Di poche parole
di
asteroide
genere
trio
Dieci anni fa
Insegno Matematica al Politecnico di Milano, dove abito.
Ho una casa al lago di Como.
Sono un po’ schivo, di poche parole.
Era tempo di tesi di laurea e uno studente mi perseguitava.
Voleva che vedessi un suo “prodotto”, una sua “macchina”.
Gli ho risposto più volte: “Dopo Pascal e Turing non c’ è spazio matematico per le macchine, lasciale agli ingegneri” ma lui insisteva per farmi vedere la sua “opera”.
“Non posso spedirla per e mail… Gliela porto”
“Ma sono fuori…”
“Gliela mando al lago “
Così ci demmo un appuntamento alla stazione di XXXXXX.
Un’ ora prima dell’ appuntamento ricevo un messaggio: “ Non mi posso muovere. Verrà la badante di mia madre. Avrà una grande busta rossa”
Contrariato decido di non andare ma poi ci ripenso.
Quando arrivo ferma davanti all’ ingresso della stazione c’ è una donna sui trent’anni alta con uno spolverino lungo nero ed una borsa rossa.
“E’ per me ?”
“Si, professore” in un italiano stentato.
Ci salutiamo quando passa il mio collega Giovanni YYYYY : “Francesco, non mi presenti la signorina ?”
“Non la conosco, non so come si chiama, devo andare”
Giovanni,,al contrario di me, è loquace, estroverso e dove non arriva tira il cappello
“Io sono Giovanni e lei ?”
“Irina”
“Bene, andiamo al bar a prendere un the”, non lo chiese, lo comunicò
“Anzi, passo al bar, prendo le paste e andiamo a casa di Giovanni”, non lo chiese.
Ci ritrovammo così nel mio piccolo solitario rifugio.
Entrando, Irina si tolse lo spolverino: gonna corta larga e svolazzante, cosce ben tornite modello est Europa, seno compatto dentro una camicetta un po’ scollata, ma non troppo.
Giovanni: “Complimenti signorina, non le manca niente !”
Irina:” Non capisco, sono in Italia da una settimana. Ucraina”
Giovanni:”E’ proprio ben fatta… Non ho mai scopato una ucraina, ma faccio ancora in tempo”
Irina:”Non capisco. Voglio imparare”
Giovanni: “Allora ci prepara il the ?” E, come se fosse a casa sua le indicò in basso nella credenza delle tazze”
Irina capì più dal gesto che dalle parole e si chinò per prendere le tazze, la gonna si alzò un po’ dietro.
Giovanni ne approfittò per alzarla un altro po’. Irina girandosi non disse nulla, non aveva le parole.
Giovanni lo prese come un permesso per altro e si mise a pensare ….
“Prendi quella brocca sopra in alto, sull’ armadio…”
Era molto in alto.
Giovanni:”Alberto ce l’ hai una scala ?”
Io: “Vado io”
Giovanni, in tono imperativo : “Prendi la scala! “
Irina vi salì
Giovanni:”Francesco, vieni a vedere, ti piacerà! E tu, Irina, per reggerti meglio, allarga le gambe!”
Irina:”Non capisco …”
Giovanni le allargò le gambe - “Se no cadi “ e rimanemmo a guardare le cosce e un po’ più in sù.
Non capiva le parole, ma altro forse si.
Al momento di prendere il the Giovanni chiese : “Ma in Ucraina portate il reggiseno ?”
Non capì, allora Giovanni le slacciò un bottone della camicetta e poi un altro finché non emerse un reggiseno nero.
“Reggiseno” dissi io, parlando per la prima volta nel gioco
“Reggiseno” disse Giovanni, toccandolo
“Reggiseno” disse Irina sorridendo
Giovanni l slacciò l’ ultimo bottone e tolse la camicetta: un seno perfetto, abbondante, lussuoso.
Ci guardava come per dire:”Che fate ?”, anche se io non facevo niente ma non aveva parole.
Giovanni sospese l’ operazione per dire: “Oggi è il compleanno di Francesco… [ non capivo, non era vero] Gli vuoi fare un regalo ? “ e le scostò le gambe .
Capì?
