Due amiche nei guai
di
Mads19
genere
bondage
1.
Marina e Giorgia erano amiche da una vita: cresciute insieme in un paesino di provincia, avevano frequentato sempre le stesse scuole e la stessa parrocchia, e naturalmente avevano le stesse amicizie. Dopo essersi diplomate al liceo, da quasi un anno si erano iscritte entrambe all’università, nello stesso corso di laurea alla facoltà di Lettere, e pertanto si erano trasferite in città, dove condividevano un appartamento in affitto.
Entrambe ventenni, assaporavano quel senso di libertà che si riesce a provare solo a quell’età, quando si va a vivere da soli per la prima volta. Essendo poi anche molto carine, non avevano avuto difficoltà a farsi nuove amicizie, soprattutto maschili. La città poi, com’è ovvio, offriva molte più possibilità di svago e divertimento rispetto al paese, soprattutto ora che l’estate era alle porte.
Anche caratterialmente si integravano bene: Giorgia era più esuberante ed espansiva, Marina più posata e riflessiva. Una, Giorgia, mora e provocante, l’altra, Marina, bionda e più dolce, entrambe di corporatura non molto robusta… insomma, una coppia perfetta.
Giorgia era inoltre una divoratrice di romanzi gialli e polizieschi; aveva cominciato da poco a leggerli, ma in brevissimo tempo se ne era appassionata e aveva la seria intenzione di rimettersi in pari col tempo perso. Com’era nel suo carattere, però, a volte esagerava, e spesso finiva per immedesimarsi un po’ troppo nelle storie che leggeva: lavorando di fantasia, finiva per vedere crimini e delitti anche dove in realtà non c’era niente, e Marina, che naturalmente conosceva benissimo questa sua mania, non perdeva l’occasione per prenderla un po’ in giro… Ma il tutto, in fondo, era vissuto come uno scherzo; Giorgia stava al gioco, ci rideva su e insieme si divertivano da matte.
* * * * * *
L’ultima occasione per scatenare la sua immaginazione capitò quando Giorgia notò alcuni strani movimenti attorno ad una lussuosa villetta vicino alla loro casa. Per la verità non si trattava di niente di anormale: ogni tanto vedeva entrare e uscire dal cancello del giardino dei comunissimi furgoncini, ma, chissà perché, quel viavai ormai l’aveva incuriosita, e ogni volta che passava da quelle parti (ovvero quasi tutti i giorni, dato che la villetta si trovava lungo la strada per andare in facoltà) non poteva fare a meno di buttare un occhio oltre il muro di recinzione del giardino, per vedere se lì, in mezzo agli alberi, fosse in grado di individuare qualche elemento che confermasse i suoi sospetti.
Ovviamente non aveva trovato mai nulla che potesse costituire il benché minimo indizio; guardò anche sul campanello, ma c’era solo il cognome di un privato cittadino e tutto pareva perfettamente in regola. I loschi affari che avrebbero dovuto svolgersi lì dentro rimasero perciò solo il frutto della sua fantasia, e alla fine Giorgia si convinse di aver fatto, anche questa volta, un bel buco nell’acqua.
Un giorno, però, mentre passava lì davanti, per puro caso notò che dal cancello della villetta stava uscendo non il solito furgone, ma una lussuosa auto con i vetri scuri, di quelle che normalmente si vedono solo nei film polizieschi, scortata da un’altra, più piccola, guidata da delle specie di “gorilla” in giacca, cravatta, occhiali scuri e auricolare. Il cuore di Giorgia ebbe un sussulto: “Stai a vedere che c’è davvero qualcosa di losco!” pensò.
Tornò a casa felice e gongolante, sicura che per una volta il suo istinto non si era sbagliato e l’aveva indirizzata sulla pista giusta. Quello che aveva visto, per la verità, non significava nulla di concreto (e soprattutto nulla di illegale), ma fu sufficiente per rinvigorire tutto d’un colpo quei sospetti che fino al giorno prima aveva quasi completamente abbandonato.
A cena raccontò tutto a Marina, che, come al solito, non poté fare a meno di cogliere l’occasione per prenderla di nuovo in giro: – E brava… un’altra delle tue fantasie! – la schernì divertita. – Ma perché una volta o l’altra non cominci a scriverci un romanzo con le tue storie? Se hai fortuna, potresti diventare la nuova Agatha Christie! –
– Dai, finiscila di scherzare… guarda che quello che ti ho raccontato è vero! E scommetto che le possibilità che io abbia ragione sono enormi. –
– Come no!? A quanto ti danno gli allibratori? Se la quota è buona e avessi un po’ di soldi da buttare punterei tutto su di te… un investimento sicuro! –
Marina non la smetteva più di ridere, e Giorgia dovette stare un po’ al gioco, poi capì che era meglio cambiare discorso, e per quella sera l’argomento “crimini e delitti” fu chiuso lì.
La mattina dopo, verso le nove, le ragazze si stavano recando insieme in facoltà. Era giugno e le lezioni ormai erano finite, ma non amavano molto studiare a casa: nei corridoi dell’università, o in biblioteca, c’era molto più spazio, ed era facile trovarsi insieme ai compagni e alle compagne di corso. Normalmente andavano sempre a piedi, visto che la strada da percorrere richiedeva dieci minuti al massimo, e poi le belle giornate di quel periodo invogliavano ancora di più a fare una passeggiata. Così, camminando, si ritrovarono sul marciapiede a fianco della “villetta dei sospetti” di Giorgia.
– Ah, guarda, la casa di cui ti parlavo ieri è questa… – disse Giorgia, indicandola.
– Wow! – esclamò Marina, col solito tono canzonatorio, – sono passata spessissimo davanti a questo covo di pirati senza saperlo… –
Giorgia sospirò, come per dire che forse faceva meglio a stare zitta, ma l’altra continuava: – Chi si nasconderà qui dentro? Banditi? Mafiosi? Pericolosi criminali latitanti? –
– Già, mafiosi… – irruppe Giorgia, come per sfidare lo scetticismo dell’amica, – l’aria che avevano quelli che ho visto uscire ieri su quella macchina era proprio quella di mafiosi… –
– Ma finiscila! – ribatté Marina. – Sarà stato qualche politico: lo sai che ora vogliono girare tutti con la scorta, così, tanto per darsi l’aria di persone importanti! –
– Lo vedi che ho ragione?! Un politico che spreca così i soldi delle tasse pagate dai cittadini è un criminale anche peggiore dei mafiosi… –
La battuta pronta di Giorgia fece ridere anche Marina e il discorso sui sospetti della villetta fini lì; le ragazze continuarono a camminare verso l’università, e di lì a poco si concentrarono solo sul loro studio.
Le due amiche rimasero in facoltà tutto il giorno, pranzarono in mensa e nel tardo pomeriggio, dopo le sei, si incamminarono verso casa. Arrivate di fronte alla solita villetta si imbatterono nella stessa scena che Giorgia aveva visto il giorno prima: una lussuosa auto di grossa cilindrata che usciva dal giardino seguita da un’altra che aveva tutta l’aria di una scorta…
Giorgia non poté fare a meno di afferrare Marina per un braccio per farle notare quello che stava accadendo: – Guarda! Esattamente come ieri. Non pensi anche tu… –
– Basta, Giorgia! – la interruppe Marina, con un tono che stavolta pareva davvero infastidito. – Te l’ho detto: sarà un maledetto politico che usa i nostri soldi per girare con la scorta… E poi, sinceramente, i tuoi continui sospetti ora cominciano a stufarmi: mi sembri diventata paranoica! –
Giorgia cercò di difendersi: – Va bene, ho capito… la smetto! –
– Ecco, brava… – concluse Marina. – Poi, se vuoi, continua pure, ma, per favore, le tue fantasie raccontale a qualcun altro, che io ne ho abbastanza! –
Giorgia capì che era meglio non insistere: Marina era una ragazza solitamente dolcissima e più che comprensiva, ma stavolta evidentemente si stava irritando un po’ troppo… Lungo la strada che mancava per arrivare a casa cambiarono argomento e parlarono allora di cosa avrebbero preparato per cena: una bella pastasciutta sarebbe stata l’ideale dopo una giornata intensa di studio.
– Spaghetti o fusilli? - Marina era indecisa e chiese il parere dell’amica mentre guardava cosa era rimasto in dispensa.
– Per me è uguale. Piuttosto, che sugo ci mettiamo sopra? – domandò Giorgia.
– Già: mi sa che siamo rimaste senza… – osservò Marina.
– Beh, allora esco io a comprarlo, – propose Giorgia, – tu intanto comincia a cuocere la pasta. Che sugo vuoi? –
– Mi piacerebbe un bel pesto. – rispose Marina, mentre già riempiva la pentola d’acqua. – Vai al negozio di alimentari nella piazza qua vicino, che lo fa veramente buono. –
– Ok, vado e torno. –
Mentre scendeva le scale per uscire, Giorgia fu assalita da un pensiero insistente; cercò di liberarsene, ma non ci fu nulla da fare: il negozio di alimentari dove doveva andare era da un’altra parte, ma in fondo passare davanti alla villetta dei suoi sospetti avrebbe allungato la strada solo di qualche minuto… Una volta lì davanti avrebbe constatato una volta per tutte che non c’era niente di strano e finalmente si sarebbe convinta a smetterla con le sue assurde fantasie, che ormai stavano diventando davvero delle paranoie… forse Marina aveva proprio ragione ad arrabbiarsi.
Uscì per strada e si incamminò rapidamente dalla parte opposta rispetto a quella dove sarebbe dovuta andare, e in pochi minuti si ritrovò davanti alla solita villetta.
“Sei proprio una stupida,” pensò, mentre passeggiava sul marciapiede a fianco del muro di recinzione del giardino, “fatti passare una volta per tutte questi pensieri e poi sbrigati ad andare al negozio, prima che Marina si insospettisca per il ritardo…”
Ma proprio in quel momento il cancello del giardino si aprì di nuovo per far entrare uno di quei furgoncini che Giorgia aveva visto passare ormai parecchie volte: attraversò il marciapiede proprio lì davanti a lei ed entrò dentro. Il cancello era automatico, e non si richiuse subito.
Giorgia restò per un attimo come “in trance”: in passato avrebbe voluto più volte entrare dentro quel giardino per soddisfare le sue curiosità, e ora, che si era quasi decisa a non pensarci più, le si presentava l’occasione proprio davanti agli occhi… Si rendeva conto che se fosse entrata avrebbe commesso una grandissima stupidaggine, ma l’istinto finì per prevalere sulla ragione: passò qualche secondo e poi, con uno scatto improvviso, passò oltre il cancello prima che cominciasse lentamente a richiudersi.
2.
Giorgia si trovava finalmente dentro il giardino della villetta, ma non aveva la minima idea di ciò che avrebbe dovuto o potuto fare… Le sembrava di rivivere una di quelle situazioni che aveva trovato spesso nei romanzi polizieschi di cui era accanita lettrice, ma il nervosismo la stava un po’ bloccando e cominciava anche ad avere paura. Sì, aveva decisamente fatto una grossa sciocchezza…
Si rese conto che non poteva rimanere lì ferma, a non fare niente: era “entrata in azione” ed era bene che andasse avanti. Andò a nascondersi in mezzo agli alberi, sicura che almeno lì non sarebbe stata scoperta. E ora? Come avrebbe fatto ad uscire da quel giardino, arrivare al negozio e tornare a casa nel giro di pochi minuti? Cominciò a cercare un punto dove potesse scavalcare facilmente la recinzione, ma il muro era piuttosto alto, e non sarebbe stato facile superarlo.
Accidenti, se Marina non l’avesse vista tornare, nel giro di pochi minuti l’avrebbe chiamata sul cellulare… Beh, meglio spengerlo allora.
Mentre questi pensieri le passavano confusamente per la testa, vagando in mezzo agli alberi, cominciò a buttare un occhio anche verso la villetta. Si accorse che il furgoncino che aveva visto entrare aveva parcheggiato su un lato dell’edificio, a fianco di una porta da cui sembrava che si entrasse in un magazzino. Questo almeno era quello che pensava, visto che due uomini stavano scaricando dal retro del furgone una gran quantità di casse e scatoloni, portandoli dentro casa proprio attraverso quella porta.
Che cosa potevano contenere tutte quelle casse? Armi? Droga? Alcolici di contrabbando? La sua immaginazione ricominciò a marciare a pieno ritmo, e la paura scomparve per lasciar posto ad uno stato di quasi febbrile eccitazione: i suoi sospetti forse erano fondati, e la definizione di mafiosi che Marina aveva tirato fuori solo per scherzo non era poi così campata in aria.
Si avvicinò ulteriormente al furgone, agendo con la massima circospezione e andò a nascondersi dietro un folto cespuglio. Da lì avrebbe potuto vedere meglio, ed era convinta che fra un po’ avrebbe avuto finalmente la prova che le sue non erano solo fantasie…
I due uomini continuavano a scaricare scatoloni dal furgone, senza dire una parola. Dovevano essere parecchio pesanti, a giudicare dagli sforzi che notava sui loro volti. Stavano formando dei bancali che poi trasportavano all’interno del deposito con l’aiuto di un carrello da magazzinieri.
Giorgia cercò di capire se sulle scatole poteva esserci scritto qualcosa; aguzzò la vista, ma non riuscì a scorgere niente… Era ovvio, se si trattava di quello che aveva sospettato, doveva essere trasportato nel modo più anonimo possibile. Drizzò anche le orecchie per capire se dalle parole dei due avrebbe potuto intuire qualcosa a riguardo, ma quelli erano troppo impegnati e andavano avanti col loro lavoro quasi completamente in silenzio.
Giorgia stava cominciando a innervosirsi, quando uno dei due si fermò e, rivolto all’altro, lo ammonì: – Fai attenzione con le prossime casse… sono molto delicate. –
Delicate? Vuoi vedere che quelle casse contenevano armi ed esplosivi?! La fantasia di Giorgia non aveva più confini… In quel momento si trovava acquattata dietro il cespuglio, pericolosamente vicina al furgone, ma non si accontentò, e l’incoscienza del detective alle prime armi la spinse a sporgersi un po’, per vedere ancora meglio. Quel movimento le fu fatale, perché la portò a sbilanciarsi e a scivolare goffamente per terra.
Non fece un gran rumore, ma fu più che sufficiente per richiamare l’attenzione dei due uomini che erano solo a pochi metri lì da lei.
– Ehi, tu chi sei? – cominciò il primo, col tono fortemente contrariato, avvicinandosi minaccioso alla ragazza.
Giorgia si rialzò, un po’ intontita e fortemente imbarazzata. Non sapeva più che fare e cominciò a balbettare qualche parola, ma il panico la stava bloccando, anche se non le impedì di indietreggiare cautelativamente di qualche passo per allontanarsi da quell’energumeno che continuava ad avanzare verso di lei con uno sguardo per niente amichevole.
– Allora, si può sapere cosa fai qui? E come diavolo sei entrata? –
– No, guardi… è un errore… io veramente non volevo… –
La situazione stava per farsi veramente difficile, quando improvvisamente si sentì suonare e bussare al cancello del giardino: – Ehi! C’è qualcuno? Aprite, per favore! –
Marina! Era la voce di Marina! Cosa era venuta a fare anche lei lì? Giorgia non riusciva a capire, ma si sentì comunque sollevata: con l’aiuto dell’amica forse tutto si sarebbe risolto, e sarebbe riuscita a dare una spiegazione plausibile per la sua intrusione… “Speriamo che la facciano entrare!” pensò.
– E ora chi è? – si chiese l’uomo di fronte a Giorgia, quasi seccato. – Vai ad aprire e guarda un po’… – disse all’altro. – Tu invece stai buona qui! – ordinò rivolto a lei.
Il cancello si aprì, ed entrò Marina sorridente, con il respiro un po’ affannato. – Buonasera, scusi il disturbo… ha per caso visto se è entrato un gatto grigio nel vostro giardino? – chiese all’uomo che le aveva aperto, che, un po’ meravigliato, provò ad abbozzare una risposta.
Ma Marina non gli lasciò neanche il tempo di finire: – Ah, sei qui anche te! – esclamò girandosi verso Giorgia, che non era vicinissima, ma poteva sentire molto bene le parole dell’amica.
– Sì, l’ho già cercato, ma non ho trovato niente! – rispose Giorgia, che nel frattempo aveva ritrovato un po’ di sicurezza e colse al volo l’assist di Marina.
L’uomo davanti a lei la guardò con uno sguardo un po’ perplesso.
– Già… era quello che le volevo spiegare: avevo visto il nostro gatto entrare in questo giardino, – proseguì Giorgia, rivolgendosi a lui, – poi, quando ho visto che c’era il cancello aperto sono entrata anch’io, per venire a cercarlo… –
– E come mai ti nascondevi dietro al cespuglio? – chiese l’uomo.
– Beh, mi sono resa conto di essere entrata senza permesso, e non volevo farmi scoprire… Scusi, sono stata proprio una stupida! – rispose, con lo sguardo verso il basso, come chi sa di averla combinata grossa.
– Già, direi proprio di sì! – Il tono dell’uomo era ancora seccato, ma non più minaccioso.
– La solita ingenua… fai le cose d’istinto senza pensarci! Certe volte ti comporti proprio come una bambina… – aggiunse Marina, che nel frattempo si era avvicinata ai due. – Ci perdoni ancora per il disturbo: il gatto evidentemente sarà da qualche altra parte, e comunque la prossima volta suoneremo e chiederemo il permesso prima di entrare… –
– Sarà bene! – concluse l’uomo, che ormai si era calmato del tutto. – Ora, però, se non vi dispiace… – disse, accompagnando le ragazze verso l’uscita.
Marina e Giorgia salutarono, scusandosi ancora per l’intrusione.
– Fa niente, per questa volta facciamo finta di nulla… – risposero gentilmente, ma con tono deciso, i due uomini.
Poi, quando il cancello fu nuovamente chiuso, uno dei due domandò all’altro: – Cosa ne pensi? –
– Bah! Solo due ragazzine maldestre! Andiamo a finire il nostro lavoro… –
Mentre tornavano verso casa l’umore di Marina cambiò drasticamente. Il sorriso che aveva mostrato davanti ai due uomini era solo di circostanza, perché in realtà era arrabbiatissima con l’amica. Stava solo aspettando di allontanarsi un po’ dal giardino della villetta per potersi sfogare con lei. Giorgia nel frattempo camminava in silenzio, imbarazzata, pensando a cosa avrebbe potuto dire per difendersi… Ben poco, per la verità.
Avevano percorso circa un centinaio di metri, e Giorgia provò a pronunciare un timido “grazie”, ma la rabbia di Marina si scatenò come un fiume in piena: – Sei una grandissima cretina! Ma ti rendi conto di quello che hai combinato?! Lo sai che ti avrebbero potuto denunciare per violazione di domicilio?! Meno male che ti ho seguito e mi è venuta in mente l’idea del gatto, altrimenti non so come avresti potuto cavartela! –
Giorgia era completamente annichilita, ma cercò lo stesso di ribattere: – Beh, guarda che però i miei dubbi forse sono giusti… Li ho visti scaricare un gran numero di casse sospette, e anche il modo in cui hanno reagito quando mi hanno scoperto mi fa pensare che… –
– Finiscila di dire stronzate! – la interruppe seccamente Marina. – Tu come reagiresti se trovassi un intruso dentro casa tua? Lo accoglieresti forse a braccia aperte? – Si fermò un attimo, poi riprese: – Senti, te l’ho già detto: non ne posso più di queste tue paranoie… E poi cosa vorresti dimostrare così? Vuoi fare l’eroina e sgominare una banda di malviventi? Perché allora non denunci tutto alla polizia? Ah, già, lo capisci anche da te che la tua storia è solo frutto della fantasia di una stupida ragazzina e che se la raccontassi ti prenderebbero per matta! –
A sentirsi chiamare “stupida ragazzina” Giorgia rimase davvero male. La frase era piuttosto forte in effetti, soprattutto perché pronunciata dalla sua migliore amica, ma almeno servì a convincerla che era meglio per tutti se quella storia finiva lì… Restò per un po’ in silenzio, sperando che la rabbia di Marina si fosse ormai esaurita, e allora le chiese: – Ma, scusa… come hai fatto a sapere che ero finita nel giardino della villetta? –
– Dopo che sei uscita per andare al negozio ho visto per caso dalla finestra che avevi preso la strada sbagliata, e allora me lo sono immaginato… Ormai ti conosco! – Il tono di Marina era più calmo, ma sempre alquanto scocciato. – Comunque stavolta ti ho aiutata, ma alla prossima sono cavoli tuoi… dovrai arrangiarti! E ora se vuoi vatti a comprare il sugo per la pasta, che il negozio sta per chiudere… Io non ho più fame, mi hai fatto passare la voglia. –
Giorgia rallentò, e lasciò che Marina tornasse a casa da sola. Capiva di averla fatta arrabbiare davvero troppo, e forse per stasera era meglio non disturbarla più. Girò l’angolo per andare verso il negozio di alimentari, ma ormai la fame era passata anche a lei, e così non comprò niente, ma proseguì la sua passeggiata per riflettere un po’.
Tornò a casa dopo circa mezz’ora. Marina era già nella sua stanza, sdraiata sul letto che leggeva; lei restò in cucina a guardare un po’ la televisione. Per quella sera non si parlarono più, e andarono entrambe a dormire abbastanza presto.
3.
Le settimane seguenti passarono tranquille: nessuna delle due parlò più dell’episodio e tutto tornò nella normalità. Giorgia però non aveva ancora abbandonato la sua teoria, e continuava a credere che ciò a cui aveva assistito nascondesse realmente qualche losco giro d’affari. Cercava di non pensarci, ma tutte le volte che passava davanti alla famigerata villetta i suoi sospetti si riaccendevano, anche se continuava a far finta di niente per nascondere tutto a Marina: se avesse parlato ancora dell’argomento, avrebbe rischiato di compromettere un’amicizia che durava ormai dai tempi dell’infanzia.
Nel frattempo però andava avanti anche con le sue letture di romanzi gialli. Quasi a farlo apposta, quello che stava leggendo adesso parlava di una donna poliziotto che, conducendo da sola le indagini contro il parere di tutti i colleghi che ritenevano stesse seguendo la pista sbagliata, riusciva ad infiltrarsi nel covo dei banditi e a raccogliere le prove della loro colpevolezza.
Bella forza: nella finzione dei romanzi è facile che vada sempre a finire tutto bene, ma nella realtà… L’esuberanza e l’ingenuità dei vent’anni certe volte non fanno più distinguere il confine sottile che separa l’una dall’altra.
Provò a resistere, ma alla fine prevalse in lei lo spirito d’avventura, nonché la voglia di riscatto nei confronti dell’amica che l’aveva giudicata male: il pensiero di poter penetrare in quella maledetta casa e trovare le prove dei traffici di contrabbando di cui ormai era sempre più convinta, le provocava un senso di eccitazione che rischiava di non farla più ragionare, e ormai pensava sempre più spesso che prima o poi avrebbe dovuto trovare il coraggio di riprovarci.
* * * * * *
L’occasione si presentò un pomeriggio, verso metà luglio. Marina e Giorgia dovevano uscire insieme per fare un po’ di compere e poi ritrovarsi a sera con altre amiche per un aperitivo. All’ultimo Marina dovette però rinunciare: aveva un esame dopo pochi giorni e preferì restare a casa a studiare, e così Giorgia dovette uscire da sola. Sarebbe tornata a casa prima delle 7 e insieme sarebbero poi andate all’aperitivo.
Giorgia uscì per andare verso il centro della città, ma dopo pochi minuti non resistette all’idea che da un po’ le frullava per la testa e decise di modificare il suo programma: si diresse verso la villetta e ci si trovò di fronte proprio mentre dal cancello stava uscendo un altro furgoncino, del tipo di quelli da cui, un mese prima, aveva visto scaricare tutta quella merce sospetta. Era l’occasione giusta per trovare quello che cercava, e stavolta non se la sarebbe lasciata sfuggire…
Suonò al campanello. Quel pomeriggio indossava una minigonna leggera con una maglietta colorata un po’ scollata che le metteva abbastanza in risalto le curve del seno, e portava i suoi lunghi capelli mori e lisci raccolti con un nastro di stoffa che la rendevano veramente carina. Era molto sicura di sé stessa: chiunque fosse venuto ad aprirle sarebbe sicuramente rimasto colpito, e lei era decisissima a sfruttare quest’arma a suo vantaggio.
Quando il citofono rispose, Giorgia sfoggiò un meraviglioso sorriso: – Buonasera, scusi il disturbo. – La sua voce non tradiva la minima emozione. – Sarei venuta a cercare il mio gatto… –
– Ah, sei tu… – Non riuscì neanche a finire la frase che il cancello cominciò ad aprirsi.
La persona che le aveva risposto al citofono doveva essere evidentemente l’uomo dell’altra volta, e non aveva avuto difficoltà a riconoscerla, soprattutto dopo aver sentito del gatto…
Entrò dentro, e l’uomo le venne incontro uscendo di casa: – Salve, – la salutò tranquillo, – cos’è successo stavolta? –
– Mi scusi, sono davvero imperdonabile… – rispose Giorgia. – Quel gatto è sparito di nuovo, l’ho cercato anche in altri giardini ma non l’ho trovato. Le spiace se do un’occhiata anche qui? Mi basta qualche minuto… –
– Prego, accomodati pure… – L’uomo le rispose sorridendo e inquadrandola da capo a piedi, visibilmente colpito dall’aspetto fresco e spigliato della ragazza. – Io adesso devo rientrare in casa. Quando hai fatto avvertimi e ti riapro il cancello. – concluse.
– Grazie, è davvero gentile… –
Il primo obbiettivo era stato raggiunto; probabilmente il suo aspetto l’aveva aiutata, ma era stata anche molto brava a tenere i nervi saldi e a recitare la parte in maniera più che convincente. Se ne compiacque parecchio, e cominciò a girare in giardino, celando a fatica l’orgoglio che la pervadeva e facendo finta di cercare il gatto. Il suo scopo era, ovviamente, ben altro: appena si rese conto di non essere vista da nessuno si diresse verso la porta del magazzino sul lato della casa.
Il ramoscello di un albero le si infilò inavvertitamente fra i capelli e le fece cadere il nastro. Si voltò per raccoglierlo, ma non lo vide. Era uno dei suoi preferiti, e le dispiaceva perderlo, ma in quel momento aveva altro da fare e non poteva perdere tempo.
Arrivò alla porta, e vide che era chiusa a chiave. Stava per desistere, ma poi si rese conto che la serratura era piuttosto vecchia. In tutti i libri gialli che aveva letto, più di una volta aveva trovato la descrizione di come ladri e assassini riuscivano a far saltare le serrature: prese una forcina per capelli dalla borsa e provò a ripetere dal vivo l’operazione.
Pura illusione: armeggiò per diverso tempo con quella forcina, ma non riuscì ad ottenere niente. Si dette anche della stupida: si illudeva davvero che qualche lettura fosse sufficiente a darle l’abilità di uno scassinatore? Rinunciò al suo intento, cercando di estrarre la forcina dalla serratura, che però si doveva essere incastrata, perché non veniva più via. Provò di nuovo, con più forza: la forcina uscì fuori, e, incredibilmente, col suo movimento fece scattare il meccanismo.
Ancora stupita per l’aiuto della dea bendata, Giorgia entrò dentro con cautela, chiudendo la porta silenziosamente. Si ritrovò, come pensava, all’interno di un deposito, pieno di pile di casse e scatoloni uguali a quelli che aveva visto scaricare dal furgone un mese prima. Non c’era molta luce, perché le finestre erano piccole, ma per il suo scopo erano più che sufficienti.
Si avvicinò ad alcuni scatoloni di cartone. Fu sufficiente grattare un po’ con una chiave per aprirne uno in un angolo… Sigarette! Poi provò con un altro lì vicino: ancora sigarette!
Il cuore cominciò a battergli fortissimo: aveva ragione, aveva sempre avuto ragione! I traffici di cui sospettava erano proprio quelli di una banda di contrabbandieri… Forse erano davvero dei mafiosi, come le aveva involontariamente suggerito Marina. Tirò fuori dalla borsa il cellulare per scattare delle foto. Sarebbero venute sicuramente un po’ scure, ma come prove per la polizia sarebbero state più che sufficienti.
