Le lacrime delle donne 2/8
di
RunningRiot
genere
sentimentali
Con un "buongiorno capo" Annalisa è già dentro l'ufficio. La fascia bianca che le assicura il braccio al collo crea un contrasto assoluto con il total black dell'abbigliamento. Giacca, pantaloni, camicia, scarpe. L'unico colore è l'oro della collanina che ha al collo.
- Grazie per aver bussato, Annalisa. Come stai?
A parlare è il capo del Caos, la supersegreta Cyber Agenzia Operativa per la Sicurezza che si occupa di intelligence e contrasto al terrorismo. E' il superiore diretto di Annalisa.
- Sublussazione a una clavicola, lividi su tutta la parte destra del corpo, trauma cranico, abrasioni sparse. A parte questo, male grazie.
- Te la sei vista brutta.
- No, non tanto.
- Ti avevo sconsigliato di andare da sola, sei una testona. Potevamo seguire quel Fouad con il drone e beccarli lo stesso, magari tutti vivi.
- E' vero, in generale sono una testona. Ma altrimenti non ce l'avremmo fatta. Fouad ha cambiato strada otto volte, ha fatto la galleria, è entrato e uscito dal raccordo... saremmo arrivati tardi.
- Invece ora abbiamo "la strage di Massimina": cinque morti, un'auto esplosa, un'altra distrutta, un parcheggio sventrato da un missile... una scena da guerra, non esattamente la discrezione che ci contraddistingue. C'era un'indagine che andava avanti, poi sei tornata tu ed ecco quello che succede...
- Sono ancora il capo della sezione "terrorismo islamico", vero?
- Sì, certo.
- E allora decido io cos'è il meglio. Tanto per cominciare, l'indagine languiva. Inoltre, se quel coglione non avesse dato ordine di tirarmi fuori dalla macchina i morti sarebbero stati due, massimo tre. E poi, cazzo, ma è proprio lei che mi viene a parlare di guerra? Va bene nascondere la pistola sotto il sedile, ma che cazzo di cannone mi avete dato? E' stato quello a spaccarmi la spalla!
- Sapevamo che poteva essere una situazione complicata e volevamo che tu avessi più potenza di fuoco possibile.
- Alla faccia della potenza di fuoco, potevate darmi un bazooka! Da quando compriamo le pistole dagli israeliani?
- Oh.. uh... le stanno dismettendo, c'era una partita in offerta... si sono accorti che erano più adatte per la caccia all'orso, ma dalle loro parti non è che ci siano tutti questi orsi.
- E il drone? Che cazzo di missile ha lanciato? Pensavate di stare a Herat?
- Di aria-terra più piccoli non ne fanno, Annalisa... peccato aver dovuto eliminare quel Fouad, non capita tutti i giorni di mettere le mani su un italiano radicalizzato.
- Ma quale radicalizzato, capo, incamminiamoci che le spiego.
Mentre percorrono il corridoio Annalisa racconta al suo superiore come è arrivata a Fouad e a sapere dell'incontro con i siciliani. L'oggetto di quell'incontro era la compravendita di una grossa partita di armi destinata ai fondamentalisti islamici. "E comunque Fouad non era manco per niente un radicalizzato, era un coglione che ad un appuntamento così s’è portato appresso una zoccoletta. Della religione non gliene fregava un cazzo, a lui interessavano i soldi, le belle macchine, la coca e la figa. In una settimana se n'è portate a casa tre diverse", "Te compresa...", "No, io ero la quarta". "Quello che non capisco è perché la Mafia si metta a trafficare con questi, in teoria li dovrebbe odiare!". "Capo, lei è cresciutello e ha una certa esperienza, che cazzo di domande fa? Business is business, pecunia non olet e le stagioni non sono più quelle di una volta", risponde Annalisa aprendo la porta di una stanza.
Una stanza molto spoglia: un massiccio tavolo di ferro e tre sedie. Al tavolo siede l'ometto, il capo dei siciliani fatto prigioniero da Annalisa dopo la sparatoria. Ha i polsi bloccati da due fasce d'acciaio fissate al tavolo. Annalisa si incarica di presentarlo al capo.
- Salvatore Lovecchio, signore, armiere di Cosa Nostra. Non lo chiamano Totò 'u curtu per rispetto a Riina ma, come vede, è abbastanza corto.
