Una calorosa amica di infanzia (Terza parte)
di
Cockam
genere
prime esperienze
La domanda di Monica in risposta alla mia mi lasciò tutto subito interdetto. Non riuscivo a capire fino in fondo a che cosa mirasse Monica con questo suo nuovo atteggiamento nei miei confronti. Mi aveva accennato ad un fantomatico fidanzato, il quale, nel mio immaginario, certamente non avrebbe gradito sapere che la sua nuova ragazza avesse incontri intimi con un suo vecchio compagno di scuola.
L’evoluzione degli ultimi giorni, da un lato mi poneva profondi problemi di coscienza, ma dall’altro mi coinvolgeva in un’atmosfera di mistero, di scoperta, di complicità e di piacere sensuale che fino a quel momento mi erano stati sconosciuti.
Ero combattuto sul da farsi: non sapevo se telefonare a Monica e chiederle un chiarimento sul nostro rapporto (se ciò che era successo tra noi si fosse potuto definire un rapporto) o se lasciare a lei l’iniziativa, come era avvenuto nei primi due casi.
Monica aveva sempre suscitato in me un forte interesse fin da quando andavo a scuola insieme: mi piacevano i suoi modi dolci e raffinati, quell’aria sbarazzina accarezzata da un tocco di sensualità provocante che rendeva la sua persona vagamente misteriosa ed affascinante, anche se all’epoca era ancora una ragazzina.
La giovane donna che mi ero ritrovato di fronte conservava in sé tutte queste caratteristiche, ma negli ultimi due giorni si era sovrapposta un’intraprendenza ed una disinibizione che non mi sarei mai aspettato in lei. Erano passati alcuni anni, è vero, e, soprattutto alla nostra età, le persone fanno cambiamenti significativi, talvolta radicali, e quelli che Monica mostrava andavano in questa direzione. La sua personalità stava sbocciando affiancando al tenero atteggiamento della bambina quello di una donna in cerca delle sue sicurezze, e perché no, evidentemente anche dei piaceri che il suo corpo poteva regalarle.
Erano questi i pensieri che mi assillavano nei giorni successivi alla nostra telefonata mentre passavo buona parte del mio tempo a fissare il telefono in attesa che squillasse di nuovo o che mi venisse il coraggio di afferrarlo e comporre il numero di Monica.
Al termine di quattro lunghissimi giorni mi decisi a prendere l’iniziativa. Monica non si era più fatta viva, ma la sua domanda finale prima di riattaccare il telefono e la sua promessa di ricambiare il favore di insegnarmi come dare piacere ad una donna che mi aveva fatto durante il nostro primo incontro non mi davano pace. Dopo tutto ero io l’uomo, e secondo gli antichi canoni ero in diritto di farlo senza sembrare invadente!
Afferrai il telefono che mi guardava invitante appoggiato sul letto, lo afferrai, ma non composi il numero. Lo misi in tasca, e dopo essermi dato una sistemata, uscii di casa. Era tardo pomeriggio, le giornate d’autunno si erano già sensibilmente accorciate e le strade erano inondate dalle luci delle macchine che sfrecciavano rumorosamente sull’asfalto umido sollevando nuvole di foglie secche cadute dagli alberi che ornavano i viali della mia città e dalle insegne scintillanti dei negozi che si riflettevano sul marciapiede.
La casa di Monica distava solo qualche isolato dalla mia, ma i venti minuti circa di passeggiata furono l’occasione per ripensare a tutti i dubbi che mi avevano assalito negli ultimi tre giorni. Non sapevo se Monica sarebbe stata in casa, sola, ma questo forse era l’ultimo dei miei problemi. Non avevo idea di come presentarmi e di cosa dire nel caso Monica avesse aperto la porta.
Mentre camminavo con passo spedito ma non affrettato ripensavo al nostro ultimo incontro: rivedevo il suo seno con i capezzoli turgidi oscillare mentre si dava da fare ad accarezzare il mio sesso eretto di fronte al suo viso, e non potevo togliermi dalla testa l’immagine del mio pene appoggiato sulla sua lingua pronto ad eiaculare tra le sue labbra.