Accanto agli scatoloni che aveva aperto ce n’erano altri di aspetto un po’ diverso. Riuscì ad aprire anche uno di questi, ma stavolta fece un balzo indietro per lo spavento: bustine di cocaina! La vicenda era ancora più seria di quello che credeva, e stavolta iniziò ad avere davvero paura. Scattò qualche altra foto per raccogliere altre prove, ma il suono dei battiti del suo cuore, che si facevano sempre più pesanti nel silenzio di quel magazzino, le fecero capire che era meglio se cominciava ad allontanarsi da quel posto.
Per la verità restavano da aprire le casse di legno, ma da sola non ce l’avrebbe fatta, e comunque era già soddisfatta di quanto aveva scoperto fino a quel momento.
Improvvisamente si accese la luce. Giorgia si buttò d’istinto per terra e sentì le voci di due uomini che stavano entrando nel magazzino, da una porta interna che evidentemente comunicava con la casa adiacente. Uno dei due doveva essere quello che l’aveva fatta entrare pochi minuti prima.
– Non capisco perché ti sei lasciato convincere a far entrare quella ragazzina ficcanaso! –
– Non ti preoccupare, è là fuori a cercare il suo gatto, figurati cosa ne sa e cosa gli interessa di quello che c’è qui dentro… e poi meglio mostrarsi cordiali e non insospettire la gente. –
– Va bene, però fra un po’, gatto o non gatto, sarà bene mandarla via! –
– OK, d’accordo, sta’ tranquillo. –
Giorgia era al riparo in uno dei corridoi fra le cataste di casse e scatoloni, dove almeno per il momento non potevano vederla (almeno così sperava), ma il terrore che stava provando in quel momento rischiava seriamente di paralizzarla. Cominciò a maledire sé stessa e quella sua dannatissima curiosità che ora stava rischiando di ficcarla in un guaio enorme e inevitabilmente ripensò a tutte le volte che Marina si era arrabbiata con lei. Stavolta però non sarebbe potuta intervenire per salvarla di nuovo…
Passato qualche concitatissimo secondo riuscì a tranquillizzarsi e a valutare la situazione in modo più razionale: in quel momento si trovava nascosta per terra, in un angolo piuttosto remoto del magazzino, per cui, rimanendo ferma dov’era, probabilmente non l’avrebbero scoperta. Ebbe anche la tentazione di muoversi nella direzione opposta rispetto a quella da cui provenivano le voci dei banditi, proprio verso la porta da cui era entrata, ma era ancora troppo lontana, e il rischio sarebbe stato troppo grosso.
Dopo una manciata di minuti, che le parvero davvero interminabili, capì che i due avevano finito il loro giro e stavano per uscire dal magazzino. La luce si spense e la porta si chiuse. Giorgia tirò un sospiro di sollievo: il peggio era passato. Ora però doveva assolutamente uscire da lì e allontanarsi da quella maledetta casa prima possibile. Si rialzò dal suo nascondiglio e si diresse con circospezione verso la porta che dava sull’esterno. Non voleva rischiare di causare rumori sospetti, ma voleva anche fare in fretta: là fuori ci sarebbe stata la sua salvezza…
Arrivata lì davanti, per un attimo ebbe paura che la porta fosse stata nuovamente chiusa a chiave da quei due, ma quando afferrò la maniglia e vide che si apriva regolarmente, si sentì davvero sollevata. Ma fu una sensazione che durò solo un attimo…
Era convinta di rivedere gli alberi del giardino, ma con grande sgomento si trovò davanti l’uomo che le aveva aperto il cancello, che la stava guardando con un ghigno sinistro, come se si fosse piazzato lì proprio ad aspettare che lei uscisse…
L’istinto la fece indietreggiare di un passo, emettendo un sussulto di spavento. Stava per voltarsi e scappare via, ma sentì d’improvviso due mani energiche che la afferrarono da dietro per il busto e le tapparono la bocca, trascinandola di nuovo verso l’interno del magazzino. Cercò di divincolarsi da quella stretta, ma sentì che era davvero troppo forte per lei.
– Sta’ buona… è inutile che ti agiti tanto! – le intimò minaccioso l’uomo che l’aveva sorpresa alle spalle, immobilizzandola e impedendole di urlare.
Intanto anche il secondo uomo, di fronte a lei, era entrato nel magazzino, richiudendo la porta dietro di lui. – Allora? Trovato il gatto? – le chiese, in tono ironico.
4.
Marina cominciava a spazientirsi: Giorgia doveva essere a casa già da tempo. All’inizio non aveva dato troppo peso a quel ritardo: quando usciva a fare compere, era facile che la sua amica si dilungasse sempre un po’ più del dovuto. Però le aveva detto che sarebbe tornata a casa per le sei e mezzo, un quarto alle sette al massimo, mentre ormai erano le sette in punto… Bisognava dirle di sbrigarsi: prese il cellulare e la chiamò.
Il telefono suonò libero per un po’, poi di colpo dette il segnale di occupato… Giorgia aveva rifiutato la chiamata, evidentemente. Perché? Marina provò a chiamarla di nuovo, ma stavolta il cellulare era diventato irraggiungibile.
Aspettò qualche minuto e poi chiamò ancora… niente da fare. Erano le sette e dieci. Marina si arrabbiò: al diavolo Giorgia! All’aperitivo ci sarebbe andata da sola, e che lei si arrangiasse… Uscì di casa, chiuse la porta e cominciò a scendere le scale, piuttosto innervosita. Pensò che Giorgia non le avesse risposto per paura che lei si arrabbiasse per il ritardo e per evitare quindi di litigare per telefono.
Però era strano che il ritardo si prolungasse così a lungo: Giorgia si divertiva sempre tantissimo agli aperitivi in compagnia, anche molto più di lei. Questione di carattere: Marina non aveva la sua stessa espansività, e un po’ gliela invidiava…
“Stai a vedere che quella scema è già arrivata… ha fatto tardi ed è andata direttamente là senza neanche passare da casa, poi si è messa a chiacchiera, magari ha conosciuto qualcuno e si è dimenticata di avvertirmi… Poi quando ha visto la mia telefonata mi ha spento il cellulare in faccia per non essere interrotta! Ora mi sente…”
Marina si avviò decisa a piedi, convinta della sua ipotesi e sempre più arrabbiata, anche se in realtà sperava che tutto ciò non fosse vero, perché un comportamento del genere da parte di Giorgia sarebbe stato veramente spiacevole, e avrebbe seriamente rischiato di rovinare la loro amicizia, una delle cose a cui teneva di più.
Camminando verso il locale, Marina passò davanti alla villetta dei sospetti di Giorgia. Ormai era quasi un mese che aveva buttato nel dimenticatoio quella storia, ma in quel momento ebbe come un flash: “Vuoi vedere che quella stupida… No, non è possibile,” pensò, “se fosse così sarebbe veramente troppo, anche per lei! Ora sbrighiamoci, sennò arrivo che l’aperitivo è già finito!”
Quando arrivò al locale, Marina trovò le altre amiche che la stavano aspettando, ma Giorgia non c’era… Cominciò allora a preoccuparsi e riprovò a telefonarle, ma il risultato fu sempre lo stesso: cellulare irraggiungibile.
Furono le amiche a sdrammatizzare: – Dai, stai tranquilla, – le dissero scherzando, – magari mentre era a comprarsi l’intimo avrà fatto colpo su qualche bel ragazzone e in questo momento sta meglio di tutte noi messe insieme… ah, ah! –
– Beh, ci credo che non vuol essere disturbata allora! – aggiunse un’altra.
Marina si lasciò convincere e dopo un po’ non pensò più a Giorgia; in fondo non era certo una bambina e sapeva badare benissimo a sé stessa. E ora voleva solo divertirsi: dopo una giornata di studio era stanca e aveva voglia passare un paio di ore in completa spensieratezza…
* * * * * *
Verso le sette il cellulare di Giorgia cominciò a squillare. Si trovava dentro la sua borsetta, in una piccola stanza chiusa e piuttosto buia al primo piano della villetta.
Entrò di corsa uno dei banditi, che raccolse la borsetta da terra e vi frugò dentro fino a trovare il cellulare, che continuava a squillare. Lo prese e lo spense. – Accidenti a questi telefonini! – imprecò. Poi si girò verso un angolo della stanza: – E tu non credere di fare tanto la furba, ragazzina… –
Giorgia era lì, legata su una sedia con le braccia dietro la schiena e varie corde strette intorno al busto, alle gambe e alle caviglie, ma non poté rispondere. Guardò il bandito con gli occhi pieni di paura, strozzando il suo pianto contro la spessa striscia di stoffa stretta fra i denti con cui l’avevano imbavagliata. Una lacrima le rigò lo zigomo andando a bagnare la grossa bandana annodata dietro la nuca che le copriva completamente la bocca.
Prima di uscire il bandito le rivolse un’ultima minaccia: – Dobbiamo ancora decidere come sistemare le ficcanaso come te! –
* * * * * *
Uscirono dal locale verso le nove; le giornate erano molto lunghe, e c’era ancora luce, così fecero una breve passeggiata per il centro tutte insieme. Poi Marina salutò le amiche e si rincamminò verso casa; il giorno dopo avrebbe dovuto studiare ancora molto, e non poteva fare tardi.
Arrivò dopo pochi minuti, ma anche qui di Giorgia nessuna traccia. Provò a chiamarla di nuovo sul cellulare, ma non ci fu niente da fare. Allora le tornò in mente quello che aveva pensato quando poche ore prima era passata davanti alla solita villetta.
“No, dai, è veramente assurdo…” pensò. “Però se per un motivo qualsiasi non fosse potuta venire all’aperitivo mi avrebbe avvertito… E se invece quella scema si fosse cacciata davvero nei guai? Stai a vedere che è rientrata di nuovo dentro il giardino di nascosto, i proprietari l’anno trovata e stavolta l’hanno denunciata davvero…”
Se le cose fossero andate realmente come Marina stava pensando, stavolta Giorgia probabilmente avrebbe ricevuto la lezione che si meritava… Sembrava impossibile, è vero, ma sapendo quanto riusciva ad essere fanatica in questi casi, in fondo non ci sarebbe stato niente di cui stupirsi. E poi tutto tornava: a Marina non aveva raccontato più nulla, ma in gran segreto si era preparata per tornare alla carica! Anche riguardo alle chiamate sul cellulare diventava tutto chiaro: la prima volta il telefonino aveva squillato, ma Giorgia l’aveva spento per non farsi scoprire.
O forse l’aveva dovuto spengere perché era già davanti ad un carabiniere a spiegare perché si era intromessa di nascosto in un giardino privato…
Erano passate da poco le nove e mezzo, e Marina si ritrovò davanti alla villetta. Il sole stava cominciando a tramontare. Si fermò per un attimo davanti al cancello, un po’ titubante: forse anche lei aveva lavorato troppo di fantasia, ma voleva capire se la sua ipotesi era giusta.
Prima di suonare il campanello, si augurò che chi fosse venuto a risponderle non si spazientisse troppo nel rivederla. “Beh, in fondo devo fare solo una domanda e sperare che quella pazza non sia stata così pazza come credo!” pensò, poi ruppe gli indugi e suonò.
Chi poteva essere a quell’ora? I due uomini stavano ancora cenando e non aspettavano nessuno. Uno dei due andò a rispondere al citofono: – Chi è? –
– Buonasera, ehm, mi scusi, circa un mese fa ero venuta a cercare il mio gatto qui nel vostro giardino… – Marina esordì un po’ imbarazzata.
– Ah, sì, buonasera… – La voce dell’uomo tradì un po’ di stupore.
– Ehm, ecco: volevo solo sapere se per caso la mia amica è passata di qua oggi… –
– Ho capito. Aspetta un attimo, ora vedo… – L’uomo riappese la cornetta del citofono e si rivolse al complice: – È l’amica bionda della ficcanaso, mi sa che la sta cercando. Mandiamola via prima che si intrufoli anche lei nelle nostre faccende… –
– Aspetta, – rispose l’altro, – non sappiamo ancora quello che sa… Probabilmente nulla, altrimenti non verrebbe qui. Ma se la mandiamo via potrebbe insospettirsi. Meglio mostrarsi cordiali: facciamola entrare e poi vediamo come si comporta… –
– OK, forse hai ragione. Le apro il cancello. –
Marina stava aspettando ancora al citofono, quando il cancello cominciò ad aprirsi. Le si fece incontro uno degli uomini che aveva visto un mese prima, quando era venuta a salvare Giorgia.
– Buonasera, mi scusi ancora per il disturbo. Stavo cercando… –
– Prego, vieni! – L’uomo le rispose senza neanche farla finire. – La tua amica veramente non è più passata di qui, ma se stai cercando il gatto accomodati pure, almeno finché c’è un po’ di luce… –
– Ah, beh… certo, grazie! –
– Chiamami quando hai fatto, così ti riapro il cancello. Ora devo rientrare in casa. –
Marina entrò nel giardino con poca convinzione: il fatto che i proprietari della casa non avessero visto Giorgia la rassicurava, anche se ora avrebbe dovuto far finta di cercare un gatto che in realtà non esisteva… Di fronte alla gentilezza con cui era stata accolta, però, non se la sentiva di certo di confessare che era stata solo una scusa per togliere l’amica dai guai.
Cominciò a girovagare un po’ svogliatamente fra i cespugli del giardino e mentre camminava notò un pezzo di stoffa abbandonato per terra. Lo raccolse e riconobbe il nastro per capelli che Giorgia indossava quel pomeriggio quando era uscita.
“Allora è stata qui!” pensò. “Ma se non l’hanno vista, quella stupida deve essere pure entrata di nascosto…” E adesso dov’era? Forse era riuscita a tornare a casa, o forse no…
Per un attimo ebbe un sussulto: e se Giorgia avesse avuto ragione? “E ora che fai? Cominci pure te a coltivare fantasie assurde?!” Il pensiero che le paranoie dell’amica stessero rischiando di contagiare anche lei la fece sorridere.
Mise il nastro per capelli nella borsa, senza accorgersi che, dietro una delle finestre della casa, degli occhi sinistri la stavano spiando e avevano visto quello che aveva scoperto… Il rischio che stavano correndo era troppo alto: avrebbero dovuto rimediare, e in fretta.
Marina pensò che era stata fin troppo nel giardino della villetta, e poi cominciava ad essere buio. Si diresse verso la casa e chiamò l’uomo che l’aveva fatta entrare, per farsi aprire il cancello, ma nessuno rispose. Si avvicinò allora al portone di casa e notò che era leggermente aperto. Bussò.
– È permesso? – chiese. Di nuovo nessuna risposta.
Aprì la porta e decise di entrare. Si ritrovò in un piccolo ingresso, non molto illuminato, su cui si affacciavano varie porte e una scala che portava al piano di sopra. La stanza era vuota.
– C’è nessuno? – chiese di nuovo ad alta voce. – Il gatto non l’ho trovato, ma ora devo andare. Potete aprirmi il cancello per favore? –
5.
Giorgia si calmò e smise di piangere. Le lacrime non sarebbero servite a nulla; piuttosto doveva tentare di liberarsi. Le avevano legato le braccia dietro la schiena, ma forse muovendo i polsi poteva riuscire ad allentare un po’ i nodi delle corde.
Provò più volte, ma fu del tutto inutile. Muovendo i polsi in quel modo non faceva altro che strusciare le corde sulla pelle, aumentando il dolore che, strette com’erano, già le stavano provocando. Oltretutto il bavaglio premuto fra i denti, che ormai si era completamente impregnato di saliva, le impediva di respirare regolarmente e, anche per colpa del grande senso di angoscia che ormai l’aveva completamente attanagliata, il suo respiro stava diventando sempre più affannoso.
Ripensò ad uno dei romanzi polizieschi che aveva letto negli ultimi mesi, in cui una giovane ragazza, sorpresa da alcuni malviventi durante una rapina in banca, veniva rapita e poi portata nel covo della banda, dove era tenuta in ostaggio, legata e imbavagliata. Non era certo quello il personaggio a cui avrebbe voluto ispirarsi, eppure adesso si trovava proprio in quella situazione, e non sapeva come uscirne, né sapeva cosa avrebbero fatto di lei i banditi.
Ad un tratto sentì una voce provenire dal piano inferiore, che cercava di richiamare l’attenzione dei padroni di casa. Fu presa dal terrore quando capì di chi si trattava…
“Oh, mio Dio, no! Marina! Scappa, ti prego!! Non farti catturare, scappa!!!”
La sua amica era venuta a cercarla, e ora rischiava anche lei di fare la sua stessa fine. Doveva riuscire ad avvertirla prima che fosse troppo tardi, ma come poteva farlo? Presa dalla disperazione provò a urlare e a battere i piedi sul pavimento più forte che poteva, ma tutto quello che ottenne fu solo un lungo mugolio bagnato dalle sue lacrime: – Mmmhhhhh… mmgghhfff!!! –
Ma così Marina non avrebbe mai potuto sentirla…
* * * * * *
Marina continuava a non avere risposte e, avendo fretta di andarsene, stava iniziando ad innervosirsi. Guardò sulla parete a fianco della porta: c’erano alcuni interruttori, fra cui, probabilmente, anche quello che azionava l’apertura del cancello. Era tentata di provarli tutti, per trovare anche quello giusto, ma aveva paura di combinare qualche guaio e così esitò un po’.
Improvvisamente l’uomo che stava cercando entrò anche lui dalla porta esterna, chiudendosela alle spalle. Lo scatto della serratura la sorprese e si girò quasi spaventata.
– Ah, è lei… – esclamò.
– Allora, l’hai trovato il tuo gatto? – le chiese lui, interrompendola.
– Veramente no, ma ora dovrei… –
– Ah, buonasera! Non ti avevo vista entrare. – L’altro uomo apparve dalla parte opposta, salutando Marina e facendola voltare di scatto, con un altro piccolo spavento.
Non sapeva perché, ma si era creata un’atmosfera che le piaceva poco, e pensò che sarebbe stato meglio allontanarsi il prima possibile.
– Buonasera, – rispose un po’ impaurita, – mi spiace di avervi disturbato… Volevo ringraziarvi, ora però è tardi e devo tornare a casa. –
– Ma no, figurati, nessun disturbo… anzi, quando hai bisogno di cercare il gatto torna pure senza farti problemi. –
La frase, pronunciata con estrema gentilezza, la rassicurò un po’, ma non le tolse la voglia di uscire al più presto da quella casa.
– Grazie ancora, allora, e arrivederci… – salutò.
– Arrivederci… – risposero.
Marina passò accanto al primo dei due uomini, sorridendo, e si diresse verso l’uscita. Mentre stava aprendo la porta guardò fuori e vide che ormai era diventato buio davvero.
Proprio in quel momento una mano sbucò all’improvviso dietro di lei, sopra la sua spalla, spingendo violentemente indietro la porta e facendola chiudere con un tonfo sordo. Marina fu colta di sorpresa ed ebbe un sussulto per lo spavento. Tentò di girarsi per capire cosa fosse successo, ma la stessa mano che aveva chiuso la porta la afferrò energicamente per il busto, trascinandola indietro.
– Ehi! Ma che… mmmmhhhhh! – Un’altra mano, da dietro, le tappò la bocca prima che potesse continuare. Istintivamente tentò di liberarsi, ma la presa era troppo forte.
– Sta’ zitta e non fare scherzi! – le ordinò con uno sguardo minaccioso l’uomo alle sue spalle.
Marina sgranò gli occhi, visibilmente impaurita… non capiva perché fosse stata aggredita in quel modo, ma non ebbe molto tempo per pensarci: girandosi vide che l’altro uomo aveva preso delle corde e una grossa striscia di stoffa, e si rese conto con orrore che volevano legarla e imbavagliarla. Provò a urlare, ma la mano sulla bocca non glielo permise. Cominciò allora a dibattersi ancora più forte, ma da sola contro due uomini c’era poco da fare…
D’istinto cercò di colpire con un calcio quello davanti a lei, che si stava avvicinando minaccioso con le corde in mano, ma non fu una mossa azzeccata: il bandito parò il calcio e le bloccò le gambe, legandogliele insieme all’altezza delle caviglie e delle ginocchia, mentre quello alle sue spalle le passò delle corde attorno al busto, legandole le braccia e i polsi dietro la schiena.
Così facendo le tolse la mano dalla bocca, permettendo a Marina, col tono pieno di sgomento, di protestare: – Ma… ma chi siete? Cosa volete da me? –
– È inutile che cerchi di prenderci in giro… – le rispose secco, mentre continuava a legarla. – Ti stiamo insegnando cosa succede a ficcare il naso negli affari delle altre persone! –
– Ma io… non capisco, non so di cos… mmmhhhh… mmgghhfff!!! – Il bandito non le lasciò il tempo di finire e la imbavagliò infilandole con forza la striscia di stoffa fra i denti e coprendole la bocca con una grossa bandana che poi le annodò dietro la nuca.
Marina si trovò sdraiata sul pavimento, completamente immobilizzata: non si capacitava ancora di quello che le era accaduto… Cominciò a piangere. Quali erano le intenzioni di quei due uomini? Perché l’avevano legata e imbavagliata? Volevano rapirla? O forse violentarla? Era terrorizzata, e stava per cadere in preda al panico…
– Bene, abbiamo sistemato anche lei! – esclamò soddisfatto uno dei banditi. – Portiamola insieme a quell’altra… –
La paura di Marina aumentò: chi era “quell’altra”? Il sospetto che l’aveva assalita quando aveva ritrovato il nastro di Giorgia tornò a farsi vivo…
Ma il suo dubbio durò poco: uno dei due uomini prese Marina e se la caricò sulle spalle, incurante dei suoi mugolii e dei suoi singhiozzi, e la portò al piano di sopra. Aprì la porta di una stanza e accese la luce, pronunciando una frase dalla quale capì che purtroppo non sarebbe stata sola: – Ciao bella, guarda chi ti abbiamo portato! –
Marina fu buttata su un letto, e allora poté vedere, terrorizzata, quello che fino a pochi minuti prima non avrebbe mai potuto né voluto immaginare: “l’altra” era proprio Giorgia! Anche lei era stata fatta prigioniera da quegli uomini, ed ora si trovava lì, in quella stessa stanza, seduta su una sedia, anche lei legata e imbavagliata…
* * * * * *
Giorgia dalla sua stanza aveva intuito quello che stava succedendo. Per un po’ non aveva più udito la voce della sua amica e aveva pregato che fosse riuscita a fuggire, ma poi, quando la porta si aprì ed entrò il bandito, in un attimo tutto il mondo le crollò addosso… era buio e non poteva vedere bene, ma sentì chiaramente i mugolii di una ragazza e poi quelle parole “Guarda chi ti abbiamo portato!”, che le tolsero ogni speranza: anche Marina era stata catturata!
Si accese la luce, e vide la sua amica, legata e imbavagliata, portata sulle spalle di quell’uomo e poi buttata con noncuranza sul letto della stanza: quei maledetti avevano preso anche lei, riservandole lo stesso trattamento…
Il bandito spense la luce e uscì dalla stanza, e Giorgia scoppiò a piangere e a dimenarsi, come impazzita. I suoi mugolii si fecero assordanti… guardò verso Marina, con gli occhi pieni di angoscia e si sentì infinitamente in colpa: ora anche la sua amica si trovava nei guai a causa sua. Se non si fosse mai interessata a quella maledetta faccenda ora sarebbero state entrambe tranquille a casa loro, e invece… Avrebbe voluto chiederle scusa un milione di volte, ma ormai non sarebbe servito più a nulla.
6.
A piano terra della villetta, i due banditi si trovavano in cucina, e discutevano sul da farsi mentre consumavano nervosamente una rapida cena che, a causa degli eventi delle ultime ore, avevano dovuto ritardare di un bel po’. – Accidenti! E ora che ne facciamo di quelle due? – cominciò il primo.
– Non lo so, – rispose l’altro, tradendo una certa preoccupazione, – ma di sicuro non possiamo lasciarle qui… Domani arrivano i capi e se vengono a sapere che abbiamo rischiato di farci scoprire da due intruse, passeremmo dei guai seri… –
– Però non so se abbiamo fatto bene a catturare anche la bionda, – riprese il primo, – quando ha cercato di dirci che non sapeva niente, forse era sincera. E in quel momento probabilmente non se lo immaginava neanche che avevamo rapito la sua amica. –
– Sì, forse hai ragione, – ribatté l’altro, – ma non potevamo rischiare, e una volta fatta sparire la prima, l’altra prima o poi l’avrebbe capito che eravamo stati noi: se è venuta qui vuol dire che qualche sospetto ce l’aveva, e poi ha trovato come indizio quel maledetto nastro per capelli in giardino… Se l’avessimo lasciata andare probabilmente avrebbe raccontato tutto alla polizia! –
– Già, ma che fessi siamo stati a non accorgerci di quel nastro! Tu ci avevi fatto caso che lo portava quando è entrata e che non lo aveva più quando l’abbiamo catturata? Io no, sinceramente. –
– Neanch’io, ma a questo punto, nastro o no, sarebbe cambiato ben poco… L’errore l’abbiamo fatto l’altra volta, quando ci hanno preso in giro con la storia del gatto. Se ce ne fossimo resi conto avremmo preso già allora delle contromisure, invece abbiamo finito per crederci davvero. –
– Sì, è vero. Ma ora è inutile pensarci… Dobbiamo invece capire come liberarci di loro. Se le uccidiamo, poi come facciamo a far sparire i corpi? E poi io sono un criminale, sì, ma non me la sento di ammazzare a sangue freddo due ragazze di vent’anni che potrebbero essere le mie figlie… No, non ce la farei proprio! Maledette ficcanaso… –
Stava cominciando ad innervosirsi oltre misura, al che intervenne il compare: – Stai calmo! Sono d’accordo con te: anch’io non potrei mai trovare il coraggio di ucciderle. Ma da qui dobbiamo portarle via alla svelta! –
Poi si interruppe per un attimo, e dopo qualche secondo di silenzio guardò il suo complice e cambiò espressione, con aria soddisfatta: – Certo che c’è la soluzione! Come ho fatto a non pensarci prima? Ascoltami… –
* * * * * *
Giorgia continuava ad essere in preda ai suoi sensi di colpa: da quando si era trovata davanti la sua amica non faceva altro che singhiozzare e disperarsi, e non riusciva più a ragionare.
Marina invece, pur essendo anche lei terrorizzata e chiedendosi di continuo che fine le avrebbero fatto fare, dopo un po’ riuscì a calmarsi e a smettere di piangere. Cercò allora di mantenere la mente più lucida possibile e di riprendersi dallo shock di essere stata rapita: anche se temeva che con molta probabilità le avrebbero eliminate alla prima occasione, cercava di non pensarci, altrimenti si sarebbe fatta prendere dal panico e le possibilità di uscire vive da quella situazione si sarebbero drasticamente ridotte. Avrebbe anche voluto cercare di tranquillizzare Giorgia, ma quel bavaglio che le premeva così forte sulla lingua non poteva far altro che trasformare ogni suo tentativo di comunicare con l’amica in un inutile mugolio.
Allora lasciò perdere e cercò piuttosto di concentrarsi su come trovare il modo per potersi liberare. Pur avendola legata molto stretta, i banditi avevano commesso il grosso errore di lasciarla lì semplicemente sdraiata sul letto, dove, anche se con difficoltà, poteva comunque sempre muoversi. Strusciò quindi sul materasso, in modo da far sporgere in fuori le gambe e, poggiando i piedi per terra, riuscì abbastanza agevolmente a ritrovarsi seduta sul bordo. Poi, facendo molta attenzione a non perdere l’equilibrio, si alzò in piedi.
Essendo ormai notte la stanza era piuttosto buia, perché la finestra aveva le persiane chiuse, ma quel po’ di luce dell’illuminazione pubblica che arrivava dalla strada e che passava attraverso le feritoie delle persiane stesse, era comunque sufficiente per consentire a Marina di vedere tutto abbastanza bene. L’interruttore era a poca distanza, accanto al letto, e avrebbe potuto accendere la luce, ma se per caso i due banditi fossero andati in giardino e avessero visto la luce accesa attraverso le persiane, sarebbero sicuramente tornati nella stanza a vedere cosa succedeva.
