Diario dello schiavo Tom
di
Stelo
genere
dominazione
Questa mattina mi sono alzato un’ora e mezza prima della mia Padrona per pulire un po’ la casa e preparare una buona colazione. Chiaramente ho svolto tutti i miei impegni nel massimo silenzio affinché la mia meravigliosa Dea non ne fosse disturbata. Alle sette in punto, come ogni giorno lavorativo, mi sono recato in camera sua per svegliarla.
La Padrona dormiva comodamente, avvolta nel tiepido abbraccio delle sue morbide lenzuola di seta. Per un attimo sono rimasto incantato a guardarla. Ad ammirarla. In Lei c’è tutto: bellezza, sensualità, magnificenza, grazia, splendore. Mi rendo conto di essere molto fortunato a poter servire un essere a me tanto superiore.
Lei si chiama Sara. Ha ventisette anni e, per lo meno in via ufficiale, è la mia ragazza.
Naturalmente non è così. Di fronte a tale Divinità io non posso che chiamarmi schiavo e creatura inferiore.
Ne sono orgoglioso, però.
Con grazia ed attenzione ho scostato le lenzuola che la coprivano e dolcemente ho iniziato a leccare i suoi piedi per svegliarla nel migliore dei modi.
Dopo pochi secondi la Padrona si è destata. Mi ha dato un calcetto in faccia e mi ha allontanato.
"Ciao, schiavetto"
"Buongiorno, mia signora. Ha dormito bene?"
"Si, grazie"
"Le ho preparato la colazione"
"Che bravo! Grazie! Me la porti qui, per cortesia?"
"Sì, Padroncina, con grande piacere"
Si è rimessa sotto le coperte attendendo il mio ritorno. Nel frattempo ha accesa la TV collocata dalla parte opposta del letto e si è guardata il telegiornale.
Quando sono tornato ho appoggiato il vassoio sul comodino e mi sono messo a quattro zampe a fianco del letto.
"Vuole usarmi come tavolino, Padrona?"
Sara ha riso un po’, poi ha scossa la testa.
"No, schiavetto. Se tu fai da tavolino poi chi me li lecca i piedini?" ha domandato muovendo le sue inarrivabili estremità da sotto le coperte.
"Su, infila la testa sotto alle lenzuola e leccameli per benino"
"Sì, padrona. Come desidera"
Leccare i piedi della Padrona mi piace non so descrivere quanto. La loro pelle è vellutata e morbida, le loro forme assolutamente perfette. Inizio dal tallone del piede sinistro che curo con lente lappate da un’estremità all’altra.
Proseguo quindi lungo la pianta. Lo faccio delicatamente, perché non vorrei che la mia lingua d’essere inferiore provocasse un fastidioso solletico alla Dea.
Una volta massaggiate le piante dei piedi passo alle dita. E’ molto importante rimuovere il sudore e la polvere accumulata negli spazi fra le dita perché i piedini della Padrona, per sua stessa richiesta, devono essere sempre puliti e proprio nei punti più riposti va dedicata maggiore attenzione.
La parte conclusiva del mio lavoro è rappresentata dal dorso dei piedi. E’ liscio e regolare, un profilo che sembra disegnato da un artista rinascimentale.
Quando la Padrona ha terminato di far colazione odo di nuovo la sua voce.
"Per ora basta" dice.
Mi assesta un calcetto sul naso per farmi uscire la testa da sotto le coperte e mi attende con un sorriso brillante e cordiale.
"Mi aiuti ad alzarmi, schiavetto?"
"Certamente, Padroncina"
Mi sdraio sullo scendiletto e le faccio da tappetino affinché possa appoggiarmi i piedi addosso e non prendere freddo. I piedini della Dea meritano la massima cura.
"Ah, se non avessi te! Come farei?"
"E’ un privilegio, per me" rispondo.
Sara mi sorride. Il cuore mi batte forte.
Sento il peso della mia giovane Proprietaria sul petto e sulla gola. Non ha badato a dove poggiava i piedi, naturalmente. Così facendo mi ha chiusa la trachea, rischiando di farmi soffocare. Ma io non mi sono lamentato. Non avrei potuto. Ciò avrebbe arrecato disturbo alla Dea.