Non mi resi quasi conto di essere arrivato di fronte al portone dell’abitazione di Monica, tanto ero sovrappensiero: per poco non lo superai. Sentivo il mio sesso gonfio e turgido intrappolato nella biancheria intima e mi vergognai. Per fortuna i jeans che indossavo non lasciavano trasparire troppo il mio stato di eccitazione, ma contribuivano a comprimerlo.
Feci un profondo respiro e mi decisi a suonare il citofono. I secondi che passarono dal gracchiante suono del campanello a quando udii il rumore emesso dall’apparecchio a seguito del fatto che qualcuno stava per rispondere furono interminabili. Mi passarono davanti agli occhi tutte le immagini del nostro primo incontro e della lunga telefonata di due giorni prima.
Finalmente udii la voce di Monica ovattata attraverso il citofono rispondere: “Chi è’?”
Risposi timidamente: “Sono io, Giorgio… passavo di qui – mentii – e ho pensato di farti una sorpresa!”
“Sali!” esclamò Monica nel citofono aprendo il portone.
Feci i tre piani di scale senza farmi prendere dalla foga per non arrivare ansimante di fronte alla porta dell’appartamento dove viveva Monica.
“Ciao Monica, come stai?” la salutai fingendo sicurezza.
“Bene, grazie, Giorgio. Vieni… stavo preparando una cioccolata calda: ne vuoi una anche tu?” rispose Monica invitandomi ad entrare e guidandomi verso la cucina.
“Mi hai fatto proprio una bella sorpresa a passare! Stavo proprio pensando a te qualche minuto fa!” aggiunse Monica mentre metteva sul fuoco il pentolino con la cioccolata.
“Davvero Monica? Ti confesso che non stavo passando di qui per caso: sono venuto apposta sperando di trovarti. Volevo parlarti: non riesco a non pensare a ciò che sta succedendo tra noi, e nello stesso tempo non riesco ad interpretarlo, a dargli una spiegazione. Mi hai travolto con la tua sensualità e la tua fisicità: non me lo sarei mai aspettato da te!” dissi cercando di farmi forza con la speranza di non rovinare tutto.
“Giorgio, come sei tenero! Sono cresciuta e maturata dai tempi delle scuole medie, anche se non ho avuto grandi esperienze fino ad ora. Credo di potermi fidare di te: sbaglio o eravamo amici! E poi non penso di sbagliare nel dire che c’era qualcosa di più di una semplice simpatia fra noi, vero?” rispose Monica con tono conciliante.
Poi, probabilmente a causa della mia espressione vuota, aggiunse: “Se non ti va possiamo smettere di vederci… e amici come prima!”
“No, no!” mi affrettai a rispondere. “Non è questo, anzi, temevo solo di mancarti di rispetto, dato che mi hai detto di essere fidanzata”.
Dopo aver detto questa frase mi morsi la lingua e pensai: “Devi essere proprio uno stupido a tirare fuori questi discorsi invece di approfittare della situazione”. L’altra parte di me invece era soddisfatta per l’onestà ed il tatto che stavo usando nei confronti della mia amica.
Monica sembrò non averci fatto troppo caso e tagliò corto: “E’ vero, ma come ti ho detto è una cosa che dura da poco, non siamo ancora così intimi… Non ti preoccupare di lui per ora… Se dovessero esserci dei problemi non esiterei a riferirteli”.
Ci sedemmo al tavolo l’uno di fronte all’altra e gustammo le nostre cioccolate calde osservandoci da sopra l’orlo delle tazze senza dire una parola.
Quando terminammo di bere le cioccolate calde Monica si alzò, ritirò le tazze, le mise nel lavandino e si girò verso di me appoggiandosi al bancone della cucina.
“Secondo me non sei venuto per dirmi queste cose” ruppe il silenzio Monica mentre mi guardava con uno sguardo provocatore.
“A no? E per cosa sarei venuto secondo te?” risposi io con tono vagamente ironico ed appena piccato.
“Non essere timido come quando eravamo ragazzi! Sii uomo! Vorrei che i nostri incontri ci servissero a crescere ed a vincere le nostre inibizioni e le nostre paure! Secondo me, te lo leggo negli occhi, sei venuto per la tua lezione!” rispose Monica mentre, con un piccolo balzo, si sedette sul bancone della cucina di fronte a me.