- E come lo chiamano?
- E come lo chiamano? E che ne so? Lo chiameranno Totò Lovecchio, io però preferisco Pisellino... non mi guardi così, capo, l'ho solo perquisito.
- E basta! - sbotta il mafioso - chiudi chidda vucca da bottana!
- Io. Preferisco. Chiamarlo. Pisellino - ripete Annalisa scandendo e guardandolo severa.
- J'è nicissaria chista troia? - domanda il mafioso rivolgendosi al capo del Caos.
- Dai Pisellino, non fare così...
- Annalisa, dai... - le fa il capo.
- Sempre solidali, eh? Ok. Il qui presente gentiluomo Lovecchio è disposto a collaborare e a dirci tutto quello che sa, assicura lui. Poi bisogna vedere se è vero. Comunque lo scambio sarebbe il solito: sconto di pena, protezione, nuova identità.
- E' così, Lovecchio? - domanda il capo - perché se è così cominci subito a dire quello che sa.
- E 'u magistrato? - domanda Pisellino.
- Verrà - promette il capo - lei deve capire che abbiamo un bisogno immediato delle sue informazioni.
- Vogghiu parrari cu’ 'u magistrato.
Annalisa stacca un manganello da sotto il bordo del tavolo e colpisce due volte con violenza la mano mancina del mafioso, che urla e impreca di dolore e disperazione quasi volesse vendicarsi spaccandole le orecchie. La ragazza rivolge una smorfia tranquillizzante al suo capo, come se volesse dirgli "tanto la stanza è insonorizzata".
- Pisellino - dice Annalisa con dolcezza all'uomo piangente - una mano ha ventisette ossa, io te ne ho rotte a occhio e croce una quindicina. Se non parli subito finisco il lavoro e passo ai denti, poi alle clavicole, ai gomiti e alle ginocchia. La destra te la lascio sana così puoi firmare la deposizione, poi mi occupo anche di quella... e sii bbono, no? Il capo t'ha appena detto che c'abbiamo fretta e tu rompi il cazzo con il magistrato? Poi te lo chiamiamo il magistrato, stai sereno. Che dici?
L'uomo scrolla la testa facendo segno di sì. Annalisa tira fuori un registratore dalla borsa e poi una siringa. "Sta fermo che te faccio 'na punturina su, ammamma, su...". "Cosa j'è?". "Morfina, Pisellino, mò vedi che te passa il doloruccio".
In due ore e mezza Totò Lovecchio vuota il sacco. Nomi, covi, relazioni, coordinate bancarie, strategie, rapporti con i terroristi. Ad Annalisa e al suo capo interessano per la verità solo questi ultimi, ma tutto contribuisce a dare un quadro della situazione. Alla fine il siciliano appare provato, la mano ricomincia a fare molto male. Annalisa lo consola con un sorriso e una carezza, prende un'altra siringa e gli fa la seconda iniezione, stavolta sulla giugulare: "Dai, mò passa". Dopo dieci secondi Lovecchio inizia a tremare violentemente e a spumare bava dalla bocca. Al quindicesimo secondo è morto.
- Cos'era? - chiede il capo.
- Uh... eroina purissima, ce l'aveva in tasca uno dei suoi. Ne sarebbe bastato un decimo ma, lei mi insegna, melius abundare quam deficere. In teoria doveva metterci un minutino a crepare... Boh, magari soffriva di cuore.
- Che ne facciamo?
- Direi crematorio di Prima Porta dentro la bara di qualcun altro, non era così top da meritare un funerale di lusso.
- Anche perché i tuoi metodi, Annalisa, ultimamente ci sono costicchiati parecchio.
- Scusi, eh, capo. Anche portare l'amichetta sulla costiera amalfitana a spese dell'Agenzia un po' costicchia, no? Per non parlare del fatto che, tendenzialmente, sarebbe un reato visto che ha diciassette anni. Sono curiosa di sapere cosa racconta a quelli del resort, che è la sua nipotina?
- Annalì, quante carte d'identità fasulle c'hai a casa? - risponde il capo.
- Ma quelle le uso per la-vo-ro… Vabbè, che ci facciamo con quello che ha detto il qui presente trapassato?
- Mah, le faremo filtrare alla Dia in qualche modo, anche se sapranno quasi tutto – risponde il capo.
