Come una falena dalla fiamma

di
genere
etero

Non sono sicura che il focus di questo racconto sia il sesso, anche se quella notte di sesso ce n'è stato eccome. Sapete come succede, no? Una comincia a scrivere una cosa, domandandosi persino se non sia anche troppo pornografica, poi si accorge che il racconto ha preso una piega diversa. Boh, vedete voi.

Avevo iniziato a buttare giù un po' di righe a partire da una data, una di quelle che si ricordano facilmente. E' la sera del 30 aprile, domattina prenderò il treno perché ho promesso ai miei che avrei passato con loro il ponte del primo maggio all’Argentario. Loro sono già là, mi aspettano, hanno insistito tanto. Ma avevo anche promesso a Silvia che saremmo uscite insieme, una sera. E la sera è questa, pure lei ha insistito tanto. Strano, perché non siamo mai state particolarmente legate, però è un periodo in cui ci frequentiamo.

Con lei c’è anche Gianni, a sorpresa ma fino a un certo punto. Le batte i pezzi da non so quanto e lei se lo porta appresso, si fa scarrozzare da una parte all’altra, accetta spesso e volentieri che sia lui a pagare nonostante un ragazzo lei ce l'abbia. Avete capito che tipo è sto Gianni, no? Io lo sopporto poco, i cavalier serventi mi sono sempre stati sul cazzo. L'unico motivo per cui cerco di mantenerci un minimo di contatto è un suo amico, un figo assurdo che a quanto ho saputo è in crisi con la sua tipa. Non che voglia conoscere i suoi genitori, ovvio, diciamo che mi calerei volentieri nella parte di quella che gli spiega che il mondo è pieno di opportunità. Ho sempre odiato il detto "si chiude una porta e si apre un portone", ma confesso che in questo caso non mi dispiacerebbe che il portone in questione fossero le mie gambe (spoiler: andrà così ma una volta sarà più che sufficiente, madonna che noia).

Subito dopo passa al motivo per cui voleva vedermi. Diciamo pure che voleva sfogarsi, perché non so proprio che aiuto possa darle la sottoscritta. Ha perso la testa per un tipo. Si sono conosciuti a un party e si sono isolati quasi subito a parlare: futuro, sogni, speranze, ste cose qui. Me lo racconta in modo molto partecipato e si vede che nonostante tutto è ancora molto presa. Quando hanno fatto l'upgrade, ovvero sono passati a una conoscenza più fisica, a lei è sembrata quasi la prosecuzione naturale di quella serata. Morale: gliel'ha data, e anche in modo non particolarmente romantico, poco più di una sveltina. Lui poi l'ha ghostata a strettissimo giro, usa getta. Una storia senza happy end, Silvia c'è rimasta parecchio male.

Eh, che ci vuoi fare. Ci sono dei ragazzi che conoscono mille modi per farti bagnare in mezzo alle gambe e a volte non ci puoi fare nulla, le dico - non esattamente con queste parole, eh? - capita, non bisogna né colpevolizzarsi né compatirsi. Ciò che non le dico è che a volte tipi così io me li vado a cercare con il lanternino. Non mi pare il caso e comunque non sono io il centro della discussione. Di certo penso che faccio bene a non farmi tanti problemi, anche se lei aggiunge subito “non è che non ho mai fatto una scopata al volo, ma speravo fosse diverso”.

Lancio un’occhiata clandestina a Gianni, perché immagino che quest’ultima confessione sia la mazzata definitiva. Mi sbaglio, la mazzata deve esserci già stata, perché sembra un mezzo cadavere. Beh, a parte trattenermi dal chiederti il numero di questo tipo un po' stronzo, cos’altro dovrei dirti, Silvia? E' andata così, smettila di pensarci anche se so che non è facile. Piuttosto, congratulazioni: tradivi il tuo ragazzo, appena lo molli ti fai infinocchiare da uno appena conosciuto a una festa ma comunque ci trombi. Oltre a questo hai al tuo attivo anche qualche cotta-e-mangiata o poco più con maschietti rimediati chissà dove. Magari qualche sera andiamo a caccia insieme, eh Silvia, che dici?

No, ok, esagero. Farei fatica a coinvolgerla nelle mie follie, non ce la vedo.

