Un viaggio indimenticabile - ultima puntata
di
Albertino B.
genere
incesti
Restammo inebetiti per qualche minuto, e poi tutti nudi ci addormentammo su quel letto matrimoniale "di fortuna"... eravamo abbracciati sul fianco, e naturalmente io dietro lei.
Mi svegliò Simonetta all'improvviso: "Cazzo cugì - affermò quasi allarmata -, è tardissimo... E tua cugina Laura (sua sorella, nda) mi aspetta per cena".
Piuttosto che lasciarla andare e rinunciare a quel paradiso, ero anche disposto a chiamare Laura e dirle tutto, costasse quel che costasse... fino a che ebbi un lampo di genio: "Dille che stasera esci con delle tue amiche studentesse universitarie e dormi da loro. Domattina, torni da tua sorella come niente fosse".
"Mmm - pensava ad alta voce - non si convincerebbe, ma tanto vale tentare. Mica ti lascio".
Fatto. La chiamò e Laura se la bevve, non so fino a quanto spontaneamente...
Erano le 20, avevamo una fame da morire, e poca voglia di uscire. Chiamai il receptionist per farmi ordinare due pizze a domicilio. Simonetta la ordinò col salame piccante, io una margherita. E naturalmente, due birre, giusto per non farci mancare niente...
"Visto che arrivano tra venti minuti, vado a lavarmi un po' - mi avvertì Simonetta con un'espressione tra l'incuriosito e lo scocciato -, se hai bisogno del bagno fammi sapere eh?".
Era un invito a nozze... infatti dopo qualche minuto entrai senza nemmeno bussare: "Devo fare una pisciata sennò muoio - affermai - oh cazzooo..."
Era a farsi il bidet, e vedevo il suo culone andar su e giù e scomparire nella ceramica...
"Puoi aspettare un secondo - mi rispose piccata -, non si può mai stare in pace nemmeno al cesso".
Ci rimasi malissimo, lo ammetto... chiusi la porta e come un cane bastonato restai vicino al letto ool cazzo ancora in tiro. Quando ad un certo punto sentii:
"Cuginetto, mi dai una mano per favore?".
Volevo mandarla in culo, ma poi la mia voglia era troppo forte. E la trovai sotto la doccia, tutta insaponata... quella donna era il diavolo, siouro.
"Scusa per prima, ma mi stavo toccando - si giustificò - e sono momenti che ognuno deve condividere da solo, lontano da occhi indiscreti. Ora su, lavami la schiena e mi raccomando dove metti le mani".
Naturalmente, quella masturbazione sul bidet aveva per un attimo placato i suoi istinti e me ne accorsi dal gesto di stizza che Simonetta fece quando per scherzo le toccai la fica... ma capivo che presto avrei avuto il mio premio.
Bussarono alla porta, ed era il ragazzo delle pizze. Mi misi alla bene e meglio qualcosa addosso, pagai e notavo che il commesso voleva quasi sbirciare per vedere chi ci fosse in camera: quello stronzo del receptionist chissà che gli aveva raccontato...
"Eccole, meno male che ho una fame - urlò Simonetta uscendo dalla doccia e venendo verso di me - e ho sempre voglia di pizza...".
Ora, nel dialetto salentino, da Brindisi in giù, la pizza è l'organo sessuale maschile... quindi quella frase, nascondeva un doppio senso. Era chiaro, ma non avrei mai immaginato le sue intenzioni.
La pizza (quella vera) era freddina. Colpa del traffico e sicuramente della chiacchiera tra il commesso ed il portiere: "Fanculo - esclamò Simonetta con disappunto -, che si può mangiare una pizza fredda?".
"Vero, ma ormai c'è - dissi mentre andavo in bagno a prendere dei fazzoletti da usare come tovaglioli - ehhhhhhhhhhhhhh...".
Fui interrotto da una scena che dapprima mi schifò pure: aveva un pezzo di pizza dentro la fica e lo tirò fuori tutto bagnato dei suoi umori: "Mangiala - si girò imbarazzata - è più saporita così".
Volevo vomitare, ma ero in trance: la mangiai tutta, facendo anche il bis. Ormai ero alla sua mercè.
Dopo aver mangiato, bevuto e aver fatto la gara di rutti, quella birra per Simonetta fu deleteria. O meglio, in birra veritas: "Sono una schifosa - si confessò - ma con un cugino, anzi con un cugino come te mi viene spontaneo non mettere freni e fare tutto quello che mi passa per la testa".
