schermo una donna sulla cinquantina dai seni enormi a carponi ci fissa mentre dietro di lei un uomo di colore dal fisico prestante comincia a scoparla con decisione.
Continui a sorridere, ma fai una piccola smorfia ad indicare che non è proprio il tuo genere, e in qualche modo non dovrebbe essere neanche il mio.

Come potresti anche solo immaginare?

Non sono il tipo, ho detto. Ma questo temo che non te lo avrei risparmiato per niente al mondo.
Questo è un piacere segreto e inevitabile di cui sei inconsapevole padrona, ora. E voglio che anche tu te ne nutra almeno per un breve atto della tua esistenza.

Ti spingo di nuovo verso il pene. Sei visibilmente sorpresa. Hai un attimo di esitazione.
Alzo l’audio, i gemiti invadono la stanza. Sei immobile, finalmente. Spiazzata. Mi sento quasi in colpa, ma lascio perdere. Continuo a mantenere la pressione sulla tua testa, senza vincere la resistenza che adesso stai chiaramente opponendo.

No, non guarderemo un video insieme. La questione è ben più sottile.
Riguarda una parte di me, forse la più profonda e sensibile, che hai tentato di evitare prima e hai poi mortificato fino ad annientarla. Quella parte che ora è rinata e ha intenzione di giocare al tuo gioco, ma senza le tue regole.
Fregata.

Non lasci trasparire la minima reazione, a parte contrastare la mia mano. Hai probabilmente capito, o almeno in parte, e non sai come reagire a quello che, te lo concederò, per te è solo un puro e semplice tentativo di spingerti verso qualcosa che non vuoi fare. Ma il prezzo di ciò che è successo, ora, lo stabilisco io. Ed è il prenderti quello stesso nuovo e malato piacere che sei stata così gentile da regalarmi a mie spese. Cominciando col darmi semplicemente una mano a fare quello che ho fatto da solo nel nostro bagno per tre mesi. Un servizio che ritengo assolutamente dovuto.
Chiudi la bocca, inerme.

“Non ti azzardare”. La voce che sento uscire dalla mia bocca sembra non appartenermi.

Cerchi il mio sguardo, ma non lo trovi. Guardo fisso lo schermo. Semplicemente ti riafferro la testa e comincio a strusciare e spingere come se mi stessi succhiando il cazzo.
Non ci vuole molto, alla fine. Dopo qualche minuto apri la bocca e lo accogli. Non riuscirò mai a capire il perché. Forse non sapevi come reagire, o forse semplicemente volevi trovare un modo di sfuggire al senso di colpa accondiscendendo alle mie richieste.
Come ho detto, ho smesso di farmi domande.
Non ti dai da fare, ma non ti ritrai. Semplicemente non ti opponi.

“Non ti azzardare, ho detto. Adesso lo fai, forza.”

Ancora, non ci vuole molto. Giusto qualche secondo. Cominci a succhiare l’asta meccanicamente. Su e giù, con una certa intensità. La dolcezza è del tutto sparita.

“Brava, e non ti fermare”. Sono le ultime parole che dico.

Non ci vuole molto. Non sono mai durato molto, figuriamoci ora.
Osserviamoci da fuori:
Un ragazzo di circa trentacinque anni accasciato sul divano regge sul petto un computer portatile. Sullo schermo una ripresa amatoriale mostra una donna che ammicca sensualmente alla videocamera tenuta dal marito mentre viene scopata da dietro con violenza. I seni enormi ondeggiano a ogni colpo dando uno strano tono che trovo in qualche modo piacevolmente degradante alla ripresa.

I gemiti provenienti dal video riempiono il salotto silenzioso. Il ragazzo ha i pantaloni calati alle ginocchia.
Una ragazza sui trenta è impegnata a succhiare il pene del ragazzo che sembra avere interesse solo e unicamente per lo schermo, al momento. I movimenti della ragazza sono lenti ma regolari, meccanici a tratti. Come se stesse facendo un esercizio di ginnastica poco piacevole, ma che non può fare a meno di percepire intensamente.
La ragazza respira forte, non si capisce se per un qualche assurdo tipo di piacere o a causa della tensione.

Non lo avrei mai scoperto.