E poi ve lo devo dire: sia lei che Gianni stanno per scomparire dal racconto, come in una lenta dissolvenza. Immaginate, se fosse un film, l'effetto speciale: io seduta a un tavolo con loro in un pub, le loro figure che lentamente scompaiono, comprese le bevande, e la sottoscritta che rimane sola con la sua birra. Io sta scena la girerei così. Poiché non è un film, però non va in questo modo. Soprattutto perché nessuno di noi tre immagina, io per prima, che una delle mie follie è in arrivo. Per l'appunto.

Già, perché a un certo punto sbuca dal nulla LUI, una voce alle nostre spalle che spara una cazzata su un reel che le sto mostrando, lasciandoci interdette e con la tipica sensazione "che cazzo vuole questo". Poi si dilegua, letteralmente.

Lo incrocio poco più tardi, tornando dal bagno, quando ho già deciso che mi sono rotta le scatole di Gianni ma anche di Silvia. Li sto per mollare con la scusa che domani devo partire presto e ho quasi in mano il telefono per mandare un messaggio a Stefy e chiederle che combina. Invece me lo trovo davanti che mi saluta tipo "ehi, sono qui", come se lo stessi cercando io. E mi offre da bere. Accenno con lo sguardo al fatto che sono già seduta a un tavolo con due amici e che sto già bevendo, cose che peraltro lui sa benissimo. Faccio per aggiungere che comunque sto andando via ma mi anticipa. "Non qui, naturalmente".

Dunque, vediamo: non solo sa benissimo che me ne voglio andare, ma dà anche per scontato che accetterò. A dirlo così sembra pazzesco e in parte lo è, perché in questo momento non lo so nemmeno io. Però lo capisco subito, da due indizi. Il primo è che mi pento del mio outfit decisamente disimpegnato: senza esagerare, ma almeno potevo scegliere la versione "vediamo se qualcuno mi abborda". L'altro indizio è che nella mia testa inizio a orchestrare come far sì che né Silvia né Gianni si accorgano di nulla. Strano, perché in genere non me ne frega mai molto di salutare e scomparire, la stessa Silvia mi ha vista all'opera.

"Non posso venir via così all'improvviso, e non posso venir via con te...", rispondo. Ora, vi è chiaro che quando dici così gli stai chiedendo di suggerirti una via di fuga, vero? Se lui è sveglio lo capisce e ti offre un’alternativa. E lui è sveglio: mi dà nome e indirizzo di un posto dall'altra parte del Tevere e, solo dopo, si presenta: "Ah, io sono Jacopo". Brillante, svelto di pensiero, molto sicuro di sè. Una specie di calamita per la sottoscritta. Replico qualcosa tipo "non lo so, poi vedo" che a quel punto sia a me che a lui deve suonare come un "sì". Un "sì" anche bello convinto, visto che me la faccio a piedi più o meno da Campo Marzio al Palazzaccio (chi è di Roma può capire, sennò googlate).

L'appuntamento è davanti a un locale con musica dal vivo. Arrivo e lo trovo appoggiato a una macchina in sosta che smanetta tranquillo sul telefono. Ancora una volta i ruoli sono rovesciati, sembra che mi aspetti come se l'appuntamento glielo abbia chiesto io. Incuriosita? Anche di più. Sono attratta come una falena dalla fiamma.

Saliamo su e, dopo un drink e un po' di mie vezzosità da oca, finalmente mi bacia. Una mossa scontata e attesa, soprattutto se per tutto il tempo in cui parlate resti con il busto proteso verso di lui e sorridi. Il bacio non è nulla di cinematografico: si avvicina alle mie labbra e tac! Pochi secondi, giusto per mettere in chiaro le cose. Spigliato, elegante, sexy. "Tu hai delle idee, vero?" gli chiedo ridendo, come a voler mettere tra me e lui una barriera pro forma. Lui risponde serafico: "Come tutta la popolazione etero in questo locale, credo". SDENG.

Beh, questo sì che è un complimento. Il grado di credibilità conta poco, perché tutte e tutti sappiamo che in questi momenti non siamo alla fiera della sincerità. Lui, è evidente, ha in testa solo l’idea di aggiungere stasera un’altra tacca al suo cazzo, ma per me è diverso. Ok, se c'è l'occasione e la voglia non sono una che si tira indietro, ma sento che il problema non è quello. È che più sto con lui più mi accorgo di avere a che fare con quella qualità che certe persone hanno e che non si può vedere e non si può toccare, ma che distingue un individuo dagli altri: autocontrollo, pura e semplice fiducia, self confidence. Una cosa che è e sarà sempre irresistibile per me. Sono sempre stata, e probabilmente ancora sono, vulnerabile alla sicurezza altrui. Adesso so gestire meglio le mie reazioni, ma per diverso tempo è stata una cosa contro la quale non ho saputo come combattere, diciamo pure che non mi è mai interessato combattere.