Ancora una volta l’audacia, per non dire la sfrontatezza di Monica mi lasciarono interdetto per qualche secondo. Quando mi ripresi confessai: “Beh, non hai tutti i torti: in fondo ci speravo!”
“Bravo Giorgio! Così mi piaci! Non devi aver paura di lasciarti andare alle tue pulsioni più profonde! Fai come faccio io: non vedi che ho avuto il coraggio di confessarti i miei più reconditi desideri e siamo stati bene?” rispose Monica, la quale, facendo leva sulle braccia, stava cercando una posizione più comoda e divaricò lentamente le gambe provocando l’apertura, come se si fosse trattato di un sipario teatrale, dei lembi della gonnellina che indossava.
Tra le pieghe del tessuto che si sollevava scorsi la biancheria intima di Monica: un paio di mutandine bianche di pizzo trasparente che lasciavano intravedere l’alone scuro della sua folta peluria bruna.
Monica iniziò ad accarezzarsi i lunghi capelli castani reclinando la testa all’indietro e sporgendo il petto in avanti. Il suo seno tese la scollatura generosa della sua camicetta bianca mettendo in evidenza la sua splendida forma: realizzai in quel momento che non indossava il reggipetto.
“I capelli sono una delle parti del corpo che desidero mi vengano accarezzate, soprattutto all’inizio: è una cosa che sempre fatto per eccitarmi” confessò Monica.
Rimasi incantato ad osservarla, mentre timidamente sentivo crescere in me l’eccitazione, e tutti i problemi di qualche istante prima si dissolsero come le nebbie del mattino al primo sorgere del sole.
Monica scese con una mano in direzione della scollatura e, uno ad uno, sbottonò tutti i bottoni della sua camicetta. Il suo seno dalle aureole rosate, a tratti quasi brune, rivolte verso l’alto grazie alla forma “a pera” delle mammelle, sormontate dai capezzoli che tendevano il tessuto che lentamente scivolava via, appariva e scompariva tra le pieghe della stoffa che si ritirava.
Finalmente si sfilò la camicetta e si mostrò con il petto nudo in tutto il suo splendore. Mentre mi guardava negli occhi con sguardo provocante, fece passare la lingua sulle labbra e strinse i suoi seni tra le mani avvicinandoli alla bocca. Cominciò a leccare e a succhiare i propri capezzoli quasi come se volesse allattarsi, sostenendo con le mani il gonfiore dei suoi seni.
Poco dopo fece scendere le sue mani lungo i fianchi seguendone fedelmente il profilo dalla forma elegante di un violoncello; i seni, rimasti liberi dall’abbraccio delle sue dita, oscillarono armoniosi, animati dal movimento delle sue braccia che si distendevano. Le mani di Monica raggiunsero le sue anche, sorvolarono sul tessuto della gonna per riprendere il contatto con la pelle nuda delle sue cosce divaricate.
Il mio pene sia risvegliò anche se era costretto all’interno dei miei vestiti, ma non osavo fare nulla, estasiato com’ero da quello spettacolo.
Monica mi lanciò uno sguardo complice per poi concentrarsi nuovamente sul proprio corpo. Le sue dita, dopo aver accarezzato l’interno delle sue cosce, conversero al centro, e gli indici si insinuarono sotto il tessuto delle mutandine di pizzo in corrispondenza degli orli. Notai, eccitandomi, qualche morbido e ricciuto pelo del pube di Monica affacciarsi ai lati della sua biancheria.
Terminati alcuni passaggi in su ed in giù con le dita appena infilate al di sotto del tessuto, Monica mi lasciò senza fiato scostando da un lato il pizzo delle sue mutandine. Due labbra carnose, ben marcate e dal colore scuro, appena ricoperte da qualche pelo bruno, si mostrarono in tutto il loro splendore sporgendo tra le pieghe della sua carne. Esse correvano parallele verso il basso, ancora unite tra loro, a partire dal clitoride che sporgeva roseo sopra di loro per allargarsi verso il centro in due ali di soffice carne.
