Tutti quei ragazzi (e quelle ragazze) - Scogli
di
RunningRiot
genere
etero
Apro WhatsApp per avvisare Titti che sto tornando, sul display l'elenco delle chat.
C’è mamma che, come al solito, chiede foto e notizie della mia vacanza. Le ho appena mandato una foto di un tramonto iper-romantico, meglio fermarsi qui.
Appena più sotto (se mamma sapesse…) c’è il mio scopamico, ultimamente sempre più arrapato. Mi informa che, la prossima volta che ci vediamo, intende legarmi. Non sarebbe una novità, ma stavolta si è dilungato molto sia nei dettagli che nelle intenzioni. L’ultimissimo wa recita "vedremo" in risposta a un mio "quello te lo scordi": volando di fantasia era un po' trasceso, arrivando ad ipotizzare qualcosa tipo "tanto lubrificante per farti il culo". Non gliel'ho mai domandato e non mi va di domandarlo, ma mi sa proprio che quella stronza della sua fidanzata non è tanto disposta ad assecondare il suo immaginario erotico, peraltro assai vasto. Ammetto però che stamattina, leggendo tutti i messaggi di fila, compreso quello che minacciava la sodomia, mi sono bagnata.
C'è il vocale di Stefy, che sta tanto bene in vacanza con il suo boy ma non vede l'ora di fare una girls escape con me e Titti una volta tornate alla base. Multitasking, come sempre. Una volta, per sottolineare questa sua innata capacità di giocare su più tavoli, le ho detto che non sarei rimasta per niente sorpresa se avesse chattato con me di scarpe mentre faceva un pompino a Simone. "Chi ti dice che non l'abbia fatto?", mi disse ridendo. "Perché, l'hai fatto?", "No, ma sarebbe un'idea".
C'è la chat con Sam che - con modi molto più delicati di come ve li riassumo qui - si è beccato un palo in faccia di fronte alla sua richiesta di rivederci a Roma. È un caro ragazzo, ci siamo fatti qualche scopata clandestina perché mi annoiavo e perché giorni e giorni di virtual sex con il mio scopamico mi avevano mandata fuori come la passeggiata mattutina di un cane, adesso anche basta. La sostanza della nostra conversazione a distanza è: te l'ho data, mi è pure piaciuto, ma se fossi in te mi concentrerei sulla tua Lorella, che è una cara ragazza pure lei. A questo consiglio non ha ancora risposto e probabilmente non risponderà mai.
C'è Raki, che mi manda una foto (un po' in posa da zoccola, volendo) da Santorini. Un "manzo per scavallare l'estate", secondo la sua definizione, l'ha trovato. Anche grazie a me, vorrei precisare. Ho l'impressione che la storia andrà anche oltre l'estate: bene così, pure Manu è davvero un bravo ragazzo ed è figo, che vuoi di più?
Ma in cima a tutte le chat c’è, appunto, quella con Tiziana. Chissà come è andata la sua giornata con Willy. Non ne uscirà fuori un grande amore, immagino. Del resto prima di provarci con lei ci ha provato con me, è uno da pesca a strascico. Però a Titti va bene, ne sono certa, e poi passare quasi un mese sotto le grinfie della madre le ha messo addosso un certo appetito. Nemmeno lei cerca il grande amore, ma per rompere il digiuno un amorazzo estivo ci sta tutto. Per l’esattezza: che sia estivo o meno con lei conta poco, da quando ci conosciamo ho perso il conto dei suoi amorazzi.
Mi accoccolo un po’ di più addosso a lui, per quanto i sedili lo permettano. Legge sul mio telefono, ma non capisce un cazzo. Mi domanda qualcosa nella sua lingua, e stavolta quella che non capisce un cazzo sono io. Scuoto la testa sorridendo, come per dire “niente…”, gli faccio “è Tiziana…”. Mi stringe addosso al suo corpo, fuori è buio e nella carrozza c’è poca gente. La mano che prima mi accarezzava il braccio passa a giocare con il mio capezzolo, come se volesse ricordarmi qualcosa che è avvenuto appena un’ora fa, o forse poco più. A me ricorda, invece, che se può giocare così con il mio capezzolo è perché sotto il top non ho il pezzo di sopra del costume. Sono praticamente sicura di non averlo rimesso nello zainetto e questo significa una sola cosa: l’ho lasciato laggiù, sugli scogli dove eravamo andati a guardare il tramonto. Vedi che ci si guadagna a fare gli iper-romantici?