Preferì quindi rimanere in quello stato di semibuio per capire cosa poteva fare. Avendo le gambe legate all’altezza delle caviglie, non era in grado di camminare, ma poteva sempre effettuare dei piccoli balzi. Giorgia era lì davanti a lei, che la guardava con un misto di stupore e curiosità, sufficienti, se non altro, per farla smettere di piangere.
Marina riuscì lentamente a raggiungerla. Avrebbe voluto spiegarle cosa aveva in mente di fare, ma ovviamente non poteva, e quindi si diresse subito dietro la sedia di Giorgia; qui si inchinò, portando la faccia all’altezza delle mani dell’amica, legate dietro la schiena. Appoggiò il mento contro le sue dita, e allora Giorgia capì: cominciò a tastare coi polpastrelli, finché non sentì di aver toccato la bandana che copriva la bocca di Marina. Gliel’avevano legata davvero stretta, ma nonostante questo riuscì ad infilare la punta delle unghie fra la sua guancia e il bavaglio.
Marina iniziò a muovere la testa su e giù, per far scivolare la bandana sotto il mento. Non fu semplice, anche perché le unghie di Giorgia strusciavano sulla sua pelle, rischiando di graffiarla, ma con pazienza alla fine riuscì nel suo scopo. Era solo a metà strada, perché le rimaneva la spessa striscia di stoffa fra i denti, che poi era quella che davvero le impediva di parlare, ma per quanto le fosse stata stretta dietro la nuca, con l’aiuto di Giorgia e spingendo con la lingua, sapeva che sarebbe potuta riuscire a toglierla… E infatti, nel giro di pochi ma interminabili minuti, quel maledetto bavaglio fu finalmente espulso dalla sua bocca. Un lungo sospiro scandì perfettamente il suo sollievo di quel momento.
Giorgia era stata imbavagliata nello stesso modo, e sarebbe stato troppo complicato, oltre che rischioso, tentare di liberarla alla stessa maniera, perché per aiutarla avrebbe dovuto mettersi in piedi, di spalle, davanti a lei, in equilibrio precario, col rischio di cadere e farsi male seriamente.
Comunque si rialzò, e passando lentamente davanti a Giorgia la guardò in faccia, per rassicurarla: – Sono riuscita a togliermi il bavaglio! Ora proviamo a sciogliere le tue corde… – le disse sottovoce.
Giorgia, che nel frattempo aveva riacquistato finalmente un po’ di fiducia, annuì con un cenno della testa, e Marina, tornando dietro di lei, si chinò nuovamente, per osservare come erano state legati i polsi della sua amica. La faccenda era tutt’altro che semplice, perché i nodi sembravano davvero molto stretti, ma Marina non si perse d’animo... Si girò, in modo da mettersi con la sua schiena contro lo schienale della sedia di Giorgia e, rialzandosi un po’, con le sue mani riuscì a raggiungere abbastanza facilmente i nodi delle corde che aveva osservato fino a qualche istante prima.
Marina non aveva mai amato le sue mani: le trovava troppo secche e soprattutto non le piacevano quelle dita così lunghe e affusolate, ma ora invece sapeva che quel suo “difetto” le sarebbe tornato utilissimo… Dovette faticare veramente tanto, perché la posizione da cui operava non era certo agevole, e sembrava proprio che quei maledetti nodi non volessero saperne affatto di allentarsi, ma alla fine le dita di Marina, quelle che fino a quel giorno lei stessa non aveva mai apprezzato, ebbero la meglio e i nodi cominciarono a cedere.
Di lì a poco Giorgia sentì i suoi polsi finalmente liberi. Le corde stavano ormai cominciando a farle veramente male, e il sollievo che provò in quel momento fu veramente notevole. Non era ancora finita, perché c’erano da sciogliere anche le altre corde che le legavano il busto e le braccia allo schienale, ma il più era fatto: facendo scorrere lentamente le braccia riuscì a portare le mani davanti a sé, massaggiandosi per un attimo i polsi sui quali erano rimasti dei vistosi segni rossi, e piegando la testa in avanti poté stringere la bandana con le dita e, con un po’ di fatica, liberarsi finalmente la bocca dal bavaglio.
Restò ferma per qualche secondo, per respirare a pieni polmoni. – Marina, ce l’ho fatta! – sussurrò all’amica, che nel frattempo, esausta per lo sforzo che aveva dovuto fare per sciogliere le corde di Giorgia, si era quasi accasciata per terra. – Adesso cerca di spostarti qui davanti a me, e io proverò a liberare anche le tue mani. – proseguì.
Marina, che era ancora completamente legata, strusciò sul pavimento e, arrivata davanti a Giorgia riuscì a mettersi in ginocchio, portando i suoi polsi all’altezza giusta perché potessero essere raggiunti dalle mani della sua amica. L’operazione fu abbastanza complicata, perché anche i nodi delle corde di Marina erano stati stretti con molta forza, ma la caparbietà di Giorgia alla fine ebbe il sopravvento, il che le permise di lasciare definitivamente da parte la disperazione che l’aveva attanagliata fin lì.
Con le mani finalmente libere le ragazze riuscirono a sciogliere anche i nodi delle altre corde che avevano intorno al busto, alle gambe e alle caviglie, e in una decina di minuti completarono l’opera. Alla fine si ritrovarono in piedi, si guardarono per un attimo negli occhi con un’espressione mista fra pianto e riso, e ad entrambe venne spontaneo cercare l’abbraccio dell’altra.
– Marina, perdonami! Non volevo coinvolgerti in questa storia! Sono stata una pazza, lo so, ma sentivo che qui c’era qualcosa di losco… Sono dei contrabbandieri e trafficanti di droga. Sono riuscita a scoprire le prove, ma mi hanno catturata prima che potessi chiamare la polizia! – singhiozzò Giorgia, appoggiando la testa sulla spalla della sua amica, mentre le lacrime stavano tornando ad uscire abbondantemente dagli occhi. – Ma perché sei venuta a cercarmi? Hai messo in pericolo anche te stessa. Mi sento così in colpa! –
– Basta, Giorgia! Sei stata un’incosciente, lo so, ma la colpa è anche mia che non ti ho mai creduto. E poi si vede che sono pazza anch’io, ma ormai è andata così… – rispose Marina, facendo anche cenno, col dito davanti al naso, che dovevano continuare a parlare sottovoce. – Ora però dobbiamo pensare a come scappare da qui, perché ancora non siamo certo in salvo… –
Provò subito ad aprire la porta, ma come c’era da aspettarsi era chiusa a chiave. Cominciò allora a guardarsi intorno, per vedere se poteva trovare qualcosa di utile, ed in effetti la trovò eccome, sopra un mobile a fianco del letto.
– Giorgia, quella lì è la tua borsetta?!? Non dirmi che questi banditi sono stati così sciocchi da lasciarti qui il cellulare… –
7.
– Perché non ci ho pensato subito? – disse il primo bandito. – La nave che ha portato il carico di droga è ancora in porto, perché parte alle prime ore del mattino di domani. Il capo della ciurma lo conosco benissimo, è un mio vecchio compare, e se gli spieghiamo la situazione capirà perfettamente e non mi negherà di certo un piccolo favore… E poi in realtà il favore glielo facciamo noi: non gli farebbe certo dispiacere avere a bordo due bocconcini del genere! –
L’altro bandito lo guardava perplesso, non avendo ancora capito del tutto qual era l’idea del suo complice. – Cosa vorresti fare quindi? Portarle sulla nave? –
– Certo! In questo momento quel vecchio delinquente e la sua ciurma stanno sicuramente finendo di caricare le ultime merci, poi fra qualche ora salperanno e chissà quando torneranno da queste parti… Le ragazze se le terranno loro a bordo, clandestinamente, tanto sapranno sicuramente dove e come nasconderle. Poi le useranno come sguattere, o se le sbatteranno un po’ a turno, quando avranno voglia di svagarsi un po’… ah, ah! Sicuramente vedrai che, se gliele portiamo, se le prendono all’istante, garantito! –
– E poi, però… cosa ne faranno di loro? –
– Senti, sinceramente non lo so, ma ora non mi interessa… Girano per mezzo mondo: vedrai che alla fine le rivenderanno come schiave in qualche mercato clandestino dell’Africa o dell’Asia… –
– Cosa? Ma stai scherzando? –
– Assolutamente no… Senti, noi dobbiamo liberarci alla svelta di quelle due, o sarà peggio per noi. Hai qualche idea migliore? Se non sbaglio fino a cinque minuti fa eri qui in preda al panico perché non sapevi come risolvere il problema. Ora che ti offro una soluzione brillante su un piatto d’argento, ti fai venire questi scrupoli? Se vuoi puoi andare di sopra e ammazzarle, fare a pezzi i loro corpi e disperderli chissà dove… Vuoi davvero fare così? Non eri quello che diceva che “non poteva uccidere due ragazze che potrebbero essere sue figlie, così a sangue freddo”? –
– Sì, certo, hai ragione. Mi chiedevo solo se è davvero così sicuro per noi… –
– E perché non dovrebbe esserlo? Le due ragazze spariranno dalla circolazione, qualcuno sicuramente lo denuncerà alla polizia, ma prima che comincino a muoversi davvero e ad indagare, noi saremo già lontani: ti sei scordato che domani arriveranno i capi e nei prossimi giorni qui verrà chiuso tutto? E anche le ragazze nel frattempo saranno come minimo dall’altra parte dell’oceano… Forse toccherà loro fare da concubine ad una banda di maiali, ma sopravviveranno. E se anche un giorno dovessero liberarsi e tornare qui, noi saremo già lontanissimi da un pezzo… –
– Ok, è vero, è la soluzione migliore… Andiamo su a prenderle! In magazzino ci sono delle casse vuote che fanno al caso nostro. –
– Benissimo, vedo che hai già capito perfettamente cosa dobbiamo fare ora… –
* * * * * *
Giorgia prese la sua borsetta. È vero, i due banditi erano stati così stupidi da lasciargliela lì! Eppure lo sapevano benissimo che dentro c’era il suo cellulare, visto che quando Marina aveva provato a chiamarla qualche ora prima, uno dei due era corso su a spegnerlo… Però poi lo aveva lasciato lì. Giorgia provò subito a riaccenderlo, ma mentre si stava avviando il segnale della batteria cominciò a lampeggiare. – Ma no! Proprio oggi dovevo dimenticarmi di ricaricarlo prima di uscire? Su, dai bello, mi basta una telefonata… –
Ma non ci fu nulla da fare: provò a digitare i primi numeri del 112 per chiamare la polizia, ma il cellulare si spense inesorabilmente… E in borsa non aveva né il caricabatterie né il power-bank. Guardò sconsolata verso Marina, che armeggiava ancora con la maniglia della porta sperando invano che potesse aprirsi. – Mi spiace, Giorgia, ma io il mio cellulare non ce l’ho: è rimasto nella mia borsetta, che mi è caduta quando mi hanno buttato a terra per legarmi… – le disse.
Non potevano neanche uscire dalla finestra: erano al primo piano senza terrazza e anche se davanti alla finestra poi c’erano gli alberi del giardino circostante, i loro rami erano troppo lontani per poterli raggiungere e usarli come via di fuga… Per terra però c’erano le corde con cui erano state legate! Se le avessero unite tutte insieme per creare un cordone unico, fissandolo poi ad un punto di aggancio, potevano provare a calarsi in giardino dalla finestra… Beh, al cinema l’avevano visto fare un milione di volte, ma dal vivo? Avrebbe funzionato? Ne sarebbero state capaci? Oltretutto, una volta scese in giardino non sarebbero state ancora in salvo: il cancello ovviamente era chiuso, e da quel che avevano visto era possibile azionare la sua apertura solo dall’interno dell’appartamento. Avrebbero dovuto scavalcarlo allora, ma non sarebbe stato semplice per niente. Forse potevano passare sopra il muro di cinta, provando ad arrampicarsi su qualche albero vicino al muro stesso, ma anche in questo caso le difficoltà non sarebbero mancate di certo. La situazione, insomma, non era assolutamente favorevole…
In alternativa potevano provare, affacciandosi alla finestra, a richiamare l’attenzione dei passanti, ma ormai era tardi e la strada sembrava deserta. Anche le abitazioni sul lato opposto della via erano tutte buie, oltre che molto distanti. La gente ormai era andata a dormire. Per chiedere aiuto avrebbero dovuto urlare, ma questo avrebbe messo in allarme per primi proprio i banditi, che in pochi secondi sarebbero arrivati e le avrebbero catturate per farle stare zitte di nuovo…
Mentre pensava a tutte queste cose, Giorgia rimise il cellulare nella borsetta, e la sua mano trovò inavvertitamente la forcina che quel pomeriggio aveva usato per aprire la porta del magazzino. La tirò fuori con un gran sorriso e si avvicinò alla porta. Marina la guardò perplessa: veramente pensava di poter aprire una porta con quel ridicolo pezzetto di metallo? La lettura dei suoi romanzi gialli le aveva davvero fatto perdere il contatto con la realtà… Ma Giorgia non si lasciò condizionare si inginocchiò davanti al buco della serratura e ci infilò dentro la forcina, che dopo poche sue mosse, si incastrò senza voler più uscire.
Marina guardò la sua amica con un’espressione che pareva più un gesto di compatimento, ma poi restò letteralmente a bocca aperta quando, pochi secondi dopo, Giorgia, come aveva fatto nel pomeriggio, con uno strattone un po’ più forte riuscì ad estrarre la forcina facendo scattare di nuovo la serratura. – Mi è riuscito nello stesso modo anche qualche ora fa con la porta del magazzino. Si vede che oggi è la mia giornata fortunata, almeno con le serrature… – disse a Marina sottovoce, sorridendo. – Ora usciamo in silenzio e vediamo se quei due sono già andati a dormire. –
I due banditi però non erano andati assolutamente a dormire e anzi, in quel momento stavano salendo le scale per andare a prelevare le ragazze e mettere in atto i loro piani. Quindi, arrivati al primo piano, all’inizio del corridoio su cui si affacciava la stanza dove le tenevano prigioniere, accesero la luce, e con loro grande stupore videro che la porta della stanza si stava aprendo…
Orgogliosa per quello che era riuscita a fare, Giorgia strinse la forcina nella sua mano e uscì per prima, seguita da Marina. Il corridoio era buio, come si aspettavano, ma proprio mentre stavano lasciando la loro stanza, la luce improvvisamente si accese. Le ragazze si girarono istintivamente verso la loro destra, spalancando gli occhi per lo spavento quando videro che i due banditi erano proprio lì, a pochi passi da loro. Ma anche i due uomini rimasero per un attimo attoniti nel rendersi conto che quelle due erano riuscite a liberarsi e che ora stavano provando a scappare.
Ci fu un istante di silenzio totale, che però durò solo una frazione di secondo: – Ehi, voi due! Dove credete di andare??? – gridò il primo dei due banditi, furibondo, facendo uno scatto secco per avventarsi sulle due malcapitate. Marina, impietrita per la paura, se lo vide arrivare addosso senza quasi il tempo di reagire. L’unica cosa che riuscì a fare fu dare uno spintone a Giorgia, che le stava davanti e che, come lei, era rimasta un po’ imbambolata di fronte alla vista inaspettata dei loro carcerieri.
– Scappa Giorgia! – Marina gridò con più voce possibile, per spronare la sua amica a fuggire da lì. E infatti Giorgia non se lo fece ripetere due volte, precipitandosi lungo il corridoio nella direzione opposta rispetto a quella da cui stavano arrivando i due uomini.
– Scappa! Vai vi…uhmmm! – L’urlo di Marina si interruppe quasi subito. Il primo bandito le era già piombato addosso e con una mano le aveva tappato la bocca in modo piuttosto brutale, afferrandola con l’altro braccio per impedirle di muoversi. Giorgia se ne rese conto, mentre scappava, ma continuò a correre senza voltarsi. In quel momento non poteva fare altro, anche perché il secondo bandito sicuramente la stava già inseguendo.
E mentre l’istinto le diceva di non fermarsi, la ragione le fece pensare, in quei pochi attimi, che stava andando ad infilarsi in un vicolo cieco, perché le scale per scendere a piano terra erano nella direzione opposta. Ma ormai che poteva fare? Il corridoio non proseguiva oltre e quindi, in preda al panico, entrò in una delle ultime stanze. Il bandito però doveva essere poco dietro di lei e l’avrebbe raggiunta quasi sicuramente in pochi secondi… Si guardò intorno, e vide che in un angolo della stanza, seminascosta da uno scaffale, c’era una scala a chiocciola che scendeva al piano inferiore, da cui proveniva anche un po’ di luce: una via di fuga totalmente inaspettata! Scese di corsa, sicura di non essere stata vista, facendo comunque attenzione a non scivolare su quei gradini a ventaglio così stretti. La luce in effetti era piuttosto debole, perché arrivava da lontano, ma fu più che sufficiente per farle capire che era finita di nuovo nel magazzino dove quel pomeriggio aveva trovato la cocaina e le altre merci di contrabbando, poco prima di essere scoperta e catturata la prima volta.
E a pochi metri da dove si trovava in quel momento c’era quella maledetta porta, quella da cui era entrata aprendo la serratura con la forcina per capelli… Quella forcina che adesso aveva ancora con sé e che le aveva permesso di aprire anche la porta della stanza al piano di sopra. Aveva detto che era la sua giornata fortunata con le serrature, no? Si precipitò alla porta del magazzino, che era chiusa a chiave, e infilò la forcina nel buco, sicura che avrebbe avuto successo anche stavolta. Quella porta era stata l’inizio dei suoi guai, ora poteva essere l’inizio della sua salvezza… Ma l’eccitazione le fece dimenticare per qualche attimo la situazione in cui si trovava.
E furono attimi fatali: mentre Giorgia cercava di aprire di nuovo quella porta, la luce del magazzino si accese, e il riflesso sulla superficie metallica che aveva davanti quasi l’accecò e le fece chiudere gli occhi d’istinto. Nello stesso momento due grosse braccia l’afferrarono da dietro, e una mano le tappò la bocca, prima che potesse urlare. – Mi spiace, dolcezza: ti è andata male anche stavolta! – Le parole del bandito la riportarono alla dura realtà. Come poteva essersi illusa davvero di non essere stata più seguita dopo essere scesa dalle scale?
8.
Giorgia era distesa sul pavimento del magazzino, pancia a terra. I due banditi erano in piedi, sopra di lei e avevano appena finito di legarle le caviglie, unendole con una corda a quelle con cui le avevano legato il busto e i polsi dietro la schiena. Le corde stringevano e le facevano male, ma non poté emettere nessun lamento di dolore, perché era stata imbavagliata con un pezzo di stoffa fra i denti e diversi strati di robusto nastro adesivo argentato che le coprivano tutta la parte inferiore del viso, da sotto il naso fino al mento e a malapena riuscivano a farla respirare.
– Stavolta non riuscirai a liberarti tanto facilmente… – le disse uno dei banditi.
– E questo vale anche per te, bionda! – aggiunse l’altro girandosi verso Marina, che era lì accanto, anche lei legata e seduta per terra con la schiena appoggiata ad una delle casse del magazzino, dove l’avevano portata dopo averla catturata di nuovo, appena uscita dalla sua stanza, imbavagliandola allo stesso modo di Giorgia.
Le due ragazze non poterono far altro che guardare impotenti i due uomini, col terrore stampato negli occhi, perché stavolta avevano davvero paura che le avrebbero eliminate. E la paura aumentò quando, udendo il rumore di un motore diesel, capirono che uno dei banditi era andato a prendere il furgone per parcheggiarlo davanti all’entrata del magazzino: stavano per essere portate via da lì… chissà dove!
La conferma la ebbero dopo pochi istanti: l’uomo che aveva spostato il furgone rientrò e i due presero Marina da terra, uno per le gambe e l’altro per il busto, sollevandola sopra una cassa di legno aperta lì accanto. Marina provò d’istinto a dimenarsi più forte che poteva: non aveva certo voglia di essere chiusa in quella cassa, ma ovviamente non poté far nulla per impedirlo. I banditi dovettero usare un po’ di maniere dure, perché la ragazza cercò in tutti i modi di non essere costretta a piegare le gambe e rannicchiarsi per entrare lì dentro, ma alla fine dovette cedere. Fece appena in tempo a vedere la luce un ultimo istante, prima che il coperchio della cassa fosse posato sopra di lei, lasciandola chiusa in quello spazio buio e stretto, impossibilitata a muoversi e ad urlare.
La cassa fu poi caricata sul furgone, mentre Giorgia assisteva piangendo al trattamento riservato alla sua amica, immaginando che poi sarebbe toccato pure a lei. E infatti, quando la cassa con Marina fu sistemata a dovere, i due banditi scesero dal furgone e si diressero verso di lei, intenzionati a ripetere l’operazione. Anche Giorgia provò a ribellarsi, ma si rese conto ben presto che sarebbe stato completamente inutile. La sollevarono e la chiusero in una seconda cassa, facendo anche meno fatica di quella che avevano dovuto fare poco prima con la sua amica.
Quando anche la cassa con Giorgia fu caricata sul furgone, i due banditi salirono davanti e misero in moto, direzione porto.
* * * * * *
Il furgone arrivò al porto quando mancava poco più di un’ora all’alba, ma il guidatore sapeva benissimo dove andare. Attraccata ad uno degli ultimi moli c’era la nave che il giorno prima aveva portato il carico di cocaina che poi avevano depositato nel magazzino della villetta, che poi sarebbe ripartita da lì a poco. Davanti alla nave c’era un grosso capannone, con una squadra di 6 uomini più il capo, intenta a caricare sulla nave stessa una gran quantità di merce varia prelevata dal magazzino del capannone. Quando videro arrivare il furgone, che si arrestò poco distante dall’ingresso, si fermarono tutti: non aspettavano nessuno per quell’ora e la vista di quel mezzo li insospettì.
Il loro capo si fece avanti per capire di chi si trattasse, ma quando dal furgone scesero i due banditi, li riconobbe e si tranquillizzò. – E voi due cosa ci fate qui? – chiese – Immaginavo che il vostro compito fosse quello di rimanere di guardia alla villetta… so che i vostri capi verranno domani a prelevare tutta la merce. –
Il più vecchio dei due banditi, ovvero quello che conosceva personalmente il capo della ciurma, si fece avanti: – Ecco, vedi, è proprio per questo che siamo venuti qui: vorrei parlarti un attimo. ma preferirei farlo in privato… –
Il capo della ciurma allora si voltò e guardò i suoi uomini, che erano fermi lì dietro di lui proprio come se aspettassero ordini. – Beh, allora? Non avete sentito? Qui non c’è niente che vi riguardi: tornate al vostro lavoro e sbrigatevi, che ancora non avete finito di caricare la nave e manca poco alla partenza… Muovete il culo, branco di sfaccendati! – Gli uomini della ciurma non se lo lasciarono dire una seconda volta e tornarono in fretta ai loro posti di lavoro.
– Allora, cosa c’è? Adesso che siamo soli potete parlare tranquillamente. – chiese il capo ciurma.
– Sono qui perché ho da chiederti un piccolo favore, e sono sicuro che il nome della nostra vecchia amicizia non me lo negherai... – rispose il primo bandito.
– Dipende da cosa hai da chiedermi… Come vedi siamo in un momento delicato e non so se sono nella condizione di aiutarti. –
– Non si tratta di niente di così impegnativo... ti chiedo solo di aggiungere al carico della nave le due casse che abbiamo portato e che si trovano nel furgone. –
– Due casse? E cosa contengono? –
– Sali sul furgone e te lo faremo vedere. –
Il secondo bandito nel frattempo aveva già aperto il portellone, in modo che il capo ciurma potesse vedere le casse in questione. – Mi state facendo veramente incuriosire… – disse salendo sul furgone. – Apritele e vediamo cosa c’è dentro. –
Quando i coperchi delle casse furono tolti, il capo rimase a bocca aperta: tutto si sarebbe aspettato ma non certo di trovare due ragazze legate e imbavagliate, che lo stavano fissando col terrore dipinto negli occhi. – E queste chi sono? Perché le avete rapite? E perché le avete portate qui? – Il tono della sua voce tradì una certa preoccupazione. – Presto, richiudete le casse, prima che gli altri sentano i mugolii delle ragazze! – aggiunse, senza neanche aspettare la risposta alle sue domande.
– Beh, ecco non le abbiamo rapite… – rispose il primo bandito, mentre l'altro richiudeva le casse. – È stato un piccolo incidente di percorso: due ragazze ficcanaso che, per una serie di circostanze, hanno scoperto il nostro traffico. Le abbiamo catturate prima che scappassero, ma non possiamo tenerle da noi… Vedi, i nostri capi non sanno nulla, e sarebbe bene che continuassero a non sapere nulla, e tu sei l'unico che ci può aiutare a farle sparire... Portandole via sulla nave! –
– Ma siete matti? Non potevate eliminarle? Basta scaricare le due casse in mare, anche qui sotto il molo, e ce ne sbarazziamo per sempre…– ribatté il capo ciurma.
– No, senti non vogliamo ucciderle: siamo dei contrabbandieri e dei trafficanti di droga, ma non degli assassini di due ventenni… – il bandito cercò di essere più convincente possibile. – E so che non lo sei neanche tu, ed è per questo che sono venuto da te! –
– Sì, certo, ti capisco e ti do ragione… Ma ti sei reso conto che per me può essere un grosso problema caricare a bordo quelle due? Oltretutto sono a capo di una ciurma di assatanati che non vedono una donna da mesi… Come credi che reagirebbero avendo a portata di mano due bocconcini così, tutte a loro disposizione? Non posso certo tenergliele nascoste… –
Calò un breve silenzio. I due banditi si sentirono in difficoltà e non seppero cosa rispondere. Il capo ciurma allora prese di nuovo la parola: – Sentite, non mi va di discutere stando ancora qui… Venite nella mia stanza e beviamoci un caffè, così ne parliamo con calma. – Detto questo uscirono dal furgone e si avviarono verso la stanza del capo, lontano da occhi indiscreti.
Mentre il capo e i due banditi parlavano fra di loro, gli altri uomini della ciurma erano tornati al lavoro, tranne uno, che, incuriosito, si era avvicinato al furgone senza farsi vedere e, nel momento in cui mostrarono al capo il contenuto delle casse, si era messo ad origliare. Era ancora abbastanza distante, per cui non aveva capito bene cosa stessero dicendo, ma dal tono con cui parlavano aveva compreso che quel contenuto doveva essere molto particolare.
Così, quando il capo scese dal furgone e andò con gli altri due nella sua stanza, tornò dai suoi compagni, raccontando quello che aveva sentito: – Nelle casse che hanno portato quei due tizi deve esserci qualcosa di prezioso. Non ho capito di cosa si tratta, ma sono sicuro che deve essere roba che scotta! L’atteggiamento del capo però non mi è piaciuto: ora è entrato con loro nella sua stanza, senza dirci nulla, e ho il netto sospetto che stia tramando con quei due per concludere qualche affare alle nostre spalle, senza coinvolgerci. Non mi piace affatto… –
Le reazioni degli altri non si lasciarono attendere: – Hai ragione, il capo non può tradirci così! Cosa possiamo fare per impedirglielo però? – chiese uno di loro.
– Lo dobbiamo mettere con le spalle al muro, comportandoci però in modo corretto. – riprese il primo. – Prendiamo quelle casse e portiamole qui in magazzino, ma senza aprirle… Quando il capo e i suoi complici usciranno dalla sua stanza e non le troveranno, gli diremo che sono già qui, perché pensavamo che fossero da caricare sulla nave. A quel punto vedremo come reagirà, e capiremo se davvero sta cercando di tradirci oppure no… –
Gli altri membri della ciurma si guardarono un po’ fra loro e si trovarono subito d’accordo. Quelle casse erano lì a pochi metri di distanza; sarebbero andati subito a prelevarle. Il furgone oltretutto era stato chiuso, ma non a chiave, e quindi non ebbero difficoltà ad entrare e a scaricarle. In sei uomini fecero in un attimo, poi, a portarle dentro il magazzino. Ma qui successe il fattaccio…
Le casse furono posate per terra, in modo tutt’altro che delicato. D’altronde gli uomini della ciurma non potevano certo sapere che al loro interno c’erano due ragazze impacchettate e pronte alla spedizione. E dal loro interno si udirono quindi, anche se un po’ fievolmente, delle smorfie di dolore, emesse da voci femminili…
– Hai sentito? – disse uno degli uomini.