Per chiarezza: non sto parlando necessariamente di scopare, ma è ovvio che sto parlando anche di quello.

Ragazzi e uomini, ma anche ragazze e donne, che emanavano questa sicurezza mi hanno sempre creato un forte turbamento. Di fronte a quest'aura molte altre caratteristiche sono sempre state meno importanti. Bellezza, sex appeal, status... tutte cose che non guastano, è chiaro. Così come per i risvolti più carnali non guasta un bel cazzo che ti fa sua o la lingua e le dita di una ragazza che ti fanno guaire per ore. Sarei scema a dire che sono cose che non contano. Bellezza, sex appeal e status però passano in secondo piano di fronte a quella specie di forza invisibile che emana una persona sicura di sé. Cado facilmente preda di una certa spavalderia, di una certa arroganza controllata, di un certo uso consapevole della protervia. E badate che quelli che fingono li riconosco, eh? Appena si va oltre un certo limite me ne accorgo e scatta il rifiuto. È come se la vera sicurezza non possa essere artefatta, falsificata, e io avessi un chip anticontraffazione.

Paga e usciamo senza che quasi me ne accorga. Casa sua non è lontanissima, ma per arrivare ci mettiamo mezz'ora. La mia scarpinata precedente si fa sentire, i tronchetti si fanno sentire, il fatto che ci baciamo ogni dieci metri - e in modo ogni volta più passionale - si fa sentire. In una stradina un po' deserta arriva la prima, sfacciata, mano sul sedere. Gradisco, ma non insiste più di tanto, non ha nessun bisogno di alzare ancora la temperatura. Mi ha già presa, tutto il resto in un certo senso verrà da solo, lo sappiamo entrambi.

In ascensore entra con la mano dentro i leggings, quando lo fa sono ancora LEGGERMENTE bagnata, quando toglie la mano sto tremando. E non mi ha nemmeno penetrata. Ho quasi paura, quella che ti coglie quando non sei né ubriaca né fatta, sei perfettamente presente a te stessa ma sai ugualmente che non hai né la forza né la voglia di gestire alcunché.

Casa molto carina, davvero. Ma tanto per darvi un'idea di come sto la prima cosa che mi viene in mente è che ci sarebbero anche gli spazi adatti per sbattermi al muro e inchiodarmi al volo, proprio tra la libreria e la lampada a stelo. Poiché non lo fa, anzi fa abbastanza l'ospite cortese, vado in bagno a rinfrescarmi, diciamo così, e a riprendere un po' il controllo.

Molto molto abile, mi dico. Non ha bisogno di fare quello che "mo te zompo addosso", che però non mi sarebbe dispiaciuto. Non ha fretta e preferisce fare a modo suo. È come un gioco cui vengo invitata a partecipare, anche se a conti fatti riconoscerò che lo ha sempre condotto lui. Bellissimo, però. Fa tutto alla grande fin quando non lo imploro e anche oltre, tipo quando lo vorrei dentro e lui continua a non darmelo. C'è stato anche quel momento, sì. Mi ci ha portata come in un crescendo. E voi magari pensate che sia una tortura, ma non è così.

Mentre mi bacia mi dico che non poteva andare che in questo modo, che non potevo stare in altro posto che qui e seguire il suo gioco. In altri momenti invece quasi mi vergogno se penso che, con la mano piazzata in mezzo alle mie gambe, sentirà l'umido sul cavallo dei leggings e che, se me la lecca, sentirà il profumo del suo sapone intimo e capirà che quando sono andata in bagno mi sono preparata per lui.

