Che gran puttana
di
FigliadelVesuvio!
genere
masturbazione
Sto lavorando al computer e, giuro, questo martedì non trovo neanche un pizzico di concentrazione. Analizzo i soliti dati, scarto quelli aberranti come da prassi ma no, pure questi numeri oggi mi sembrano diversi. Sorrido tra me e me, penso al mio collega che due giorni fa, dopo delle confidenze in pausa sigaretta nell'atrio del laboratorio, mi ha detto "sei una ragazza d'oro e secondo me sei anche peperina!". Ci lavoro da più di un anno ma mai gli ho parlato della mia vita sessuale - perché avrei dovuto? - anzi detesto l'abitudine di chi ostenta le proprie esperienze, manco fossero trofei. Qualcuno dovrebbe dirlo a questi campioni, narcisisti dei miei stivali, che di base nessuno se ne frega un cazzo, oltre al fatto che l'eleganza del silenzio ha il suo perché.
Ma io oggi ho il vento in testa, i pensieri vanno dove vogliono, ribelli e sporchi, dalla mente scendono lungo la schiena e vanno giù. Dove piace a te. Non trovano pace e io con loro, il mio corpo chiede, ti reclama. Ho deciso, ora ti scrivo perché non ce la faccio più. Ti scrivo che ho voglia di essere scopata come una puttana, senza sterili giri di parole. E non me ne frega se sei impegnato o stai lavorando o stai mangiando o facendo altro. Io, quella che agli occhi dei colleghi è sempre composta, equilibrata, mai volgare, voglio che mi sbatti contro il muro, mi alzi la gonna e mi fotti con violenza, senza spogliarmi, senza spogliarti, solo per spegnere questo incendio che ho in mezzo alle gambe, questo istinto animale che mi coglie alla sprovvista. Anzi no, ti mando una mia foto seminuda perché voglio farti arrapare, voglio che ovunque tu sia ti chiuda in bagno col cazzo in tiro e ti tocchi e ti svuoti per me. Prendo il telefono, apro la chat con te, rifletto. La richiudo, devo smetterla di essere così sfacciata... e se ti desse fastidio? Ho bisogno di calmarmi, mi preparo un caffè. È bollente come me, a Napoli lo beviamo così. Mi accendo una sigaretta, fumo nervosa. Questa maledetta smania mi deconcentra e mi irrita, sono sobbarcata di lavoro da fare e devo restare concentrata. Ma non c'è verso, quando l'impulso si trasmette attraverso ogni singolo atomo del mio corpo, io devo arrendermi e assecondarlo. E non so quantificare quanto mi piaccia arrendermi. Faccio una doccia, le goccioline d'acqua bollente mi sbattono addosso, facendomi rilassare. Mi massaggio la pelle col bagnoschiuma alla vaniglia, chissà se ti piacerebbe questo profumo. Avvolgo il corpo nell'asciugamano, stando attenta a fermarlo bene per non lasciarlo cadere, i capelli bagnati mi si posano addosso. Mi sposto sul mio letto, controllo whatsapp e rispondo passivamente a qualche messaggio. Mi sbatti ancora in testa, con più insistenza delle goccioline d'acqua, sei il mio tormento. Mi stendo, silenzio il telefono, la mia mano scende. Sono davvero nuda, nella mia versione più bestiale, per te? Mi accarezzo lungo le grandi labbra, sono già umida, ho un brivido. Mi sento una gran troia e non me ne riesco a vergognare, l'idea di esserlo mi manda su di giri. Immagino che la mia mano sia la tua, mi porto due dita alla bocca, le succhio avida, mi sembra quasi di sentire il tuo sapore. Fantastico su quanto sia bello farti i pompini, sentirlo crescere in bocca, gustare sulla lingua i tuoi umori. Oggi mi accontento dei miei, quelli che hai leccato tante volte. Sono dolce. Ritorno a violentarmi, con ritmo crescente, ho l'urgenza di venire. Mi torturo il clitoride con movimenti circolari, il mio respiro aumenta, diventa affanno. Mi ricorda il nostro, quello che abbiamo prodotto tutte le volte che mi hai scopata con forza, compresa l'ultima che me lo hai messo in culo per un tempo che non so definire: depravati, siamo due malati che non conoscono la via della guarigione. Mi entro dentro, con un dito, poi due, poi tre, mi scopo immaginandoti su me, dentro me, sono bagnata all'inverosimile, ma stavolta non ci sei tu a farmelo presente. Ho bisogno ancora di te, del tuo cazzo duro in bocca, in culo, ho bisogno che mi prendi a schiaffi e mi lasci i segni, i tuoi, che tu perda il controllo come faccio io. Che mi chiavi ancora, laida e puttana, che tu bruci di desiderio, che assecondi la mia volgarità a letto, ogni mia trasgressione, ogni mia pulsione fisica. Sto per cedere, inarco la schiena, trattengo l'esigenza che ho di gridare tutto il mio piacere e mi lascio andare in un orgasmo liberatorio, mentre penso a quanto sarebbe bello che tu mi riempissi con la tua sborra. Ho spento l'incendio, ho bisogno di un'altra doccia, mamma mia che puttana.
