La terza regola (4)
di
sesamo2it
genere
dominazione
Capitolo 4 :la resa
RODOLFO
Ero certo di conoscere Mirna. Credevo di aver trovato parole che l’avrebbero sconvolta, in parte era stato così, credevo di scrivere una o due lettere e poi trovarmi con Mirna rinchiusa in se troncare quei dialoghi e magari farmi qualche scenata. Avevo solo cercato di smuovere le acque di una sensualità un poco assopita ed invece mi stavo facendo coinvolgere sempre più, tanto da non riuscire a controllare la mia fantasia. Ero arrivato veramente a pensare di scrivere ad un sito alla ricerca di un vero Master per Mirna. Mi rodevo dentro tra gelosia ed eccitazione.
Leggevo quella frase che le avevo scritto nella lettera n.3: “Cerco un Master esperto a cui affidare mia moglie per iniziare la sua educazione e trasformarla nella sua schiava sessuale, nella sua puttana privata pronta ad eseguire quanto di più vergognoso gli possa chiedere.”
Mi martellava dentro. Trovai un sito. Inventai uno pseudonimo e postai quel messaggio.
Mi rodeva dentro la voglia di conoscere la risposta. Così come non riuscivo a smettere di ripensare alle sue risposte. Si negava ma aveva finito per indossare tutto quanto le avevo chiesto. Per far piacere a me ma nello stesso tempo chiedendo al master se fosse restato soddisfatto.
Mirna forse stava vacillando nelle sue convinzioni, e quel suo passeggiare nervosamente vestita come una puttana davanti al computer ne era la dimostrazione. Ma come essere certo? Non c’era altro mezzo per fugare i miei dubbi, scriverle una mail ancora più spinta.
MIRNA
Sono rientrata in camera da letto. Sono in uno stato di totale confusione. Mi sono chiusa dentro e mi sono appoggiata alla porta. Sento un nodo alla gola che mi prende per la rabbia e la vergogna. Rabbia e vergogna insieme per aver permesso ad un estraneo di trattarmi in quel modo orribile. Rabbia non più verso mio marito che lo ha spinto, anzi gli ha chiesto quelle cose, ma verso me stessa che non ho avuto il coraggio di metterlo a tacere e di chiudere sul nascere la conversazione.
Guardo la mia immagine allo specchio. Una donnaccia con un vestito cortissimo e col mio viso. Guardo sul letto le cose rimaste: la catena, il collare, la medaglietta e il reggiseno che non ho indossato perché mi sembrava antiestetico avendo la schiena completamente scoperta. Sono arrivata persino a pensare una cosa del genere. Non ho messo il reggiseno per mostrare meglio la mia schiena completamente a nudo. Devo essere davvero una pazza.
Mi riguardo allo specchio, sono un po’ spettinata, meccanicamente mi pettino con la spazzola che ho sul cassettone e guardo il mio viso. Non è quello di una battona, non lo sono, non mi sento di esserlo. Continuo a pettinarmi fino a quando non mi sento soddisfatta del risultato. Mi guardo ancora. Le gambe si slanciano ancora di più con queste scarpe. Ma cosa mai sto pensando? Cosa mi viene in mente? Poggio la spazzola dove era prima e esco dalla stanza.
Come un automa mi dirigo ancora verso lo studio. Vedo il computer ancora acceso. Decido di spegnerlo e mi seggo.
L’immagine di una lettera lampeggiante mi fa capire di aver ricevuto un’altra mail. Non riesco a premere il tasto di cancellazione. So benissimo chi me la manda e forse immagino anche di intuirne parte del contenuto. Non so cosa mi prenda. Invece di cancellarla, apro la mail e, col cuore che mi batte forte per l’emozione, la leggo.