Mi sono prodigato per calzarle le ciabattine ai piedi senza scomodarla. Il fiato era sempre più corto e Lei era completamente indifferente al mio soffocamento. Sara si è alzata pesando interamente su di me, ha indossata la vestaglia di seta rosa che le ho regalata per Natale ed è scesa dal mio corpo indegno.
Una boccata d’aria fredda mi ha raggiunto di colpo i polmoni, facendomi male al petto.
"Vieni, schiavetto, andiamo in bagno"
"Sì, Padrona"
In bagno mi sono inginocchiato come tutte le mattine davanti allo specchio ed ho lasciato che la Padrona si sedesse sulla mia schiena. Doveva pettinarsi, lavarsi, truccarsi. Dell’ultima incombenza, in realtà, non aveva granché bisogno. Madre Natura le ha donato un corpo perfetto. Sara non ha necessità di meschini artifizi per essere più bella.
Un velo di rossetto, soltanto. Qualche volta un po’ di ombretto.
Il contatto del suo bellissimo sedere sul mio collo mi ha onorato. Soffrire per lei è la massima ricompensa, per me. Sara non si preoccupa di quanta fatica faccio mentre mi usa come sgabello in bagno. Ciò è giusto. Io esisto solo per servirla. Quando ho sentito che i muscoli si stavano intorpidendo a causa della fatica la Padrona, per fortuna, si è alzata. Non avrei voluto farla cadere a causa della mia debolezza.
"Su, schiavo, alla tua padroncina scappa forte la pipì!"
"Sì, mi usi pure come latrina"
La sua risata è stata dolce e cristallina.
"Dove altro potrei farla, altrimenti, se non dentro la tua bocca?" ha domandato.
"E’ un onore, per me"
"Certo che lo è! Su, mettiti in posizione"
Mi sono sdraiato con la faccia rivolta verso l’alto. Ho aperta la bocca ed ho atteso i comodi della bella Dea. Sara si è seduta sopra il mio viso, per un momento gravando interamente sul mio volto. Ha poi scostato la vestaglia per non sporcarla di orina e mi ha pisciato in bocca. Ne aveva molta nella vescica, meravigliosa fanciulla, mi spiace averla fatta attendere tanto prima di raccogliere i suoi bisogni fisiologici. Talvolta vorrei che la mia bocca inutile potesse staccarsi dal resto del corp per essere sempre a sua disposizione.
Quando la pisciata è terminata
"Schiavo, ti va di pulirmi?"
"Sì, Padrona, volentieri"
"Bravo, sei un tesoro"
"Grazie a lei per avermi permesso di obbedire ad una superba creatura angelica come Lei è"
"Come sei caro! Però ora lecca, cominciano a farmi male le ginocchia a star ferma in questa posizione"
Ho leccato come meglio ho potuto. Mi sono concesso anzi qualche lappata supplementare dopo che la pelle della Padrona è stata ripulita dalle ultime tracce di orina. La Dea poteva punirmi per questa mia inqualificabile libertà, tuttavia mi ha lasciato fare con generosità. Ad un certo punto ho sentito che il suo respiro si è fatto più corto e più profondo. Stava traendo piacere sessuale dal mio lavoro.
Ne sono stato lieto.
"Acc…è tardissimo! Oggi devo presentarmi in aula" ha detto ad un certo punto la Padrona "Schiavetto mio, sei stato bravo. Resterei qui un altro poco, purtroppo devo proprio andar via"
"Spiace anche a me, Padrona"
"Continueremo oggi, va bene?"
"Se va bene per Lei, io non posso che obbedire"
"Ah, ma come fai a sopportare una Padroncina terribile come me, povero caro!"
"E’ un onore essere suo servo" ho risposto con tutta la sincerità che disponevo.
"Va bene. Allora per stamani la tua Padroncina ha un’ultima richiesta per te. La farai contenta?"
"Certamente, ordini pure"
"Mentre sono in camera a vestirmi, tu prendi le mie scarpe…oggi veglio quelle nere col tacco a spillo. Sai, quelle col nastrino dorato?"