Il ragazzo comincia a massaggiarsi il pene con la mano destra per godere più velocemente, mentre lei continua a succhiare con un ritmo regolare, quasi assente.
Osserviamoci meglio:
Il ragazzo sta facendo quello che ha fatto nel loro bagno da mesi, e la ragazza da una mano a velocizzare il processo, niente di più.
Il ragazzo sente un piacere intenso e disturbante nel percepire la bocca della ragazza in modo puramente e genuinamente fisico. Deve confessare a se stesso che la principale fonte di piacere viene dalla propria masturbazione, per quanto la bocca di lei aumenti enormemente la stimolazione.
Una stimolazione, niente di più.
La ragazza, che per un paio di anni ha ricevuto quasi quotidianamente il pene del ragazzo almeno una volta o due e nei modi più differenti fino a circa tre mesi prima, non può evitare di notare come esso sia terribilmente più duro e leggermente più grosso di quanto si ricordasse.
Il ragazzo non può evitare di sentire quanto sia irresistibilmente piacevole e allo stesso tempo emotivamente inebriante masturbarsi dentro la bocca calda della ragazza guardando un video pornografico pensando a come probabilmente la stessa posizione a quattro zampe l’avesse assunta la sua bella tre mesi addietro, o forse anche solo il giorno prima, proprio su quel divano, in sua assenza. Una immagine che lo ha torturato per tre lunghi mesi ma che ora sembra essere diventata una spinta propulsiva incontenibile.

Un insieme di fattori che il ragazzo non può fare a meno di constatare sta rendendo il suo pene terribilmente più duro e leggermente più grosso di quanto gli fosse capitato negli ultimi due anni fino a tre mesi prima.

l’immagine della donna nel video che ora si regge saldamente sulle braccia rispondendo ai colpi con un frenetico movimento del bacino, unito alla piacevole sensazione della bocca umida della ragazza e alla masturbazione che, in effetti, sta in qualche modo condividendo con lei per la prima volta, portano il ragazzo a non riuscire a trattenere un’ondata di piacere tremendamente intensa. L’orgasmo del ragazzo arriva forte e impetuoso, per entrambi tanto indesiderato quanto inevitabile.
Il ragazzo riesce, vincendo la tentazione, a estrarre il pene dalla bocca della ragazza e a riversare una davvero considerevole quantità di seme caldo sul viso delicato di quest’ultima. Cinque schizzi particolarmente potenti che la colpiscono in pieno viso, a cui ne seguono tre piuttosto sostanziosi, e un altro paio di piccole colate che il ragazzo si assicura di depositare sul naso e sulla fronte della sua bella, nel modo che trova più umiliante possibile.
La ragazza, inizialmente del tutto spiazzata, viene invasa da una vampata di rabbia e indolenza. Poi, la rabbia lascia spazio a qualcosa di diverso. Diviene vergogna e poi, forse, disprezzo.

Non lo avrei mai saputo.

Dopo una breve pausa, il ragazzo poggia il computer alla sua sinistra e spinge la ragazza ad accovacciarsi sopra le sue ginocchia. Il viso della ragazza è ricoperto del suo seme, davvero un po’ troppo abbondante in questo caso. Lui vorrebbe descriverle le sensazioni squallide che prova di fronte a quel viso che ha idealizzato per anni, ora in quelle condizioni, ma non lo fa. Aggiunge semplicemente a quelle emozioni un piacere primordiale, liberandosi per sempre di qualcosa di prezioso.
Il ragazzo ora pensa che negli ultimi mesi non gli è stato permesso di venire in un luogo che non fosse un profilattico durante il sesso e gradualmente più tardi un fazzoletto amorevolmente e prontamente posizionato dalla ragazza di fronte al pene per evitare di sporcarsi le rare volte che lo aveva masturbato prima di smettere del tutto di avere qualsiasi tipo di contatto tre mesi prima. Nonostante lei avesse continuato e continuasse ancora oggi a prendere la pillola.
Ora il ragazzo clicca sul video per selezionare il punto in cui la signora comincia a cedere sotto i colpi decisi dell’uomo che la sta cavalcando. C’è qualcosa di tremendamente impersonale e intimo allo stesso tempo nel modo in cui quest’ultima perde ora il contatto visivo col marito affondando la testa nel cuscino per nascondere i gemiti, sollevando il culo per rispondere ai colpi.

“Non azzardarti a non guardarlo”. Al ragazzo pare che la voce che sente uscire dalla propria bocca sembri non appartenergli.