Lettera n.4: senza ritegno
Il mio nome? Tu devi chiamarmi Padrone. Certo tu ami tuo marito, anche lui ti ama ma vuole una moglie che non sia più quella che sei stata fino ad ora. Se avesse voluto solo una moglie un po’ disinibita probabilmente avrebbe accettato la mia proposta di portarti a scopare in un privé. Lui vuole qualcosa di diverso e tu l’hai capito anche se cerchi ancora di resistere alle mie richieste. Lo sai che non ti puoi fermare. Di fatto fino ad ora hai sempre fatto quello che trovavi scritto nelle lettere che ti ho fatto avere.
Tuo marito non ha avuto remore e ti ha affidata ad un estraneo per iniziare la tua trasformazione da seria signora per bene a docile schiava trascinata sempre più in basso lungo una strada di sottile perversione per vederti pronta a godere delle più vergognose richieste che ti verranno fatte.
Da come scrivi, neghi ma ti senti addosso il fascino perverso di vederti precipitare verso qualcosa di sporco, di vergognoso sentirti una schiava e poi una donnaccia come dici tu quasi per paura di pronunciare le parole per il loro nome. Puttana, ecco cosa potresti diventare per il tuo padrone. Ma non puoi, perché devi mantenere la tua immagine di donna seria.
Con tuo marito l’hai immaginato ma hai anche goduto ne sono certo. La certezza la vedo dalle immagini che lui mi ha mostrato, dal tuo sguardo, dalle tue nudità volgarmente esposte, di te distesa in quell’auto, in pose postribolari stravolta in volto da un sesso inusuale, e non era solo curiosità eri finalmente te stessa, la Mirna che si dà, che si offre al proprio uomo ma pensa di farlo come una puttana.
E se ti potevi anche immaginare moglie, amante, complice, schiava, ma ti mancava qualcosa di più, quella sottomissione che nasce dal sentire che la tua dipendenza è un’imposizione a cui non puoi sottrarti e che non può venire da tuo marito a cui affettivamente sei legata, ma solo da uno sconosciuto. Ammettilo, ti sto proponendo quello che ti manca quell’essere costretta a realizzare quello che desideri anche tu ma che la parte della tua educazione per bene non riuscirebbe a giustificare e che un marito difficilmente oserebbe chiederti e provare quell’umiliazione di interpretare un ruolo che nella quotidianità non potresti accettare.
Lo senti che non puoi sottrarti alle mie richieste: sei la mia schiava non per caso ma per volere tuo e di tuo marito e per amor suo sei disposta ad accettare tutto ciò che troverai scritto in queste lettere una dopo l’altra. Sei turbata, eppure non riesci a controllare la curiosità e l’eccitazione di quello che potresti leggere e quello che potrei ancora chiederti: obbligata a fare cose che per pudore non potresti fare, essere posseduta da qualcuno che senza scrupoli o giri di parole, ti ordini di fare un qualcosa di sessualmente disdicevole per una signora bene come te.
Diventerai la mia schiava la mia puttana e la tua sottomissione diventerà liberatoria, una giustificazione, il non poter fare diversamente, come mezzo per sperimentare le tue vergogne e la voglia di godere di quello che rincorri nelle tue fantasie più perverse.
La sola idea di indossare quello che ti è stato chiesto ti ha fatto battere a mille il cuore immaginandoti di essere abbandonata seminuda a battere il marciapiede come la più volgare delle puttane.
Seria ed impeccabile di giorno, e di notte costretta a vestirti come la più volgare delle battone offerta ad un severo padrone trascinata lungo la strada della tua sottomissione, per farti vivere le esperienze più porche senza risparmiarti nulla perché solo dall'umiliazione e nella vergogna nasce il tuo piacere.
E non negare che guardandoti nella vetrata è come se tu implicitamente vorresti che io ti possa vedere in una tenuta tanto indecente, non è così?
Allora avanti fallo, ora, ti voglio vedere per quella puttana in cui ti sei trasformata questa sera per tuo marito ma di fatto per me. Due scatti da inviare al tuo padrone perché d’ora in poi lo sai che mi chiamerai così.