"Sì"
"Lucidamele per bene, voglio specchiarmi in loro"
"Sì, Padrona"
"E non perdere tempo a leccarle. Semmai quello lo farai stasera quando tornerò. Sai, con questi brutti giorni di pioggia ho paura che si sporcheranno parecchio, a camminare sui marciapiedi. Mi leccherai le suole, con la tua lingua. Ora fa alla svelta"
Mi sono recato immediatamente nella stanza delle scarpe, quella che un tempo era la mia camera ed il mio studio. Oggi dormo sotto al letto della Padrona, talvolta sullo scendiletto, e tutta la roba del mio studio è stata trasferita in garage, dove alla Dea non reca fastidio.
Ho prese le scarpe nere con il laccetto dorato e le ho lucidate ben bene ed a tempo di record. Dopo sono corso in camera della Dea a portargliele. Lei era già vestita di tutto punto. Aveva una giacca blu scura, gonna al ginocchio e calze nere.
Mi sono gettato ai suoi pedi sostenendo le sua scarpe in pari come una reliquia sacra e contemporaneamente le ho baciate le punte delle dita sotto le sue risatine divertite.
"Ti spiacerebbe essere tu a calzarmele?"
"Volentieri, Padrona"
Le ho infilata la prima scarpetta. Lo strusciare del margine della calzatura sul tessuto della calza era un fruscio velato.
Sara ha spinto in avanti senza preavviso la sua lunga gamba e mi ha messo il tacco in bocca.
"Succhialo, per cortesia"
"Sì"
"No, scusa, sai…ma mi sembrava che ci fosse rimasta una patacca di sudicio"
Non credo fosse vero, le avevo pulite accuratamente. Fosse stata anche la verità, comunque, la Padrona avrebbe fatto benissimo. E’ così che vanno trattati gli schiavi e la mia Proprietaria sa bene come usare un essere d’infimo livello quale io sono.
Lo schiavo non occorre solo per soddisfare i piaceri sessuali della Dominatrice, ma per ogni altra cosa, per la sua comodità, per svolgere mansioni noiose o faticose, per lasciare alla Padrona maggiore tempo libero. Lo schiavo, inoltre, non ha diritti, ma solo doveri.
Una Padrona merita la vita perfetta, alle faccende di casa pensa il servo. E’ così che funziona.
Non appena ho calzato anche l’altra scarpetta Sara si è alzata e si è recata alla porta.
L’ho seguita in adorazione a quattro zampe, così come mi è concesso di muovermi per casa. Sono la sua bestia ammaestrata e solo questo.
Nel frattempo ho ammirato il suo magnifico portamento e la classe dei suoi movimenti. Ho provato il desiderio di baciarle le gambe, i piedi ed il culo.
Sulla porta la Dea si è voltata verso di me e mi ha sorriso. Si è chinata un poco e mi ha accarezzata la testa.
"Bene, hai imparato a fare lo schiavo, eh?"
"Grazie, Padrona"
"Ti piace tanto essere mio schiavo?"
"Sì"
"Davvero?"
"Certamente"
"Allora salutami come si deve. Dammi un bacio su ciascun piede"
Mi sono accucciato a sfiorare il pavimento con il mento. Ho baciato i suoi piedi, poi le sue scarpe.
Erano pulite, le avevo appena lucidate. Avrei preferito leccarle da sporche. Mi sarei sentito come la larva che sono.
"Ehi, vacci piano! Ho detto i piedi soltanto. Non voglio mica che mi sbavi sulle scarpe pulite!"
"Scusi, Padrona"
"Non fa nulla, schiavetto mio. Ci vediamo stasera. Tu finisci di pulire la casa, nel frattempo"
Si è voltata e se ne è andata senza aggiungere altro.
Come prevedevo dovrò trascorrere un’altra giornata a pulire, stirare, spazzare ecc. ecc…
Da quando Sara è diventata la mia Padrona non ho più un momento per me e per i miei hobby. I miei amici e la mia vecchia vita sembrano solo vaghi ricordi.