Giovanni ritornò al reggiseno, le abbassò una spallina, mentre Irina lo guardava più incredula che smarrita . Giovanni mi invitò a collaborare e anche i, titubante, gli abbaia una spallina Giovanni glielo lo slacciò da dietro: cadde subito mettendo in mostra due tette stupende che o però Irina coprì con un lento gesto di eleganza.
Le prendemmo dolcemente le mani e aprimmo allo sguardo che durò a lungo.
E dopo lo sguardo lezione di italiano .Giovanni toccava ed io nominavo : tetta, capezzolo, succhiotto.
Alla parola : Spagnola rispose no, ucraina
Imbarazzata, non altro.
Poi Giovanni la fece alzare e le le slacciò la gonna.
Le mutandine erano nere.
Giovanni: “Ucraine ?”
Questa volta capì : “SI”
Giovanni si avvicinò : “Mi sembrano italiane, fammi vedere il marchio ” , le scostò un po’ .
Il marchio non si vide, altro sì
Poi le prese con gentilezza una mano e mi disse:”Vado di là… Ti chiamo quando ho fatto”
Sentivo il suo ansimare e il silenzio di lei.
Dopo mezz’ora mi chiamo: “ Ora tocca a te …”
Non potevo essere da meno di Giovanni: feci compagnia al suo silenzio.
Improvvisamente un’ idea: sono geniale! Se non ora quando?
Chiamai Giovanni mentre ancora la scopavo e gli indicai la sua bocca.
Poi ci invertimmo.
Quando venni nella sua bocca le chiesi : “Ti è piaciuto il dolce ?”
Non capì
Tornò in cucina per lavare le tazze
Dieci anni dopo
Posto di blocco dei carabinieri .
Spero che non mi fermeranno perché non porto mai i documenti.
Paletta
“Capitano, il signore non ha i documenti !”
Si avvicinò una capitana di una quarantina d’ anni che parlava italiano con un leggerissimo accento straniero.
“Può andare, lo conosco io “ ( al carabiniere) “Un po’ agro, c’é di meglio” ( a me)
Fece il saluto militare e sorrise.
Insegno Matematica al Politecnico di Milano, dove abito.
Ho una casa al lago di Como.
Sono un po’ schivo, di poche parole.
Era tempo di tesi di laurea e uno studente mi perseguitava.
Voleva che vedessi un suo “prodotto”, una sua “macchina”.
Gli ho risposto più volte: “Dopo Pascal e Turing non c’ è spazio matematico per le macchine, lasciale agli ingegneri” ma lui insisteva per farmi vedere la sua “opera”.
“Non posso spedirla per e mail… Gliela porto”
“Ma sono fuori…”
“Gliela mando al lago “
Così ci demmo un appuntamento alla stazione di XXXXXX.
Un’ ora prima dell’ appuntamento ricevo un messaggio: “ Non mi posso muovere. Verrà la badante di mia madre. Avrà una grande busta rossa”
Contrariato decido di non andare ma poi ci ripenso.
Quando arrivo ferma davanti all’ ingresso della stazione c’ è una donna sui trent’anni alta con uno spolverino lungo nero ed una borsa rossa.
“E’ per me ?”
“Si, professore” in un italiano stentato.
Ci salutiamo quando passa il mio collega Giovanni YYYYY : “Francesco, non mi presenti la signorina ?”
“Non la conosco, non so come si chiama, devo andare”
Giovanni,,al contrario di me, è loquace, estroverso e dove non arriva tira il cappello
“Io sono Giovanni e lei ?”
“Irina”
“Bene, andiamo al bar a prendere un the”, non lo chiese, lo comunicò
“Anzi, passo al bar, prendo le paste e andiamo a casa di Giovanni”, non lo chiese.
Ci ritrovammo così nel mio piccolo solitario rifugio.
Entrando, Irina si tolse lo spolverino: gonna corta larga e svolazzante, cosce ben tornite modello est Europa, seno compatto dentro una camicetta un po’ scollata, ma non troppo.
Giovanni: “Complimenti signorina, non le manca niente !”