– Che cosa? – rispose uno degli altri.
– Dalle casse! è arrivato una specie di lamento… –
– Sei sicuro? –
– Certo! Cosa credi, che me lo sia sognato? Provate ad agitarle un po’… –
Gli uomini della squadra fecero com’era stato detto loro, e stavolta i lamenti si ripeterono, in modo molto più chiaro, perché tutti erano in silenzio e avevano avvicinato i loro orecchi.
– Qui dentro c’è qualcuno! Presto, apriamole! – Il patto di non aprire le casse senza il capo ormai era saltato, ma d’altronde non si poteva rimanere indifferenti di fronte ad una scoperta del genere…
Il primo coperchio fu tolto rapidamente. Quello che videro li lasciò completamente senza parole: una bella ragazza bionda, sui vent’anni, legata e imbavagliata… Marina, che ormai si era abituata al buio della sua cassa, inizialmente fu accecata dalla luce del magazzino, ma poi rimase letteralmente pietrificata quando si rese conto che diverse facce, che a lei parvero degne di avanzi di galera, la stavano guardando in modo tutt’altro che rassicurante…
Lo stupore dei più infatti si era già trasformato in eccitazione: – Dai, muoviamoci! Apriamo anche la seconda! – La scena ovviamente si ripeté: un’altra ragazza molto giovane, anche lei legata e imbavagliata, con l’unica differenza che era mora invece che bionda…
– Hai capito che furbacchione il nostro capo, eh? – disse uno degli uomini, vagamente contrariato. – Si sta dando al commercio delle schiave bianche senza dirci nulla! E ora quindi è giusto che anche noi possiamo prendere la nostra parte… –
9.
Il capo della ciurma stava ancora discutendo nella sua stanza con i due banditi, ignaro di quello che stava accadendo nel magazzino, mentre ribadiva il concetto già espresso sul furgone.
– Ragazzi, ve lo ripeto, mi state mettendo veramente in difficoltà. Portare quelle due ventenni a bordo, con quella ciurma di assatanati sarebbe un grandissimo problema… Come vi ho detto, sono a “digiuno” di donne da mesi, quindi riuscite anche solo ad immaginare cosa sarebbero capaci di combinare avendo a disposizione due ragazze così giovani e carine? Sarebbero completamente fuori controllo, si scannerebbero fra loro e non riuscirei più a governarli… –
E i fatti, per l’appunto, gli stavano dando pienamente ragione…
* * * * * *
L’uomo che per primo era andato a spiare le mosse del capo, prese la parola: – Non ho nulla in contrario a portare a bordo della nostra nave una merce del genere, ma non ce la carico prima di avere avuto una spiegazione… E soprattutto non prima di averla provata personalmente, eh, eh, eh! –
– Sono d’accordo! – rispose un altro dei membri della ciurma. – E poi, prima di imbarcarla, è sempre giusto dare una “controllata” alla merce che trasportiamo, vero? –
Tutti si trovarono subito in sintonia con gli altri due. D’altronde che cosa intendessero per “controllata” era fin troppo facile da intuire… Erano in sei e, dividendosi in due gruppi da tre, presero le ragazze e le tirarono fuori dalle casse senza tanti complimenti. Marina e Giorgia capirono perfettamente le loro intenzioni e, inorridite al pensiero di quello che quei maiali avrebbero fatto con loro, cominciarono a piangere. Ma le loro lacrime sarebbero servite a ben poco…
Gli uomini della ciurma non ebbero davvero alcun riguardo nei confronti delle ragazze: la loro sensazione di libidine era troppo forte e la voglia di sesso che li pervadeva non fece sconti. Si avventarono su Giorgia e Marina come un branco di lupi sulla preda: le ragazze furono sollevate di peso e appoggiate sopra dei banconi, e i loro vestiti, estivi e leggeri, furono ben presto ridotti a brandelli. Come aveva detto il loro capo, non vedevano una donna da mesi e ora si presentava loro l’occasione per recuperare il tempo perduto: si accanirono come bestie sui loro corpi in tutti i modi possibili, palparono i loro seni, leccarono i loro capezzoli, infilarono mani e dita in tutti i loro orifizi…
Marina e Giorgia piangevano a dirotto in preda alla disperazione, cercando di gridare attraverso i bavagli, che però strozzavano in gola tutte le loro urla, ma il branco ovviamente andava avanti, incurante del dolore e della sofferenza delle proprie vittime. E quando un gruppo aveva finito con una ragazza, si scambiava la vittima e cominciava ad accanirsi sull’altra.
Lo strazio andò avanti per almeno un quarto d’ora, che alle due poverette sembrò non finire mai, ma fu qui che la cupidigia del branco venne inaspettatamente in loro soccorso: uno degli uomini infatti staccò per un attimo la sua bocca dalla vagina di Giorgia, che stava leccando da svariati minuti, e cominciò a slacciarsi i pantaloni: – Ragazzi, tenetela ferma e toglietele il bavaglio, – disse agli altri due, – prima di scoparmela voglio farmi fare un bel pompino! –
Giorgia lo udì, inorridendo, e già stava preparandosi al peggio, ma non ce ne fu bisogno: gli altri due uomini infatti si fermarono e, rivolgendosi al primo, lo affrontarono a male parole: – E perché dovresti scoparla tu per primo? Che diritto ne hai? –
– L’ho deciso io, punto e basta! – rispose l'altro con tono sprezzante. – Voi continuate pure a succhiarle i capezzoli, se vi va… Io adesso voglio trombarmela! Dopo poi lo farete anche voi… –
Ma gli altri due non la intesero affatto, e anzi iniziarono a insultare pesantemente il compare, il quale, ferito nell’orgoglio, perse la calma e mollò un cazzotto in pancia ad uno dei suoi compagni che, colto di sorpresa, stramazzò al suolo. – Non provarti più a rivolgerti a me in quel modo, figlio di puttana! – gli urlò.
Il terzo uomo del gruppo, che aveva assistito incredulo alla scena, non volle rimanere in disparte e si avventò sul primo minacciandolo e brandendo un piede di porco che aveva raccolto lì vicino.
Tutto questo trambusto, che avvenne nel giro di pochi secondi, non passò inosservato agli altri tre membri della ciurma, che nel frattempo stavano sfogando le loro voglie su Marina. Quando videro gli altri azzuffarsi, si fermarono, precipitandosi su di loro per cercare di separarli. – Fermi, razza di idioti! Vi sembra questo il momento di litigare come degli stupidi teppisti? –
Ma gli altri due ormai erano come un fiume in piena e non li stettero neanche ad ascoltare. Ci volle parecchio impegno da parte degli altri per evitare che si scontrassero e si scannassero fra loro. In più, anche quello che aveva ricevuto il primo cazzotto si stava riprendendo, e la voglia di vendetta dipinta nei suoi occhi non prometteva nulla di buono… La situazione stava decisamente degenerando, e questo andò a tutto vantaggio delle due ragazze che, dimenticate da quelle belve, poterono almeno per un attimo liberarsi dall’incubo nel quale erano finite fino a pochi istanti prima.
Il capo stava ancora sorseggiando il suo caffè, seduto ad un tavolo con i due banditi, cercando di trovare una soluzione insieme loro, quando udì un baccano infernale provenire dal magazzino. Si distinguevano chiaramente urla e spintoni e allora, senza indugio, si alzò e corse via. Quando entrò nel magazzino vide che fra i suoi uomini, come aveva immaginato, era iniziata una rissa.
Non era certo la prima volta che succedeva: con quegli avanzi di galera bastava poco ad accendere la miccia, e anche stavolta, pensava, tutto era sicuramente partito per qualche futile motivo, come accadeva quasi sempre. Solo che adesso dovevano finire di caricare la nave e quell’ulteriore perdita di tempo lo stava facendo arrabbiare più del solito. Stava già per urlare ai suoi uomini di smettere, quando spostando lo sguardo poco più avanti vide le due ragazze nude e legate, distese sui banconi…
Allora capì tutto e la sua ira diventò un autentico furore: – Luridi figli di una zoccola in calore!!! Dovevate finire di caricare la nave!!! Come vi siete permessi di andare a prendere le casse su quel furgone??? Guardate come avete ridotto quelle ragazze, maiali schifosi!!! Siete forse qui per questo??? Dovrei riservare una pallottola in fronte a ciascuno di voi e poi darvi in pasto ai pesci del porto, razza di vermi striscianti!!! –
In un attimo nel magazzino calò il silenzio. In un primo momento gli uomini della ciurma, impegnati nella rissa, non si erano neanche accorti della presenza del capo, ma dopo la sua sfuriata si bloccarono immediatamente, senza più far volare una mosca. Si resero perfettamente conto di averla combinata grossa, e non ebbero il coraggio di controbattere.
Anche i due banditi, che nel frattempo erano entrati pure loro nel magazzino e avevano visto quello che era successo, assistendo sia agli ultimi istanti della rissa che alla successiva sfuriata, restarono zitti accanto al capo, un po’ imbarazzati, senza sapere cosa fare. Vedendo Marina e Giorgia in quelle condizioni, poi, cominciarono a pensare che forse avevano avuto idea sbagliata a portarle lì…
Dopo qualche manciata di secondi di silenzio, il membro della ciurma che aveva preso l'iniziativa di portare le casse in magazzino, sapendo che sarebbe stato indicato come il principale responsabile dell’incidente, trovo un po’ di coraggio e prese la parola, dando la sua versione, leggermente alterata, dei fatti: – Capo, sono stato io a dire agli altri che avevo sentito dei rumori provenire da quelle casse dentro il furgone… E allora non abbiamo resistito alla curiosità e siamo andati ad aprirle… Quando abbiamo visto che dentro c’erano queste due ragazze, non abbiamo più resistito… La carne è debole, lo sai… Però tu non ci avevi detto che avevi cominciato a trattare anche il commercio di schiave… –
– Ma quale tratta di schiave, imbecille! Sono solo due ragazze un po’ troppo curiose, che hanno scoperto troppe cose a casa di questi miei amici, – rispose il capo. – Le hanno catturate e le hanno portate qui perché le portassi via sulla nave… Ero indeciso se farlo o no, proprio perché conoscendovi sapevo che mi avreste causato dei problemi, e ora mi avete dato la conferma che avevo ragione. Quindi chiederò ai miei amici di riprendersele e riportarle a loro covo… –
I due banditi imprecarono mentalmente: il loro piano stava decisamente fallendo… Ma proprio in quel momento gli uomini della ciurma fecero quadrato e si rivolsero al capo con tono fermo e deciso: – No, ti prego lasciacele portare sulla nave… – disse uno di loro, che fece da portavoce per tutto il gruppo. – Tu ci devi capire: non vediamo una donna da mesi, e trovare questi due bocconcini prelibati ci ha letteralmente fatto perdere la testa… Ora però ci siamo sfogati e abbiamo placato per un po’ i nostri istinti… Credici, le ragazze ci faranno un gran comodo sulla nave e potranno continuare a calmare il nostro nervosismo quando sentiremo ancora queste voglie… Naturalmente sapremo come regolarci, ma tu lascia che le portiamo con noi! –
In questo frangente Marina e Giorgia, sempre legate e imbavagliate e ancora prive dei loro vestiti, non poterono far altro che ascoltare tutti questi discorsi, piangendo e singhiozzando al pensiero di essere trattate come degli oggetti sessuali a disposizione di un branco di belve assatanate…
Il capo restò in silenzio per qualche secondo poi sospirò: – E va bene! Portatele pure sulla nave, ma prima finite di caricare il resto della merce, che per colpa di questo incidente siete restati indietro, e ormai è quasi l’alba… Muovete subito il culo, stupidi idioti, e cercate di recuperare il tempo perso! E non lasciate le ragazze in quelle condizioni: almeno copritele, razza di incivili! Ah, e poi per ora lasciatele qui: le porterete sulla nave solo dopo che avrete finito col resto del lavoro… –
Ristabilito l’ordine ed entusiasta per le parole del capo, la ciurma parti all’istante, riprendendo a marciare come una squadra perfettamente organizzata, cominciando a caricare la merce restante sulla nave, non prima però di aver preso due robusti sacchi di tela per chiuderci dentro Giorgia e Marina. Le due ragazze si trovarono così per l’ennesima volta ad essere trattate come merce da trasporto, e cercarono di opporre un po’ di resistenza mentre gli uomini le infilavano dentro i sacchi, ma ormai erano allo stremo delle forze e la resistenza che opposero fu veramente scarsa.
Nel frattempo il capo della ciurma era tornato con i due banditi nella sua stanza. – Alla fine abbiamo avuto fortuna: – disse, – l’incidente causato dai miei uomini è servito a risolvere i nostri problemi… Sapevo perfettamente che la presenza delle due ragazze avrebbe scatenato i loro istinti in questo modo, ma avevo paura che tutto questo sarebbe successo dopo essere partiti. Invece, come avete visto, si sono già sfogati, e io li ho già redarguiti a dovere. Ora anche con le ragazze a bordo sarà più facile imporre loro un minimo di disciplina… Oltretutto, se avessi negato il permesso di portarle sulla nave, avrei rischiato seriamente l’ammutinamento… ma questo resti fra noi, ah, ah, ah! –
La risata finale del capo suggellò l’accordo, e i due banditi si sentirono finalmente sollevati: il loro piano aveva rischiato di fallire ma ora si era concluso nel migliore dei modi. Così ringraziarono il capo, lo salutarono e risalirono sul furgone, tornando verso la villetta, sicuri che i problemi causati dalla presenza delle due ragazze si erano finalmente risolti…
10.
In poco tempo la merce che ancora non era stata caricata fu portata tutta sulla nave, finendo il lavoro con ampio margine prima dell’orario di partenza previsto. Restavano da prendere soltanto Marina e Giorgia, legate, imbavagliate e chiuse dentro i loro sacchi, che per tutto il tempo erano rimaste in un angolo del magazzino, con l’ordine che nessuno le toccasse, come aveva preteso il capo. Il quale, quando il lavoro fu tutto finito, vide il risultato e si complimentò con i suoi uomini.
– Bene, bene! – disse. – Questa è la dimostrazione che, quando volete, siete in grado di fare il vostro lavoro in modo davvero eccezionale… E scommetto che stavolta il merito è tutto di quelle due là, vero? Il pensiero che dopo ve le sareste potute godere in santa pace vi ha messo le ali ai piedi, ah, ah, ah! E allora adesso prendetele e portatele pure sulla nave, vecchi maiali! Ve le siete meritate… –
I suoi uomini non se lo fecero ripetere due volte: due di loro raccolsero i due fagotti da terra e se li caricarono in spalla. Dall’interno dei due sacchi continuavano a provenire dei mugolii di protesta, ma questo com’era ovvio non servì minimamente ad impietosire i membri della ciurma che, anzi, erano sempre più ansiosi di poter “scartare” i fagotti stessi per potersi gustare il contenuto…
E infatti, mentre le portavano sulla nave, discussero fra loro sulle regole da seguire per dividersi il tempo a disposizione con le ragazze nel modo più equo possibile. Stabilirono che un turno di quaranta minuti a testa al giorno sarebbe stato più che sufficiente: avrebbero facilmente trovato una cabina con dei letti su cui immobilizzarle per dare sfogo ai loro istinti sessuali, e mentre due di loro si divertivano con le ragazze, gli altri quattro sarebbero rimasti fuori di guardia, perché ovviamente nessun’altra persona presente sulla nave, a parte il loro capo, avrebbe dovuto sapere della presenza a bordo delle due clandestine. Prima di iniziare i “turni”, avrebbero concesso loro un po’ di tempo nei bagni riservati alla ciurma per potersi fare una doccia e sistemare un po’ (ovviamente sotto stretta sorveglianza della ciurma stessa), oltre a consumare un breve rancio, dopodiché, finito il divertimento, le avrebbero riportate nella stiva, in una zona della nave di loro competenza esclusiva, dove nessun altro poteva accedere, sempre legate e imbavagliate e chiuse dentro quei sacchi, in modo da rendere impossibile ogni loro eventuale tentativo di liberazione e di fuga.
Il “rituale” sarebbe cominciato quel giorno stesso, ma più tardi, quando la nave, dopo essere salpata, sarebbe già stata al largo, in alto mare. Ora infatti c’erano da completare le operazioni per la partenza, e l’unica cosa da fare era portare i sacchi nella stiva e nasconderli dentro un piccolo container, che solo loro avrebbero saputo cosa conteneva…
Marina e Giorgia sentirono tutto, e capirono che il se il destino non le avesse aiutate, il futuro prossimo venturo sarebbe stato per loro un vero incubo… Ma in quel momento erano assolutamente impotenti: dopo che gli uomini della ciurma le ebbero portate nel nascondiglio stabilito, sentirono il rumore di un portellone metallico che si chiudeva, mentre tutto si faceva scuro, e si resero conto di essere state adagiate sul pavimento del container. Ovviamente, chiuse dentro quei sacchi e al buio più completo, non potevano vedersi, ma emettendo i pochi mugolii che i bavagli permettevano loro, riuscirono a guidarsi a vicenda e, strusciando sul pavimento, si fecero incontro, l’una verso l’altra, finché non sentirono di essere arrivate spalla contro spalla. Qui i mugolii con i quali si erano richiamate cessarono, e provarono entrambe a scandire delle parole di conforto per l’amica che avevano accanto, in modo da farsi vicendevolmente coraggio, anche se dalle loro bocche tappate col nastro adesivo uscirono solo dei suoni sconclusionati e incomprensibili; ma questo fu loro ugualmente sufficiente per calmarsi un po’, consapevoli che, comunque, erano ancora insieme e, da grandi amiche quali erano, avrebbero condiviso anche la cattiva sorte che le attendeva e forse, sarebbero riuscite a superarla.
* * * * * *
Ormai era davvero tutto pronto per far salpare la nave. La ciurma aveva completamente liberato il magazzino, e il capo aveva preso con sé tutti i documenti ufficiali per il trasporto delle merci. Documenti che, nella realtà, gli servivano a coprire i loschi traffici di contrabbando che lui e la sua ciurma portavano avanti ormai da anni.
Stava andando tutto come prestabilito, ma proprio quando stavano per salire definitivamente sulla nave, il capo capì che c’era qualcosa che non andava. Fu più che altro una sensazione dettata dal suo istinto di contrabbandiere e trafficante di vecchia data. Un istinto che mille volte negli anni precedenti gli aveva consentito di annusare il pericolo prima che si manifestasse e che gli aveva permesso di dileguarsi in tempo prima di finire nei guai…
Ma stavolta non fu sufficiente: senza che lui se ne fosse reso conto, se non quando ormai era troppo tardi, il molo si era riempito in un attimo di decine di auto della polizia dei reparti speciali antidroga. Erano arrivati lì in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse, e in pochi secondi circondarono tutto il magazzino e il piazzale adiacente, compreso il ponte di accesso alla nave.
Il capitano e la ciurma si trovarono in trappola, con decine di armi puntate ai loro petti, senza la minima possibilità di fuga.
– Siete tutti in arresto! – ordinò la voce del capo-poliziotto che coordinava le operazioni, armato di megafono – Arrendetevi senza opporre resistenza e sarà meglio per voi. Avete il diritto di rimanere in silenzio, ecc. ecc. –
I malviventi alzarono tutti le mani al cielo, rendendosi conto che non c’era più scampo. Qualcuno di loro in realtà aveva una pistola a portata di mano, ma capì che se anche avesse accennato ad usarla, sarebbe finta con una carneficina: i fucili dei poliziotti erano tutti puntati contro di loro e sembrava davvero che non avessero molta voglia di rimanere inoperosi. Non poterono far altro che arrendersi… Il sogno di un bel viaggio in nave allietato dalla presenza di due giovani fanciulle che avrebbero rallegrato le loro giornate, era già finito, ancor prima di cominciare. Ben preso si trovarono tutti con le mani ammanettate dietro la schiena, mentre i poliziotti li facevano salire su varie camionette giunte apposta per portarli in questura.
Un’intera squadra di poliziotti salì invece a bordo della nave, con l’ordine di perquisirla tutta, da capo a piedi. Una nave da carico merci però non è esattamente una barchetta, e l’operazione sarebbe durata delle ore. Ovviamente fu data priorità alla stiva, dove era più probabile rintracciare la merce di contrabbando che la polizia cercava.
* * * * * *
Giorgia e Marina erano ancora assieme, nel buio del container. Dopo che si erano rese conto di essersi ritrovate una a fianco dell’altra, si erano un po’ calmate, consapevoli che in quella situazione, da sole, non potevano fare davvero nulla per salvarsi. In un certo senso stavano cominciando a rassegnarsi al loro destino, anche se Marina ad un certo punto avvertì chiaramente che Giorgia aveva ricominciato a piangere. Chissà, forse i sensi di colpa per averla trascinata, seppur involontariamente, in quell’inferno, avevano riiniziato a farsi sentire… Avrebbe voluto parlare dolcemente alla sua amica, per dirle che le voleva bene, che era lì con lei e che non le avrebbe mai serbato rancore, qualunque cosa fosse successa, ma l’emozione che provò fu davvero troppo forte, e anche lei cominciò a piangere.
Ad un certo punto però successe qualcosa… Tutto intorno, fino a quel momento, c’era stato un gran silenzio. Dopo che gli uomini della ciurma le avevano portate lì, nascondendole nel container, i loro orecchi non avevano più sentito praticamente alcun rumore provenire dall’esterno. Ora invece, all’improvviso si erano cominciate a sentire delle voci… Già, tantissime voci di uomini, ma anche di donne, e non si riusciva a capire cosa dicessero: – Cercate… Guardate… Aprite… – E molte voci sembravano provenire da dei megafoni…
“Oddio! Ma questa forse è la polizia!” Una luce di speranza si riaccese nella mente di Giorgia: nei suoi romanzi alla fine arrivava sempre la polizia, e tutto finiva al meglio: i cattivi venivano arrestati (o addirittura morivano) e i buoni trionfavano e, se erano stati catturati, ovviamente venivano liberati. E allora non ci vide più: in un attimo le lacrime sparirono e cominciò a gridare attraverso il suo bavaglio e a muovere le gambe, per sbattere i piedi contro il pavimento metallico del container.
– MMMMHHHH!!!! MMMMHHHH!!!! MMMMHHHH!!!! – TUMP! TUMP! TUMP!
Marina non ebbe la prontezza di Giorgia, ma poi, sentendo che l’amica si era di improvviso svegliata e aveva cominciato a fare tutto quel baccano, capì anche lei che le voci che sentiva da fuori potevano essere davvero la loro salvezza, e così cominciò a fare lo stesso, anche lei con tutta la poca forza che, dopo quella notte d’infermo, le era rimasta.
Un paio di agenti che si trovavano vicino al container furono d’un tratto richiamati da dei rumori sospetti: – Ehi, hai sentito anche tu? – Chiese uno dei due.
– Sì, sembrano delle voci femminili che vengono da qui vicino, – rispose l’altro, – ma non riesco a sentirle bene e a capire esattamente da dove arrivino… stiamo un attimo in silenzio e cerchiamo di ascoltarle più attentamente. –
Ci volle qualche minuto, ma poi l’origine dei rumori fu individuata con precisone. I poliziotti si ritrovarono così davanti al portellone del container e lo aprirono. Per terra c’erano due sacchi di tela che si muovevano, strusciando sul pavimento ed emettendo dei mugolii forti e continui, e in un primo momento gli agenti si spaventarono, ma senza perdere la lucidità necessaria. – Ci sono delle persone dentro quei sacchi! Apriamoli, presto! –
Le teste di Giorgia e Marina spuntarono fuori, con la bocca incerottata, continuando a mugolare e tornando finalmente a vedere la luce dopo qualche ora. I poliziotti, ancora sorpresi, cercarono di essere più delicati possibile nel togliere i nastri adesivi dalle loro bocche, ma l’operazione fu inevitabilmente un po’dolorosa, visto che la colla ormai aveva aderito saldamente sulla pelle delle loro guance.
Tolto il bavaglio, Marina e Giorgia poterono respirare finalmente a pieni polmoni. L’incubo era finito! Le loro guance effettivamente erano diventate rosse e facevano male, ma in quel momento non ci fecero caso… Si guardarono l’un l’altra e cominciarono a piangere e ridere allo stesso tempo.
– Signorine, non temete, siamo della polizia e siamo qui per liberarvi! – Gli agenti, seguendo la prassi. dettero le loro spiegazioni e si apprestarono a sfilare i sacchi che ancora le coprivano. Ma si fermarono quasi subito, arrossendo per l’imbarazzo, quando si resero conto che le due ragazze, sotto, erano completamente nude.
– Ehm… tu resta qui, io vado a chiamare il tenente! – disse uno dei due poliziotti all’altro.
E infatti poco dopo arrivò il tenente, che era una donna, insieme ad altri due agenti, anch’esse donne. I due uomini si allontanarono andando a completare la loro perquisizione, mentre le due ragazze furono slegate e liberate completamente dai sacchi, e furono dati loro dei grossi teli di stoffa, in modo che potessero coprirsi.
– Ok, ragazze, vedo che state bene per fortuna! Ora vi portiamo in centrale, dove potrete sistemarvi e rivestirvi, dopodiché credo che avrete parecchie cose da raccontarci… – disse il tenente, indicando alle due poliziotte che le accompagnassero sulle auto dirette in questura.
Giorgia e Marina erano quasi allo stremo delle forze, e risposero sottovoce, per monosillabi. Ma la gioia nei loro cuori in quel momento era davvero indescrivibile.
11. (EPILOGO)
In questura le due ragazze ricevettero della biancheria, oltre a magliette, pantaloncini e scarpe per potersi rivestire decentemente. Fu data loro anche una rapida colazione con cappuccino e brioches, in modo che potessero riaversi e riacquistare un minimo di forze.
Interrogate dal questore in persona, raccontarono tutto quello che era accaduto loro, dalla sera precedente fino alle luci dell’alba. La polizia, come vennero a sapere subito dopo, era da tempo sulle tracce dei trafficanti del porto, e aveva organizzato un blitz proprio per quella mattina, per catturarli e recuperare la merce (operazione andata a buon fine, come avevano potuto vedere), ma non sapevano nulla sul punto d’appoggio costituito dalla villetta dove era cominciata la loro disavventura e sulla banda che gestiva i traffici attorno ad essa.
Giorgia allora, colta l’occasione al volo, non si fermò al racconto dei fatti dell’ultima giornata, ma parlò anche dei suoi sospetti iniziati i mesi precedenti, e di tutto quello che aveva potuto osservare in questo periodo, scusandosi quasi per non aver sporto nessuna denuncia, dal momento che i suoi sospetti non erano sufficientemente supportati da fatti concreti che potessero dare loro conferma. I particolari che lei e Marina raccontarono alla polizia furono comunque utilissimi per allargare le indagini che, ben presto, portarono all’arresto dei membri dell’organizzazione criminale al completo, compresi i due uomini che le avevano catturate e portate al porto.
Pochi giorni dopo, fu così organizzata una grande conferenza stampa, alla quale furono invitate a partecipare anche Marina e Giorgia, presentate ai giornalisti come due private cittadine che, loro malgrado, si erano trovate coinvolte negli affari della banda (anche se ovviamente, per motivi di privacy non furono rivelati i particolari del loro rapimento e del loro ritrovamento da parte della polizia) e che pertanto, grazie alle loro testimonianze, avevano fornito alla polizia le informazioni e le prove necessarie per portare a termine l’operazione con successo.
Le domande dei giornalisti alle due ragazze, dopo un po’ finirono per concentrarsi sulla loro vita privata, chiedendo se erano fidanzate, quale facoltà frequentavano, se avevano intenzione di arruolarsi nelle forze dell’ordine, e così via.