*****
Che poi, per essere romantico il posto è davvero romantico e, anche se il sole non è ancora scomparso dietro la linea dell'orizzonte, la luce si è un po' attenuata. Se sei nella giusta disposizione d’animo, è una specie di invito al pomicio, nemmeno tanto velato, by Mother Nature. Ho un cappellino, me lo toglie e mi lascia cadere i capelli sulle spalle, nel suo inglese essenziale e pressoché incomprensibile mi dice quanto sono sexy e bella. Sdeng! Ho diciannove anni appena compiuti e questa è una delle cose per cui si vive: sentirsi dire che sei bella. E sexy, finora mai nessuno me l’ha detto.
Mi bacia il naso e le guance, mi accarezza i capelli e infila le mani sotto il top, ben presto sento che mi slaccia il pezzo di sopra. Non è più tempo di sentirmi dire che sono bella e sexy, è tempo di lasciarsi infilare la lingua in bocca e strusciarsi, di apprezzare il contatto di una mano che passa sulla schiena e l'altra che mi stringe il sedere. Ok, un paio di piccoli limoni li abbiamo fatti, ma ora è diverso. Mi chiedo se su questi scogli pomiceremo più duro, o se glielo dovrò succhiare o se addirittura, ipotesi meno probabile qui all'aperto, mi scoperà. Tutte e tre le ipotesi mi incuriosiscono, e non poco. Mi è persino difficile dire cosa mi andrebbe e, almeno io, non ho un piano. Però ho voglia di qualcosa, sento di essere assai prossima a quei momenti o a quelle giornate in cui questo qualcosa diventa necessità.
Volto le spalle al mio francese o forse è lui che fa voltare me. Difficile dirlo, è un movimento così coordinato che sembra prestabilito; invece, abbiamo solo avuto la stessa idea. Sento le sue labbra e la sua lingua sul collo, mentre con tutte e due le mani mi sfiora i capezzoli e li fa diventare duri. Il brivido numero due è ancora più forte del brivido numero uno, inizio a oscillare e a contorcermi morbidamente.
Mi abbandono un po’, chiudo gli occhi e li riapro immediatamente: è in questo momento che li vedo.
Un gruppo di ragazzi e ragazze, cinque o sei in tutto, sugli scogli più in basso. Uno di loro ci sta osservando, può certamente vedere la mia espressione mentre le mie tette vengono deliziate. Non so se Marcel si sia accorto di loro e se ne sia fregato, ma non credo. Vista la distanza, non mi è possibile stabilire un contatto sguardo-nello-sguardo con il ragazzo che mi osserva. So solo che, quando Marcel mi abbassa le spalline del top, il pezzo di sopra del costume crolla a terra e mi si vedono le tette biancolatte. Non sono una da grandi tintarelle, ma la linea di abbronzatura appena sopra il capezzolo è evidente e le mette in risalto e in bella vista. Almeno finché Marcel se ne impossessa di nuovo.
I ragazzi che ci guardano sono diventati due, li vedo. Sono immobili, sembrano scolpiti, ma è quasi come se li sentissi che respirano più forte. E sento anche il crampetto, sento anche che mi sto bagnando molto e molto velocemente. Oltre che le mani di Marcel, mi eccita la violazione del pudore: una sensazione fantastica. Mi ci perdo e quasi non mi accorgo che mi ha sbottonato gli shorts di jeans e me li ha fatti cadere alle caviglie. Mi accorgo invece, eccome, della sua mano che entra nel costume, accarezza la pelle del sedere e va giù, giù. Giù in mezzo alle gambe. Mi accorgo del dito che mi cerca e mi infilza, miagolo. Quando mi infilza anche il secondo dito il mio suono è decisamente meno aggraziato. Sto partendo, ho il cuore a mille e lo sciacquettio delle dita dentro di me mi fa capire che sono anche più bagnata di quanto pensassi. Mi contorco molto meno morbidamente e, se Marcel non mi reggesse in piedi e io non mi ancorassi a lui con le braccia, cadrei per terra. Prima di voltare indietro la testa nella richiesta di un bacio - perché ho bisogno di baciarlo e di essere baciata - vedo che ora anche le due ragazze ci stanno osservando, hanno la bocca spalancata come se non riuscissero a credere a quello che vedono. Una di loro ha un seno bellissimo, coperto solo dal costume. Non ho alcun dubbio che tra un attimo otterremo l'intera attenzione del gruppetto, sento la tensione salire: mi sono persa il momento in cui il primo ragazzo ha detto agli altri che c'era uno spettacolo più interessante del tramonto, peccato. Io invece non ho più bisogno di guardarli, sono eccitatissima per tutto: per la mano sulle tette, per le dita nella fica e per il piccolo pubblico cui stiamo offrendo un porno dal vivo. Tuttavia, e a costo di prendermi un torcicollo, bacio Marcel a lungo, molto a lungo. Ho bisogno di dare un senso a quello che stiamo facendo di fronte ai nostri spettatori, come se volessi dire loro "guardate che sono sua, ecco perché mi comporto come una zoccola". In realtà "sua" non lo sono proprio per niente. Con Marcel non esiste nessun legame psicologico particolare e nemmeno quel tipo di sentimento. Però è carino e mi piace. E a differenza di Tiziana non cerco un amorazzo, cerco la sua rima.