- Sì ma le cose nostre? Io ho avuto l’impressione che fosse sincero, però non ci ho capito un cazzo. Che significa “queste cose le fanno i calabresi”? Perché non se l’è fatto spiegare?
- Perché era chiaro, Annalì, è la ‘ndrangheta che vende le armi a quelli.
- Sì, però a trattare con Fouad c’era la Mafia…
- Ha detto anche questo, “era una cortesia”. Significa che le armi erano la contropartita per qualcos’altro. Un carico di droga probabilmente.
- Non ne sappiamo molto più di prima, capo.
- Beh, non è vero. Abbiamo il nome del mafioso che ha messo in contatto Lovecchio e Fouad. E’ stato lui a fare il patto con la ‘ndrangheta.
- Peccato che a noi di Mafia e ‘ndrangheta non ce ne frega un cazzo, mica possiamo metterci a cercare pure loro…
- Annalisa, tanto per cominciare ringrazia il cielo che tutti quelli che stavano in quel parcheggio quella sera sono morti, tranne te. Altrimenti saresti stata tu a essere molto ricercata. E poi: tu trovi il mafioso, ti fai dire chi è il suo contatto nella ‘ndrangheta e da questo ti fai dire chi è il suo contatto tra i terroristi. Semplice, no?
- Semplice, capo. Tutta gente molto loquace, tra l’altro…
- Mica debbono necessariamente parlare loro, siamo una agenzia di cyber intelligence, no?
- Ok, mi rimetto un po’ a posto e mi do da fare.
- Annalì, dietro a un cazzo di computer ci puoi stare anche con un braccio al collo…
- Grazie della comprensione, signore.
- Prego. Piuttosto dimmi: come stai davvero?
- Non è passata, capo, non è passata... Posso pure buttarmi nel lavoro ma, appena mollo, non faccio altro che pensare a Valentina. E' come averla sempre a un metro da me e non poterla raggiungere mai.
- Abbiamo il nostro strizzacervelli, è bravo, perché non ci vai?
- Ma mi faccia il piacere, lei ci andrebbe?
- Io ci vado.
- Davvero?
- Annalisa, ma tu pensi che il mio lavoro sia facile?
2. CONTINUA
- Grazie per aver bussato, Annalisa. Come stai?
A parlare è il capo del Caos, la supersegreta Cyber Agenzia Operativa per la Sicurezza che si occupa di intelligence e contrasto al terrorismo. E' il superiore diretto di Annalisa.
- Sublussazione a una clavicola, lividi su tutta la parte destra del corpo, trauma cranico, abrasioni sparse. A parte questo, male grazie.
- Te la sei vista brutta.
- No, non tanto.
- Ti avevo sconsigliato di andare da sola, sei una testona. Potevamo seguire quel Fouad con il drone e beccarli lo stesso, magari tutti vivi.
- E' vero, in generale sono una testona. Ma altrimenti non ce l'avremmo fatta. Fouad ha cambiato strada otto volte, ha fatto la galleria, è entrato e uscito dal raccordo... saremmo arrivati tardi.
- Invece ora abbiamo "la strage di Massimina": cinque morti, un'auto esplosa, un'altra distrutta, un parcheggio sventrato da un missile... una scena da guerra, non esattamente la discrezione che ci contraddistingue. C'era un'indagine che andava avanti, poi sei tornata tu ed ecco quello che succede...
- Sono ancora il capo della sezione "terrorismo islamico", vero?
- Sì, certo.
- E allora decido io cos'è il meglio. Tanto per cominciare, l'indagine languiva. Inoltre, se quel coglione non avesse dato ordine di tirarmi fuori dalla macchina i morti sarebbero stati due, massimo tre. E poi, cazzo, ma è proprio lei che mi viene a parlare di guerra? Va bene nascondere la pistola sotto il sedile, ma che cazzo di cannone mi avete dato? E' stato quello a spaccarmi la spalla!
- Sapevamo che poteva essere una situazione complicata e volevamo che tu avessi più potenza di fuoco possibile.
- Alla faccia della potenza di fuoco, potevate darmi un bazooka! Da quando compriamo le pistole dagli israeliani?