Fino ad ora abbiamo solo parlato, ma tu senti già il collare al collo ed un guinzaglio che ti sta trascinando in questa terra per te fino ad ora sconosciuta.
Le parole forti che ti ho promesso sono la conferma di quello che tuo marito vuole da te e tu cerchi allo spasimo di nascondere.
Quando una donna come te si affida all’educazione del suo Padrone non pone domande, non avanza richieste né le è data la possibilità di sapere cosa succederà.
Per trovare quello che cerca dovrà imparare ad essere l’esatto opposto di quello che appare tutti i giorni e la tua educazione sarà fatta di situazioni umilianti, imbarazzanti, e tanto più qualcosa ti potrebbe imbarazzare tanto più il tuo padrone te la verrà a chiedere. Trascinata a fare quello che sarà troppo vergognoso per chi, nella vita di tutti i giorni, è assai morigerata.
Le mie richieste di questa lettera, se l’hai letta, le dovrai mettere in atto, fanno parte del gioco che hai accettato.
Allora schiava cosa aspetti, voglio che mi invii un selfie di come ti sei trasformata questa sera e che d’ora in poi tu ti rivolga a me chiamandomi solo padrone.
MIRNA
Mi sento crollare il mondo attorno. Le mie certezze vacillano, la conoscenza del mio io interiore inizia a perdersi. Per mano di uno sconosciuto poi. Ma come può essere? Come è possibile che quest’individuo riesca a scavare dentro di me in questo modo? Come fa a turbarmi ad ogni parola che scrive? Mi sta davvero trasformando? Mi sta forse plagiando? Non so più cosa pensare né cosa fare. Sono in balia dei miei pensieri e nei miei pensieri ci sono dovunque le sue parole, specialmente le più volgari. Mi sento svuotata della mia personalità e non riesco più a reagire come il mio angioletto positivo vorrebbe che facessi.
Meccanicamente mi alzo dalla poltroncina, prendo il cellulare sulla scrivania e torno in camera mia. Mi guardo allo specchio ancora una volta. Senza pensarci cerco una posa in cui mi si veda totalmente e bene. Accendo la fotocamera del cellulare e scatto un paio di foto alla mia immagine.
Ho fatto anche questo … guardo senza pensieri il cellulare nella mia mano e ritorno nello studio. Collego il cavetto usb al computer e scarico lì le foto. Le apro. Sono io, vestita da battona, si vede chiaramente il reggicalze sotto la gonna, si vedono i capezzoli spingere la stoffa di quelle strisce che si annodano dietro il collo e il mio viso. Si vede il mio sguardo verso il cellulare per inquadrare meglio l’immagine allo specchio. È forse l’immagine di una prostituta?
Mi sto spingendo troppo oltre senza nemmeno tentare di fermarmi. Il mio diavoletto cattivo muove la mia mano e apre la mail di risposta a quella del Master. Allego le foto e scrivo la risposta.
Risposta di Mirna al Master
Padrone, non so cosa mi stia succedendo e non riesco nemmeno a pensare. Mi sembra di essere diventata un pupazzo, una marionetta mossa da fili invisibili. Non riesco a ragionare. Penso solo alle sue parole e non riesco a cancellarle dalla mente. Vorrei avere la forza di ribellarmi, ma non ci riesco. Ho persino scattato le foto come mi aveva chiesto e le ho allegate a questa mail.
La prego di non insistere ancora. Non so se riesco a ritrovare me stessa. Mi sto perdendo tra mille e mille pensieri e ho paura, una gran paura di continuare.
Spero che mi comprenda,
Mirna
MIRNA
Ho spedito la mail senza nemmeno rileggerla, sperando che quel Master possa capirmi, possa passarsi una mano sulla coscienza e fermarsi.
Ma sono sicura di volere questo? Sono sicura che non voglia invece continuare il gioco?