Poi accade quello che deve accadere.
Marcel mi sussurra qualcosa ma, a dire il vero, che devo sdraiarmi lo capisco molto meglio dal modo in cui mi accompagna giù. È un sasso piatto, inclinato in basso, scomodo, umido e sporco di sabbia, ma è la più bella alcova del mondo. Lingua sulle labbra e poi ancora una volta qualcosa che nessuno mi ha mai fatto: inizia a baciarmi le dita dei piedi, bacia risalendo verso l'alto e giocando con la cavigliera. Posso ancora vedere i ragazzi sugli scogli laggiù, ma dubito molto che loro abbiano una visione integrale di noi. Però la schiena arcuata di Marcel la vedranno, e potranno immaginare ciò che sta succedendo. Anche il mio viso che si colora delle innumerevoli sfumature del piacere lo vedranno, e allora non ci sarà bisogno di immaginare più di tanto: c'è una ragazza bionda e dall'abbronzatura pallida cui stanno baciando le ginocchia e poi le cosce, forse tra un attimo potranno intuire che quel movimento più marcato degli altri significa che sta sollevando leggermente il sedere dalla pietra e capiranno il perché, vero? Per aiutare il fortunato che è con lei a sfilarle il perizoma del costume.
Voglio che me lo tolga, voglio che me la veda. Sono orgogliosa del mio sesso pulsante e bagnato, già leggermente schiuso per l'eccitazione.
E mi piacerebbe che anche quei ragazzi laggiù potessero vedere la mia fica glabra, il contorno netto del taglio. Più oscena che sexy, ora: Marcel ha tirato via il costume e lo ha messo accanto agli shorts con una cura assurda che contrasta con l'urgenza della situazione. Soltanto dopo mi ha spalancato le gambe. Ho avuto un pensiero quasi stizzito, ma non glielo dico (del resto non saprei come) anche se mi piacerebbe, così capirebbe di avere liberato la troia che è in me: non mettere a posto le mutandine, è la mia fica che ha bisogno di essere messa a posto.
L’epilogo è scritto, lo so: mi vuole fottere e mi fotterà, ottimo. Ma prima abbassa la faccia tra le mie gambe e comincia a lappare direttamente sul grilletto. Per un attimo sento provenire dagli scogli in basso un sussulto di piacere e di choc. È chiaro che è la mia immaginazione, quel sussulto e quello choc sono i miei, ma cosa importa? Ciò che conta in questo momento sono le sensazioni, e tra le mille che mi attraversano la mente e il corpo c'è anche quella di avere invitato quei ragazzi e quelle ragazze a una specie di orgia virtuale e segreta. Segretissima, è una cosa tra me e loro, Marcel non si è accorto di nulla. Mi viene in mente la sua gentilezza timida e la sua corte fatta di Cornetti Algida e Coca Cola anziché di shot e sostanze psicoattive, completamente in contrasto con la sua audacia di adesso, alla luce del sole che cala. Chissà cosa farebbe se si accorgesse di essere osservato e di dare scandalo. Sì, perché ora siamo scandalosi e questa cosa mi intimidisce e mi eccita al tempo stesso. E inoltre devo ammettere che, per essere un mio coetaneo e per di più maschio, me la lecca con una certa abilità. Voi tuttavia, se volete, potete pure pensare che non ci vuole nessuna particolare abilità, adesso, per farmi ansimare, per farmi agitare, miagolare e ripetere i miei "sì".