Nel momento in cui Monica fece scorrere il suo dito medio sul proprio clitoride scappellandolo, per poi insinuarsi tra le labbra della sua vagina che si aprirono docilmente al suo passaggio, non potei più resistere: mi alzai in piedi, rimasi dalla parte opposta del tavolo, e continuando ad osservare i lenti e sinuosi movimenti delle dita di Monica che apparivano e scomparivano nelle profondità rosee della sua vagina, abbassai la cerniera dei miei pantaloni, rovistai all’interno finché non riuscii ad estrarre il mio pene già completamente eretto.
Monica sembrò gradire la mia iniziativa e mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Mentre giravo intorno al tavolo accennai un massaggio al mio cazzo che pretendeva le sue attenzioni. Quando fui di fronte a Monica, la sua mano destra strinse il mio polso e accompagnò la mia mano in mezzo alle sue cosce. Avvertii immediatamente il calore del corpo di Monica fra le mie dita, ed un fremito attraversò il mio corpo carico di eccitazione.
Mi persi a giocherellare con le labbra della vagina di Monica, fino a quando ella mi prese dolcemente la mano e la guidò sul clitoride chiedendomi di accarezzarglielo. Il turgore del suo sesso lubrificato da una patina di liquido viscoso che emanava un profumo dolciastro mi inebriarono e seguii l’istinto di affondare il dito medio tra le labbra della vulva. Mentre il mio dito veniva risucchiato all’interno, con il pollice iniziai a massaggiare il clitoride di Monica facendo roteare sopra di esso il mio polpastrello.
Monica emise un profondo sospiro e nello stesso tempo Monica impugnò il mio pene e cominciò lentamente a massaggiarmelo seguendo le istruzioni che le avevo dato durante il nostro ultimo incontro: dopo qualche strofinamento, spinse la mano chiusa sulla mia asta verso di me e me lo scappellò completamente.
Continuammo a masturbarci reciprocamente per qualche minuto, con movimenti sempre più ampi e frequenti: notai che il suo piacere aumentava quando, ad ogni penetrazione del mio dito medio, arrivato in fondo, piegavo il dito verso l’alto accentuando la pressione sulla parete della sua vagina. Monica, da parte sua, si concentrava sulla base della mia cappella, strofinando quasi ad ogni passaggio il polpastrello del pollice in corrispondenza del frenulo.
Ad un tratto afferrò l’altra mia mano e se la portò al seno: i suoi movimenti mi suggerirono di stringerlo nel palmo della mano, mentre con l’altra continuavo ad entrare ed uscire dalla sua carne sempre più umida.
Il contatto con il suo seno turgido concentrò la forte sensazione di piacere sul mio basso ventre, facendomi quasi esplodere. Riuscii a trattenermi concentrandomi sul massaggio che stavo eseguendo, quando all’improvviso avvertii un forte tremito che scosse il corpo di Monica. Affondai la mia mano nella sua vagina ed iniziai a piegare ripetutamente il dito in direzione della sua parete interna ormai viscidissima.
Monica emise un profondo grido, rovesciò la testa all’indietro, avvertii il suo corpo venire incontro alla mia mano che la penetrava e d’un tratto fui inondato da una serie di spruzzi biancastri che accompagnarono il suo orgasmo.
Il suo liquido bagnò anche il mio cazzo che era a poca distanza dalla sua vagina, ancora avvolto nel suo pugno che aveva per un momento interrotto il movimento oscillatorio. Non appena si fu ripresa dall’orgasmo, mi guardò con un segno di intesa e si concentrò nuovamente su di me: indirizzò la mia cappella in direzione del suo clitoride, anzi, la compresse sopra di esso mentre continuava a segarmelo con movimenti sempre più veloci.
Il mio frenulo si appoggiò sull’erezione di Monica, la quale sembrava trarre nuovo godimento da questo massaggio, accentuato anche dalle oscillazioni del mio bacino. Monica strinse tra le dita dell’altra mano le mie palle, le quali, attraverso il mio cazzo duro, riversarono copiosi fiotti di sperma sulla vagina di Monica che continuava lentamente a spremerlo su di sé. Poco dopo, un altro intenso orgasmo scosse Monica dalla testa ai piedi.