Ora sono seduta davanti al computer e guardo lo schermo aspettando che si illumini l’icona della mail con la sua risposta.
per ogni ulteriore curiosità sul racconto anche su sesamo2it@yahoo.it
RODOLFO
Ero certo di conoscere Mirna. Credevo di aver trovato parole che l’avrebbero sconvolta, in parte era stato così, credevo di scrivere una o due lettere e poi trovarmi con Mirna rinchiusa in se troncare quei dialoghi e magari farmi qualche scenata. Avevo solo cercato di smuovere le acque di una sensualità un poco assopita ed invece mi stavo facendo coinvolgere sempre più, tanto da non riuscire a controllare la mia fantasia. Ero arrivato veramente a pensare di scrivere ad un sito alla ricerca di un vero Master per Mirna. Mi rodevo dentro tra gelosia ed eccitazione.
Leggevo quella frase che le avevo scritto nella lettera n.3: “Cerco un Master esperto a cui affidare mia moglie per iniziare la sua educazione e trasformarla nella sua schiava sessuale, nella sua puttana privata pronta ad eseguire quanto di più vergognoso gli possa chiedere.”
Mi martellava dentro. Trovai un sito. Inventai uno pseudonimo e postai quel messaggio.
Mi rodeva dentro la voglia di conoscere la risposta. Così come non riuscivo a smettere di ripensare alle sue risposte. Si negava ma aveva finito per indossare tutto quanto le avevo chiesto. Per far piacere a me ma nello stesso tempo chiedendo al master se fosse restato soddisfatto.
Mirna forse stava vacillando nelle sue convinzioni, e quel suo passeggiare nervosamente vestita come una puttana davanti al computer ne era la dimostrazione. Ma come essere certo? Non c’era altro mezzo per fugare i miei dubbi, scriverle una mail ancora più spinta.
MIRNA
Sono rientrata in camera da letto. Sono in uno stato di totale confusione. Mi sono chiusa dentro e mi sono appoggiata alla porta. Sento un nodo alla gola che mi prende per la rabbia e la vergogna. Rabbia e vergogna insieme per aver permesso ad un estraneo di trattarmi in quel modo orribile. Rabbia non più verso mio marito che lo ha spinto, anzi gli ha chiesto quelle cose, ma verso me stessa che non ho avuto il coraggio di metterlo a tacere e di chiudere sul nascere la conversazione.
Guardo la mia immagine allo specchio. Una donnaccia con un vestito cortissimo e col mio viso. Guardo sul letto le cose rimaste: la catena, il collare, la medaglietta e il reggiseno che non ho indossato perché mi sembrava antiestetico avendo la schiena completamente scoperta. Sono arrivata persino a pensare una cosa del genere. Non ho messo il reggiseno per mostrare meglio la mia schiena completamente a nudo. Devo essere davvero una pazza.
Mi riguardo allo specchio, sono un po’ spettinata, meccanicamente mi pettino con la spazzola che ho sul cassettone e guardo il mio viso. Non è quello di una battona, non lo sono, non mi sento di esserlo. Continuo a pettinarmi fino a quando non mi sento soddisfatta del risultato. Mi guardo ancora. Le gambe si slanciano ancora di più con queste scarpe. Ma cosa mai sto pensando? Cosa mi viene in mente? Poggio la spazzola dove era prima e esco dalla stanza.
Come un automa mi dirigo ancora verso lo studio. Vedo il computer ancora acceso. Decido di spegnerlo e mi seggo.
L’immagine di una lettera lampeggiante mi fa capire di aver ricevuto un’altra mail. Non riesco a premere il tasto di cancellazione. So benissimo chi me la manda e forse immagino anche di intuirne parte del contenuto. Non so cosa mi prenda. Invece di cancellarla, apro la mail e, col cuore che mi batte forte per l’emozione, la leggo.