Una reporter, rivolgendosi a Giorgia, le chiese: – Signorina, so che lei è un’accanita lettrice di romanzi gialli. Questa passione le è servita come ispirazione durante la vicenda che l’ha vista coinvolta insieme alla sua amica? –
– Romanzi gialli?!? – Giorgia sgranò gli occhi. – No, guardi, lei si sbaglia: – rispose un po’ sdegnata, – io leggo soltanto romanzi Harmony! –
FINE
Marina e Giorgia erano amiche da una vita: cresciute insieme in un paesino di provincia, avevano frequentato sempre le stesse scuole e la stessa parrocchia, e naturalmente avevano le stesse amicizie. Dopo essersi diplomate al liceo, da quasi un anno si erano iscritte entrambe all’università, nello stesso corso di laurea alla facoltà di Lettere, e pertanto si erano trasferite in città, dove condividevano un appartamento in affitto.
Entrambe ventenni, assaporavano quel senso di libertà che si riesce a provare solo a quell’età, quando si va a vivere da soli per la prima volta. Essendo poi anche molto carine, non avevano avuto difficoltà a farsi nuove amicizie, soprattutto maschili. La città poi, com’è ovvio, offriva molte più possibilità di svago e divertimento rispetto al paese, soprattutto ora che l’estate era alle porte.
Anche caratterialmente si integravano bene: Giorgia era più esuberante ed espansiva, Marina più posata e riflessiva. Una, Giorgia, mora e provocante, l’altra, Marina, bionda e più dolce, entrambe di corporatura non molto robusta… insomma, una coppia perfetta.
Giorgia era inoltre una divoratrice di romanzi gialli e polizieschi; aveva cominciato da poco a leggerli, ma in brevissimo tempo se ne era appassionata e aveva la seria intenzione di rimettersi in pari col tempo perso. Com’era nel suo carattere, però, a volte esagerava, e spesso finiva per immedesimarsi un po’ troppo nelle storie che leggeva: lavorando di fantasia, finiva per vedere crimini e delitti anche dove in realtà non c’era niente, e Marina, che naturalmente conosceva benissimo questa sua mania, non perdeva l’occasione per prenderla un po’ in giro… Ma il tutto, in fondo, era vissuto come uno scherzo; Giorgia stava al gioco, ci rideva su e insieme si divertivano da matte.
* * * * * *
L’ultima occasione per scatenare la sua immaginazione capitò quando Giorgia notò alcuni strani movimenti attorno ad una lussuosa villetta vicino alla loro casa. Per la verità non si trattava di niente di anormale: ogni tanto vedeva entrare e uscire dal cancello del giardino dei comunissimi furgoncini, ma, chissà perché, quel viavai ormai l’aveva incuriosita, e ogni volta che passava da quelle parti (ovvero quasi tutti i giorni, dato che la villetta si trovava lungo la strada per andare in facoltà) non poteva fare a meno di buttare un occhio oltre il muro di recinzione del giardino, per vedere se lì, in mezzo agli alberi, fosse in grado di individuare qualche elemento che confermasse i suoi sospetti.
Ovviamente non aveva trovato mai nulla che potesse costituire il benché minimo indizio; guardò anche sul campanello, ma c’era solo il cognome di un privato cittadino e tutto pareva perfettamente in regola. I loschi affari che avrebbero dovuto svolgersi lì dentro rimasero perciò solo il frutto della sua fantasia, e alla fine Giorgia si convinse di aver fatto, anche questa volta, un bel buco nell’acqua.
Un giorno, però, mentre passava lì davanti, per puro caso notò che dal cancello della villetta stava uscendo non il solito furgone, ma una lussuosa auto con i vetri scuri, di quelle che normalmente si vedono solo nei film polizieschi, scortata da un’altra, più piccola, guidata da delle specie di “gorilla” in giacca, cravatta, occhiali scuri e auricolare. Il cuore di Giorgia ebbe un sussulto: “Stai a vedere che c’è davvero qualcosa di losco!” pensò.
Tornò a casa felice e gongolante, sicura che per una volta il suo istinto non si era sbagliato e l’aveva indirizzata sulla pista giusta. Quello che aveva visto, per la verità, non significava nulla di concreto (e soprattutto nulla di illegale), ma fu sufficiente per rinvigorire tutto d’un colpo quei sospetti che fino al giorno prima aveva quasi completamente abbandonato.
A cena raccontò tutto a Marina, che, come al solito, non poté fare a meno di cogliere l’occasione per prenderla di nuovo in giro: – E brava… un’altra delle tue fantasie! – la schernì divertita. – Ma perché una volta o l’altra non cominci a scriverci un romanzo con le tue storie? Se hai fortuna, potresti diventare la nuova Agatha Christie! –
– Dai, finiscila di scherzare… guarda che quello che ti ho raccontato è vero! E scommetto che le possibilità che io abbia ragione sono enormi. –
– Come no!? A quanto ti danno gli allibratori? Se la quota è buona e avessi un po’ di soldi da buttare punterei tutto su di te… un investimento sicuro! –
Marina non la smetteva più di ridere, e Giorgia dovette stare un po’ al gioco, poi capì che era meglio cambiare discorso, e per quella sera l’argomento “crimini e delitti” fu chiuso lì.
La mattina dopo, verso le nove, le ragazze si stavano recando insieme in facoltà. Era giugno e le lezioni ormai erano finite, ma non amavano molto studiare a casa: nei corridoi dell’università, o in biblioteca, c’era molto più spazio, ed era facile trovarsi insieme ai compagni e alle compagne di corso. Normalmente andavano sempre a piedi, visto che la strada da percorrere richiedeva dieci minuti al massimo, e poi le belle giornate di quel periodo invogliavano ancora di più a fare una passeggiata. Così, camminando, si ritrovarono sul marciapiede a fianco della “villetta dei sospetti” di Giorgia.
– Ah, guarda, la casa di cui ti parlavo ieri è questa… – disse Giorgia, indicandola.
– Wow! – esclamò Marina, col solito tono canzonatorio, – sono passata spessissimo davanti a questo covo di pirati senza saperlo… –
Giorgia sospirò, come per dire che forse faceva meglio a stare zitta, ma l’altra continuava: – Chi si nasconderà qui dentro? Banditi? Mafiosi? Pericolosi criminali latitanti? –
– Già, mafiosi… – irruppe Giorgia, come per sfidare lo scetticismo dell’amica, – l’aria che avevano quelli che ho visto uscire ieri su quella macchina era proprio quella di mafiosi… –
– Ma finiscila! – ribatté Marina. – Sarà stato qualche politico: lo sai che ora vogliono girare tutti con la scorta, così, tanto per darsi l’aria di persone importanti! –
– Lo vedi che ho ragione?! Un politico che spreca così i soldi delle tasse pagate dai cittadini è un criminale anche peggiore dei mafiosi… –
La battuta pronta di Giorgia fece ridere anche Marina e il discorso sui sospetti della villetta fini lì; le ragazze continuarono a camminare verso l’università, e di lì a poco si concentrarono solo sul loro studio.
Le due amiche rimasero in facoltà tutto il giorno, pranzarono in mensa e nel tardo pomeriggio, dopo le sei, si incamminarono verso casa. Arrivate di fronte alla solita villetta si imbatterono nella stessa scena che Giorgia aveva visto il giorno prima: una lussuosa auto di grossa cilindrata che usciva dal giardino seguita da un’altra che aveva tutta l’aria di una scorta…
Giorgia non poté fare a meno di afferrare Marina per un braccio per farle notare quello che stava accadendo: – Guarda! Esattamente come ieri. Non pensi anche tu… –
– Basta, Giorgia! – la interruppe Marina, con un tono che stavolta pareva davvero infastidito. – Te l’ho detto: sarà un maledetto politico che usa i nostri soldi per girare con la scorta… E poi, sinceramente, i tuoi continui sospetti ora cominciano a stufarmi: mi sembri diventata paranoica! –
Giorgia cercò di difendersi: – Va bene, ho capito… la smetto! –
– Ecco, brava… – concluse Marina. – Poi, se vuoi, continua pure, ma, per favore, le tue fantasie raccontale a qualcun altro, che io ne ho abbastanza! –
Giorgia capì che era meglio non insistere: Marina era una ragazza solitamente dolcissima e più che comprensiva, ma stavolta evidentemente si stava irritando un po’ troppo… Lungo la strada che mancava per arrivare a casa cambiarono argomento e parlarono allora di cosa avrebbero preparato per cena: una bella pastasciutta sarebbe stata l’ideale dopo una giornata intensa di studio.
– Spaghetti o fusilli? - Marina era indecisa e chiese il parere dell’amica mentre guardava cosa era rimasto in dispensa.
– Per me è uguale. Piuttosto, che sugo ci mettiamo sopra? – domandò Giorgia.
– Già: mi sa che siamo rimaste senza… – osservò Marina.
– Beh, allora esco io a comprarlo, – propose Giorgia, – tu intanto comincia a cuocere la pasta. Che sugo vuoi? –
– Mi piacerebbe un bel pesto. – rispose Marina, mentre già riempiva la pentola d’acqua. – Vai al negozio di alimentari nella piazza qua vicino, che lo fa veramente buono. –
– Ok, vado e torno. –
Mentre scendeva le scale per uscire, Giorgia fu assalita da un pensiero insistente; cercò di liberarsene, ma non ci fu nulla da fare: il negozio di alimentari dove doveva andare era da un’altra parte, ma in fondo passare davanti alla villetta dei suoi sospetti avrebbe allungato la strada solo di qualche minuto… Una volta lì davanti avrebbe constatato una volta per tutte che non c’era niente di strano e finalmente si sarebbe convinta a smetterla con le sue assurde fantasie, che ormai stavano diventando davvero delle paranoie… forse Marina aveva proprio ragione ad arrabbiarsi.
Uscì per strada e si incamminò rapidamente dalla parte opposta rispetto a quella dove sarebbe dovuta andare, e in pochi minuti si ritrovò davanti alla solita villetta.
“Sei proprio una stupida,” pensò, mentre passeggiava sul marciapiede a fianco del muro di recinzione del giardino, “fatti passare una volta per tutte questi pensieri e poi sbrigati ad andare al negozio, prima che Marina si insospettisca per il ritardo…”
Ma proprio in quel momento il cancello del giardino si aprì di nuovo per far entrare uno di quei furgoncini che Giorgia aveva visto passare ormai parecchie volte: attraversò il marciapiede proprio lì davanti a lei ed entrò dentro. Il cancello era automatico, e non si richiuse subito.
Giorgia restò per un attimo come “in trance”: in passato avrebbe voluto più volte entrare dentro quel giardino per soddisfare le sue curiosità, e ora, che si era quasi decisa a non pensarci più, le si presentava l’occasione proprio davanti agli occhi… Si rendeva conto che se fosse entrata avrebbe commesso una grandissima stupidaggine, ma l’istinto finì per prevalere sulla ragione: passò qualche secondo e poi, con uno scatto improvviso, passò oltre il cancello prima che cominciasse lentamente a richiudersi.
2.
Giorgia si trovava finalmente dentro il giardino della villetta, ma non aveva la minima idea di ciò che avrebbe dovuto o potuto fare… Le sembrava di rivivere una di quelle situazioni che aveva trovato spesso nei romanzi polizieschi di cui era accanita lettrice, ma il nervosismo la stava un po’ bloccando e cominciava anche ad avere paura. Sì, aveva decisamente fatto una grossa sciocchezza…
Si rese conto che non poteva rimanere lì ferma, a non fare niente: era “entrata in azione” ed era bene che andasse avanti. Andò a nascondersi in mezzo agli alberi, sicura che almeno lì non sarebbe stata scoperta. E ora? Come avrebbe fatto ad uscire da quel giardino, arrivare al negozio e tornare a casa nel giro di pochi minuti? Cominciò a cercare un punto dove potesse scavalcare facilmente la recinzione, ma il muro era piuttosto alto, e non sarebbe stato facile superarlo.
Accidenti, se Marina non l’avesse vista tornare, nel giro di pochi minuti l’avrebbe chiamata sul cellulare… Beh, meglio spengerlo allora.
Mentre questi pensieri le passavano confusamente per la testa, vagando in mezzo agli alberi, cominciò a buttare un occhio anche verso la villetta. Si accorse che il furgoncino che aveva visto entrare aveva parcheggiato su un lato dell’edificio, a fianco di una porta da cui sembrava che si entrasse in un magazzino. Questo almeno era quello che pensava, visto che due uomini stavano scaricando dal retro del furgone una gran quantità di casse e scatoloni, portandoli dentro casa proprio attraverso quella porta.
Che cosa potevano contenere tutte quelle casse? Armi? Droga? Alcolici di contrabbando? La sua immaginazione ricominciò a marciare a pieno ritmo, e la paura scomparve per lasciar posto ad uno stato di quasi febbrile eccitazione: i suoi sospetti forse erano fondati, e la definizione di mafiosi che Marina aveva tirato fuori solo per scherzo non era poi così campata in aria.
Si avvicinò ulteriormente al furgone, agendo con la massima circospezione e andò a nascondersi dietro un folto cespuglio. Da lì avrebbe potuto vedere meglio, ed era convinta che fra un po’ avrebbe avuto finalmente la prova che le sue non erano solo fantasie…
I due uomini continuavano a scaricare scatoloni dal furgone, senza dire una parola. Dovevano essere parecchio pesanti, a giudicare dagli sforzi che notava sui loro volti. Stavano formando dei bancali che poi trasportavano all’interno del deposito con l’aiuto di un carrello da magazzinieri.
Giorgia cercò di capire se sulle scatole poteva esserci scritto qualcosa; aguzzò la vista, ma non riuscì a scorgere niente… Era ovvio, se si trattava di quello che aveva sospettato, doveva essere trasportato nel modo più anonimo possibile. Drizzò anche le orecchie per capire se dalle parole dei due avrebbe potuto intuire qualcosa a riguardo, ma quelli erano troppo impegnati e andavano avanti col loro lavoro quasi completamente in silenzio.
Giorgia stava cominciando a innervosirsi, quando uno dei due si fermò e, rivolto all’altro, lo ammonì: – Fai attenzione con le prossime casse… sono molto delicate. –
Delicate? Vuoi vedere che quelle casse contenevano armi ed esplosivi?! La fantasia di Giorgia non aveva più confini… In quel momento si trovava acquattata dietro il cespuglio, pericolosamente vicina al furgone, ma non si accontentò, e l’incoscienza del detective alle prime armi la spinse a sporgersi un po’, per vedere ancora meglio. Quel movimento le fu fatale, perché la portò a sbilanciarsi e a scivolare goffamente per terra.
Non fece un gran rumore, ma fu più che sufficiente per richiamare l’attenzione dei due uomini che erano solo a pochi metri lì da lei.
– Ehi, tu chi sei? – cominciò il primo, col tono fortemente contrariato, avvicinandosi minaccioso alla ragazza.
Giorgia si rialzò, un po’ intontita e fortemente imbarazzata. Non sapeva più che fare e cominciò a balbettare qualche parola, ma il panico la stava bloccando, anche se non le impedì di indietreggiare cautelativamente di qualche passo per allontanarsi da quell’energumeno che continuava ad avanzare verso di lei con uno sguardo per niente amichevole.
– Allora, si può sapere cosa fai qui? E come diavolo sei entrata? –
– No, guardi… è un errore… io veramente non volevo… –
La situazione stava per farsi veramente difficile, quando improvvisamente si sentì suonare e bussare al cancello del giardino: – Ehi! C’è qualcuno? Aprite, per favore! –
Marina! Era la voce di Marina! Cosa era venuta a fare anche lei lì? Giorgia non riusciva a capire, ma si sentì comunque sollevata: con l’aiuto dell’amica forse tutto si sarebbe risolto, e sarebbe riuscita a dare una spiegazione plausibile per la sua intrusione… “Speriamo che la facciano entrare!” pensò.
– E ora chi è? – si chiese l’uomo di fronte a Giorgia, quasi seccato. – Vai ad aprire e guarda un po’… – disse all’altro. – Tu invece stai buona qui! – ordinò rivolto a lei.
Il cancello si aprì, ed entrò Marina sorridente, con il respiro un po’ affannato. – Buonasera, scusi il disturbo… ha per caso visto se è entrato un gatto grigio nel vostro giardino? – chiese all’uomo che le aveva aperto, che, un po’ meravigliato, provò ad abbozzare una risposta.
Ma Marina non gli lasciò neanche il tempo di finire: – Ah, sei qui anche te! – esclamò girandosi verso Giorgia, che non era vicinissima, ma poteva sentire molto bene le parole dell’amica.
– Sì, l’ho già cercato, ma non ho trovato niente! – rispose Giorgia, che nel frattempo aveva ritrovato un po’ di sicurezza e colse al volo l’assist di Marina.
L’uomo davanti a lei la guardò con uno sguardo un po’ perplesso.
– Già… era quello che le volevo spiegare: avevo visto il nostro gatto entrare in questo giardino, – proseguì Giorgia, rivolgendosi a lui, – poi, quando ho visto che c’era il cancello aperto sono entrata anch’io, per venire a cercarlo… –
– E come mai ti nascondevi dietro al cespuglio? – chiese l’uomo.
– Beh, mi sono resa conto di essere entrata senza permesso, e non volevo farmi scoprire… Scusi, sono stata proprio una stupida! – rispose, con lo sguardo verso il basso, come chi sa di averla combinata grossa.
– Già, direi proprio di sì! – Il tono dell’uomo era ancora seccato, ma non più minaccioso.
– La solita ingenua… fai le cose d’istinto senza pensarci! Certe volte ti comporti proprio come una bambina… – aggiunse Marina, che nel frattempo si era avvicinata ai due. – Ci perdoni ancora per il disturbo: il gatto evidentemente sarà da qualche altra parte, e comunque la prossima volta suoneremo e chiederemo il permesso prima di entrare… –
– Sarà bene! – concluse l’uomo, che ormai si era calmato del tutto. – Ora, però, se non vi dispiace… – disse, accompagnando le ragazze verso l’uscita.
Marina e Giorgia salutarono, scusandosi ancora per l’intrusione.
– Fa niente, per questa volta facciamo finta di nulla… – risposero gentilmente, ma con tono deciso, i due uomini.
Poi, quando il cancello fu nuovamente chiuso, uno dei due domandò all’altro: – Cosa ne pensi? –
– Bah! Solo due ragazzine maldestre! Andiamo a finire il nostro lavoro… –
Mentre tornavano verso casa l’umore di Marina cambiò drasticamente. Il sorriso che aveva mostrato davanti ai due uomini era solo di circostanza, perché in realtà era arrabbiatissima con l’amica. Stava solo aspettando di allontanarsi un po’ dal giardino della villetta per potersi sfogare con lei. Giorgia nel frattempo camminava in silenzio, imbarazzata, pensando a cosa avrebbe potuto dire per difendersi… Ben poco, per la verità.
Avevano percorso circa un centinaio di metri, e Giorgia provò a pronunciare un timido “grazie”, ma la rabbia di Marina si scatenò come un fiume in piena: – Sei una grandissima cretina! Ma ti rendi conto di quello che hai combinato?! Lo sai che ti avrebbero potuto denunciare per violazione di domicilio?! Meno male che ti ho seguito e mi è venuta in mente l’idea del gatto, altrimenti non so come avresti potuto cavartela! –
Giorgia era completamente annichilita, ma cercò lo stesso di ribattere: – Beh, guarda che però i miei dubbi forse sono giusti… Li ho visti scaricare un gran numero di casse sospette, e anche il modo in cui hanno reagito quando mi hanno scoperto mi fa pensare che… –
– Finiscila di dire stronzate! – la interruppe seccamente Marina. – Tu come reagiresti se trovassi un intruso dentro casa tua? Lo accoglieresti forse a braccia aperte? – Si fermò un attimo, poi riprese: – Senti, te l’ho già detto: non ne posso più di queste tue paranoie… E poi cosa vorresti dimostrare così? Vuoi fare l’eroina e sgominare una banda di malviventi? Perché allora non denunci tutto alla polizia? Ah, già, lo capisci anche da te che la tua storia è solo frutto della fantasia di una stupida ragazzina e che se la raccontassi ti prenderebbero per matta! –
A sentirsi chiamare “stupida ragazzina” Giorgia rimase davvero male. La frase era piuttosto forte in effetti, soprattutto perché pronunciata dalla sua migliore amica, ma almeno servì a convincerla che era meglio per tutti se quella storia finiva lì… Restò per un po’ in silenzio, sperando che la rabbia di Marina si fosse ormai esaurita, e allora le chiese: – Ma, scusa… come hai fatto a sapere che ero finita nel giardino della villetta? –
– Dopo che sei uscita per andare al negozio ho visto per caso dalla finestra che avevi preso la strada sbagliata, e allora me lo sono immaginato… Ormai ti conosco! – Il tono di Marina era più calmo, ma sempre alquanto scocciato. – Comunque stavolta ti ho aiutata, ma alla prossima sono cavoli tuoi… dovrai arrangiarti! E ora se vuoi vatti a comprare il sugo per la pasta, che il negozio sta per chiudere… Io non ho più fame, mi hai fatto passare la voglia. –
Giorgia rallentò, e lasciò che Marina tornasse a casa da sola. Capiva di averla fatta arrabbiare davvero troppo, e forse per stasera era meglio non disturbarla più. Girò l’angolo per andare verso il negozio di alimentari, ma ormai la fame era passata anche a lei, e così non comprò niente, ma proseguì la sua passeggiata per riflettere un po’.
Tornò a casa dopo circa mezz’ora. Marina era già nella sua stanza, sdraiata sul letto che leggeva; lei restò in cucina a guardare un po’ la televisione. Per quella sera non si parlarono più, e andarono entrambe a dormire abbastanza presto.
3.
Le settimane seguenti passarono tranquille: nessuna delle due parlò più dell’episodio e tutto tornò nella normalità. Giorgia però non aveva ancora abbandonato la sua teoria, e continuava a credere che ciò a cui aveva assistito nascondesse realmente qualche losco giro d’affari. Cercava di non pensarci, ma tutte le volte che passava davanti alla famigerata villetta i suoi sospetti si riaccendevano, anche se continuava a far finta di niente per nascondere tutto a Marina: se avesse parlato ancora dell’argomento, avrebbe rischiato di compromettere un’amicizia che durava ormai dai tempi dell’infanzia.
Nel frattempo però andava avanti anche con le sue letture di romanzi gialli. Quasi a farlo apposta, quello che stava leggendo adesso parlava di una donna poliziotto che, conducendo da sola le indagini contro il parere di tutti i colleghi che ritenevano stesse seguendo la pista sbagliata, riusciva ad infiltrarsi nel covo dei banditi e a raccogliere le prove della loro colpevolezza.
Bella forza: nella finzione dei romanzi è facile che vada sempre a finire tutto bene, ma nella realtà… L’esuberanza e l’ingenuità dei vent’anni certe volte non fanno più distinguere il confine sottile che separa l’una dall’altra.
Provò a resistere, ma alla fine prevalse in lei lo spirito d’avventura, nonché la voglia di riscatto nei confronti dell’amica che l’aveva giudicata male: il pensiero di poter penetrare in quella maledetta casa e trovare le prove dei traffici di contrabbando di cui ormai era sempre più convinta, le provocava un senso di eccitazione che rischiava di non farla più ragionare, e ormai pensava sempre più spesso che prima o poi avrebbe dovuto trovare il coraggio di riprovarci.
* * * * * *
L’occasione si presentò un pomeriggio, verso metà luglio. Marina e Giorgia dovevano uscire insieme per fare un po’ di compere e poi ritrovarsi a sera con altre amiche per un aperitivo. All’ultimo Marina dovette però rinunciare: aveva un esame dopo pochi giorni e preferì restare a casa a studiare, e così Giorgia dovette uscire da sola. Sarebbe tornata a casa prima delle 7 e insieme sarebbero poi andate all’aperitivo.
Giorgia uscì per andare verso il centro della città, ma dopo pochi minuti non resistette all’idea che da un po’ le frullava per la testa e decise di modificare il suo programma: si diresse verso la villetta e ci si trovò di fronte proprio mentre dal cancello stava uscendo un altro furgoncino, del tipo di quelli da cui, un mese prima, aveva visto scaricare tutta quella merce sospetta. Era l’occasione giusta per trovare quello che cercava, e stavolta non se la sarebbe lasciata sfuggire…
Suonò al campanello. Quel pomeriggio indossava una minigonna leggera con una maglietta colorata un po’ scollata che le metteva abbastanza in risalto le curve del seno, e portava i suoi lunghi capelli mori e lisci raccolti con un nastro di stoffa che la rendevano veramente carina. Era molto sicura di sé stessa: chiunque fosse venuto ad aprirle sarebbe sicuramente rimasto colpito, e lei era decisissima a sfruttare quest’arma a suo vantaggio.
Quando il citofono rispose, Giorgia sfoggiò un meraviglioso sorriso: – Buonasera, scusi il disturbo. – La sua voce non tradiva la minima emozione. – Sarei venuta a cercare il mio gatto… –
– Ah, sei tu… – Non riuscì neanche a finire la frase che il cancello cominciò ad aprirsi.
La persona che le aveva risposto al citofono doveva essere evidentemente l’uomo dell’altra volta, e non aveva avuto difficoltà a riconoscerla, soprattutto dopo aver sentito del gatto…
Entrò dentro, e l’uomo le venne incontro uscendo di casa: – Salve, – la salutò tranquillo, – cos’è successo stavolta? –
– Mi scusi, sono davvero imperdonabile… – rispose Giorgia. – Quel gatto è sparito di nuovo, l’ho cercato anche in altri giardini ma non l’ho trovato. Le spiace se do un’occhiata anche qui? Mi basta qualche minuto… –
– Prego, accomodati pure… – L’uomo le rispose sorridendo e inquadrandola da capo a piedi, visibilmente colpito dall’aspetto fresco e spigliato della ragazza. – Io adesso devo rientrare in casa. Quando hai fatto avvertimi e ti riapro il cancello. – concluse.
– Grazie, è davvero gentile… –
Il primo obbiettivo era stato raggiunto; probabilmente il suo aspetto l’aveva aiutata, ma era stata anche molto brava a tenere i nervi saldi e a recitare la parte in maniera più che convincente. Se ne compiacque parecchio, e cominciò a girare in giardino, celando a fatica l’orgoglio che la pervadeva e facendo finta di cercare il gatto. Il suo scopo era, ovviamente, ben altro: appena si rese conto di non essere vista da nessuno si diresse verso la porta del magazzino sul lato della casa.
Il ramoscello di un albero le si infilò inavvertitamente fra i capelli e le fece cadere il nastro. Si voltò per raccoglierlo, ma non lo vide. Era uno dei suoi preferiti, e le dispiaceva perderlo, ma in quel momento aveva altro da fare e non poteva perdere tempo.
Arrivò alla porta, e vide che era chiusa a chiave. Stava per desistere, ma poi si rese conto che la serratura era piuttosto vecchia. In tutti i libri gialli che aveva letto, più di una volta aveva trovato la descrizione di come ladri e assassini riuscivano a far saltare le serrature: prese una forcina per capelli dalla borsa e provò a ripetere dal vivo l’operazione.
Pura illusione: armeggiò per diverso tempo con quella forcina, ma non riuscì ad ottenere niente. Si dette anche della stupida: si illudeva davvero che qualche lettura fosse sufficiente a darle l’abilità di uno scassinatore? Rinunciò al suo intento, cercando di estrarre la forcina dalla serratura, che però si doveva essere incastrata, perché non veniva più via. Provò di nuovo, con più forza: la forcina uscì fuori, e, incredibilmente, col suo movimento fece scattare il meccanismo.
Ancora stupita per l’aiuto della dea bendata, Giorgia entrò dentro con cautela, chiudendo la porta silenziosamente. Si ritrovò, come pensava, all’interno di un deposito, pieno di pile di casse e scatoloni uguali a quelli che aveva visto scaricare dal furgone un mese prima. Non c’era molta luce, perché le finestre erano piccole, ma per il suo scopo erano più che sufficienti.
Si avvicinò ad alcuni scatoloni di cartone. Fu sufficiente grattare un po’ con una chiave per aprirne uno in un angolo… Sigarette! Poi provò con un altro lì vicino: ancora sigarette!
Il cuore cominciò a battergli fortissimo: aveva ragione, aveva sempre avuto ragione! I traffici di cui sospettava erano proprio quelli di una banda di contrabbandieri… Forse erano davvero dei mafiosi, come le aveva involontariamente suggerito Marina. Tirò fuori dalla borsa il cellulare per scattare delle foto. Sarebbero venute sicuramente un po’ scure, ma come prove per la polizia sarebbero state più che sufficienti.