Tuttavia sono contento di quel che sono e non vorrei mai e poi mai tornare ad essere ciò che ero.
La mia vita è questa, adesso. Ai piedi di una Dea che mi usa, mi sfrutta e mi deride.
Ma io sono contento.
La Padrona dormiva comodamente, avvolta nel tiepido abbraccio delle sue morbide lenzuola di seta. Per un attimo sono rimasto incantato a guardarla. Ad ammirarla. In Lei c’è tutto: bellezza, sensualità, magnificenza, grazia, splendore. Mi rendo conto di essere molto fortunato a poter servire un essere a me tanto superiore.
Lei si chiama Sara. Ha ventisette anni e, per lo meno in via ufficiale, è la mia ragazza.
Naturalmente non è così. Di fronte a tale Divinità io non posso che chiamarmi schiavo e creatura inferiore.
Ne sono orgoglioso, però.
Con grazia ed attenzione ho scostato le lenzuola che la coprivano e dolcemente ho iniziato a leccare i suoi piedi per svegliarla nel migliore dei modi.
Dopo pochi secondi la Padrona si è destata. Mi ha dato un calcetto in faccia e mi ha allontanato.
"Ciao, schiavetto"
"Buongiorno, mia signora. Ha dormito bene?"
"Si, grazie"
"Le ho preparato la colazione"
"Che bravo! Grazie! Me la porti qui, per cortesia?"
"Sì, Padroncina, con grande piacere"
Si è rimessa sotto le coperte attendendo il mio ritorno. Nel frattempo ha accesa la TV collocata dalla parte opposta del letto e si è guardata il telegiornale.
Quando sono tornato ho appoggiato il vassoio sul comodino e mi sono messo a quattro zampe a fianco del letto.
"Vuole usarmi come tavolino, Padrona?"
Sara ha riso un po’, poi ha scossa la testa.
"No, schiavetto. Se tu fai da tavolino poi chi me li lecca i piedini?" ha domandato muovendo le sue inarrivabili estremità da sotto le coperte.
"Su, infila la testa sotto alle lenzuola e leccameli per benino"
"Sì, padrona. Come desidera"
Leccare i piedi della Padrona mi piace non so descrivere quanto. La loro pelle è vellutata e morbida, le loro forme assolutamente perfette. Inizio dal tallone del piede sinistro che curo con lente lappate da un’estremità all’altra.
Proseguo quindi lungo la pianta. Lo faccio delicatamente, perché non vorrei che la mia lingua d’essere inferiore provocasse un fastidioso solletico alla Dea.
Una volta massaggiate le piante dei piedi passo alle dita. E’ molto importante rimuovere il sudore e la polvere accumulata negli spazi fra le dita perché i piedini della Padrona, per sua stessa richiesta, devono essere sempre puliti e proprio nei punti più riposti va dedicata maggiore attenzione.
La parte conclusiva del mio lavoro è rappresentata dal dorso dei piedi. E’ liscio e regolare, un profilo che sembra disegnato da un artista rinascimentale.
Quando la Padrona ha terminato di far colazione odo di nuovo la sua voce.
"Per ora basta" dice.
Mi assesta un calcetto sul naso per farmi uscire la testa da sotto le coperte e mi attende con un sorriso brillante e cordiale.
"Mi aiuti ad alzarmi, schiavetto?"
"Certamente, Padroncina"
Mi sdraio sullo scendiletto e le faccio da tappetino affinché possa appoggiarmi i piedi addosso e non prendere freddo. I piedini della Dea meritano la massima cura.
"Ah, se non avessi te! Come farei?"
"E’ un privilegio, per me" rispondo.
Sara mi sorride. Il cuore mi batte forte.
Sento il peso della mia giovane Proprietaria sul petto e sulla gola. Non ha badato a dove poggiava i piedi, naturalmente. Così facendo mi ha chiusa la trachea, rischiando di farmi soffocare. Ma io non mi sono lamentato. Non avrei potuto. Ciò avrebbe arrecato disturbo alla Dea.