Con questo secondo incontro suggellammo per sempre la nostra segreta intesa, e ci promettemmo di continuare a frequentarci per condividere le nostre esperienze e le nostre sensazioni, guidandoci a vicenda attraverso i segreti più reconditi dei nostri animi e dei nostri corpi.
L’evoluzione degli ultimi giorni, da un lato mi poneva profondi problemi di coscienza, ma dall’altro mi coinvolgeva in un’atmosfera di mistero, di scoperta, di complicità e di piacere sensuale che fino a quel momento mi erano stati sconosciuti.
Ero combattuto sul da farsi: non sapevo se telefonare a Monica e chiederle un chiarimento sul nostro rapporto (se ciò che era successo tra noi si fosse potuto definire un rapporto) o se lasciare a lei l’iniziativa, come era avvenuto nei primi due casi.
Monica aveva sempre suscitato in me un forte interesse fin da quando andavo a scuola insieme: mi piacevano i suoi modi dolci e raffinati, quell’aria sbarazzina accarezzata da un tocco di sensualità provocante che rendeva la sua persona vagamente misteriosa ed affascinante, anche se all’epoca era ancora una ragazzina.
La giovane donna che mi ero ritrovato di fronte conservava in sé tutte queste caratteristiche, ma negli ultimi due giorni si era sovrapposta un’intraprendenza ed una disinibizione che non mi sarei mai aspettato in lei. Erano passati alcuni anni, è vero, e, soprattutto alla nostra età, le persone fanno cambiamenti significativi, talvolta radicali, e quelli che Monica mostrava andavano in questa direzione. La sua personalità stava sbocciando affiancando al tenero atteggiamento della bambina quello di una donna in cerca delle sue sicurezze, e perché no, evidentemente anche dei piaceri che il suo corpo poteva regalarle.
Erano questi i pensieri che mi assillavano nei giorni successivi alla nostra telefonata mentre passavo buona parte del mio tempo a fissare il telefono in attesa che squillasse di nuovo o che mi venisse il coraggio di afferrarlo e comporre il numero di Monica.
Al termine di quattro lunghissimi giorni mi decisi a prendere l’iniziativa. Monica non si era più fatta viva, ma la sua domanda finale prima di riattaccare il telefono e la sua promessa di ricambiare il favore di insegnarmi come dare piacere ad una donna che mi aveva fatto durante il nostro primo incontro non mi davano pace. Dopo tutto ero io l’uomo, e secondo gli antichi canoni ero in diritto di farlo senza sembrare invadente!
Afferrai il telefono che mi guardava invitante appoggiato sul letto, lo afferrai, ma non composi il numero. Lo misi in tasca, e dopo essermi dato una sistemata, uscii di casa. Era tardo pomeriggio, le giornate d’autunno si erano già sensibilmente accorciate e le strade erano inondate dalle luci delle macchine che sfrecciavano rumorosamente sull’asfalto umido sollevando nuvole di foglie secche cadute dagli alberi che ornavano i viali della mia città e dalle insegne scintillanti dei negozi che si riflettevano sul marciapiede.
La casa di Monica distava solo qualche isolato dalla mia, ma i venti minuti circa di passeggiata furono l’occasione per ripensare a tutti i dubbi che mi avevano assalito negli ultimi tre giorni. Non sapevo se Monica sarebbe stata in casa, sola, ma questo forse era l’ultimo dei miei problemi. Non avevo idea di come presentarmi e di cosa dire nel caso Monica avesse aperto la porta.
Mentre camminavo con passo spedito ma non affrettato ripensavo al nostro ultimo incontro: rivedevo il suo seno con i capezzoli turgidi oscillare mentre si dava da fare ad accarezzare il mio sesso eretto di fronte al suo viso, e non potevo togliermi dalla testa l’immagine del mio pene appoggiato sulla sua lingua pronto ad eiaculare tra le sue labbra.
Non mi resi quasi conto di essere arrivato di fronte al portone dell’abitazione di Monica, tanto ero sovrappensiero: per poco non lo superai. Sentivo il mio sesso gonfio e turgido intrappolato nella biancheria intima e mi vergognai. Per fortuna i jeans che indossavo non lasciavano trasparire troppo il mio stato di eccitazione, ma contribuivano a comprimerlo.