Ma se il mio corpo è di Marcel, la mia mente è scissa. Sotto le dita che li accarezzano sento i suoi capelli, sulle gambe le sue mani che mi tengono aperta, sulla fica le sue labbra e la sua lingua che mi divorano. Evito di guardare davanti a me, forse per un residuo di imbarazzo, ma immaginare è anche meglio: immagino gli occhi e le bocche spalancate, i rigonfiamenti nei pantaloncini e il bagnato sotto le gonne, i capezzoli che tirano. Vi assicuro che è una fantasia talmente netta e articolata che resterà per un bel pezzo nelle mie masturbazioni.
Certo, spingendomi oltre potrei anche immaginare il desiderio di quelle ragazze di piazzare la fica in faccia ai propri accompagnatori e liberare i loro cazzi. Ma a parte il fatto che non so quali siano i rapporti fra di loro, la verità è che non vorrei che quest'orgia virtuale diventasse reale. No, mi dispiace ragazzi, dovete restare così, voyeur (come del resto siete voyeur voi che leggete). Dovete limitarvi a osservare, immaginare, farvi bruciare dalla voglia. Per quei ragazzi, e anche per voi lettori, la mano che tiene ferma la testa di Marcel tra le mie gambe è solo un'ipotesi, ma ve la dovete raffigurare, stampare in testa. E devono schizzarvi gli occhi fuori dalle orbite quando sentite lo strillo e guardate lo scatto che faccio nel momento della "piccola morte", come la chiamano i poeti. Sì, avete capito bene, quello scatto è la spinta del bacino e delle gambe che serrano la testa di Marcel. Oddio, sono venuta così dannatamente forte per una leccata di fica, non credevo...
Chissà come si dice in francese "sei stato fantastico"?
Non ne ho la più pallida idea, ma per fortuna il linguaggio del desiderio può tranquillamente fare a meno delle parole. E badate bene: io sono una che ha sempre dato una certa importanza alle parole. Tuttavia, ciò che io e Marcel ci diciamo ora lo capiamo benissimo, anche se sussurrato in due lingue sconosciute l'una all'altro. Tanto, abbiamo dieci giorni davanti, verranno altri momenti per parlare. Ma per ora quello che stiamo facendo basta e avanza, è una sintonia perfetta, come se il mio orgasmo ci avesse allineati. Ora che ho goduto, e ansimo e tremo ancora, sono un pezzo di cera nelle sue mani. Farei tutto quello che mi chiede, anzi sento persino il bisogno che mi dica cosa debbo fare.
Per cui, quando si stende accanto a me e dice qualcosa di incomprensibile, io non ci metto nulla a tradurre "succhiami il cazzo". Forse non me lo dice in modo così volgare e perentorio, non sarebbe da lui, però a me piace pensare che me lo ordini così: succhiami il cazzo. E sempre io gli apro i bermuda e gli succhio davvero il cazzo, che peraltro non è nemmeno tanto male. Il solito sapore lievemente salato è sovrastato da quello molto più intenso del sale marino, non so perché ma questa cosa mi fa andare via di testa molto più rapidamente del solito. Vorrei che le due ragazze del gruppetto se ne rendessero conto. Vorrei che lo vedessero, lo commentassero, me lo invidiassero. Vorrei che una di loro si avvicinasse dicendo "siamo abbastanza troie da sapere perfettamente cosa vuol dire farsi riempire la bocca da un arnese del genere”. “Sì, d’accordo, ma la colata di saliva la fate?”. Io sì, la faccio. Con gli occhi piantati in quelli di Marcel, e qui impazzisce pure lui, glielo leggo sul volto. Per il sorriso da zoccolina che gli rivolgo prima che il calore della mia bocca lo avvolga. E per la mia gola che lo accoglie.
Lo so, ragazzi, lo so che tutto questo non lo potete vedere, ma la mia schiena nuda e incurvata che si muove su e giù la vedete, vero? Capite cosa sto facendo, vero? Darei non so cosa per sapere se si vede almeno un po' della mia testa, se si vede la mano che l'accompagna senza spingere. Se da laggiù, nonostante il rumore del mare, sentite i suoi gemiti e il suono dei miei risucchi. Se sentite i suoi sussurri, se sentite "Annalisà...".