- Oh.. uh... le stanno dismettendo, c'era una partita in offerta... si sono accorti che erano più adatte per la caccia all'orso, ma dalle loro parti non è che ci siano tutti questi orsi.
- E il drone? Che cazzo di missile ha lanciato? Pensavate di stare a Herat?
- Di aria-terra più piccoli non ne fanno, Annalisa... peccato aver dovuto eliminare quel Fouad, non capita tutti i giorni di mettere le mani su un italiano radicalizzato.
- Ma quale radicalizzato, capo, incamminiamoci che le spiego.
Mentre percorrono il corridoio Annalisa racconta al suo superiore come è arrivata a Fouad e a sapere dell'incontro con i siciliani. L'oggetto di quell'incontro era la compravendita di una grossa partita di armi destinata ai fondamentalisti islamici. "E comunque Fouad non era manco per niente un radicalizzato, era un coglione che ad un appuntamento così s’è portato appresso una zoccoletta. Della religione non gliene fregava un cazzo, a lui interessavano i soldi, le belle macchine, la coca e la figa. In una settimana se n'è portate a casa tre diverse", "Te compresa...", "No, io ero la quarta". "Quello che non capisco è perché la Mafia si metta a trafficare con questi, in teoria li dovrebbe odiare!". "Capo, lei è cresciutello e ha una certa esperienza, che cazzo di domande fa? Business is business, pecunia non olet e le stagioni non sono più quelle di una volta", risponde Annalisa aprendo la porta di una stanza.
Una stanza molto spoglia: un massiccio tavolo di ferro e tre sedie. Al tavolo siede l'ometto, il capo dei siciliani fatto prigioniero da Annalisa dopo la sparatoria. Ha i polsi bloccati da due fasce d'acciaio fissate al tavolo. Annalisa si incarica di presentarlo al capo.
- Salvatore Lovecchio, signore, armiere di Cosa Nostra. Non lo chiamano Totò 'u curtu per rispetto a Riina ma, come vede, è abbastanza corto.
- E come lo chiamano?
- E come lo chiamano? E che ne so? Lo chiameranno Totò Lovecchio, io però preferisco Pisellino... non mi guardi così, capo, l'ho solo perquisito.
- E basta! - sbotta il mafioso - chiudi chidda vucca da bottana!
- Io. Preferisco. Chiamarlo. Pisellino - ripete Annalisa scandendo e guardandolo severa.
- J'è nicissaria chista troia? - domanda il mafioso rivolgendosi al capo del Caos.
- Dai Pisellino, non fare così...
- Annalisa, dai... - le fa il capo.
- Sempre solidali, eh? Ok. Il qui presente gentiluomo Lovecchio è disposto a collaborare e a dirci tutto quello che sa, assicura lui. Poi bisogna vedere se è vero. Comunque lo scambio sarebbe il solito: sconto di pena, protezione, nuova identità.
- E' così, Lovecchio? - domanda il capo - perché se è così cominci subito a dire quello che sa.
- E 'u magistrato? - domanda Pisellino.
- Verrà - promette il capo - lei deve capire che abbiamo un bisogno immediato delle sue informazioni.
- Vogghiu parrari cu’ 'u magistrato.
Annalisa stacca un manganello da sotto il bordo del tavolo e colpisce due volte con violenza la mano mancina del mafioso, che urla e impreca di dolore e disperazione quasi volesse vendicarsi spaccandole le orecchie. La ragazza rivolge una smorfia tranquillizzante al suo capo, come se volesse dirgli "tanto la stanza è insonorizzata".
- Pisellino - dice Annalisa con dolcezza all'uomo piangente - una mano ha ventisette ossa, io te ne ho rotte a occhio e croce una quindicina. Se non parli subito finisco il lavoro e passo ai denti, poi alle clavicole, ai gomiti e alle ginocchia. La destra te la lascio sana così puoi firmare la deposizione, poi mi occupo anche di quella... e sii bbono, no? Il capo t'ha appena detto che c'abbiamo fretta e tu rompi il cazzo con il magistrato? Poi te lo chiamiamo il magistrato, stai sereno. Che dici?
L'uomo scrolla la testa facendo segno di sì. Annalisa tira fuori un registratore dalla borsa e poi una siringa. "Sta fermo che te faccio 'na punturina su, ammamma, su...". "Cosa j'è?". "Morfina, Pisellino, mò vedi che te passa il doloruccio".