Mi faccio troppe seghe mentali? Può essere, ma senza quelle ora non sarei qui. Le mani che mi passa addosso e le parole sempre più sconce che mi rivolge sono solo l'atto finale di qualcosa che è cominciato quando l'ho visto aspettarmi davanti a quel club. Alto, figo, appoggiato a una macchina parcheggiata che gioca con il telefono, senza nessun segno di apprensione, il sorriso privo di sorpresa con il quale mi ha accolta quando mi ha vista. L'aria di uno che non ha paura di mostrarti chi è .Adesso so che è stato quello il momento in cui ha iniziato a prendermi e che questo è solo un frammento di questo lungo lungo rituale sexy che abbiamo iniziato più di un paio di ore fa. Insolito e meraviglioso. Sono nelle sue mani che mi passano ovunque senza andare troppo oltre, ma sono soprattutto incatenata alle sue parole che a poco a poco diventano sempre più oltraggiose e mi dicono cosa sono e cosa dovrei fare. Per me è un vortice, va bene tutto. Mi appoggia un dito sulle labbra bagnate di baci e sussurra che sono "una brava ragazza che pensa troppo al cazzo", e io gli rispondo "sì" (vero, del resto). Che cercavo esattamente questo, e io gli rispondo ancora "sì" (falso, va bene che spesso è così ma stasera non era in agenda). Che dovrebbe chiamare un suo amico per farmi scopare anche da lui e non mi opporrei. Gli domando "pensi che sia così puttana?" ma non sono offesa, anzi spero in una risposta affermativa che purtroppo non arriva. Ma sapete che c’è? C’è che è chiaro che non c’è nessun amico e che se per follia ci fosse davvero scapperei. Ma c’è anche che in questo momento – intendo dire proprio in questo preciso momento, mentre me lo dice – mi piacerebbe che avesse un amico figo come lui. E glielo confesso. Ride, mi domanda come immagino che mi scoperà - una domanda assurda, che posta da un altro mi avrebbe fatto sghignazzare – e gli confesso pure che mi piacerebbe essere legata per i polsi, con le mani dietro la schiena. Diventiamo indecenti come nemmeno nelle più allucinate sessioni di sexting.

- In quel caso come faresti a tenere aperte le chiappe mentre ti inculo?
- Lo potrei anche fare, credo, ma spero che non lo faccia tu! - rispondo con un brivido che mi percorre l'intera spina dorsale.
- Non ti piace?
- Non molto.

Miracolo, la classica domanda "l'hai mai fatto?" non arriva.

- Spero che non ci siano altre cose che non ti piacciono...

Lo dice ridacchiando e io penso "ci siamo, ora vorrà vedere se anche i pompini sono tabù". Più che altro me lo auguro, ma si ferma lì. Stop and go, accelera e frena, fammi correre alla disperata e poi fammi rifiatare, mantieni il fuoco acceso. Chi lo sa se fa sempre così, ma è il suo modo di fare ora. Si ferma, beve, si distanzia fisicamente anche se le nostre gambe restano intrecciate. La voglia di cazzo è terribile, davvero terribile, sono zuppa. Domanda se ho mai fatto un threesome e gli dico la verità, sì, l'ho fatto. Sì, mi è piaciuto. Ammetterlo mi dà un brivido, mi dà un brivido immaginare che sappia perfettamente cosa avviene nel mio corpo ora. Potrebbe, mi sembra abbastanza esperto e scafato da sapere quanto io mi senta aperta, impregnata, calda, quanto vorrei sbarazzarmi del reggiseno. Quanto sia a tanto così dal rinunciare a ogni dignità e a implorarlo di mettermi sotto fregandosene delle buone maniere. Ma ora siamo nella fase slow down e, per quanto adori essere messa sotto nel sesso, la cosa mi sta benissimo. Mi eccito a prefigurarmi in che modo ripartirà all'attacco. Gli rispondo senza pudore, ma con un tono che userei a un esame all’università, che sì, avere a che fare con due cazzi è ok ma non è la mia regola. Bevo anche io, rispondo ancora che la mia regola è cercare qualcuno che capisca di cosa ho voglia in quel momento, e che non è sempre così facile, anzi. Chissà, se non altro per educazione dovrei domandargli se anche lui ha fatto esperienze speciali, ma parlare di me mi piace troppo e questo è il momento delle confessioni sconce. Non ci baciamo né ci tocchiamo, è la nostra conversazione a essere incendiaria. Prendo la borsa e, a proposito di fuoco, cerco le sigarette. Mi sento fuori dal mondo a essere così arrapata e contemporaneamente così disponibile a lasciare che il tempo passi come vuole lui. Sono disponibile persino quando mi dice di andare fuori a fumare, per cortesia. Mi sciolgo per il tono con cui me lo dice e per il suo sguardo, vorrei che mi seguisse. Mi segue. Insostenibile, ora la voglia di cazzo si è fatta insostenibile.