La ragazza ora osserva la monta sullo schermo senza levare lo sguardo. Il ragazzo le sbottona i pantaloni e glieli cala fino alle ginocchia, scoprendo il culetto delicato. Non ha potuto evitare di eccitarsi leggermente, inumidendosi fra le gambe.

Non ne avrei mai capito il motivo.

Il ragazzo prende a massaggiarla con regolarità, senza troppo sentimento.
La ragazza continua a guardare il video, dove l’uomo di colore continua a scopare con decisione la donna che, sempre a quattro zampe, è chiaramente preda impotente di un piacere dirompente che forse neanche lei aveva previsto.
Il ragazzo, senza troppi complimenti, infila due dita dentro la vagina della ragazza appena schiusa con decisione e comincia a muoverle simulando il ritmo di un immaginario pene.
La ragazza comincia ad inquietarsi. Vorrebbe fermare tutto, ma la vergogna si sta trasformando in qualcosa di differente. Qualcosa che le fa battere il cuore e che la fa muovere in un modo del tutto diverso. Alcuni pensieri riguardo al giorno prima le invadono la mente. Altri pensieri, come una cascata, le invadono la mente. Le immagini che guarda le invadono la mente. Non riesce, o non vuole sottrarsi a quello che sta succedendo.
Il ragazzo, a cui è stato concesso di penetrare quella deliziosa vagina per l’ultima volta circa quattro mesi prima, non può evitare di percepire nitidamente come essa sia terribilmente meno stretta e leggermente più morbida di quanto si ricordasse. E come anche i movimenti che aveva praticamente imparato a conoscere a memoria e il contrarsi della ragazza siano in qualche modo diversi, meno familiari.
La consapevolezza combatte con il rifiuto, come in tutti questi mesi. Ma è la prima a vincere,ora.

Il ragazzo la sente bagnarsi, poi diventare un lago. Non dicono una parola.

La ragazza comincia a contorcersi provando piacere. Quel piacere perverso e in qualche modo costretto, all’improvviso, la invade. Il puro fatto di combattere contro di esso lo rende adesso irresistibile. Vuole cedere per poi pentirsene.
Le dita del ragazzo si trasformano lentamente nel pene dell’uomo del video, o forse in tutti i cazzi del mondo.
“Sì, scopami”. Miagola lei. Pentendosi un secondo dopo di quello che le è uscito così naturalmente, come un gioco, dalla bocca.

La frase arriva come un pugno.

Torniamo a noi. O meglio a me:
Quella frase fu la prima di quelle tante prove invisibili e ambigue che cercai di strapparti da quel momento in poi. Fece un male cane e mi spezzò definitivamente il cuore. Così come mi procurò un piacere tremendamente intenso.
Ricordo come, dopo una breve pausa incerta, continuasti a muoverti contro le mie dita appena fu chiaro che non avevo minimamente intenzione di fermarmi. Ti lasciasti masturbare strusciando di proposito i tuoi piccoli seni sodi sul cazzo ora nuovamente duro. Ricordo le mie braccia tremare e le emozioni rimbalzarmi nel bassoventre. Ricordo la pelle d’oca sulle tue braccia per pochi attimi. Ricordo il tuo orgasmo che circondava le mie dita , ma che nel tuo pensiero avveniva chissà dove. Ricordo quanto la scusa di quel video ti avesse dato una possibilità terribile che in qualche modo avevi colto. Ricordo di averti sentito bagnare in un modo che avevo solo osato immaginare per due anni. Ricordo il tuo respiro, l’immagine squallida del mio seme sul tuo viso. Così come in particolare il tuo degradante inconsapevole voltarti ogni tanto per guardarmi con sguardo ignaro, offrendomi uno squallido ed eccitante spettacolo senza rendertene conto. Ricordo i tuoi gemiti, il tuo corpo per me ora inquietantemente nuovo e sconosciuto.
Più di tutto ricordo il tuo restare in bilico sulla linea del non detto, del non confessare, del non guardarsi mai più per davvero ma senza mai andarsene definitivamente. Ricordo che non avevo la minima idea che avremmo danzato su quella linea e nei nostri silenzi una danza perversa per molto tempo.

L’ultima cosa che ricordo è l’audio del video continuare ad invadere la stanza, incurante del nostro silenzio infinito.
Uscii da li, non ricordo come.



scritto il
2019-04-28
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