"Ssshhh - la zitti - vieni qui e abbracciami".
E naturalmente rifacemmo, anzi facemmo l'amore come le persone "normali": "ahhhhhhhh, sapevo che era belllloooooooooooooooooo - urlava mentre era a smorzacandela e io le pizzicavo capezzoli e clito - dddioooooooooooooooo"...
Poi la feci girare, e lì era tutto a mio rischio e pericolo: lo smorzacandela con lei che mi dà le spalle, è il mio punto debole, la posizione dove resisto meno, tanto sono arrapato... Ma resistetti eroicamente: "mamma che culooo, mamma che culooooo - ripetevo - che mi son perso per annniiiiii"...
Ci sparammo anche un 69 mozzafiato, come in treno, come l'ultima volta prima di rivestirci quando, in prossimità di Latina, ci addormentammo... Ma quel 69 aveva un sapore dolce, quello del suo succo.
Ad un certo punto, mentre mi leccava le palle ed io rischiavo l'infarto, Simonetta si fermò di colpo.
"Oddio, vuoi vedere che ora piange per lo scrupolo - pensai -?".
"Cugì, cambiamo canale ti prego. Non lo faccio da tre anni, da quando ne avevo 17, ma con te è diverso".
Un rapporto anale. Non l'avevo mai fatto. Durante il viaggio in treno, nel bagno, feci più che altro una strofinatura con cappella posta sull'ano e poi una spagnola sulle chiappe. Avevo paura, era la prima volta... Ma andai deciso quando la vidi che era già a quattro zampe: "Vieni".
Mi insaponai per bene la punta col suo succo, copioso come sempre, e lo stesso feci per il suo orifizio anale. Partii con un dito, e poi lentamente infilai il mio pene. Che, come detto, non è lungo ma piuttosto grosso...
"Mmmmmm - ripeteva - che maleeeeeeeeeee ahiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa cazzzo fai piano".
Ero un automa, per la prima volta non rispettai il suo volere, non m'interessava nulla: "Bello, bello, bello, mamma che culo cugì mamma che culo - sparavo in preda all'estasi - ti verrei anche dentrooooooo".
All'ennesima pompata e la sua ennesima bestemmia, lo tirai fuori: si sentì come uno stappo, e lei gettò tutta l'aria che aveva nella pancia: prrrr...
"Di nuovo - dissi ridendo -? Ma allora è un vizio".
Lei non rispose, ma fece sparire il mio cazzo nella sua bocca, e ogni tanto sentivo i testicoli solleticarmi: "ahhhhhhhhhhhhhh mi fai impazzire - ripetevo senza sosta - vengooooo".
Dopo qualche minuto, le sparai in faccia tanto ma tanto sperma che anche lei rimase sorpresa: "Sai che faccio - disse -? Io continuo a leccare"...
Voleva la mia morte. Nonostante il mio orgasmo, continuò a pompare con la bocca sulla mia cappella ancora sporca di sperma e residui del suo sedere, fino a quando non ebbi un altro schizzo impetuoso dell'ultima sborra che restava nelle mie vene e le mie ghiandole. Ma stavolta le venni direttamente in bocca.
"Visto come son schifosa - mi diceva -? Sono la vergogna della famiglia. Ma ora, da questo momento, sono una donna padrona, e tu il mio schiavo".
Ma che diceva mai, era impazzita? Che non scherzasse lo capii quando, ancora nuda, mi portò in bagno senza dire nulla.
Si sedette sulla tazza e iniziò a pisciare: "Ti piace tanto, lo so - mi avvertì con aria di sfida - come in treno, proprio come in treno. E allora sai cosa devi fare...".
Mi misi steso per terra, e diventai il suo water: mi fece pipì addosso, e poi pretese che la leccassi tutta.
"La mia perversione più grande l'ho realizzata - mi confessò mentre strofinava il suo culo su di me ancora steso a terra -. Ma se non la realizzavo con te, non sarebbe capitato con nessuno".
Restammo tutta la notte a far l'amore, in tutte le posizioni, e al mattino tornò da sua sorella... Ma in paese, era sempre una festa. Solo per noi, naturalmente. Fino al giorno in cui si fidanzò col classico bravo ragazzo e mi scrisse sul cellulare: "Lo amo, forse è l'uomo della mia vita. Ma le porcate di Roma se le sogna e me le sogno"...