Feci un profondo respiro e mi decisi a suonare il citofono. I secondi che passarono dal gracchiante suono del campanello a quando udii il rumore emesso dall’apparecchio a seguito del fatto che qualcuno stava per rispondere furono interminabili. Mi passarono davanti agli occhi tutte le immagini del nostro primo incontro e della lunga telefonata di due giorni prima.
Finalmente udii la voce di Monica ovattata attraverso il citofono rispondere: “Chi è’?”
Risposi timidamente: “Sono io, Giorgio… passavo di qui – mentii – e ho pensato di farti una sorpresa!”
“Sali!” esclamò Monica nel citofono aprendo il portone.
Feci i tre piani di scale senza farmi prendere dalla foga per non arrivare ansimante di fronte alla porta dell’appartamento dove viveva Monica.
“Ciao Monica, come stai?” la salutai fingendo sicurezza.
“Bene, grazie, Giorgio. Vieni… stavo preparando una cioccolata calda: ne vuoi una anche tu?” rispose Monica invitandomi ad entrare e guidandomi verso la cucina.
“Mi hai fatto proprio una bella sorpresa a passare! Stavo proprio pensando a te qualche minuto fa!” aggiunse Monica mentre metteva sul fuoco il pentolino con la cioccolata.
“Davvero Monica? Ti confesso che non stavo passando di qui per caso: sono venuto apposta sperando di trovarti. Volevo parlarti: non riesco a non pensare a ciò che sta succedendo tra noi, e nello stesso tempo non riesco ad interpretarlo, a dargli una spiegazione. Mi hai travolto con la tua sensualità e la tua fisicità: non me lo sarei mai aspettato da te!” dissi cercando di farmi forza con la speranza di non rovinare tutto.
“Giorgio, come sei tenero! Sono cresciuta e maturata dai tempi delle scuole medie, anche se non ho avuto grandi esperienze fino ad ora. Credo di potermi fidare di te: sbaglio o eravamo amici! E poi non penso di sbagliare nel dire che c’era qualcosa di più di una semplice simpatia fra noi, vero?” rispose Monica con tono conciliante.
Poi, probabilmente a causa della mia espressione vuota, aggiunse: “Se non ti va possiamo smettere di vederci… e amici come prima!”
“No, no!” mi affrettai a rispondere. “Non è questo, anzi, temevo solo di mancarti di rispetto, dato che mi hai detto di essere fidanzata”.
Dopo aver detto questa frase mi morsi la lingua e pensai: “Devi essere proprio uno stupido a tirare fuori questi discorsi invece di approfittare della situazione”. L’altra parte di me invece era soddisfatta per l’onestà ed il tatto che stavo usando nei confronti della mia amica.
Monica sembrò non averci fatto troppo caso e tagliò corto: “E’ vero, ma come ti ho detto è una cosa che dura da poco, non siamo ancora così intimi… Non ti preoccupare di lui per ora… Se dovessero esserci dei problemi non esiterei a riferirteli”.
Ci sedemmo al tavolo l’uno di fronte all’altra e gustammo le nostre cioccolate calde osservandoci da sopra l’orlo delle tazze senza dire una parola.
Quando terminammo di bere le cioccolate calde Monica si alzò, ritirò le tazze, le mise nel lavandino e si girò verso di me appoggiandosi al bancone della cucina.
“Secondo me non sei venuto per dirmi queste cose” ruppe il silenzio Monica mentre mi guardava con uno sguardo provocatore.
“A no? E per cosa sarei venuto secondo te?” risposi io con tono vagamente ironico ed appena piccato.
“Non essere timido come quando eravamo ragazzi! Sii uomo! Vorrei che i nostri incontri ci servissero a crescere ed a vincere le nostre inibizioni e le nostre paure! Secondo me, te lo leggo negli occhi, sei venuto per la tua lezione!” rispose Monica mentre, con un piccolo balzo, si sedette sul bancone della cucina di fronte a me.
Ancora una volta l’audacia, per non dire la sfrontatezza di Monica mi lasciarono interdetto per qualche secondo. Quando mi ripresi confessai: “Beh, non hai tutti i torti: in fondo ci speravo!”