In due ore e mezza Totò Lovecchio vuota il sacco. Nomi, covi, relazioni, coordinate bancarie, strategie, rapporti con i terroristi. Ad Annalisa e al suo capo interessano per la verità solo questi ultimi, ma tutto contribuisce a dare un quadro della situazione. Alla fine il siciliano appare provato, la mano ricomincia a fare molto male. Annalisa lo consola con un sorriso e una carezza, prende un'altra siringa e gli fa la seconda iniezione, stavolta sulla giugulare: "Dai, mò passa". Dopo dieci secondi Lovecchio inizia a tremare violentemente e a spumare bava dalla bocca. Al quindicesimo secondo è morto.
- Cos'era? - chiede il capo.
- Uh... eroina purissima, ce l'aveva in tasca uno dei suoi. Ne sarebbe bastato un decimo ma, lei mi insegna, melius abundare quam deficere. In teoria doveva metterci un minutino a crepare... Boh, magari soffriva di cuore.
- Che ne facciamo?
- Direi crematorio di Prima Porta dentro la bara di qualcun altro, non era così top da meritare un funerale di lusso.
- Anche perché i tuoi metodi, Annalisa, ultimamente ci sono costicchiati parecchio.
- Scusi, eh, capo. Anche portare l'amichetta sulla costiera amalfitana a spese dell'Agenzia un po' costicchia, no? Per non parlare del fatto che, tendenzialmente, sarebbe un reato visto che ha diciassette anni. Sono curiosa di sapere cosa racconta a quelli del resort, che è la sua nipotina?
- Annalì, quante carte d'identità fasulle c'hai a casa? - risponde il capo.
- Ma quelle le uso per la-vo-ro… Vabbè, che ci facciamo con quello che ha detto il qui presente trapassato?
- Mah, le faremo filtrare alla Dia in qualche modo, anche se sapranno quasi tutto – risponde il capo.
- Sì ma le cose nostre? Io ho avuto l’impressione che fosse sincero, però non ci ho capito un cazzo. Che significa “queste cose le fanno i calabresi”? Perché non se l’è fatto spiegare?
- Perché era chiaro, Annalì, è la ‘ndrangheta che vende le armi a quelli.
- Sì, però a trattare con Fouad c’era la Mafia…
- Ha detto anche questo, “era una cortesia”. Significa che le armi erano la contropartita per qualcos’altro. Un carico di droga probabilmente.
- Non ne sappiamo molto più di prima, capo.
- Beh, non è vero. Abbiamo il nome del mafioso che ha messo in contatto Lovecchio e Fouad. E’ stato lui a fare il patto con la ‘ndrangheta.
- Peccato che a noi di Mafia e ‘ndrangheta non ce ne frega un cazzo, mica possiamo metterci a cercare pure loro…
- Annalisa, tanto per cominciare ringrazia il cielo che tutti quelli che stavano in quel parcheggio quella sera sono morti, tranne te. Altrimenti saresti stata tu a essere molto ricercata. E poi: tu trovi il mafioso, ti fai dire chi è il suo contatto nella ‘ndrangheta e da questo ti fai dire chi è il suo contatto tra i terroristi. Semplice, no?
- Semplice, capo. Tutta gente molto loquace, tra l’altro…
- Mica debbono necessariamente parlare loro, siamo una agenzia di cyber intelligence, no?
- Ok, mi rimetto un po’ a posto e mi do da fare.
- Annalì, dietro a un cazzo di computer ci puoi stare anche con un braccio al collo…
- Grazie della comprensione, signore.
- Prego. Piuttosto dimmi: come stai davvero?
- Non è passata, capo, non è passata... Posso pure buttarmi nel lavoro ma, appena mollo, non faccio altro che pensare a Valentina. E' come averla sempre a un metro da me e non poterla raggiungere mai.
- Abbiamo il nostro strizzacervelli, è bravo, perché non ci vai?
- Ma mi faccia il piacere, lei ci andrebbe?
- Io ci vado.
- Davvero?
- Annalisa, ma tu pensi che il mio lavoro sia facile?
2. CONTINUA
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Le lacrime delle donne 1/8racconto sucessivo
Le lacrime delle donne 3/8
Commenti dei lettori al racconto erotico