Mi svegliò Simonetta all'improvviso: "Cazzo cugì - affermò quasi allarmata -, è tardissimo... E tua cugina Laura (sua sorella, nda) mi aspetta per cena".
Piuttosto che lasciarla andare e rinunciare a quel paradiso, ero anche disposto a chiamare Laura e dirle tutto, costasse quel che costasse... fino a che ebbi un lampo di genio: "Dille che stasera esci con delle tue amiche studentesse universitarie e dormi da loro. Domattina, torni da tua sorella come niente fosse".
"Mmm - pensava ad alta voce - non si convincerebbe, ma tanto vale tentare. Mica ti lascio".
Fatto. La chiamò e Laura se la bevve, non so fino a quanto spontaneamente...
Erano le 20, avevamo una fame da morire, e poca voglia di uscire. Chiamai il receptionist per farmi ordinare due pizze a domicilio. Simonetta la ordinò col salame piccante, io una margherita. E naturalmente, due birre, giusto per non farci mancare niente...
"Visto che arrivano tra venti minuti, vado a lavarmi un po' - mi avvertì Simonetta con un'espressione tra l'incuriosito e lo scocciato -, se hai bisogno del bagno fammi sapere eh?".
Era un invito a nozze... infatti dopo qualche minuto entrai senza nemmeno bussare: "Devo fare una pisciata sennò muoio - affermai - oh cazzooo..."
Era a farsi il bidet, e vedevo il suo culone andar su e giù e scomparire nella ceramica...
"Puoi aspettare un secondo - mi rispose piccata -, non si può mai stare in pace nemmeno al cesso".
Ci rimasi malissimo, lo ammetto... chiusi la porta e come un cane bastonato restai vicino al letto ool cazzo ancora in tiro. Quando ad un certo punto sentii:
"Cuginetto, mi dai una mano per favore?".
Volevo mandarla in culo, ma poi la mia voglia era troppo forte. E la trovai sotto la doccia, tutta insaponata... quella donna era il diavolo, siouro.
"Scusa per prima, ma mi stavo toccando - si giustificò - e sono momenti che ognuno deve condividere da solo, lontano da occhi indiscreti. Ora su, lavami la schiena e mi raccomando dove metti le mani".
Naturalmente, quella masturbazione sul bidet aveva per un attimo placato i suoi istinti e me ne accorsi dal gesto di stizza che Simonetta fece quando per scherzo le toccai la fica... ma capivo che presto avrei avuto il mio premio.
Bussarono alla porta, ed era il ragazzo delle pizze. Mi misi alla bene e meglio qualcosa addosso, pagai e notavo che il commesso voleva quasi sbirciare per vedere chi ci fosse in camera: quello stronzo del receptionist chissà che gli aveva raccontato...
"Eccole, meno male che ho una fame - urlò Simonetta uscendo dalla doccia e venendo verso di me - e ho sempre voglia di pizza...".
Ora, nel dialetto salentino, da Brindisi in giù, la pizza è l'organo sessuale maschile... quindi quella frase, nascondeva un doppio senso. Era chiaro, ma non avrei mai immaginato le sue intenzioni.
La pizza (quella vera) era freddina. Colpa del traffico e sicuramente della chiacchiera tra il commesso ed il portiere: "Fanculo - esclamò Simonetta con disappunto -, che si può mangiare una pizza fredda?".
"Vero, ma ormai c'è - dissi mentre andavo in bagno a prendere dei fazzoletti da usare come tovaglioli - ehhhhhhhhhhhhhh...".
Fui interrotto da una scena che dapprima mi schifò pure: aveva un pezzo di pizza dentro la fica e lo tirò fuori tutto bagnato dei suoi umori: "Mangiala - si girò imbarazzata - è più saporita così".
Volevo vomitare, ma ero in trance: la mangiai tutta, facendo anche il bis. Ormai ero alla sua mercè.
Dopo aver mangiato, bevuto e aver fatto la gara di rutti, quella birra per Simonetta fu deleteria. O meglio, in birra veritas: "Sono una schifosa - si confessò - ma con un cugino, anzi con un cugino come te mi viene spontaneo non mettere freni e fare tutto quello che mi passa per la testa".