“Bravo Giorgio! Così mi piaci! Non devi aver paura di lasciarti andare alle tue pulsioni più profonde! Fai come faccio io: non vedi che ho avuto il coraggio di confessarti i miei più reconditi desideri e siamo stati bene?” rispose Monica, la quale, facendo leva sulle braccia, stava cercando una posizione più comoda e divaricò lentamente le gambe provocando l’apertura, come se si fosse trattato di un sipario teatrale, dei lembi della gonnellina che indossava.
Tra le pieghe del tessuto che si sollevava scorsi la biancheria intima di Monica: un paio di mutandine bianche di pizzo trasparente che lasciavano intravedere l’alone scuro della sua folta peluria bruna.
Monica iniziò ad accarezzarsi i lunghi capelli castani reclinando la testa all’indietro e sporgendo il petto in avanti. Il suo seno tese la scollatura generosa della sua camicetta bianca mettendo in evidenza la sua splendida forma: realizzai in quel momento che non indossava il reggipetto.
“I capelli sono una delle parti del corpo che desidero mi vengano accarezzate, soprattutto all’inizio: è una cosa che sempre fatto per eccitarmi” confessò Monica.
Rimasi incantato ad osservarla, mentre timidamente sentivo crescere in me l’eccitazione, e tutti i problemi di qualche istante prima si dissolsero come le nebbie del mattino al primo sorgere del sole.
Monica scese con una mano in direzione della scollatura e, uno ad uno, sbottonò tutti i bottoni della sua camicetta. Il suo seno dalle aureole rosate, a tratti quasi brune, rivolte verso l’alto grazie alla forma “a pera” delle mammelle, sormontate dai capezzoli che tendevano il tessuto che lentamente scivolava via, appariva e scompariva tra le pieghe della stoffa che si ritirava.
Finalmente si sfilò la camicetta e si mostrò con il petto nudo in tutto il suo splendore. Mentre mi guardava negli occhi con sguardo provocante, fece passare la lingua sulle labbra e strinse i suoi seni tra le mani avvicinandoli alla bocca. Cominciò a leccare e a succhiare i propri capezzoli quasi come se volesse allattarsi, sostenendo con le mani il gonfiore dei suoi seni.
Poco dopo fece scendere le sue mani lungo i fianchi seguendone fedelmente il profilo dalla forma elegante di un violoncello; i seni, rimasti liberi dall’abbraccio delle sue dita, oscillarono armoniosi, animati dal movimento delle sue braccia che si distendevano. Le mani di Monica raggiunsero le sue anche, sorvolarono sul tessuto della gonna per riprendere il contatto con la pelle nuda delle sue cosce divaricate.
Il mio pene sia risvegliò anche se era costretto all’interno dei miei vestiti, ma non osavo fare nulla, estasiato com’ero da quello spettacolo.
Monica mi lanciò uno sguardo complice per poi concentrarsi nuovamente sul proprio corpo. Le sue dita, dopo aver accarezzato l’interno delle sue cosce, conversero al centro, e gli indici si insinuarono sotto il tessuto delle mutandine di pizzo in corrispondenza degli orli. Notai, eccitandomi, qualche morbido e ricciuto pelo del pube di Monica affacciarsi ai lati della sua biancheria.
Terminati alcuni passaggi in su ed in giù con le dita appena infilate al di sotto del tessuto, Monica mi lasciò senza fiato scostando da un lato il pizzo delle sue mutandine. Due labbra carnose, ben marcate e dal colore scuro, appena ricoperte da qualche pelo bruno, si mostrarono in tutto il loro splendore sporgendo tra le pieghe della sua carne. Esse correvano parallele verso il basso, ancora unite tra loro, a partire dal clitoride che sporgeva roseo sopra di loro per allargarsi verso il centro in due ali di soffice carne.
Nel momento in cui Monica fece scorrere il suo dito medio sul proprio clitoride scappellandolo, per poi insinuarsi tra le labbra della sua vagina che si aprirono docilmente al suo passaggio, non potei più resistere: mi alzai in piedi, rimasi dalla parte opposta del tavolo, e continuando ad osservare i lenti e sinuosi movimenti delle dita di Monica che apparivano e scomparivano nelle profondità rosee della sua vagina, abbassai la cerniera dei miei pantaloni, rovistai all’interno finché non riuscii ad estrarre il mio pene già completamente eretto.