Accanto agli scatoloni che aveva aperto ce n’erano altri di aspetto un po’ diverso. Riuscì ad aprire anche uno di questi, ma stavolta fece un balzo indietro per lo spavento: bustine di cocaina! La vicenda era ancora più seria di quello che credeva, e stavolta iniziò ad avere davvero paura. Scattò qualche altra foto per raccogliere altre prove, ma il suono dei battiti del suo cuore, che si facevano sempre più pesanti nel silenzio di quel magazzino, le fecero capire che era meglio se cominciava ad allontanarsi da quel posto.
Per la verità restavano da aprire le casse di legno, ma da sola non ce l’avrebbe fatta, e comunque era già soddisfatta di quanto aveva scoperto fino a quel momento.
Improvvisamente si accese la luce. Giorgia si buttò d’istinto per terra e sentì le voci di due uomini che stavano entrando nel magazzino, da una porta interna che evidentemente comunicava con la casa adiacente. Uno dei due doveva essere quello che l’aveva fatta entrare pochi minuti prima.
– Non capisco perché ti sei lasciato convincere a far entrare quella ragazzina ficcanaso! –
– Non ti preoccupare, è là fuori a cercare il suo gatto, figurati cosa ne sa e cosa gli interessa di quello che c’è qui dentro… e poi meglio mostrarsi cordiali e non insospettire la gente. –
– Va bene, però fra un po’, gatto o non gatto, sarà bene mandarla via! –
– OK, d’accordo, sta’ tranquillo. –
Giorgia era al riparo in uno dei corridoi fra le cataste di casse e scatoloni, dove almeno per il momento non potevano vederla (almeno così sperava), ma il terrore che stava provando in quel momento rischiava seriamente di paralizzarla. Cominciò a maledire sé stessa e quella sua dannatissima curiosità che ora stava rischiando di ficcarla in un guaio enorme e inevitabilmente ripensò a tutte le volte che Marina si era arrabbiata con lei. Stavolta però non sarebbe potuta intervenire per salvarla di nuovo…
Passato qualche concitatissimo secondo riuscì a tranquillizzarsi e a valutare la situazione in modo più razionale: in quel momento si trovava nascosta per terra, in un angolo piuttosto remoto del magazzino, per cui, rimanendo ferma dov’era, probabilmente non l’avrebbero scoperta. Ebbe anche la tentazione di muoversi nella direzione opposta rispetto a quella da cui provenivano le voci dei banditi, proprio verso la porta da cui era entrata, ma era ancora troppo lontana, e il rischio sarebbe stato troppo grosso.
Dopo una manciata di minuti, che le parvero davvero interminabili, capì che i due avevano finito il loro giro e stavano per uscire dal magazzino. La luce si spense e la porta si chiuse. Giorgia tirò un sospiro di sollievo: il peggio era passato. Ora però doveva assolutamente uscire da lì e allontanarsi da quella maledetta casa prima possibile. Si rialzò dal suo nascondiglio e si diresse con circospezione verso la porta che dava sull’esterno. Non voleva rischiare di causare rumori sospetti, ma voleva anche fare in fretta: là fuori ci sarebbe stata la sua salvezza…
Arrivata lì davanti, per un attimo ebbe paura che la porta fosse stata nuovamente chiusa a chiave da quei due, ma quando afferrò la maniglia e vide che si apriva regolarmente, si sentì davvero sollevata. Ma fu una sensazione che durò solo un attimo…
Era convinta di rivedere gli alberi del giardino, ma con grande sgomento si trovò davanti l’uomo che le aveva aperto il cancello, che la stava guardando con un ghigno sinistro, come se si fosse piazzato lì proprio ad aspettare che lei uscisse…
L’istinto la fece indietreggiare di un passo, emettendo un sussulto di spavento. Stava per voltarsi e scappare via, ma sentì d’improvviso due mani energiche che la afferrarono da dietro per il busto e le tapparono la bocca, trascinandola di nuovo verso l’interno del magazzino. Cercò di divincolarsi da quella stretta, ma sentì che era davvero troppo forte per lei.
– Sta’ buona… è inutile che ti agiti tanto! – le intimò minaccioso l’uomo che l’aveva sorpresa alle spalle, immobilizzandola e impedendole di urlare.
Intanto anche il secondo uomo, di fronte a lei, era entrato nel magazzino, richiudendo la porta dietro di lui. – Allora? Trovato il gatto? – le chiese, in tono ironico.
4.
Marina cominciava a spazientirsi: Giorgia doveva essere a casa già da tempo. All’inizio non aveva dato troppo peso a quel ritardo: quando usciva a fare compere, era facile che la sua amica si dilungasse sempre un po’ più del dovuto. Però le aveva detto che sarebbe tornata a casa per le sei e mezzo, un quarto alle sette al massimo, mentre ormai erano le sette in punto… Bisognava dirle di sbrigarsi: prese il cellulare e la chiamò.
Il telefono suonò libero per un po’, poi di colpo dette il segnale di occupato… Giorgia aveva rifiutato la chiamata, evidentemente. Perché? Marina provò a chiamarla di nuovo, ma stavolta il cellulare era diventato irraggiungibile.
Aspettò qualche minuto e poi chiamò ancora… niente da fare. Erano le sette e dieci. Marina si arrabbiò: al diavolo Giorgia! All’aperitivo ci sarebbe andata da sola, e che lei si arrangiasse… Uscì di casa, chiuse la porta e cominciò a scendere le scale, piuttosto innervosita. Pensò che Giorgia non le avesse risposto per paura che lei si arrabbiasse per il ritardo e per evitare quindi di litigare per telefono.
Però era strano che il ritardo si prolungasse così a lungo: Giorgia si divertiva sempre tantissimo agli aperitivi in compagnia, anche molto più di lei. Questione di carattere: Marina non aveva la sua stessa espansività, e un po’ gliela invidiava…
“Stai a vedere che quella scema è già arrivata… ha fatto tardi ed è andata direttamente là senza neanche passare da casa, poi si è messa a chiacchiera, magari ha conosciuto qualcuno e si è dimenticata di avvertirmi… Poi quando ha visto la mia telefonata mi ha spento il cellulare in faccia per non essere interrotta! Ora mi sente…”
Marina si avviò decisa a piedi, convinta della sua ipotesi e sempre più arrabbiata, anche se in realtà sperava che tutto ciò non fosse vero, perché un comportamento del genere da parte di Giorgia sarebbe stato veramente spiacevole, e avrebbe seriamente rischiato di rovinare la loro amicizia, una delle cose a cui teneva di più.
Camminando verso il locale, Marina passò davanti alla villetta dei sospetti di Giorgia. Ormai era quasi un mese che aveva buttato nel dimenticatoio quella storia, ma in quel momento ebbe come un flash: “Vuoi vedere che quella stupida… No, non è possibile,” pensò, “se fosse così sarebbe veramente troppo, anche per lei! Ora sbrighiamoci, sennò arrivo che l’aperitivo è già finito!”
Quando arrivò al locale, Marina trovò le altre amiche che la stavano aspettando, ma Giorgia non c’era… Cominciò allora a preoccuparsi e riprovò a telefonarle, ma il risultato fu sempre lo stesso: cellulare irraggiungibile.
Furono le amiche a sdrammatizzare: – Dai, stai tranquilla, – le dissero scherzando, – magari mentre era a comprarsi l’intimo avrà fatto colpo su qualche bel ragazzone e in questo momento sta meglio di tutte noi messe insieme… ah, ah! –
– Beh, ci credo che non vuol essere disturbata allora! – aggiunse un’altra.
Marina si lasciò convincere e dopo un po’ non pensò più a Giorgia; in fondo non era certo una bambina e sapeva badare benissimo a sé stessa. E ora voleva solo divertirsi: dopo una giornata di studio era stanca e aveva voglia passare un paio di ore in completa spensieratezza…
* * * * * *
Verso le sette il cellulare di Giorgia cominciò a squillare. Si trovava dentro la sua borsetta, in una piccola stanza chiusa e piuttosto buia al primo piano della villetta.
Entrò di corsa uno dei banditi, che raccolse la borsetta da terra e vi frugò dentro fino a trovare il cellulare, che continuava a squillare. Lo prese e lo spense. – Accidenti a questi telefonini! – imprecò. Poi si girò verso un angolo della stanza: – E tu non credere di fare tanto la furba, ragazzina… –
Giorgia era lì, legata su una sedia con le braccia dietro la schiena e varie corde strette intorno al busto, alle gambe e alle caviglie, ma non poté rispondere. Guardò il bandito con gli occhi pieni di paura, strozzando il suo pianto contro la spessa striscia di stoffa stretta fra i denti con cui l’avevano imbavagliata. Una lacrima le rigò lo zigomo andando a bagnare la grossa bandana annodata dietro la nuca che le copriva completamente la bocca.
Prima di uscire il bandito le rivolse un’ultima minaccia: – Dobbiamo ancora decidere come sistemare le ficcanaso come te! –
* * * * * *
Uscirono dal locale verso le nove; le giornate erano molto lunghe, e c’era ancora luce, così fecero una breve passeggiata per il centro tutte insieme. Poi Marina salutò le amiche e si rincamminò verso casa; il giorno dopo avrebbe dovuto studiare ancora molto, e non poteva fare tardi.
Arrivò dopo pochi minuti, ma anche qui di Giorgia nessuna traccia. Provò a chiamarla di nuovo sul cellulare, ma non ci fu niente da fare. Allora le tornò in mente quello che aveva pensato quando poche ore prima era passata davanti alla solita villetta.
“No, dai, è veramente assurdo…” pensò. “Però se per un motivo qualsiasi non fosse potuta venire all’aperitivo mi avrebbe avvertito… E se invece quella scema si fosse cacciata davvero nei guai? Stai a vedere che è rientrata di nuovo dentro il giardino di nascosto, i proprietari l’anno trovata e stavolta l’hanno denunciata davvero…”
Se le cose fossero andate realmente come Marina stava pensando, stavolta Giorgia probabilmente avrebbe ricevuto la lezione che si meritava… Sembrava impossibile, è vero, ma sapendo quanto riusciva ad essere fanatica in questi casi, in fondo non ci sarebbe stato niente di cui stupirsi. E poi tutto tornava: a Marina non aveva raccontato più nulla, ma in gran segreto si era preparata per tornare alla carica! Anche riguardo alle chiamate sul cellulare diventava tutto chiaro: la prima volta il telefonino aveva squillato, ma Giorgia l’aveva spento per non farsi scoprire.
O forse l’aveva dovuto spengere perché era già davanti ad un carabiniere a spiegare perché si era intromessa di nascosto in un giardino privato…
Erano passate da poco le nove e mezzo, e Marina si ritrovò davanti alla villetta. Il sole stava cominciando a tramontare. Si fermò per un attimo davanti al cancello, un po’ titubante: forse anche lei aveva lavorato troppo di fantasia, ma voleva capire se la sua ipotesi era giusta.
Prima di suonare il campanello, si augurò che chi fosse venuto a risponderle non si spazientisse troppo nel rivederla. “Beh, in fondo devo fare solo una domanda e sperare che quella pazza non sia stata così pazza come credo!” pensò, poi ruppe gli indugi e suonò.
Chi poteva essere a quell’ora? I due uomini stavano ancora cenando e non aspettavano nessuno. Uno dei due andò a rispondere al citofono: – Chi è? –
– Buonasera, ehm, mi scusi, circa un mese fa ero venuta a cercare il mio gatto qui nel vostro giardino… – Marina esordì un po’ imbarazzata.
– Ah, sì, buonasera… – La voce dell’uomo tradì un po’ di stupore.
– Ehm, ecco: volevo solo sapere se per caso la mia amica è passata di qua oggi… –
– Ho capito. Aspetta un attimo, ora vedo… – L’uomo riappese la cornetta del citofono e si rivolse al complice: – È l’amica bionda della ficcanaso, mi sa che la sta cercando. Mandiamola via prima che si intrufoli anche lei nelle nostre faccende… –
– Aspetta, – rispose l’altro, – non sappiamo ancora quello che sa… Probabilmente nulla, altrimenti non verrebbe qui. Ma se la mandiamo via potrebbe insospettirsi. Meglio mostrarsi cordiali: facciamola entrare e poi vediamo come si comporta… –
– OK, forse hai ragione. Le apro il cancello. –
Marina stava aspettando ancora al citofono, quando il cancello cominciò ad aprirsi. Le si fece incontro uno degli uomini che aveva visto un mese prima, quando era venuta a salvare Giorgia.
– Buonasera, mi scusi ancora per il disturbo. Stavo cercando… –
– Prego, vieni! – L’uomo le rispose senza neanche farla finire. – La tua amica veramente non è più passata di qui, ma se stai cercando il gatto accomodati pure, almeno finché c’è un po’ di luce… –
– Ah, beh… certo, grazie! –
– Chiamami quando hai fatto, così ti riapro il cancello. Ora devo rientrare in casa. –
Marina entrò nel giardino con poca convinzione: il fatto che i proprietari della casa non avessero visto Giorgia la rassicurava, anche se ora avrebbe dovuto far finta di cercare un gatto che in realtà non esisteva… Di fronte alla gentilezza con cui era stata accolta, però, non se la sentiva di certo di confessare che era stata solo una scusa per togliere l’amica dai guai.
Cominciò a girovagare un po’ svogliatamente fra i cespugli del giardino e mentre camminava notò un pezzo di stoffa abbandonato per terra. Lo raccolse e riconobbe il nastro per capelli che Giorgia indossava quel pomeriggio quando era uscita.
“Allora è stata qui!” pensò. “Ma se non l’hanno vista, quella stupida deve essere pure entrata di nascosto…” E adesso dov’era? Forse era riuscita a tornare a casa, o forse no…
Per un attimo ebbe un sussulto: e se Giorgia avesse avuto ragione? “E ora che fai? Cominci pure te a coltivare fantasie assurde?!” Il pensiero che le paranoie dell’amica stessero rischiando di contagiare anche lei la fece sorridere.
Mise il nastro per capelli nella borsa, senza accorgersi che, dietro una delle finestre della casa, degli occhi sinistri la stavano spiando e avevano visto quello che aveva scoperto… Il rischio che stavano correndo era troppo alto: avrebbero dovuto rimediare, e in fretta.
Marina pensò che era stata fin troppo nel giardino della villetta, e poi cominciava ad essere buio. Si diresse verso la casa e chiamò l’uomo che l’aveva fatta entrare, per farsi aprire il cancello, ma nessuno rispose. Si avvicinò allora al portone di casa e notò che era leggermente aperto. Bussò.
– È permesso? – chiese. Di nuovo nessuna risposta.
Aprì la porta e decise di entrare. Si ritrovò in un piccolo ingresso, non molto illuminato, su cui si affacciavano varie porte e una scala che portava al piano di sopra. La stanza era vuota.
– C’è nessuno? – chiese di nuovo ad alta voce. – Il gatto non l’ho trovato, ma ora devo andare. Potete aprirmi il cancello per favore? –
5.
Giorgia si calmò e smise di piangere. Le lacrime non sarebbero servite a nulla; piuttosto doveva tentare di liberarsi. Le avevano legato le braccia dietro la schiena, ma forse muovendo i polsi poteva riuscire ad allentare un po’ i nodi delle corde.
Provò più volte, ma fu del tutto inutile. Muovendo i polsi in quel modo non faceva altro che strusciare le corde sulla pelle, aumentando il dolore che, strette com’erano, già le stavano provocando. Oltretutto il bavaglio premuto fra i denti, che ormai si era completamente impregnato di saliva, le impediva di respirare regolarmente e, anche per colpa del grande senso di angoscia che ormai l’aveva completamente attanagliata, il suo respiro stava diventando sempre più affannoso.
Ripensò ad uno dei romanzi polizieschi che aveva letto negli ultimi mesi, in cui una giovane ragazza, sorpresa da alcuni malviventi durante una rapina in banca, veniva rapita e poi portata nel covo della banda, dove era tenuta in ostaggio, legata e imbavagliata. Non era certo quello il personaggio a cui avrebbe voluto ispirarsi, eppure adesso si trovava proprio in quella situazione, e non sapeva come uscirne, né sapeva cosa avrebbero fatto di lei i banditi.
Ad un tratto sentì una voce provenire dal piano inferiore, che cercava di richiamare l’attenzione dei padroni di casa. Fu presa dal terrore quando capì di chi si trattava…
“Oh, mio Dio, no! Marina! Scappa, ti prego!! Non farti catturare, scappa!!!”
La sua amica era venuta a cercarla, e ora rischiava anche lei di fare la sua stessa fine. Doveva riuscire ad avvertirla prima che fosse troppo tardi, ma come poteva farlo? Presa dalla disperazione provò a urlare e a battere i piedi sul pavimento più forte che poteva, ma tutto quello che ottenne fu solo un lungo mugolio bagnato dalle sue lacrime: – Mmmhhhhh… mmgghhfff!!! –
Ma così Marina non avrebbe mai potuto sentirla…
* * * * * *
Marina continuava a non avere risposte e, avendo fretta di andarsene, stava iniziando ad innervosirsi. Guardò sulla parete a fianco della porta: c’erano alcuni interruttori, fra cui, probabilmente, anche quello che azionava l’apertura del cancello. Era tentata di provarli tutti, per trovare anche quello giusto, ma aveva paura di combinare qualche guaio e così esitò un po’.
Improvvisamente l’uomo che stava cercando entrò anche lui dalla porta esterna, chiudendosela alle spalle. Lo scatto della serratura la sorprese e si girò quasi spaventata.
– Ah, è lei… – esclamò.
– Allora, l’hai trovato il tuo gatto? – le chiese lui, interrompendola.
– Veramente no, ma ora dovrei… –
– Ah, buonasera! Non ti avevo vista entrare. – L’altro uomo apparve dalla parte opposta, salutando Marina e facendola voltare di scatto, con un altro piccolo spavento.
Non sapeva perché, ma si era creata un’atmosfera che le piaceva poco, e pensò che sarebbe stato meglio allontanarsi il prima possibile.
– Buonasera, – rispose un po’ impaurita, – mi spiace di avervi disturbato… Volevo ringraziarvi, ora però è tardi e devo tornare a casa. –
– Ma no, figurati, nessun disturbo… anzi, quando hai bisogno di cercare il gatto torna pure senza farti problemi. –
La frase, pronunciata con estrema gentilezza, la rassicurò un po’, ma non le tolse la voglia di uscire al più presto da quella casa.
– Grazie ancora, allora, e arrivederci… – salutò.
– Arrivederci… – risposero.
Marina passò accanto al primo dei due uomini, sorridendo, e si diresse verso l’uscita. Mentre stava aprendo la porta guardò fuori e vide che ormai era diventato buio davvero.
Proprio in quel momento una mano sbucò all’improvviso dietro di lei, sopra la sua spalla, spingendo violentemente indietro la porta e facendola chiudere con un tonfo sordo. Marina fu colta di sorpresa ed ebbe un sussulto per lo spavento. Tentò di girarsi per capire cosa fosse successo, ma la stessa mano che aveva chiuso la porta la afferrò energicamente per il busto, trascinandola indietro.
– Ehi! Ma che… mmmmhhhhh! – Un’altra mano, da dietro, le tappò la bocca prima che potesse continuare. Istintivamente tentò di liberarsi, ma la presa era troppo forte.
– Sta’ zitta e non fare scherzi! – le ordinò con uno sguardo minaccioso l’uomo alle sue spalle.
Marina sgranò gli occhi, visibilmente impaurita… non capiva perché fosse stata aggredita in quel modo, ma non ebbe molto tempo per pensarci: girandosi vide che l’altro uomo aveva preso delle corde e una grossa striscia di stoffa, e si rese conto con orrore che volevano legarla e imbavagliarla. Provò a urlare, ma la mano sulla bocca non glielo permise. Cominciò allora a dibattersi ancora più forte, ma da sola contro due uomini c’era poco da fare…
D’istinto cercò di colpire con un calcio quello davanti a lei, che si stava avvicinando minaccioso con le corde in mano, ma non fu una mossa azzeccata: il bandito parò il calcio e le bloccò le gambe, legandogliele insieme all’altezza delle caviglie e delle ginocchia, mentre quello alle sue spalle le passò delle corde attorno al busto, legandole le braccia e i polsi dietro la schiena.
Così facendo le tolse la mano dalla bocca, permettendo a Marina, col tono pieno di sgomento, di protestare: – Ma… ma chi siete? Cosa volete da me? –
– È inutile che cerchi di prenderci in giro… – le rispose secco, mentre continuava a legarla. – Ti stiamo insegnando cosa succede a ficcare il naso negli affari delle altre persone! –
– Ma io… non capisco, non so di cos… mmmhhhh… mmgghhfff!!! – Il bandito non le lasciò il tempo di finire e la imbavagliò infilandole con forza la striscia di stoffa fra i denti e coprendole la bocca con una grossa bandana che poi le annodò dietro la nuca.
Marina si trovò sdraiata sul pavimento, completamente immobilizzata: non si capacitava ancora di quello che le era accaduto… Cominciò a piangere. Quali erano le intenzioni di quei due uomini? Perché l’avevano legata e imbavagliata? Volevano rapirla? O forse violentarla? Era terrorizzata, e stava per cadere in preda al panico…
– Bene, abbiamo sistemato anche lei! – esclamò soddisfatto uno dei banditi. – Portiamola insieme a quell’altra… –
La paura di Marina aumentò: chi era “quell’altra”? Il sospetto che l’aveva assalita quando aveva ritrovato il nastro di Giorgia tornò a farsi vivo…
Ma il suo dubbio durò poco: uno dei due uomini prese Marina e se la caricò sulle spalle, incurante dei suoi mugolii e dei suoi singhiozzi, e la portò al piano di sopra. Aprì la porta di una stanza e accese la luce, pronunciando una frase dalla quale capì che purtroppo non sarebbe stata sola: – Ciao bella, guarda chi ti abbiamo portato! –
Marina fu buttata su un letto, e allora poté vedere, terrorizzata, quello che fino a pochi minuti prima non avrebbe mai potuto né voluto immaginare: “l’altra” era proprio Giorgia! Anche lei era stata fatta prigioniera da quegli uomini, ed ora si trovava lì, in quella stessa stanza, seduta su una sedia, anche lei legata e imbavagliata…
* * * * * *
Giorgia dalla sua stanza aveva intuito quello che stava succedendo. Per un po’ non aveva più udito la voce della sua amica e aveva pregato che fosse riuscita a fuggire, ma poi, quando la porta si aprì ed entrò il bandito, in un attimo tutto il mondo le crollò addosso… era buio e non poteva vedere bene, ma sentì chiaramente i mugolii di una ragazza e poi quelle parole “Guarda chi ti abbiamo portato!”, che le tolsero ogni speranza: anche Marina era stata catturata!
Si accese la luce, e vide la sua amica, legata e imbavagliata, portata sulle spalle di quell’uomo e poi buttata con noncuranza sul letto della stanza: quei maledetti avevano preso anche lei, riservandole lo stesso trattamento…
Il bandito spense la luce e uscì dalla stanza, e Giorgia scoppiò a piangere e a dimenarsi, come impazzita. I suoi mugolii si fecero assordanti… guardò verso Marina, con gli occhi pieni di angoscia e si sentì infinitamente in colpa: ora anche la sua amica si trovava nei guai a causa sua. Se non si fosse mai interessata a quella maledetta faccenda ora sarebbero state entrambe tranquille a casa loro, e invece… Avrebbe voluto chiederle scusa un milione di volte, ma ormai non sarebbe servito più a nulla.
6.
A piano terra della villetta, i due banditi si trovavano in cucina, e discutevano sul da farsi mentre consumavano nervosamente una rapida cena che, a causa degli eventi delle ultime ore, avevano dovuto ritardare di un bel po’. – Accidenti! E ora che ne facciamo di quelle due? – cominciò il primo.
– Non lo so, – rispose l’altro, tradendo una certa preoccupazione, – ma di sicuro non possiamo lasciarle qui… Domani arrivano i capi e se vengono a sapere che abbiamo rischiato di farci scoprire da due intruse, passeremmo dei guai seri… –
– Però non so se abbiamo fatto bene a catturare anche la bionda, – riprese il primo, – quando ha cercato di dirci che non sapeva niente, forse era sincera. E in quel momento probabilmente non se lo immaginava neanche che avevamo rapito la sua amica. –
– Sì, forse hai ragione, – ribatté l’altro, – ma non potevamo rischiare, e una volta fatta sparire la prima, l’altra prima o poi l’avrebbe capito che eravamo stati noi: se è venuta qui vuol dire che qualche sospetto ce l’aveva, e poi ha trovato come indizio quel maledetto nastro per capelli in giardino… Se l’avessimo lasciata andare probabilmente avrebbe raccontato tutto alla polizia! –
– Già, ma che fessi siamo stati a non accorgerci di quel nastro! Tu ci avevi fatto caso che lo portava quando è entrata e che non lo aveva più quando l’abbiamo catturata? Io no, sinceramente. –
– Neanch’io, ma a questo punto, nastro o no, sarebbe cambiato ben poco… L’errore l’abbiamo fatto l’altra volta, quando ci hanno preso in giro con la storia del gatto. Se ce ne fossimo resi conto avremmo preso già allora delle contromisure, invece abbiamo finito per crederci davvero. –
– Sì, è vero. Ma ora è inutile pensarci… Dobbiamo invece capire come liberarci di loro. Se le uccidiamo, poi come facciamo a far sparire i corpi? E poi io sono un criminale, sì, ma non me la sento di ammazzare a sangue freddo due ragazze di vent’anni che potrebbero essere le mie figlie… No, non ce la farei proprio! Maledette ficcanaso… –
Stava cominciando ad innervosirsi oltre misura, al che intervenne il compare: – Stai calmo! Sono d’accordo con te: anch’io non potrei mai trovare il coraggio di ucciderle. Ma da qui dobbiamo portarle via alla svelta! –
Poi si interruppe per un attimo, e dopo qualche secondo di silenzio guardò il suo complice e cambiò espressione, con aria soddisfatta: – Certo che c’è la soluzione! Come ho fatto a non pensarci prima? Ascoltami… –
* * * * * *
Giorgia continuava ad essere in preda ai suoi sensi di colpa: da quando si era trovata davanti la sua amica non faceva altro che singhiozzare e disperarsi, e non riusciva più a ragionare.
Marina invece, pur essendo anche lei terrorizzata e chiedendosi di continuo che fine le avrebbero fatto fare, dopo un po’ riuscì a calmarsi e a smettere di piangere. Cercò allora di mantenere la mente più lucida possibile e di riprendersi dallo shock di essere stata rapita: anche se temeva che con molta probabilità le avrebbero eliminate alla prima occasione, cercava di non pensarci, altrimenti si sarebbe fatta prendere dal panico e le possibilità di uscire vive da quella situazione si sarebbero drasticamente ridotte. Avrebbe anche voluto cercare di tranquillizzare Giorgia, ma quel bavaglio che le premeva così forte sulla lingua non poteva far altro che trasformare ogni suo tentativo di comunicare con l’amica in un inutile mugolio.
Allora lasciò perdere e cercò piuttosto di concentrarsi su come trovare il modo per potersi liberare. Pur avendola legata molto stretta, i banditi avevano commesso il grosso errore di lasciarla lì semplicemente sdraiata sul letto, dove, anche se con difficoltà, poteva comunque sempre muoversi. Strusciò quindi sul materasso, in modo da far sporgere in fuori le gambe e, poggiando i piedi per terra, riuscì abbastanza agevolmente a ritrovarsi seduta sul bordo. Poi, facendo molta attenzione a non perdere l’equilibrio, si alzò in piedi.
Essendo ormai notte la stanza era piuttosto buia, perché la finestra aveva le persiane chiuse, ma quel po’ di luce dell’illuminazione pubblica che arrivava dalla strada e che passava attraverso le feritoie delle persiane stesse, era comunque sufficiente per consentire a Marina di vedere tutto abbastanza bene. L’interruttore era a poca distanza, accanto al letto, e avrebbe potuto accendere la luce, ma se per caso i due banditi fossero andati in giardino e avessero visto la luce accesa attraverso le persiane, sarebbero sicuramente tornati nella stanza a vedere cosa succedeva.