Ma io oggi ho il vento in testa, i pensieri vanno dove vogliono, ribelli e sporchi, dalla mente scendono lungo la schiena e vanno giù. Dove piace a te. Non trovano pace e io con loro, il mio corpo chiede, ti reclama. Ho deciso, ora ti scrivo perché non ce la faccio più. Ti scrivo che ho voglia di essere scopata come una puttana, senza sterili giri di parole. E non me ne frega se sei impegnato o stai lavorando o stai mangiando o facendo altro. Io, quella che agli occhi dei colleghi è sempre composta, equilibrata, mai volgare, voglio che mi sbatti contro il muro, mi alzi la gonna e mi fotti con violenza, senza spogliarmi, senza spogliarti, solo per spegnere questo incendio che ho in mezzo alle gambe, questo istinto animale che mi coglie alla sprovvista. Anzi no, ti mando una mia foto seminuda perché voglio farti arrapare, voglio che ovunque tu sia ti chiuda in bagno col cazzo in tiro e ti tocchi e ti svuoti per me. Prendo il telefono, apro la chat con te, rifletto. La richiudo, devo smetterla di essere così sfacciata... e se ti desse fastidio? Ho bisogno di calmarmi, mi preparo un caffè. È bollente come me, a Napoli lo beviamo così. Mi accendo una sigaretta, fumo nervosa. Questa maledetta smania mi deconcentra e mi irrita, sono sobbarcata di lavoro da fare e devo restare concentrata. Ma non c'è verso, quando l'impulso si trasmette attraverso ogni singolo atomo del mio corpo, io devo arrendermi e assecondarlo. E non so quantificare quanto mi piaccia arrendermi. Faccio una doccia, le goccioline d'acqua bollente mi sbattono addosso, facendomi rilassare. Mi massaggio la pelle col bagnoschiuma alla vaniglia, chissà se ti piacerebbe questo profumo. Avvolgo il corpo nell'asciugamano, stando attenta a fermarlo bene per non lasciarlo cadere, i capelli bagnati mi si posano addosso. Mi sposto sul mio letto, controllo whatsapp e rispondo passivamente a qualche messaggio. Mi sbatti ancora in testa, con più insistenza delle goccioline d'acqua, sei il mio tormento. Mi stendo, silenzio il telefono, la mia mano scende. Sono davvero nuda, nella mia versione più bestiale, per te? Mi accarezzo lungo le grandi labbra, sono già umida, ho un brivido. Mi sento una gran troia e non me ne riesco a vergognare, l'idea di esserlo mi manda su di giri. Immagino che la mia mano sia la tua, mi porto due dita alla bocca, le succhio avida, mi sembra quasi di sentire il tuo sapore. Fantastico su quanto sia bello farti i pompini, sentirlo crescere in bocca, gustare sulla lingua i tuoi umori. Oggi mi accontento dei miei, quelli che hai leccato tante volte. Sono dolce. Ritorno a violentarmi, con ritmo crescente, ho l'urgenza di venire. Mi torturo il clitoride con movimenti circolari, il mio respiro aumenta, diventa affanno. Mi ricorda il nostro, quello che abbiamo prodotto tutte le volte che mi hai scopata con forza, compresa l'ultima che me lo hai messo in culo per un tempo che non so definire: depravati, siamo due malati che non conoscono la via della guarigione. Mi entro dentro, con un dito, poi due, poi tre, mi scopo immaginandoti su me, dentro me, sono bagnata all'inverosimile, ma stavolta non ci sei tu a farmelo presente. Ho bisogno ancora di te, del tuo cazzo duro in bocca, in culo, ho bisogno che mi prendi a schiaffi e mi lasci i segni, i tuoi, che tu perda il controllo come faccio io. Che mi chiavi ancora, laida e puttana, che tu bruci di desiderio, che assecondi la mia volgarità a letto, ogni mia trasgressione, ogni mia pulsione fisica. Sto per cedere, inarco la schiena, trattengo l'esigenza che ho di gridare tutto il mio piacere e mi lascio andare in un orgasmo liberatorio, mentre penso a quanto sarebbe bello che tu mi riempissi con la tua sborra. Ho spento l'incendio, ho bisogno di un'altra doccia, mamma mia che puttana.
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