Monica sembrò gradire la mia iniziativa e mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Mentre giravo intorno al tavolo accennai un massaggio al mio cazzo che pretendeva le sue attenzioni. Quando fui di fronte a Monica, la sua mano destra strinse il mio polso e accompagnò la mia mano in mezzo alle sue cosce. Avvertii immediatamente il calore del corpo di Monica fra le mie dita, ed un fremito attraversò il mio corpo carico di eccitazione.
Mi persi a giocherellare con le labbra della vagina di Monica, fino a quando ella mi prese dolcemente la mano e la guidò sul clitoride chiedendomi di accarezzarglielo. Il turgore del suo sesso lubrificato da una patina di liquido viscoso che emanava un profumo dolciastro mi inebriarono e seguii l’istinto di affondare il dito medio tra le labbra della vulva. Mentre il mio dito veniva risucchiato all’interno, con il pollice iniziai a massaggiare il clitoride di Monica facendo roteare sopra di esso il mio polpastrello.
Monica emise un profondo sospiro e nello stesso tempo Monica impugnò il mio pene e cominciò lentamente a massaggiarmelo seguendo le istruzioni che le avevo dato durante il nostro ultimo incontro: dopo qualche strofinamento, spinse la mano chiusa sulla mia asta verso di me e me lo scappellò completamente.
Continuammo a masturbarci reciprocamente per qualche minuto, con movimenti sempre più ampi e frequenti: notai che il suo piacere aumentava quando, ad ogni penetrazione del mio dito medio, arrivato in fondo, piegavo il dito verso l’alto accentuando la pressione sulla parete della sua vagina. Monica, da parte sua, si concentrava sulla base della mia cappella, strofinando quasi ad ogni passaggio il polpastrello del pollice in corrispondenza del frenulo.
Ad un tratto afferrò l’altra mia mano e se la portò al seno: i suoi movimenti mi suggerirono di stringerlo nel palmo della mano, mentre con l’altra continuavo ad entrare ed uscire dalla sua carne sempre più umida.
Il contatto con il suo seno turgido concentrò la forte sensazione di piacere sul mio basso ventre, facendomi quasi esplodere. Riuscii a trattenermi concentrandomi sul massaggio che stavo eseguendo, quando all’improvviso avvertii un forte tremito che scosse il corpo di Monica. Affondai la mia mano nella sua vagina ed iniziai a piegare ripetutamente il dito in direzione della sua parete interna ormai viscidissima.
Monica emise un profondo grido, rovesciò la testa all’indietro, avvertii il suo corpo venire incontro alla mia mano che la penetrava e d’un tratto fui inondato da una serie di spruzzi biancastri che accompagnarono il suo orgasmo.
Il suo liquido bagnò anche il mio cazzo che era a poca distanza dalla sua vagina, ancora avvolto nel suo pugno che aveva per un momento interrotto il movimento oscillatorio. Non appena si fu ripresa dall’orgasmo, mi guardò con un segno di intesa e si concentrò nuovamente su di me: indirizzò la mia cappella in direzione del suo clitoride, anzi, la compresse sopra di esso mentre continuava a segarmelo con movimenti sempre più veloci.
Il mio frenulo si appoggiò sull’erezione di Monica, la quale sembrava trarre nuovo godimento da questo massaggio, accentuato anche dalle oscillazioni del mio bacino. Monica strinse tra le dita dell’altra mano le mie palle, le quali, attraverso il mio cazzo duro, riversarono copiosi fiotti di sperma sulla vagina di Monica che continuava lentamente a spremerlo su di sé. Poco dopo, un altro intenso orgasmo scosse Monica dalla testa ai piedi.
Con questo secondo incontro suggellammo per sempre la nostra segreta intesa, e ci promettemmo di continuare a frequentarci per condividere le nostre esperienze e le nostre sensazioni, guidandoci a vicenda attraverso i segreti più reconditi dei nostri animi e dei nostri corpi.
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