Preferì quindi rimanere in quello stato di semibuio per capire cosa poteva fare. Avendo le gambe legate all’altezza delle caviglie, non era in grado di camminare, ma poteva sempre effettuare dei piccoli balzi. Giorgia era lì davanti a lei, che la guardava con un misto di stupore e curiosità, sufficienti, se non altro, per farla smettere di piangere.
Marina riuscì lentamente a raggiungerla. Avrebbe voluto spiegarle cosa aveva in mente di fare, ma ovviamente non poteva, e quindi si diresse subito dietro la sedia di Giorgia; qui si inchinò, portando la faccia all’altezza delle mani dell’amica, legate dietro la schiena. Appoggiò il mento contro le sue dita, e allora Giorgia capì: cominciò a tastare coi polpastrelli, finché non sentì di aver toccato la bandana che copriva la bocca di Marina. Gliel’avevano legata davvero stretta, ma nonostante questo riuscì ad infilare la punta delle unghie fra la sua guancia e il bavaglio.
Marina iniziò a muovere la testa su e giù, per far scivolare la bandana sotto il mento. Non fu semplice, anche perché le unghie di Giorgia strusciavano sulla sua pelle, rischiando di graffiarla, ma con pazienza alla fine riuscì nel suo scopo. Era solo a metà strada, perché le rimaneva la spessa striscia di stoffa fra i denti, che poi era quella che davvero le impediva di parlare, ma per quanto le fosse stata stretta dietro la nuca, con l’aiuto di Giorgia e spingendo con la lingua, sapeva che sarebbe potuta riuscire a toglierla… E infatti, nel giro di pochi ma interminabili minuti, quel maledetto bavaglio fu finalmente espulso dalla sua bocca. Un lungo sospiro scandì perfettamente il suo sollievo di quel momento.
Giorgia era stata imbavagliata nello stesso modo, e sarebbe stato troppo complicato, oltre che rischioso, tentare di liberarla alla stessa maniera, perché per aiutarla avrebbe dovuto mettersi in piedi, di spalle, davanti a lei, in equilibrio precario, col rischio di cadere e farsi male seriamente.
Comunque si rialzò, e passando lentamente davanti a Giorgia la guardò in faccia, per rassicurarla: – Sono riuscita a togliermi il bavaglio! Ora proviamo a sciogliere le tue corde… – le disse sottovoce.
Giorgia, che nel frattempo aveva riacquistato finalmente un po’ di fiducia, annuì con un cenno della testa, e Marina, tornando dietro di lei, si chinò nuovamente, per osservare come erano state legati i polsi della sua amica. La faccenda era tutt’altro che semplice, perché i nodi sembravano davvero molto stretti, ma Marina non si perse d’animo... Si girò, in modo da mettersi con la sua schiena contro lo schienale della sedia di Giorgia e, rialzandosi un po’, con le sue mani riuscì a raggiungere abbastanza facilmente i nodi delle corde che aveva osservato fino a qualche istante prima.
Marina non aveva mai amato le sue mani: le trovava troppo secche e soprattutto non le piacevano quelle dita così lunghe e affusolate, ma ora invece sapeva che quel suo “difetto” le sarebbe tornato utilissimo… Dovette faticare veramente tanto, perché la posizione da cui operava non era certo agevole, e sembrava proprio che quei maledetti nodi non volessero saperne affatto di allentarsi, ma alla fine le dita di Marina, quelle che fino a quel giorno lei stessa non aveva mai apprezzato, ebbero la meglio e i nodi cominciarono a cedere.
Di lì a poco Giorgia sentì i suoi polsi finalmente liberi. Le corde stavano ormai cominciando a farle veramente male, e il sollievo che provò in quel momento fu veramente notevole. Non era ancora finita, perché c’erano da sciogliere anche le altre corde che le legavano il busto e le braccia allo schienale, ma il più era fatto: facendo scorrere lentamente le braccia riuscì a portare le mani davanti a sé, massaggiandosi per un attimo i polsi sui quali erano rimasti dei vistosi segni rossi, e piegando la testa in avanti poté stringere la bandana con le dita e, con un po’ di fatica, liberarsi finalmente la bocca dal bavaglio.
Restò ferma per qualche secondo, per respirare a pieni polmoni. – Marina, ce l’ho fatta! – sussurrò all’amica, che nel frattempo, esausta per lo sforzo che aveva dovuto fare per sciogliere le corde di Giorgia, si era quasi accasciata per terra. – Adesso cerca di spostarti qui davanti a me, e io proverò a liberare anche le tue mani. – proseguì.
Marina, che era ancora completamente legata, strusciò sul pavimento e, arrivata davanti a Giorgia riuscì a mettersi in ginocchio, portando i suoi polsi all’altezza giusta perché potessero essere raggiunti dalle mani della sua amica. L’operazione fu abbastanza complicata, perché anche i nodi delle corde di Marina erano stati stretti con molta forza, ma la caparbietà di Giorgia alla fine ebbe il sopravvento, il che le permise di lasciare definitivamente da parte la disperazione che l’aveva attanagliata fin lì.
Con le mani finalmente libere le ragazze riuscirono a sciogliere anche i nodi delle altre corde che avevano intorno al busto, alle gambe e alle caviglie, e in una decina di minuti completarono l’opera. Alla fine si ritrovarono in piedi, si guardarono per un attimo negli occhi con un’espressione mista fra pianto e riso, e ad entrambe venne spontaneo cercare l’abbraccio dell’altra.
– Marina, perdonami! Non volevo coinvolgerti in questa storia! Sono stata una pazza, lo so, ma sentivo che qui c’era qualcosa di losco… Sono dei contrabbandieri e trafficanti di droga. Sono riuscita a scoprire le prove, ma mi hanno catturata prima che potessi chiamare la polizia! – singhiozzò Giorgia, appoggiando la testa sulla spalla della sua amica, mentre le lacrime stavano tornando ad uscire abbondantemente dagli occhi. – Ma perché sei venuta a cercarmi? Hai messo in pericolo anche te stessa. Mi sento così in colpa! –
– Basta, Giorgia! Sei stata un’incosciente, lo so, ma la colpa è anche mia che non ti ho mai creduto. E poi si vede che sono pazza anch’io, ma ormai è andata così… – rispose Marina, facendo anche cenno, col dito davanti al naso, che dovevano continuare a parlare sottovoce. – Ora però dobbiamo pensare a come scappare da qui, perché ancora non siamo certo in salvo… –
Provò subito ad aprire la porta, ma come c’era da aspettarsi era chiusa a chiave. Cominciò allora a guardarsi intorno, per vedere se poteva trovare qualcosa di utile, ed in effetti la trovò eccome, sopra un mobile a fianco del letto.
– Giorgia, quella lì è la tua borsetta?!? Non dirmi che questi banditi sono stati così sciocchi da lasciarti qui il cellulare… –
7.
– Perché non ci ho pensato subito? – disse il primo bandito. – La nave che ha portato il carico di droga è ancora in porto, perché parte alle prime ore del mattino di domani. Il capo della ciurma lo conosco benissimo, è un mio vecchio compare, e se gli spieghiamo la situazione capirà perfettamente e non mi negherà di certo un piccolo favore… E poi in realtà il favore glielo facciamo noi: non gli farebbe certo dispiacere avere a bordo due bocconcini del genere! –
L’altro bandito lo guardava perplesso, non avendo ancora capito del tutto qual era l’idea del suo complice. – Cosa vorresti fare quindi? Portarle sulla nave? –
– Certo! In questo momento quel vecchio delinquente e la sua ciurma stanno sicuramente finendo di caricare le ultime merci, poi fra qualche ora salperanno e chissà quando torneranno da queste parti… Le ragazze se le terranno loro a bordo, clandestinamente, tanto sapranno sicuramente dove e come nasconderle. Poi le useranno come sguattere, o se le sbatteranno un po’ a turno, quando avranno voglia di svagarsi un po’… ah, ah! Sicuramente vedrai che, se gliele portiamo, se le prendono all’istante, garantito! –
– E poi, però… cosa ne faranno di loro? –
– Senti, sinceramente non lo so, ma ora non mi interessa… Girano per mezzo mondo: vedrai che alla fine le rivenderanno come schiave in qualche mercato clandestino dell’Africa o dell’Asia… –
– Cosa? Ma stai scherzando? –
– Assolutamente no… Senti, noi dobbiamo liberarci alla svelta di quelle due, o sarà peggio per noi. Hai qualche idea migliore? Se non sbaglio fino a cinque minuti fa eri qui in preda al panico perché non sapevi come risolvere il problema. Ora che ti offro una soluzione brillante su un piatto d’argento, ti fai venire questi scrupoli? Se vuoi puoi andare di sopra e ammazzarle, fare a pezzi i loro corpi e disperderli chissà dove… Vuoi davvero fare così? Non eri quello che diceva che “non poteva uccidere due ragazze che potrebbero essere sue figlie, così a sangue freddo”? –
– Sì, certo, hai ragione. Mi chiedevo solo se è davvero così sicuro per noi… –
– E perché non dovrebbe esserlo? Le due ragazze spariranno dalla circolazione, qualcuno sicuramente lo denuncerà alla polizia, ma prima che comincino a muoversi davvero e ad indagare, noi saremo già lontani: ti sei scordato che domani arriveranno i capi e nei prossimi giorni qui verrà chiuso tutto? E anche le ragazze nel frattempo saranno come minimo dall’altra parte dell’oceano… Forse toccherà loro fare da concubine ad una banda di maiali, ma sopravviveranno. E se anche un giorno dovessero liberarsi e tornare qui, noi saremo già lontanissimi da un pezzo… –
– Ok, è vero, è la soluzione migliore… Andiamo su a prenderle! In magazzino ci sono delle casse vuote che fanno al caso nostro. –
– Benissimo, vedo che hai già capito perfettamente cosa dobbiamo fare ora… –
* * * * * *
Giorgia prese la sua borsetta. È vero, i due banditi erano stati così stupidi da lasciargliela lì! Eppure lo sapevano benissimo che dentro c’era il suo cellulare, visto che quando Marina aveva provato a chiamarla qualche ora prima, uno dei due era corso su a spegnerlo… Però poi lo aveva lasciato lì. Giorgia provò subito a riaccenderlo, ma mentre si stava avviando il segnale della batteria cominciò a lampeggiare. – Ma no! Proprio oggi dovevo dimenticarmi di ricaricarlo prima di uscire? Su, dai bello, mi basta una telefonata… –
Ma non ci fu nulla da fare: provò a digitare i primi numeri del 112 per chiamare la polizia, ma il cellulare si spense inesorabilmente… E in borsa non aveva né il caricabatterie né il power-bank. Guardò sconsolata verso Marina, che armeggiava ancora con la maniglia della porta sperando invano che potesse aprirsi. – Mi spiace, Giorgia, ma io il mio cellulare non ce l’ho: è rimasto nella mia borsetta, che mi è caduta quando mi hanno buttato a terra per legarmi… – le disse.
Non potevano neanche uscire dalla finestra: erano al primo piano senza terrazza e anche se davanti alla finestra poi c’erano gli alberi del giardino circostante, i loro rami erano troppo lontani per poterli raggiungere e usarli come via di fuga… Per terra però c’erano le corde con cui erano state legate! Se le avessero unite tutte insieme per creare un cordone unico, fissandolo poi ad un punto di aggancio, potevano provare a calarsi in giardino dalla finestra… Beh, al cinema l’avevano visto fare un milione di volte, ma dal vivo? Avrebbe funzionato? Ne sarebbero state capaci? Oltretutto, una volta scese in giardino non sarebbero state ancora in salvo: il cancello ovviamente era chiuso, e da quel che avevano visto era possibile azionare la sua apertura solo dall’interno dell’appartamento. Avrebbero dovuto scavalcarlo allora, ma non sarebbe stato semplice per niente. Forse potevano passare sopra il muro di cinta, provando ad arrampicarsi su qualche albero vicino al muro stesso, ma anche in questo caso le difficoltà non sarebbero mancate di certo. La situazione, insomma, non era assolutamente favorevole…
In alternativa potevano provare, affacciandosi alla finestra, a richiamare l’attenzione dei passanti, ma ormai era tardi e la strada sembrava deserta. Anche le abitazioni sul lato opposto della via erano tutte buie, oltre che molto distanti. La gente ormai era andata a dormire. Per chiedere aiuto avrebbero dovuto urlare, ma questo avrebbe messo in allarme per primi proprio i banditi, che in pochi secondi sarebbero arrivati e le avrebbero catturate per farle stare zitte di nuovo…
Mentre pensava a tutte queste cose, Giorgia rimise il cellulare nella borsetta, e la sua mano trovò inavvertitamente la forcina che quel pomeriggio aveva usato per aprire la porta del magazzino. La tirò fuori con un gran sorriso e si avvicinò alla porta. Marina la guardò perplessa: veramente pensava di poter aprire una porta con quel ridicolo pezzetto di metallo? La lettura dei suoi romanzi gialli le aveva davvero fatto perdere il contatto con la realtà… Ma Giorgia non si lasciò condizionare si inginocchiò davanti al buco della serratura e ci infilò dentro la forcina, che dopo poche sue mosse, si incastrò senza voler più uscire.
Marina guardò la sua amica con un’espressione che pareva più un gesto di compatimento, ma poi restò letteralmente a bocca aperta quando, pochi secondi dopo, Giorgia, come aveva fatto nel pomeriggio, con uno strattone un po’ più forte riuscì ad estrarre la forcina facendo scattare di nuovo la serratura. – Mi è riuscito nello stesso modo anche qualche ora fa con la porta del magazzino. Si vede che oggi è la mia giornata fortunata, almeno con le serrature… – disse a Marina sottovoce, sorridendo. – Ora usciamo in silenzio e vediamo se quei due sono già andati a dormire. –
I due banditi però non erano andati assolutamente a dormire e anzi, in quel momento stavano salendo le scale per andare a prelevare le ragazze e mettere in atto i loro piani. Quindi, arrivati al primo piano, all’inizio del corridoio su cui si affacciava la stanza dove le tenevano prigioniere, accesero la luce, e con loro grande stupore videro che la porta della stanza si stava aprendo…
Orgogliosa per quello che era riuscita a fare, Giorgia strinse la forcina nella sua mano e uscì per prima, seguita da Marina. Il corridoio era buio, come si aspettavano, ma proprio mentre stavano lasciando la loro stanza, la luce improvvisamente si accese. Le ragazze si girarono istintivamente verso la loro destra, spalancando gli occhi per lo spavento quando videro che i due banditi erano proprio lì, a pochi passi da loro. Ma anche i due uomini rimasero per un attimo attoniti nel rendersi conto che quelle due erano riuscite a liberarsi e che ora stavano provando a scappare.
Ci fu un istante di silenzio totale, che però durò solo una frazione di secondo: – Ehi, voi due! Dove credete di andare??? – gridò il primo dei due banditi, furibondo, facendo uno scatto secco per avventarsi sulle due malcapitate. Marina, impietrita per la paura, se lo vide arrivare addosso senza quasi il tempo di reagire. L’unica cosa che riuscì a fare fu dare uno spintone a Giorgia, che le stava davanti e che, come lei, era rimasta un po’ imbambolata di fronte alla vista inaspettata dei loro carcerieri.
– Scappa Giorgia! – Marina gridò con più voce possibile, per spronare la sua amica a fuggire da lì. E infatti Giorgia non se lo fece ripetere due volte, precipitandosi lungo il corridoio nella direzione opposta rispetto a quella da cui stavano arrivando i due uomini.
– Scappa! Vai vi…uhmmm! – L’urlo di Marina si interruppe quasi subito. Il primo bandito le era già piombato addosso e con una mano le aveva tappato la bocca in modo piuttosto brutale, afferrandola con l’altro braccio per impedirle di muoversi. Giorgia se ne rese conto, mentre scappava, ma continuò a correre senza voltarsi. In quel momento non poteva fare altro, anche perché il secondo bandito sicuramente la stava già inseguendo.
E mentre l’istinto le diceva di non fermarsi, la ragione le fece pensare, in quei pochi attimi, che stava andando ad infilarsi in un vicolo cieco, perché le scale per scendere a piano terra erano nella direzione opposta. Ma ormai che poteva fare? Il corridoio non proseguiva oltre e quindi, in preda al panico, entrò in una delle ultime stanze. Il bandito però doveva essere poco dietro di lei e l’avrebbe raggiunta quasi sicuramente in pochi secondi… Si guardò intorno, e vide che in un angolo della stanza, seminascosta da uno scaffale, c’era una scala a chiocciola che scendeva al piano inferiore, da cui proveniva anche un po’ di luce: una via di fuga totalmente inaspettata! Scese di corsa, sicura di non essere stata vista, facendo comunque attenzione a non scivolare su quei gradini a ventaglio così stretti. La luce in effetti era piuttosto debole, perché arrivava da lontano, ma fu più che sufficiente per farle capire che era finita di nuovo nel magazzino dove quel pomeriggio aveva trovato la cocaina e le altre merci di contrabbando, poco prima di essere scoperta e catturata la prima volta.
E a pochi metri da dove si trovava in quel momento c’era quella maledetta porta, quella da cui era entrata aprendo la serratura con la forcina per capelli… Quella forcina che adesso aveva ancora con sé e che le aveva permesso di aprire anche la porta della stanza al piano di sopra. Aveva detto che era la sua giornata fortunata con le serrature, no? Si precipitò alla porta del magazzino, che era chiusa a chiave, e infilò la forcina nel buco, sicura che avrebbe avuto successo anche stavolta. Quella porta era stata l’inizio dei suoi guai, ora poteva essere l’inizio della sua salvezza… Ma l’eccitazione le fece dimenticare per qualche attimo la situazione in cui si trovava.
E furono attimi fatali: mentre Giorgia cercava di aprire di nuovo quella porta, la luce del magazzino si accese, e il riflesso sulla superficie metallica che aveva davanti quasi l’accecò e le fece chiudere gli occhi d’istinto. Nello stesso momento due grosse braccia l’afferrarono da dietro, e una mano le tappò la bocca, prima che potesse urlare. – Mi spiace, dolcezza: ti è andata male anche stavolta! – Le parole del bandito la riportarono alla dura realtà. Come poteva essersi illusa davvero di non essere stata più seguita dopo essere scesa dalle scale?
8.
Giorgia era distesa sul pavimento del magazzino, pancia a terra. I due banditi erano in piedi, sopra di lei e avevano appena finito di legarle le caviglie, unendole con una corda a quelle con cui le avevano legato il busto e i polsi dietro la schiena. Le corde stringevano e le facevano male, ma non poté emettere nessun lamento di dolore, perché era stata imbavagliata con un pezzo di stoffa fra i denti e diversi strati di robusto nastro adesivo argentato che le coprivano tutta la parte inferiore del viso, da sotto il naso fino al mento e a malapena riuscivano a farla respirare.
– Stavolta non riuscirai a liberarti tanto facilmente… – le disse uno dei banditi.
– E questo vale anche per te, bionda! – aggiunse l’altro girandosi verso Marina, che era lì accanto, anche lei legata e seduta per terra con la schiena appoggiata ad una delle casse del magazzino, dove l’avevano portata dopo averla catturata di nuovo, appena uscita dalla sua stanza, imbavagliandola allo stesso modo di Giorgia.
Le due ragazze non poterono far altro che guardare impotenti i due uomini, col terrore stampato negli occhi, perché stavolta avevano davvero paura che le avrebbero eliminate. E la paura aumentò quando, udendo il rumore di un motore diesel, capirono che uno dei banditi era andato a prendere il furgone per parcheggiarlo davanti all’entrata del magazzino: stavano per essere portate via da lì… chissà dove!
La conferma la ebbero dopo pochi istanti: l’uomo che aveva spostato il furgone rientrò e i due presero Marina da terra, uno per le gambe e l’altro per il busto, sollevandola sopra una cassa di legno aperta lì accanto. Marina provò d’istinto a dimenarsi più forte che poteva: non aveva certo voglia di essere chiusa in quella cassa, ma ovviamente non poté far nulla per impedirlo. I banditi dovettero usare un po’ di maniere dure, perché la ragazza cercò in tutti i modi di non essere costretta a piegare le gambe e rannicchiarsi per entrare lì dentro, ma alla fine dovette cedere. Fece appena in tempo a vedere la luce un ultimo istante, prima che il coperchio della cassa fosse posato sopra di lei, lasciandola chiusa in quello spazio buio e stretto, impossibilitata a muoversi e ad urlare.
La cassa fu poi caricata sul furgone, mentre Giorgia assisteva piangendo al trattamento riservato alla sua amica, immaginando che poi sarebbe toccato pure a lei. E infatti, quando la cassa con Marina fu sistemata a dovere, i due banditi scesero dal furgone e si diressero verso di lei, intenzionati a ripetere l’operazione. Anche Giorgia provò a ribellarsi, ma si rese conto ben presto che sarebbe stato completamente inutile. La sollevarono e la chiusero in una seconda cassa, facendo anche meno fatica di quella che avevano dovuto fare poco prima con la sua amica.
Quando anche la cassa con Giorgia fu caricata sul furgone, i due banditi salirono davanti e misero in moto, direzione porto.
* * * * * *
Il furgone arrivò al porto quando mancava poco più di un’ora all’alba, ma il guidatore sapeva benissimo dove andare. Attraccata ad uno degli ultimi moli c’era la nave che il giorno prima aveva portato il carico di cocaina che poi avevano depositato nel magazzino della villetta, che poi sarebbe ripartita da lì a poco. Davanti alla nave c’era un grosso capannone, con una squadra di 6 uomini più il capo, intenta a caricare sulla nave stessa una gran quantità di merce varia prelevata dal magazzino del capannone. Quando videro arrivare il furgone, che si arrestò poco distante dall’ingresso, si fermarono tutti: non aspettavano nessuno per quell’ora e la vista di quel mezzo li insospettì.
Il loro capo si fece avanti per capire di chi si trattasse, ma quando dal furgone scesero i due banditi, li riconobbe e si tranquillizzò. – E voi due cosa ci fate qui? – chiese – Immaginavo che il vostro compito fosse quello di rimanere di guardia alla villetta… so che i vostri capi verranno domani a prelevare tutta la merce. –
Il più vecchio dei due banditi, ovvero quello che conosceva personalmente il capo della ciurma, si fece avanti: – Ecco, vedi, è proprio per questo che siamo venuti qui: vorrei parlarti un attimo. ma preferirei farlo in privato… –
Il capo della ciurma allora si voltò e guardò i suoi uomini, che erano fermi lì dietro di lui proprio come se aspettassero ordini. – Beh, allora? Non avete sentito? Qui non c’è niente che vi riguardi: tornate al vostro lavoro e sbrigatevi, che ancora non avete finito di caricare la nave e manca poco alla partenza… Muovete il culo, branco di sfaccendati! – Gli uomini della ciurma non se lo lasciarono dire una seconda volta e tornarono in fretta ai loro posti di lavoro.
– Allora, cosa c’è? Adesso che siamo soli potete parlare tranquillamente. – chiese il capo ciurma.
– Sono qui perché ho da chiederti un piccolo favore, e sono sicuro che il nome della nostra vecchia amicizia non me lo negherai... – rispose il primo bandito.
– Dipende da cosa hai da chiedermi… Come vedi siamo in un momento delicato e non so se sono nella condizione di aiutarti. –
– Non si tratta di niente di così impegnativo... ti chiedo solo di aggiungere al carico della nave le due casse che abbiamo portato e che si trovano nel furgone. –
– Due casse? E cosa contengono? –
– Sali sul furgone e te lo faremo vedere. –
Il secondo bandito nel frattempo aveva già aperto il portellone, in modo che il capo ciurma potesse vedere le casse in questione. – Mi state facendo veramente incuriosire… – disse salendo sul furgone. – Apritele e vediamo cosa c’è dentro. –
Quando i coperchi delle casse furono tolti, il capo rimase a bocca aperta: tutto si sarebbe aspettato ma non certo di trovare due ragazze legate e imbavagliate, che lo stavano fissando col terrore dipinto negli occhi. – E queste chi sono? Perché le avete rapite? E perché le avete portate qui? – Il tono della sua voce tradì una certa preoccupazione. – Presto, richiudete le casse, prima che gli altri sentano i mugolii delle ragazze! – aggiunse, senza neanche aspettare la risposta alle sue domande.
– Beh, ecco non le abbiamo rapite… – rispose il primo bandito, mentre l'altro richiudeva le casse. – È stato un piccolo incidente di percorso: due ragazze ficcanaso che, per una serie di circostanze, hanno scoperto il nostro traffico. Le abbiamo catturate prima che scappassero, ma non possiamo tenerle da noi… Vedi, i nostri capi non sanno nulla, e sarebbe bene che continuassero a non sapere nulla, e tu sei l'unico che ci può aiutare a farle sparire... Portandole via sulla nave! –
– Ma siete matti? Non potevate eliminarle? Basta scaricare le due casse in mare, anche qui sotto il molo, e ce ne sbarazziamo per sempre…– ribatté il capo ciurma.
– No, senti non vogliamo ucciderle: siamo dei contrabbandieri e dei trafficanti di droga, ma non degli assassini di due ventenni… – il bandito cercò di essere più convincente possibile. – E so che non lo sei neanche tu, ed è per questo che sono venuto da te! –
– Sì, certo, ti capisco e ti do ragione… Ma ti sei reso conto che per me può essere un grosso problema caricare a bordo quelle due? Oltretutto sono a capo di una ciurma di assatanati che non vedono una donna da mesi… Come credi che reagirebbero avendo a portata di mano due bocconcini così, tutte a loro disposizione? Non posso certo tenergliele nascoste… –
Calò un breve silenzio. I due banditi si sentirono in difficoltà e non seppero cosa rispondere. Il capo ciurma allora prese di nuovo la parola: – Sentite, non mi va di discutere stando ancora qui… Venite nella mia stanza e beviamoci un caffè, così ne parliamo con calma. – Detto questo uscirono dal furgone e si avviarono verso la stanza del capo, lontano da occhi indiscreti.
Mentre il capo e i due banditi parlavano fra di loro, gli altri uomini della ciurma erano tornati al lavoro, tranne uno, che, incuriosito, si era avvicinato al furgone senza farsi vedere e, nel momento in cui mostrarono al capo il contenuto delle casse, si era messo ad origliare. Era ancora abbastanza distante, per cui non aveva capito bene cosa stessero dicendo, ma dal tono con cui parlavano aveva compreso che quel contenuto doveva essere molto particolare.
Così, quando il capo scese dal furgone e andò con gli altri due nella sua stanza, tornò dai suoi compagni, raccontando quello che aveva sentito: – Nelle casse che hanno portato quei due tizi deve esserci qualcosa di prezioso. Non ho capito di cosa si tratta, ma sono sicuro che deve essere roba che scotta! L’atteggiamento del capo però non mi è piaciuto: ora è entrato con loro nella sua stanza, senza dirci nulla, e ho il netto sospetto che stia tramando con quei due per concludere qualche affare alle nostre spalle, senza coinvolgerci. Non mi piace affatto… –
Le reazioni degli altri non si lasciarono attendere: – Hai ragione, il capo non può tradirci così! Cosa possiamo fare per impedirglielo però? – chiese uno di loro.
– Lo dobbiamo mettere con le spalle al muro, comportandoci però in modo corretto. – riprese il primo. – Prendiamo quelle casse e portiamole qui in magazzino, ma senza aprirle… Quando il capo e i suoi complici usciranno dalla sua stanza e non le troveranno, gli diremo che sono già qui, perché pensavamo che fossero da caricare sulla nave. A quel punto vedremo come reagirà, e capiremo se davvero sta cercando di tradirci oppure no… –
Gli altri membri della ciurma si guardarono un po’ fra loro e si trovarono subito d’accordo. Quelle casse erano lì a pochi metri di distanza; sarebbero andati subito a prelevarle. Il furgone oltretutto era stato chiuso, ma non a chiave, e quindi non ebbero difficoltà ad entrare e a scaricarle. In sei uomini fecero in un attimo, poi, a portarle dentro il magazzino. Ma qui successe il fattaccio…
Le casse furono posate per terra, in modo tutt’altro che delicato. D’altronde gli uomini della ciurma non potevano certo sapere che al loro interno c’erano due ragazze impacchettate e pronte alla spedizione. E dal loro interno si udirono quindi, anche se un po’ fievolmente, delle smorfie di dolore, emesse da voci femminili…
– Hai sentito? – disse uno degli uomini.