Lettera n.4: senza ritegno
Il mio nome? Tu devi chiamarmi Padrone. Certo tu ami tuo marito, anche lui ti ama ma vuole una moglie che non sia più quella che sei stata fino ad ora. Se avesse voluto solo una moglie un po’ disinibita probabilmente avrebbe accettato la mia proposta di portarti a scopare in un privé. Lui vuole qualcosa di diverso e tu l’hai capito anche se cerchi ancora di resistere alle mie richieste. Lo sai che non ti puoi fermare. Di fatto fino ad ora hai sempre fatto quello che trovavi scritto nelle lettere che ti ho fatto avere.
Tuo marito non ha avuto remore e ti ha affidata ad un estraneo per iniziare la tua trasformazione da seria signora per bene a docile schiava trascinata sempre più in basso lungo una strada di sottile perversione per vederti pronta a godere delle più vergognose richieste che ti verranno fatte.
Da come scrivi, neghi ma ti senti addosso il fascino perverso di vederti precipitare verso qualcosa di sporco, di vergognoso sentirti una schiava e poi una donnaccia come dici tu quasi per paura di pronunciare le parole per il loro nome. Puttana, ecco cosa potresti diventare per il tuo padrone. Ma non puoi, perché devi mantenere la tua immagine di donna seria.
Con tuo marito l’hai immaginato ma hai anche goduto ne sono certo. La certezza la vedo dalle immagini che lui mi ha mostrato, dal tuo sguardo, dalle tue nudità volgarmente esposte, di te distesa in quell’auto, in pose postribolari stravolta in volto da un sesso inusuale, e non era solo curiosità eri finalmente te stessa, la Mirna che si dà, che si offre al proprio uomo ma pensa di farlo come una puttana.
E se ti potevi anche immaginare moglie, amante, complice, schiava, ma ti mancava qualcosa di più, quella sottomissione che nasce dal sentire che la tua dipendenza è un’imposizione a cui non puoi sottrarti e che non può venire da tuo marito a cui affettivamente sei legata, ma solo da uno sconosciuto. Ammettilo, ti sto proponendo quello che ti manca quell’essere costretta a realizzare quello che desideri anche tu ma che la parte della tua educazione per bene non riuscirebbe a giustificare e che un marito difficilmente oserebbe chiederti e provare quell’umiliazione di interpretare un ruolo che nella quotidianità non potresti accettare.
Lo senti che non puoi sottrarti alle mie richieste: sei la mia schiava non per caso ma per volere tuo e di tuo marito e per amor suo sei disposta ad accettare tutto ciò che troverai scritto in queste lettere una dopo l’altra. Sei turbata, eppure non riesci a controllare la curiosità e l’eccitazione di quello che potresti leggere e quello che potrei ancora chiederti: obbligata a fare cose che per pudore non potresti fare, essere posseduta da qualcuno che senza scrupoli o giri di parole, ti ordini di fare un qualcosa di sessualmente disdicevole per una signora bene come te.
Diventerai la mia schiava la mia puttana e la tua sottomissione diventerà liberatoria, una giustificazione, il non poter fare diversamente, come mezzo per sperimentare le tue vergogne e la voglia di godere di quello che rincorri nelle tue fantasie più perverse.
La sola idea di indossare quello che ti è stato chiesto ti ha fatto battere a mille il cuore immaginandoti di essere abbandonata seminuda a battere il marciapiede come la più volgare delle puttane.
Seria ed impeccabile di giorno, e di notte costretta a vestirti come la più volgare delle battone offerta ad un severo padrone trascinata lungo la strada della tua sottomissione, per farti vivere le esperienze più porche senza risparmiarti nulla perché solo dall'umiliazione e nella vergogna nasce il tuo piacere.
E non negare che guardandoti nella vetrata è come se tu implicitamente vorresti che io ti possa vedere in una tenuta tanto indecente, non è così?
Allora avanti fallo, ora, ti voglio vedere per quella puttana in cui ti sei trasformata questa sera per tuo marito ma di fatto per me. Due scatti da inviare al tuo padrone perché d’ora in poi lo sai che mi chiamerai così.