Mi sono prodigato per calzarle le ciabattine ai piedi senza scomodarla. Il fiato era sempre più corto e Lei era completamente indifferente al mio soffocamento. Sara si è alzata pesando interamente su di me, ha indossata la vestaglia di seta rosa che le ho regalata per Natale ed è scesa dal mio corpo indegno.
Una boccata d’aria fredda mi ha raggiunto di colpo i polmoni, facendomi male al petto.
"Vieni, schiavetto, andiamo in bagno"
"Sì, Padrona"
In bagno mi sono inginocchiato come tutte le mattine davanti allo specchio ed ho lasciato che la Padrona si sedesse sulla mia schiena. Doveva pettinarsi, lavarsi, truccarsi. Dell’ultima incombenza, in realtà, non aveva granché bisogno. Madre Natura le ha donato un corpo perfetto. Sara non ha necessità di meschini artifizi per essere più bella.
Un velo di rossetto, soltanto. Qualche volta un po’ di ombretto.
Il contatto del suo bellissimo sedere sul mio collo mi ha onorato. Soffrire per lei è la massima ricompensa, per me. Sara non si preoccupa di quanta fatica faccio mentre mi usa come sgabello in bagno. Ciò è giusto. Io esisto solo per servirla. Quando ho sentito che i muscoli si stavano intorpidendo a causa della fatica la Padrona, per fortuna, si è alzata. Non avrei voluto farla cadere a causa della mia debolezza.
"Su, schiavo, alla tua padroncina scappa forte la pipì!"
"Sì, mi usi pure come latrina"
La sua risata è stata dolce e cristallina.
"Dove altro potrei farla, altrimenti, se non dentro la tua bocca?" ha domandato.
"E’ un onore, per me"
"Certo che lo è! Su, mettiti in posizione"
Mi sono sdraiato con la faccia rivolta verso l’alto. Ho aperta la bocca ed ho atteso i comodi della bella Dea. Sara si è seduta sopra il mio viso, per un momento gravando interamente sul mio volto. Ha poi scostato la vestaglia per non sporcarla di orina e mi ha pisciato in bocca. Ne aveva molta nella vescica, meravigliosa fanciulla, mi spiace averla fatta attendere tanto prima di raccogliere i suoi bisogni fisiologici. Talvolta vorrei che la mia bocca inutile potesse staccarsi dal resto del corp per essere sempre a sua disposizione.
Quando la pisciata è terminata
"Schiavo, ti va di pulirmi?"
"Sì, Padrona, volentieri"
"Bravo, sei un tesoro"
"Grazie a lei per avermi permesso di obbedire ad una superba creatura angelica come Lei è"
"Come sei caro! Però ora lecca, cominciano a farmi male le ginocchia a star ferma in questa posizione"
Ho leccato come meglio ho potuto. Mi sono concesso anzi qualche lappata supplementare dopo che la pelle della Padrona è stata ripulita dalle ultime tracce di orina. La Dea poteva punirmi per questa mia inqualificabile libertà, tuttavia mi ha lasciato fare con generosità. Ad un certo punto ho sentito che il suo respiro si è fatto più corto e più profondo. Stava traendo piacere sessuale dal mio lavoro.
Ne sono stato lieto.
"Acc…è tardissimo! Oggi devo presentarmi in aula" ha detto ad un certo punto la Padrona "Schiavetto mio, sei stato bravo. Resterei qui un altro poco, purtroppo devo proprio andar via"
"Spiace anche a me, Padrona"
"Continueremo oggi, va bene?"
"Se va bene per Lei, io non posso che obbedire"
"Ah, ma come fai a sopportare una Padroncina terribile come me, povero caro!"
"E’ un onore essere suo servo" ho risposto con tutta la sincerità che disponevo.
"Va bene. Allora per stamani la tua Padroncina ha un’ultima richiesta per te. La farai contenta?"
"Certamente, ordini pure"
"Mentre sono in camera a vestirmi, tu prendi le mie scarpe…oggi veglio quelle nere col tacco a spillo. Sai, quelle col nastrino dorato?"