– Che cosa? – rispose uno degli altri.
– Dalle casse! è arrivato una specie di lamento… –
– Sei sicuro? –
– Certo! Cosa credi, che me lo sia sognato? Provate ad agitarle un po’… –
Gli uomini della squadra fecero com’era stato detto loro, e stavolta i lamenti si ripeterono, in modo molto più chiaro, perché tutti erano in silenzio e avevano avvicinato i loro orecchi.
– Qui dentro c’è qualcuno! Presto, apriamole! – Il patto di non aprire le casse senza il capo ormai era saltato, ma d’altronde non si poteva rimanere indifferenti di fronte ad una scoperta del genere…
Il primo coperchio fu tolto rapidamente. Quello che videro li lasciò completamente senza parole: una bella ragazza bionda, sui vent’anni, legata e imbavagliata… Marina, che ormai si era abituata al buio della sua cassa, inizialmente fu accecata dalla luce del magazzino, ma poi rimase letteralmente pietrificata quando si rese conto che diverse facce, che a lei parvero degne di avanzi di galera, la stavano guardando in modo tutt’altro che rassicurante…
Lo stupore dei più infatti si era già trasformato in eccitazione: – Dai, muoviamoci! Apriamo anche la seconda! – La scena ovviamente si ripeté: un’altra ragazza molto giovane, anche lei legata e imbavagliata, con l’unica differenza che era mora invece che bionda…
– Hai capito che furbacchione il nostro capo, eh? – disse uno degli uomini, vagamente contrariato. – Si sta dando al commercio delle schiave bianche senza dirci nulla! E ora quindi è giusto che anche noi possiamo prendere la nostra parte… –
9.
Il capo della ciurma stava ancora discutendo nella sua stanza con i due banditi, ignaro di quello che stava accadendo nel magazzino, mentre ribadiva il concetto già espresso sul furgone.
– Ragazzi, ve lo ripeto, mi state mettendo veramente in difficoltà. Portare quelle due ventenni a bordo, con quella ciurma di assatanati sarebbe un grandissimo problema… Come vi ho detto, sono a “digiuno” di donne da mesi, quindi riuscite anche solo ad immaginare cosa sarebbero capaci di combinare avendo a disposizione due ragazze così giovani e carine? Sarebbero completamente fuori controllo, si scannerebbero fra loro e non riuscirei più a governarli… –
E i fatti, per l’appunto, gli stavano dando pienamente ragione…
* * * * * *
L’uomo che per primo era andato a spiare le mosse del capo, prese la parola: – Non ho nulla in contrario a portare a bordo della nostra nave una merce del genere, ma non ce la carico prima di avere avuto una spiegazione… E soprattutto non prima di averla provata personalmente, eh, eh, eh! –
– Sono d’accordo! – rispose un altro dei membri della ciurma. – E poi, prima di imbarcarla, è sempre giusto dare una “controllata” alla merce che trasportiamo, vero? –
Tutti si trovarono subito in sintonia con gli altri due. D’altronde che cosa intendessero per “controllata” era fin troppo facile da intuire… Erano in sei e, dividendosi in due gruppi da tre, presero le ragazze e le tirarono fuori dalle casse senza tanti complimenti. Marina e Giorgia capirono perfettamente le loro intenzioni e, inorridite al pensiero di quello che quei maiali avrebbero fatto con loro, cominciarono a piangere. Ma le loro lacrime sarebbero servite a ben poco…
Gli uomini della ciurma non ebbero davvero alcun riguardo nei confronti delle ragazze: la loro sensazione di libidine era troppo forte e la voglia di sesso che li pervadeva non fece sconti. Si avventarono su Giorgia e Marina come un branco di lupi sulla preda: le ragazze furono sollevate di peso e appoggiate sopra dei banconi, e i loro vestiti, estivi e leggeri, furono ben presto ridotti a brandelli. Come aveva detto il loro capo, non vedevano una donna da mesi e ora si presentava loro l’occasione per recuperare il tempo perduto: si accanirono come bestie sui loro corpi in tutti i modi possibili, palparono i loro seni, leccarono i loro capezzoli, infilarono mani e dita in tutti i loro orifizi…
Marina e Giorgia piangevano a dirotto in preda alla disperazione, cercando di gridare attraverso i bavagli, che però strozzavano in gola tutte le loro urla, ma il branco ovviamente andava avanti, incurante del dolore e della sofferenza delle proprie vittime. E quando un gruppo aveva finito con una ragazza, si scambiava la vittima e cominciava ad accanirsi sull’altra.
Lo strazio andò avanti per almeno un quarto d’ora, che alle due poverette sembrò non finire mai, ma fu qui che la cupidigia del branco venne inaspettatamente in loro soccorso: uno degli uomini infatti staccò per un attimo la sua bocca dalla vagina di Giorgia, che stava leccando da svariati minuti, e cominciò a slacciarsi i pantaloni: – Ragazzi, tenetela ferma e toglietele il bavaglio, – disse agli altri due, – prima di scoparmela voglio farmi fare un bel pompino! –
Giorgia lo udì, inorridendo, e già stava preparandosi al peggio, ma non ce ne fu bisogno: gli altri due uomini infatti si fermarono e, rivolgendosi al primo, lo affrontarono a male parole: – E perché dovresti scoparla tu per primo? Che diritto ne hai? –
– L’ho deciso io, punto e basta! – rispose l'altro con tono sprezzante. – Voi continuate pure a succhiarle i capezzoli, se vi va… Io adesso voglio trombarmela! Dopo poi lo farete anche voi… –
Ma gli altri due non la intesero affatto, e anzi iniziarono a insultare pesantemente il compare, il quale, ferito nell’orgoglio, perse la calma e mollò un cazzotto in pancia ad uno dei suoi compagni che, colto di sorpresa, stramazzò al suolo. – Non provarti più a rivolgerti a me in quel modo, figlio di puttana! – gli urlò.
Il terzo uomo del gruppo, che aveva assistito incredulo alla scena, non volle rimanere in disparte e si avventò sul primo minacciandolo e brandendo un piede di porco che aveva raccolto lì vicino.
Tutto questo trambusto, che avvenne nel giro di pochi secondi, non passò inosservato agli altri tre membri della ciurma, che nel frattempo stavano sfogando le loro voglie su Marina. Quando videro gli altri azzuffarsi, si fermarono, precipitandosi su di loro per cercare di separarli. – Fermi, razza di idioti! Vi sembra questo il momento di litigare come degli stupidi teppisti? –
Ma gli altri due ormai erano come un fiume in piena e non li stettero neanche ad ascoltare. Ci volle parecchio impegno da parte degli altri per evitare che si scontrassero e si scannassero fra loro. In più, anche quello che aveva ricevuto il primo cazzotto si stava riprendendo, e la voglia di vendetta dipinta nei suoi occhi non prometteva nulla di buono… La situazione stava decisamente degenerando, e questo andò a tutto vantaggio delle due ragazze che, dimenticate da quelle belve, poterono almeno per un attimo liberarsi dall’incubo nel quale erano finite fino a pochi istanti prima.
Il capo stava ancora sorseggiando il suo caffè, seduto ad un tavolo con i due banditi, cercando di trovare una soluzione insieme loro, quando udì un baccano infernale provenire dal magazzino. Si distinguevano chiaramente urla e spintoni e allora, senza indugio, si alzò e corse via. Quando entrò nel magazzino vide che fra i suoi uomini, come aveva immaginato, era iniziata una rissa.
Non era certo la prima volta che succedeva: con quegli avanzi di galera bastava poco ad accendere la miccia, e anche stavolta, pensava, tutto era sicuramente partito per qualche futile motivo, come accadeva quasi sempre. Solo che adesso dovevano finire di caricare la nave e quell’ulteriore perdita di tempo lo stava facendo arrabbiare più del solito. Stava già per urlare ai suoi uomini di smettere, quando spostando lo sguardo poco più avanti vide le due ragazze nude e legate, distese sui banconi…
Allora capì tutto e la sua ira diventò un autentico furore: – Luridi figli di una zoccola in calore!!! Dovevate finire di caricare la nave!!! Come vi siete permessi di andare a prendere le casse su quel furgone??? Guardate come avete ridotto quelle ragazze, maiali schifosi!!! Siete forse qui per questo??? Dovrei riservare una pallottola in fronte a ciascuno di voi e poi darvi in pasto ai pesci del porto, razza di vermi striscianti!!! –
In un attimo nel magazzino calò il silenzio. In un primo momento gli uomini della ciurma, impegnati nella rissa, non si erano neanche accorti della presenza del capo, ma dopo la sua sfuriata si bloccarono immediatamente, senza più far volare una mosca. Si resero perfettamente conto di averla combinata grossa, e non ebbero il coraggio di controbattere.
Anche i due banditi, che nel frattempo erano entrati pure loro nel magazzino e avevano visto quello che era successo, assistendo sia agli ultimi istanti della rissa che alla successiva sfuriata, restarono zitti accanto al capo, un po’ imbarazzati, senza sapere cosa fare. Vedendo Marina e Giorgia in quelle condizioni, poi, cominciarono a pensare che forse avevano avuto idea sbagliata a portarle lì…
Dopo qualche manciata di secondi di silenzio, il membro della ciurma che aveva preso l'iniziativa di portare le casse in magazzino, sapendo che sarebbe stato indicato come il principale responsabile dell’incidente, trovo un po’ di coraggio e prese la parola, dando la sua versione, leggermente alterata, dei fatti: – Capo, sono stato io a dire agli altri che avevo sentito dei rumori provenire da quelle casse dentro il furgone… E allora non abbiamo resistito alla curiosità e siamo andati ad aprirle… Quando abbiamo visto che dentro c’erano queste due ragazze, non abbiamo più resistito… La carne è debole, lo sai… Però tu non ci avevi detto che avevi cominciato a trattare anche il commercio di schiave… –
– Ma quale tratta di schiave, imbecille! Sono solo due ragazze un po’ troppo curiose, che hanno scoperto troppe cose a casa di questi miei amici, – rispose il capo. – Le hanno catturate e le hanno portate qui perché le portassi via sulla nave… Ero indeciso se farlo o no, proprio perché conoscendovi sapevo che mi avreste causato dei problemi, e ora mi avete dato la conferma che avevo ragione. Quindi chiederò ai miei amici di riprendersele e riportarle a loro covo… –
I due banditi imprecarono mentalmente: il loro piano stava decisamente fallendo… Ma proprio in quel momento gli uomini della ciurma fecero quadrato e si rivolsero al capo con tono fermo e deciso: – No, ti prego lasciacele portare sulla nave… – disse uno di loro, che fece da portavoce per tutto il gruppo. – Tu ci devi capire: non vediamo una donna da mesi, e trovare questi due bocconcini prelibati ci ha letteralmente fatto perdere la testa… Ora però ci siamo sfogati e abbiamo placato per un po’ i nostri istinti… Credici, le ragazze ci faranno un gran comodo sulla nave e potranno continuare a calmare il nostro nervosismo quando sentiremo ancora queste voglie… Naturalmente sapremo come regolarci, ma tu lascia che le portiamo con noi! –
In questo frangente Marina e Giorgia, sempre legate e imbavagliate e ancora prive dei loro vestiti, non poterono far altro che ascoltare tutti questi discorsi, piangendo e singhiozzando al pensiero di essere trattate come degli oggetti sessuali a disposizione di un branco di belve assatanate…
Il capo restò in silenzio per qualche secondo poi sospirò: – E va bene! Portatele pure sulla nave, ma prima finite di caricare il resto della merce, che per colpa di questo incidente siete restati indietro, e ormai è quasi l’alba… Muovete subito il culo, stupidi idioti, e cercate di recuperare il tempo perso! E non lasciate le ragazze in quelle condizioni: almeno copritele, razza di incivili! Ah, e poi per ora lasciatele qui: le porterete sulla nave solo dopo che avrete finito col resto del lavoro… –
Ristabilito l’ordine ed entusiasta per le parole del capo, la ciurma parti all’istante, riprendendo a marciare come una squadra perfettamente organizzata, cominciando a caricare la merce restante sulla nave, non prima però di aver preso due robusti sacchi di tela per chiuderci dentro Giorgia e Marina. Le due ragazze si trovarono così per l’ennesima volta ad essere trattate come merce da trasporto, e cercarono di opporre un po’ di resistenza mentre gli uomini le infilavano dentro i sacchi, ma ormai erano allo stremo delle forze e la resistenza che opposero fu veramente scarsa.
Nel frattempo il capo della ciurma era tornato con i due banditi nella sua stanza. – Alla fine abbiamo avuto fortuna: – disse, – l’incidente causato dai miei uomini è servito a risolvere i nostri problemi… Sapevo perfettamente che la presenza delle due ragazze avrebbe scatenato i loro istinti in questo modo, ma avevo paura che tutto questo sarebbe successo dopo essere partiti. Invece, come avete visto, si sono già sfogati, e io li ho già redarguiti a dovere. Ora anche con le ragazze a bordo sarà più facile imporre loro un minimo di disciplina… Oltretutto, se avessi negato il permesso di portarle sulla nave, avrei rischiato seriamente l’ammutinamento… ma questo resti fra noi, ah, ah, ah! –
La risata finale del capo suggellò l’accordo, e i due banditi si sentirono finalmente sollevati: il loro piano aveva rischiato di fallire ma ora si era concluso nel migliore dei modi. Così ringraziarono il capo, lo salutarono e risalirono sul furgone, tornando verso la villetta, sicuri che i problemi causati dalla presenza delle due ragazze si erano finalmente risolti…
10.
In poco tempo la merce che ancora non era stata caricata fu portata tutta sulla nave, finendo il lavoro con ampio margine prima dell’orario di partenza previsto. Restavano da prendere soltanto Marina e Giorgia, legate, imbavagliate e chiuse dentro i loro sacchi, che per tutto il tempo erano rimaste in un angolo del magazzino, con l’ordine che nessuno le toccasse, come aveva preteso il capo. Il quale, quando il lavoro fu tutto finito, vide il risultato e si complimentò con i suoi uomini.
– Bene, bene! – disse. – Questa è la dimostrazione che, quando volete, siete in grado di fare il vostro lavoro in modo davvero eccezionale… E scommetto che stavolta il merito è tutto di quelle due là, vero? Il pensiero che dopo ve le sareste potute godere in santa pace vi ha messo le ali ai piedi, ah, ah, ah! E allora adesso prendetele e portatele pure sulla nave, vecchi maiali! Ve le siete meritate… –
I suoi uomini non se lo fecero ripetere due volte: due di loro raccolsero i due fagotti da terra e se li caricarono in spalla. Dall’interno dei due sacchi continuavano a provenire dei mugolii di protesta, ma questo com’era ovvio non servì minimamente ad impietosire i membri della ciurma che, anzi, erano sempre più ansiosi di poter “scartare” i fagotti stessi per potersi gustare il contenuto…
E infatti, mentre le portavano sulla nave, discussero fra loro sulle regole da seguire per dividersi il tempo a disposizione con le ragazze nel modo più equo possibile. Stabilirono che un turno di quaranta minuti a testa al giorno sarebbe stato più che sufficiente: avrebbero facilmente trovato una cabina con dei letti su cui immobilizzarle per dare sfogo ai loro istinti sessuali, e mentre due di loro si divertivano con le ragazze, gli altri quattro sarebbero rimasti fuori di guardia, perché ovviamente nessun’altra persona presente sulla nave, a parte il loro capo, avrebbe dovuto sapere della presenza a bordo delle due clandestine. Prima di iniziare i “turni”, avrebbero concesso loro un po’ di tempo nei bagni riservati alla ciurma per potersi fare una doccia e sistemare un po’ (ovviamente sotto stretta sorveglianza della ciurma stessa), oltre a consumare un breve rancio, dopodiché, finito il divertimento, le avrebbero riportate nella stiva, in una zona della nave di loro competenza esclusiva, dove nessun altro poteva accedere, sempre legate e imbavagliate e chiuse dentro quei sacchi, in modo da rendere impossibile ogni loro eventuale tentativo di liberazione e di fuga.
Il “rituale” sarebbe cominciato quel giorno stesso, ma più tardi, quando la nave, dopo essere salpata, sarebbe già stata al largo, in alto mare. Ora infatti c’erano da completare le operazioni per la partenza, e l’unica cosa da fare era portare i sacchi nella stiva e nasconderli dentro un piccolo container, che solo loro avrebbero saputo cosa conteneva…
Marina e Giorgia sentirono tutto, e capirono che il se il destino non le avesse aiutate, il futuro prossimo venturo sarebbe stato per loro un vero incubo… Ma in quel momento erano assolutamente impotenti: dopo che gli uomini della ciurma le ebbero portate nel nascondiglio stabilito, sentirono il rumore di un portellone metallico che si chiudeva, mentre tutto si faceva scuro, e si resero conto di essere state adagiate sul pavimento del container. Ovviamente, chiuse dentro quei sacchi e al buio più completo, non potevano vedersi, ma emettendo i pochi mugolii che i bavagli permettevano loro, riuscirono a guidarsi a vicenda e, strusciando sul pavimento, si fecero incontro, l’una verso l’altra, finché non sentirono di essere arrivate spalla contro spalla. Qui i mugolii con i quali si erano richiamate cessarono, e provarono entrambe a scandire delle parole di conforto per l’amica che avevano accanto, in modo da farsi vicendevolmente coraggio, anche se dalle loro bocche tappate col nastro adesivo uscirono solo dei suoni sconclusionati e incomprensibili; ma questo fu loro ugualmente sufficiente per calmarsi un po’, consapevoli che, comunque, erano ancora insieme e, da grandi amiche quali erano, avrebbero condiviso anche la cattiva sorte che le attendeva e forse, sarebbero riuscite a superarla.
* * * * * *
Ormai era davvero tutto pronto per far salpare la nave. La ciurma aveva completamente liberato il magazzino, e il capo aveva preso con sé tutti i documenti ufficiali per il trasporto delle merci. Documenti che, nella realtà, gli servivano a coprire i loschi traffici di contrabbando che lui e la sua ciurma portavano avanti ormai da anni.
Stava andando tutto come prestabilito, ma proprio quando stavano per salire definitivamente sulla nave, il capo capì che c’era qualcosa che non andava. Fu più che altro una sensazione dettata dal suo istinto di contrabbandiere e trafficante di vecchia data. Un istinto che mille volte negli anni precedenti gli aveva consentito di annusare il pericolo prima che si manifestasse e che gli aveva permesso di dileguarsi in tempo prima di finire nei guai…
Ma stavolta non fu sufficiente: senza che lui se ne fosse reso conto, se non quando ormai era troppo tardi, il molo si era riempito in un attimo di decine di auto della polizia dei reparti speciali antidroga. Erano arrivati lì in silenzio, senza che nessuno se ne accorgesse, e in pochi secondi circondarono tutto il magazzino e il piazzale adiacente, compreso il ponte di accesso alla nave.
Il capitano e la ciurma si trovarono in trappola, con decine di armi puntate ai loro petti, senza la minima possibilità di fuga.
– Siete tutti in arresto! – ordinò la voce del capo-poliziotto che coordinava le operazioni, armato di megafono – Arrendetevi senza opporre resistenza e sarà meglio per voi. Avete il diritto di rimanere in silenzio, ecc. ecc. –
I malviventi alzarono tutti le mani al cielo, rendendosi conto che non c’era più scampo. Qualcuno di loro in realtà aveva una pistola a portata di mano, ma capì che se anche avesse accennato ad usarla, sarebbe finta con una carneficina: i fucili dei poliziotti erano tutti puntati contro di loro e sembrava davvero che non avessero molta voglia di rimanere inoperosi. Non poterono far altro che arrendersi… Il sogno di un bel viaggio in nave allietato dalla presenza di due giovani fanciulle che avrebbero rallegrato le loro giornate, era già finito, ancor prima di cominciare. Ben preso si trovarono tutti con le mani ammanettate dietro la schiena, mentre i poliziotti li facevano salire su varie camionette giunte apposta per portarli in questura.
Un’intera squadra di poliziotti salì invece a bordo della nave, con l’ordine di perquisirla tutta, da capo a piedi. Una nave da carico merci però non è esattamente una barchetta, e l’operazione sarebbe durata delle ore. Ovviamente fu data priorità alla stiva, dove era più probabile rintracciare la merce di contrabbando che la polizia cercava.
* * * * * *
Giorgia e Marina erano ancora assieme, nel buio del container. Dopo che si erano rese conto di essersi ritrovate una a fianco dell’altra, si erano un po’ calmate, consapevoli che in quella situazione, da sole, non potevano fare davvero nulla per salvarsi. In un certo senso stavano cominciando a rassegnarsi al loro destino, anche se Marina ad un certo punto avvertì chiaramente che Giorgia aveva ricominciato a piangere. Chissà, forse i sensi di colpa per averla trascinata, seppur involontariamente, in quell’inferno, avevano riiniziato a farsi sentire… Avrebbe voluto parlare dolcemente alla sua amica, per dirle che le voleva bene, che era lì con lei e che non le avrebbe mai serbato rancore, qualunque cosa fosse successa, ma l’emozione che provò fu davvero troppo forte, e anche lei cominciò a piangere.
Ad un certo punto però successe qualcosa… Tutto intorno, fino a quel momento, c’era stato un gran silenzio. Dopo che gli uomini della ciurma le avevano portate lì, nascondendole nel container, i loro orecchi non avevano più sentito praticamente alcun rumore provenire dall’esterno. Ora invece, all’improvviso si erano cominciate a sentire delle voci… Già, tantissime voci di uomini, ma anche di donne, e non si riusciva a capire cosa dicessero: – Cercate… Guardate… Aprite… – E molte voci sembravano provenire da dei megafoni…
“Oddio! Ma questa forse è la polizia!” Una luce di speranza si riaccese nella mente di Giorgia: nei suoi romanzi alla fine arrivava sempre la polizia, e tutto finiva al meglio: i cattivi venivano arrestati (o addirittura morivano) e i buoni trionfavano e, se erano stati catturati, ovviamente venivano liberati. E allora non ci vide più: in un attimo le lacrime sparirono e cominciò a gridare attraverso il suo bavaglio e a muovere le gambe, per sbattere i piedi contro il pavimento metallico del container.
– MMMMHHHH!!!! MMMMHHHH!!!! MMMMHHHH!!!! – TUMP! TUMP! TUMP!
Marina non ebbe la prontezza di Giorgia, ma poi, sentendo che l’amica si era di improvviso svegliata e aveva cominciato a fare tutto quel baccano, capì anche lei che le voci che sentiva da fuori potevano essere davvero la loro salvezza, e così cominciò a fare lo stesso, anche lei con tutta la poca forza che, dopo quella notte d’infermo, le era rimasta.
Un paio di agenti che si trovavano vicino al container furono d’un tratto richiamati da dei rumori sospetti: – Ehi, hai sentito anche tu? – Chiese uno dei due.
– Sì, sembrano delle voci femminili che vengono da qui vicino, – rispose l’altro, – ma non riesco a sentirle bene e a capire esattamente da dove arrivino… stiamo un attimo in silenzio e cerchiamo di ascoltarle più attentamente. –
Ci volle qualche minuto, ma poi l’origine dei rumori fu individuata con precisone. I poliziotti si ritrovarono così davanti al portellone del container e lo aprirono. Per terra c’erano due sacchi di tela che si muovevano, strusciando sul pavimento ed emettendo dei mugolii forti e continui, e in un primo momento gli agenti si spaventarono, ma senza perdere la lucidità necessaria. – Ci sono delle persone dentro quei sacchi! Apriamoli, presto! –
Le teste di Giorgia e Marina spuntarono fuori, con la bocca incerottata, continuando a mugolare e tornando finalmente a vedere la luce dopo qualche ora. I poliziotti, ancora sorpresi, cercarono di essere più delicati possibile nel togliere i nastri adesivi dalle loro bocche, ma l’operazione fu inevitabilmente un po’dolorosa, visto che la colla ormai aveva aderito saldamente sulla pelle delle loro guance.
Tolto il bavaglio, Marina e Giorgia poterono respirare finalmente a pieni polmoni. L’incubo era finito! Le loro guance effettivamente erano diventate rosse e facevano male, ma in quel momento non ci fecero caso… Si guardarono l’un l’altra e cominciarono a piangere e ridere allo stesso tempo.
– Signorine, non temete, siamo della polizia e siamo qui per liberarvi! – Gli agenti, seguendo la prassi. dettero le loro spiegazioni e si apprestarono a sfilare i sacchi che ancora le coprivano. Ma si fermarono quasi subito, arrossendo per l’imbarazzo, quando si resero conto che le due ragazze, sotto, erano completamente nude.
– Ehm… tu resta qui, io vado a chiamare il tenente! – disse uno dei due poliziotti all’altro.
E infatti poco dopo arrivò il tenente, che era una donna, insieme ad altri due agenti, anch’esse donne. I due uomini si allontanarono andando a completare la loro perquisizione, mentre le due ragazze furono slegate e liberate completamente dai sacchi, e furono dati loro dei grossi teli di stoffa, in modo che potessero coprirsi.
– Ok, ragazze, vedo che state bene per fortuna! Ora vi portiamo in centrale, dove potrete sistemarvi e rivestirvi, dopodiché credo che avrete parecchie cose da raccontarci… – disse il tenente, indicando alle due poliziotte che le accompagnassero sulle auto dirette in questura.
Giorgia e Marina erano quasi allo stremo delle forze, e risposero sottovoce, per monosillabi. Ma la gioia nei loro cuori in quel momento era davvero indescrivibile.
11. (EPILOGO)
In questura le due ragazze ricevettero della biancheria, oltre a magliette, pantaloncini e scarpe per potersi rivestire decentemente. Fu data loro anche una rapida colazione con cappuccino e brioches, in modo che potessero riaversi e riacquistare un minimo di forze.
Interrogate dal questore in persona, raccontarono tutto quello che era accaduto loro, dalla sera precedente fino alle luci dell’alba. La polizia, come vennero a sapere subito dopo, era da tempo sulle tracce dei trafficanti del porto, e aveva organizzato un blitz proprio per quella mattina, per catturarli e recuperare la merce (operazione andata a buon fine, come avevano potuto vedere), ma non sapevano nulla sul punto d’appoggio costituito dalla villetta dove era cominciata la loro disavventura e sulla banda che gestiva i traffici attorno ad essa.
Giorgia allora, colta l’occasione al volo, non si fermò al racconto dei fatti dell’ultima giornata, ma parlò anche dei suoi sospetti iniziati i mesi precedenti, e di tutto quello che aveva potuto osservare in questo periodo, scusandosi quasi per non aver sporto nessuna denuncia, dal momento che i suoi sospetti non erano sufficientemente supportati da fatti concreti che potessero dare loro conferma. I particolari che lei e Marina raccontarono alla polizia furono comunque utilissimi per allargare le indagini che, ben presto, portarono all’arresto dei membri dell’organizzazione criminale al completo, compresi i due uomini che le avevano catturate e portate al porto.
Pochi giorni dopo, fu così organizzata una grande conferenza stampa, alla quale furono invitate a partecipare anche Marina e Giorgia, presentate ai giornalisti come due private cittadine che, loro malgrado, si erano trovate coinvolte negli affari della banda (anche se ovviamente, per motivi di privacy non furono rivelati i particolari del loro rapimento e del loro ritrovamento da parte della polizia) e che pertanto, grazie alle loro testimonianze, avevano fornito alla polizia le informazioni e le prove necessarie per portare a termine l’operazione con successo.
Le domande dei giornalisti alle due ragazze, dopo un po’ finirono per concentrarsi sulla loro vita privata, chiedendo se erano fidanzate, quale facoltà frequentavano, se avevano intenzione di arruolarsi nelle forze dell’ordine, e così via.
Una reporter, rivolgendosi a Giorgia, le chiese: – Signorina, so che lei è un’accanita lettrice di romanzi gialli. Questa passione le è servita come ispirazione durante la vicenda che l’ha vista coinvolta insieme alla sua amica? –
– Romanzi gialli?!? – Giorgia sgranò gli occhi. – No, guardi, lei si sbaglia: – rispose un po’ sdegnata, – io leggo soltanto romanzi Harmony! –
FINE
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