Il terrazzo non è enorme, dà sui tetti, l'aria è quasi fredda. Siamo in un buio che non è buio, siamo penombre illuminate dalla luce che proviene dalla casa di fronte. Una strana luce, rossa, l'unica. Accanto a quella finestra ce n'è un'altra, nera, che si distingue appena. Osservo il contrasto mentre alle mie spalle sento il cigolio della poltroncina di vimini sulla quale Jacopo si adagia. Voce nella notte: "Succhiamelo mentre fumi". Crampetto al ventre, l'ennesimo. Mi volto e lo vedo che se l'è tirato fuori e se lo mena piano. È incredibile, sembra di essere al cinema, anche se non saprei proprio dire che film è. Ma poiché so cosa fare e l'ho fatto una marea di volte, lo faccio. Via quella mano, please, la distanza tra noi si riduce, cascatina di saliva, bocca, cazzo. Lo assaggio dopo averci soffiato sopra il fumo che mi nasconde un po’ del suo sapore e dell’odore della sua giornata. Tutto sembra così perfetto.

Altra cascatina di saliva, altro fumo soffiato. "Sei viziosetta", commenta, e io gli rispondo ingollando qualche centimetro in più e governando con la lingua la sua cappella scoperta, lui sospira e si abbandona forse per la prima volta. Do un altro tiro e mi chiede da quanto tempo non ne prendo uno, ho la netta sensazione che lo faccia per riconquistare il controllo su di sé e su di me, e questo mi eccita molto. Gli dico la verità: una settimana esatta.

- Il tuo ragazzo?
- Quale ragazzo?
- Ahahahah... che puttana che sei
- Già… ma stanotte la tua puttana.
- Mi piacerebbe che avessi un ragazzo.
- Anche a me che tu fossi fidanzato o addirittura sposato, maaa... non lo voglio sapere.
- Come mai?
- Non è il gioco di stasera.
- Perché, stasera il gioco qual è?
- Fare una cazzata, stop.
- Allora facciamo che le cazzate le decido io.

Per chiarire meglio il concetto mi prende per la testa e ci affonda dentro. Nonostante abbia una dotazione assolutamente nella media, non sono pronta e quasi mi strozza. Conati e lacrime. Sì cazzo, sono tua fammi quello che ti pare.

Mentre lo spompino - o mi scopa la testa, fate voi, in realtà è una via di mezzo – penso a Silvia che si lamentava di essere stata trombata alla svelta e messa da parte. Boh, credo che se ora capitasse a me sbroccherei di brutto. Per il motivo opposto, però. Dopo tutto questo lunghissimo gioco di seduzione fisica e mentale, probabilmente perderei il senno se mi sbattesse come un tappeto e poi mi cacciasse di casa con una scusa qualsiasi. Mi masturberei subito, sulle scale, immaginando che la prima cosa che fa è prendere il telefono e raccontare tutto a quell'amico: "Sai, gliel'ho detto per scherzo, ma se avessi chiamato anche te quella ci sarebbe stata, è troppo zoccola". Non ci fate caso, sono allucinazioni che mi costruisco da sola. A volte prima, a volte dopo, a volte durante. Tuttavia, eccovi un altro spoiler: niente di tutto ciò avverrà. Come se il suo lunghissimo ed estenuante gioco fosse sin dall’inizio quello di farmi impazzire, supplicare, per poi passare a un gioco ancora più lungo. L'esatto contrario del dammela-e-sparisci che ha ferito Silvia e che manderebbe me fuori come un balcone.

Gli basta un tocco per farmi capire che bisogna cambiare scenario. Mi rialzo, si rialza con me, nel silenzio quasi assoluto il cigolio dei vimini sembra assordante. È eccitatissimo e mi sa che ora su quella poltroncina ci finisco io, mi dico, ma non è così. Jacopo fa esattamente quello che, a mente fredda, avrei voluto che facesse. Mi fa arretrare verso la ringhiera, mi fa voltare verso la ringhiera. Ok, messaggio ricevuto, che sulla ringhiera mi ci debbo piegare lo capisco da sola. Attimi di silenzio insopportabile. Avverto un contrasto termico micidiale quando i leggings e le mutandine vanno giù. Per qualche motivo non me li vuole solo abbassare, me li sfila proprio e io lo assecondo piagnucolando "cazzo, sono fradicia", ma in realtà vorrei dire "che te frega dei leggings? non ci pensare e fottimi!". Il suo "uh uh" di conferma arriva in contemporanea con la prima spinta, il primo magico momento del cazzo dentro. Facciamo conoscenza, non senti come sono pronta, dischiusa, bagnata? Cortesie per gli ospiti. Scivola, dai, scivola tutto: "AH!".