Irina:” Non capisco, sono in Italia da una settimana. Ucraina”
Giovanni:”E’ proprio ben fatta… Non ho mai scopato una ucraina, ma faccio ancora in tempo”
Irina:”Non capisco. Voglio imparare”
Giovanni: “Allora ci prepara il the ?” E, come se fosse a casa sua le indicò in basso nella credenza delle tazze”
Irina capì più dal gesto che dalle parole e si chinò per prendere le tazze, la gonna si alzò un po’ dietro.
Giovanni ne approfittò per alzarla un altro po’. Irina girandosi non disse nulla, non aveva le parole.
Giovanni lo prese come un permesso per altro e si mise a pensare ….
“Prendi quella brocca sopra in alto, sull’ armadio…”
Era molto in alto.
Giovanni:”Alberto ce l’ hai una scala ?”
Io: “Vado io”
Giovanni, in tono imperativo : “Prendi la scala! “
Irina vi salì
Giovanni:”Francesco, vieni a vedere, ti piacerà! E tu, Irina, per reggerti meglio, allarga le gambe!”
Irina:”Non capisco …”
Giovanni le allargò le gambe - “Se no cadi “ e rimanemmo a guardare le cosce e un po’ più in sù.
Non capiva le parole, ma altro forse si.
Al momento di prendere il the Giovanni chiese : “Ma in Ucraina portate il reggiseno ?”
Non capì, allora Giovanni le slacciò un bottone della camicetta e poi un altro finché non emerse un reggiseno nero.
“Reggiseno” dissi io, parlando per la prima volta nel gioco
“Reggiseno” disse Giovanni, toccandolo
“Reggiseno” disse Irina sorridendo
Giovanni l slacciò l’ ultimo bottone e tolse la camicetta: un seno perfetto, abbondante, lussuoso.
Ci guardava come per dire:”Che fate ?”, anche se io non facevo niente ma non aveva parole.
Giovanni sospese l’ operazione per dire: “Oggi è il compleanno di Francesco… [ non capivo, non era vero] Gli vuoi fare un regalo ? “ e le scostò le gambe .
Capì?
Giovanni ritornò al reggiseno, le abbassò una spallina, mentre Irina lo guardava più incredula che smarrita . Giovanni mi invitò a collaborare e anche i, titubante, gli abbaia una spallina Giovanni glielo lo slacciò da dietro: cadde subito mettendo in mostra due tette stupende che o però Irina coprì con un lento gesto di eleganza.
Le prendemmo dolcemente le mani e aprimmo allo sguardo che durò a lungo.
E dopo lo sguardo lezione di italiano .Giovanni toccava ed io nominavo : tetta, capezzolo, succhiotto.
Alla parola : Spagnola rispose no, ucraina
Imbarazzata, non altro.
Poi Giovanni la fece alzare e le le slacciò la gonna.
Le mutandine erano nere.
Giovanni: “Ucraine ?”
Questa volta capì : “SI”
Giovanni si avvicinò : “Mi sembrano italiane, fammi vedere il marchio ” , le scostò un po’ .
Il marchio non si vide, altro sì
Poi le prese con gentilezza una mano e mi disse:”Vado di là… Ti chiamo quando ho fatto”
Sentivo il suo ansimare e il silenzio di lei.
Dopo mezz’ora mi chiamo: “ Ora tocca a te …”
Non potevo essere da meno di Giovanni: feci compagnia al suo silenzio.
Improvvisamente un’ idea: sono geniale! Se non ora quando?
Chiamai Giovanni mentre ancora la scopavo e gli indicai la sua bocca.
Poi ci invertimmo.
Quando venni nella sua bocca le chiesi : “Ti è piaciuto il dolce ?”
Non capì
Tornò in cucina per lavare le tazze
Dieci anni dopo
Posto di blocco dei carabinieri .
Spero che non mi fermeranno perché non porto mai i documenti.
Paletta
“Capitano, il signore non ha i documenti !”
Si avvicinò una capitana di una quarantina d’ anni che parlava italiano con un leggerissimo accento straniero.
“Può andare, lo conosco io “ ( al carabiniere) “Un po’ agro, c’é di meglio” ( a me)
Fece il saluto militare e sorrise.
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