"Sì"
"Lucidamele per bene, voglio specchiarmi in loro"
"Sì, Padrona"
"E non perdere tempo a leccarle. Semmai quello lo farai stasera quando tornerò. Sai, con questi brutti giorni di pioggia ho paura che si sporcheranno parecchio, a camminare sui marciapiedi. Mi leccherai le suole, con la tua lingua. Ora fa alla svelta"
Mi sono recato immediatamente nella stanza delle scarpe, quella che un tempo era la mia camera ed il mio studio. Oggi dormo sotto al letto della Padrona, talvolta sullo scendiletto, e tutta la roba del mio studio è stata trasferita in garage, dove alla Dea non reca fastidio.
Ho prese le scarpe nere con il laccetto dorato e le ho lucidate ben bene ed a tempo di record. Dopo sono corso in camera della Dea a portargliele. Lei era già vestita di tutto punto. Aveva una giacca blu scura, gonna al ginocchio e calze nere.
Mi sono gettato ai suoi pedi sostenendo le sua scarpe in pari come una reliquia sacra e contemporaneamente le ho baciate le punte delle dita sotto le sue risatine divertite.
"Ti spiacerebbe essere tu a calzarmele?"
"Volentieri, Padrona"
Le ho infilata la prima scarpetta. Lo strusciare del margine della calzatura sul tessuto della calza era un fruscio velato.
Sara ha spinto in avanti senza preavviso la sua lunga gamba e mi ha messo il tacco in bocca.
"Succhialo, per cortesia"
"Sì"
"No, scusa, sai…ma mi sembrava che ci fosse rimasta una patacca di sudicio"
Non credo fosse vero, le avevo pulite accuratamente. Fosse stata anche la verità, comunque, la Padrona avrebbe fatto benissimo. E’ così che vanno trattati gli schiavi e la mia Proprietaria sa bene come usare un essere d’infimo livello quale io sono.
Lo schiavo non occorre solo per soddisfare i piaceri sessuali della Dominatrice, ma per ogni altra cosa, per la sua comodità, per svolgere mansioni noiose o faticose, per lasciare alla Padrona maggiore tempo libero. Lo schiavo, inoltre, non ha diritti, ma solo doveri.
Una Padrona merita la vita perfetta, alle faccende di casa pensa il servo. E’ così che funziona.
Non appena ho calzato anche l’altra scarpetta Sara si è alzata e si è recata alla porta.
L’ho seguita in adorazione a quattro zampe, così come mi è concesso di muovermi per casa. Sono la sua bestia ammaestrata e solo questo.
Nel frattempo ho ammirato il suo magnifico portamento e la classe dei suoi movimenti. Ho provato il desiderio di baciarle le gambe, i piedi ed il culo.
Sulla porta la Dea si è voltata verso di me e mi ha sorriso. Si è chinata un poco e mi ha accarezzata la testa.
"Bene, hai imparato a fare lo schiavo, eh?"
"Grazie, Padrona"
"Ti piace tanto essere mio schiavo?"
"Sì"
"Davvero?"
"Certamente"
"Allora salutami come si deve. Dammi un bacio su ciascun piede"
Mi sono accucciato a sfiorare il pavimento con il mento. Ho baciato i suoi piedi, poi le sue scarpe.
Erano pulite, le avevo appena lucidate. Avrei preferito leccarle da sporche. Mi sarei sentito come la larva che sono.
"Ehi, vacci piano! Ho detto i piedi soltanto. Non voglio mica che mi sbavi sulle scarpe pulite!"
"Scusi, Padrona"
"Non fa nulla, schiavetto mio. Ci vediamo stasera. Tu finisci di pulire la casa, nel frattempo"
Si è voltata e se ne è andata senza aggiungere altro.
Come prevedevo dovrò trascorrere un’altra giornata a pulire, stirare, spazzare ecc. ecc…
Da quando Sara è diventata la mia Padrona non ho più un momento per me e per i miei hobby. I miei amici e la mia vecchia vita sembrano solo vaghi ricordi.
Tuttavia sono contento di quel che sono e non vorrei mai e poi mai tornare ad essere ciò che ero.
La mia vita è questa, adesso. Ai piedi di una Dea che mi usa, mi sfrutta e mi deride.
Ma io sono contento.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Commenti dei lettori al racconto erotico