"Ssshhh - la zitti - vieni qui e abbracciami".
E naturalmente rifacemmo, anzi facemmo l'amore come le persone "normali": "ahhhhhhhh, sapevo che era belllloooooooooooooooooo - urlava mentre era a smorzacandela e io le pizzicavo capezzoli e clito - dddioooooooooooooooo"...
Poi la feci girare, e lì era tutto a mio rischio e pericolo: lo smorzacandela con lei che mi dà le spalle, è il mio punto debole, la posizione dove resisto meno, tanto sono arrapato... Ma resistetti eroicamente: "mamma che culooo, mamma che culooooo - ripetevo - che mi son perso per annniiiiii"...
Ci sparammo anche un 69 mozzafiato, come in treno, come l'ultima volta prima di rivestirci quando, in prossimità di Latina, ci addormentammo... Ma quel 69 aveva un sapore dolce, quello del suo succo.
Ad un certo punto, mentre mi leccava le palle ed io rischiavo l'infarto, Simonetta si fermò di colpo.
"Oddio, vuoi vedere che ora piange per lo scrupolo - pensai -?".
"Cugì, cambiamo canale ti prego. Non lo faccio da tre anni, da quando ne avevo 17, ma con te è diverso".
Un rapporto anale. Non l'avevo mai fatto. Durante il viaggio in treno, nel bagno, feci più che altro una strofinatura con cappella posta sull'ano e poi una spagnola sulle chiappe. Avevo paura, era la prima volta... Ma andai deciso quando la vidi che era già a quattro zampe: "Vieni".
Mi insaponai per bene la punta col suo succo, copioso come sempre, e lo stesso feci per il suo orifizio anale. Partii con un dito, e poi lentamente infilai il mio pene. Che, come detto, non è lungo ma piuttosto grosso...
"Mmmmmm - ripeteva - che maleeeeeeeeeee ahiaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa cazzzo fai piano".
Ero un automa, per la prima volta non rispettai il suo volere, non m'interessava nulla: "Bello, bello, bello, mamma che culo cugì mamma che culo - sparavo in preda all'estasi - ti verrei anche dentrooooooo".
All'ennesima pompata e la sua ennesima bestemmia, lo tirai fuori: si sentì come uno stappo, e lei gettò tutta l'aria che aveva nella pancia: prrrr...
"Di nuovo - dissi ridendo -? Ma allora è un vizio".
Lei non rispose, ma fece sparire il mio cazzo nella sua bocca, e ogni tanto sentivo i testicoli solleticarmi: "ahhhhhhhhhhhhhh mi fai impazzire - ripetevo senza sosta - vengooooo".
Dopo qualche minuto, le sparai in faccia tanto ma tanto sperma che anche lei rimase sorpresa: "Sai che faccio - disse -? Io continuo a leccare"...
Voleva la mia morte. Nonostante il mio orgasmo, continuò a pompare con la bocca sulla mia cappella ancora sporca di sperma e residui del suo sedere, fino a quando non ebbi un altro schizzo impetuoso dell'ultima sborra che restava nelle mie vene e le mie ghiandole. Ma stavolta le venni direttamente in bocca.
"Visto come son schifosa - mi diceva -? Sono la vergogna della famiglia. Ma ora, da questo momento, sono una donna padrona, e tu il mio schiavo".
Ma che diceva mai, era impazzita? Che non scherzasse lo capii quando, ancora nuda, mi portò in bagno senza dire nulla.
Si sedette sulla tazza e iniziò a pisciare: "Ti piace tanto, lo so - mi avvertì con aria di sfida - come in treno, proprio come in treno. E allora sai cosa devi fare...".
Mi misi steso per terra, e diventai il suo water: mi fece pipì addosso, e poi pretese che la leccassi tutta.
"La mia perversione più grande l'ho realizzata - mi confessò mentre strofinava il suo culo su di me ancora steso a terra -. Ma se non la realizzavo con te, non sarebbe capitato con nessuno".
Restammo tutta la notte a far l'amore, in tutte le posizioni, e al mattino tornò da sua sorella... Ma in paese, era sempre una festa. Solo per noi, naturalmente. Fino al giorno in cui si fidanzò col classico bravo ragazzo e mi scrisse sul cellulare: "Lo amo, forse è l'uomo della mia vita. Ma le porcate di Roma se le sogna e me le sogno"...
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