Fino ad ora abbiamo solo parlato, ma tu senti già il collare al collo ed un guinzaglio che ti sta trascinando in questa terra per te fino ad ora sconosciuta.
Le parole forti che ti ho promesso sono la conferma di quello che tuo marito vuole da te e tu cerchi allo spasimo di nascondere.
Quando una donna come te si affida all’educazione del suo Padrone non pone domande, non avanza richieste né le è data la possibilità di sapere cosa succederà.
Per trovare quello che cerca dovrà imparare ad essere l’esatto opposto di quello che appare tutti i giorni e la tua educazione sarà fatta di situazioni umilianti, imbarazzanti, e tanto più qualcosa ti potrebbe imbarazzare tanto più il tuo padrone te la verrà a chiedere. Trascinata a fare quello che sarà troppo vergognoso per chi, nella vita di tutti i giorni, è assai morigerata.
Le mie richieste di questa lettera, se l’hai letta, le dovrai mettere in atto, fanno parte del gioco che hai accettato.
Allora schiava cosa aspetti, voglio che mi invii un selfie di come ti sei trasformata questa sera e che d’ora in poi tu ti rivolga a me chiamandomi solo padrone.
MIRNA
Mi sento crollare il mondo attorno. Le mie certezze vacillano, la conoscenza del mio io interiore inizia a perdersi. Per mano di uno sconosciuto poi. Ma come può essere? Come è possibile che quest’individuo riesca a scavare dentro di me in questo modo? Come fa a turbarmi ad ogni parola che scrive? Mi sta davvero trasformando? Mi sta forse plagiando? Non so più cosa pensare né cosa fare. Sono in balia dei miei pensieri e nei miei pensieri ci sono dovunque le sue parole, specialmente le più volgari. Mi sento svuotata della mia personalità e non riesco più a reagire come il mio angioletto positivo vorrebbe che facessi.
Meccanicamente mi alzo dalla poltroncina, prendo il cellulare sulla scrivania e torno in camera mia. Mi guardo allo specchio ancora una volta. Senza pensarci cerco una posa in cui mi si veda totalmente e bene. Accendo la fotocamera del cellulare e scatto un paio di foto alla mia immagine.
Ho fatto anche questo … guardo senza pensieri il cellulare nella mia mano e ritorno nello studio. Collego il cavetto usb al computer e scarico lì le foto. Le apro. Sono io, vestita da battona, si vede chiaramente il reggicalze sotto la gonna, si vedono i capezzoli spingere la stoffa di quelle strisce che si annodano dietro il collo e il mio viso. Si vede il mio sguardo verso il cellulare per inquadrare meglio l’immagine allo specchio. È forse l’immagine di una prostituta?
Mi sto spingendo troppo oltre senza nemmeno tentare di fermarmi. Il mio diavoletto cattivo muove la mia mano e apre la mail di risposta a quella del Master. Allego le foto e scrivo la risposta.
Risposta di Mirna al Master
Padrone, non so cosa mi stia succedendo e non riesco nemmeno a pensare. Mi sembra di essere diventata un pupazzo, una marionetta mossa da fili invisibili. Non riesco a ragionare. Penso solo alle sue parole e non riesco a cancellarle dalla mente. Vorrei avere la forza di ribellarmi, ma non ci riesco. Ho persino scattato le foto come mi aveva chiesto e le ho allegate a questa mail.
La prego di non insistere ancora. Non so se riesco a ritrovare me stessa. Mi sto perdendo tra mille e mille pensieri e ho paura, una gran paura di continuare.
Spero che mi comprenda,
Mirna
MIRNA
Ho spedito la mail senza nemmeno rileggerla, sperando che quel Master possa capirmi, possa passarsi una mano sulla coscienza e fermarsi.
Ma sono sicura di volere questo? Sono sicura che non voglia invece continuare il gioco?
Ora sono seduta davanti al computer e guardo lo schermo aspettando che si illumini l’icona della mail con la sua risposta.
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