Non so se avete mai scopato su un terrazzo. Per me non è la prima volta, anzi. C'è un mix di sensazioni che, se ti prende bene, possono essere molto eccitanti, soprattutto se sei praticamente allo scoperto come siamo noi. È buio, è vero, ma sappiamo che gli occhi si abituano e che la tipica danza di due silhouette incastrate una dietro l'altra... beh, non ci vuole un genio per capire cosa succede. Quello che trovo geniale è invece l’idea di scoparmi qui.

Perché se, oltre a fare, si limitasse a dirmi le solite benedette porcate all'orecchio sarebbe “solo” fantastico. Invece diventa anche travolgente quando un po' aumenta il ritmo - bell'intuito, stavo per chiederlo io - e mi domanda se vedo quella luce rossa davanti a noi. Mi dice che nella stanza accanto, quella della finestra nera, c'è quasi sempre qualcuno e che forse c'è anche in questo momento e ci guarda restando al buio per non farsi scoprire. Che lui lo spera che qualcuno ci guardi. Mi domanda se piacerebbe anche a me e io gli rispondo di sì (ed è vero, cazzo, in questo momento mi piacerebbe proprio).

Ma chissà, magari oltre a farmi vedere mi piacerebbe anche farmi sentire. Non lo so, non sono sempre padrona delle mie urla. Perciò mano sulla bocca. E deve pure premere forte. Chissà che cosa, nell'idea che ci sia un guardone che vede o sente, mi fa imbizzarrire in questo modo e mi fa venire voglia di tornarci presto su questo terrazzo, ma a mezzogiorno, nuda dalla vita in giù e con la mia costosa t-shirt alzata sulla schiena.

Quindi che facciamo, rientriamo? In realtà me ne rendo conto soltanto quando siamo già dentro. Prima di spingermi sul divano dove eravamo seduti prima mi toglie la maglietta ma non il reggiseno. Come poco fa, la domanda è: perché ti fermi, che te ne frega ora della maglietta? Mi stai chiavando come un criminale, toglimela dopo, no? O altrimenti sganciami pure il reggiseno, no? Che senso ha? Nessuno, naturalmente, come nessun senso hanno le mie domande. Dovrei saperlo bene: siamo in quella dimensione in cui ogni cosa ha logiche tutte sue, diverse rispetto alla norma. Di buono c'è che, appallottolata su questo divano, posso finalmente strillare e venire alla grande, sentirmi completamente perduta mentre lui continua a scoparmi ancora per quel paio di minuti in cui non capisco un cazzo. Il ritorno di un barlume di coscienza lo devo alla stretta sui capelli, mi ritrovo mezza accasciata con il cazzo nella sua mano che mi schizza a ripetizione su guance, labbra, collo. E non me l’ha nemmeno chiesto.

Quattro volte, fino al mattino. Tutte con finali diversi: faccia, dentro, schiena e bocca. Le due abbondanti la prima e l’ultima. L’ultima proprio prima di andare via, tra l'altro.

Il passaggio a casa lo apprezzo proprio, perché sono di fretta. Chiacchierando del più e del meno come se nulla fosse accaduto. Come se dal primo istante e fino a poco fa non avessimo sempre e soltanto fatto sesso, sia pure in modi diversi. Come se non gli avessi mai piagnucolato "sono la tua cagna" o strillato "nessuno mi ha mai scopata così!". Come se quando ha provato a domandarmelo ancora non mi fosse balenata per un attimo la voglia di rispondergli "sì, va bene, inculami".

Come se nulla fosse accaduto, la luce rossa e la finestra nera non rivedranno mai il nostro accoppiamento, la stupida idea di tornare su quel terrazzo a scopare in pieno sole resterà una stupida idea e resteremo l'uno per l'altra due numeri nei nostri iPhone. Ricorderemo tutto questo per un po', poi ci passerà di mente. Poi un giorno lo ricorderemo ancora, magari scrollando i nostri contatti Insta: "E questo/a chi cazzo era?".

Era quello che ti aspettava all'entrata di un locale, appoggiato a una macchina in sosta che smanettava tranquillo sul telefono. Sei corsa da lui attratta come una falena dalla fiamma.


scritto il
2024-08-22
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