Oppure se vedete solo quello che io non posso vedere: la tensione sul suo viso e il modo in cui si deforma quando mi si scarica in bocca e poi si rilassa. Sì, piacerebbe anche a me vederlo, ma sono concentrata su altro. Sentire i suoi quadricipiti e i suoi addominali indurirsi prima e ammorbidirsi piano poi, gli scatti e le spinte del suo cazzo. I suoi schizzi, assaporarli e ingoiarli. Tenerlo in bocca ancora e ancora, pulirlo mentre si ammorbidisce, succhiare e leccare finché non riprende vita.
Sì, Marcel, ti ho fatto un bocchino superlativo. In futuro non lo so, ma per il momento questo è stato il bocchino più bello del mondo, n'est-ce pas? Sono una bionda sexy, come dici tu, e tanto tanto troia; ti sto ancora succhiando il cazzo su questi scogli e te l'ho già fatto tornare duro. Per cosa bisogna vivere a diciannove anni? E tu per cosa devi vivere a diciannove anni se non per darmelo? Perché ora lo voglio, Marcel. Se ti salgo sopra è perché ti voglio tutto dentro. Adesso.
Lo capite cosa sta accadendo ora, vero ragazzi? Non mi dite che avete bisogno di sentire l'urletto. E a proposito - mi rivolgo a voi, sorelle guardone - anche voi lanciate un urletto così quando venite violate? Io sì, praticamente sempre. E se sto sopra comincio ad agitarmi quasi subito, a ciondolare la testa e i capelli. So che non potete vedere tutto, ma dalla posizione delle sue braccia lo capite che mi sta abbrancando le tette, vero? Me le stringe e mi fa anche un po' male. Sapete di cosa parlo, vero? A me piace. E a voi?
Dai, dai. Fottimi Marcel. Fottimi che mi piace tantissimo. Anche a voi, vero? Sono stracerta che, se non lo dite, almeno lo pensate, magari cambiando il nome, ok. Perché cosa c'è di più bello nella vita che prendersi dentro un cazzo come questo? Non sono fantastici i ragazzi quando l'istinto li porta a cercare di arrivare il più in fondo possibile?
Ma c'è una cosa che non potete sapere, amiche mie. Ovvero cosa significhi guardare Marcel negli occhi e sentirmi trafitta dal suo sguardo, mentre nello stesso momento mi sento trafiggere la schiena da altri sguardi, i vostri. E in mezzo ci sono io, il centro di tutto, e il cazzo di Marcel, anche quello mi trafigge.
Avete già provato quello che provo io, o almeno spero: quell'uragano che inizia nel profondo delle cosce, si sposta nel ventre e inevitabilmente sale. Avete già sperimentato questa inesorabile e strana ascesa che improvvisamente diventa un fulmine dentro i nostri corpi e trabocca, inondandoci i cervelli di dopamina o di qualsiasi cosa sia quando i cervelli esplodono.
Per me è fondamentale che lo capiate e che questo uragano, almeno un pochino, spazzi via anche voi.
Guardatemi perdere la testa, ondeggiare, saltellare sulla carne dura, cercarne di più, cercarne ogni millimetro. Ascoltate i miei urletti, la mia lagna, i miei "così, così!" piagnucolanti. Ascoltatemi mentre supplico "dammelo tutto". Godetevi quello che dico quando arriva il momento in cui non so più nemmeno io cosa dico.
Io sono voi, ragazze, sono voi anche in quell'istante in cui tutto si spegne.
Più tardi, nelle scenografie sempre un po' elaborate delle mie masturbazioni, questo sarà il momento in cui vi libererò da ogni obbligo nei miei confronti. In cui vi farò dire a quei ragazzi che sono con voi "sbatteteci forte, non ne possiamo più di essere scopate attraverso quella troia". Sì, lo so, il piccolo prezzo da pagare per questo piacere è, ovviamente, che nei ricordi di tutte e tutti voi io rimarrò quella troia sugli scogli. Anche se, non negate, per tutto questo tempo lunghissimo e insieme troppo breve, voi tutti avete desiderato essere me o dentro di me. Ma a parte che il fatto che mi consideriate una troia potrebbe pure eccitarmi, la verità è che ora come ora non me ne frega più un cazzo di niente. Ora come ora voglio solo sentirmi strillare mentre mi disintegro insieme a tutto il resto del mondo.
Quando inizio a riprendermi, il primo pensiero è strano: sono felice di essermi accasciata sul petto di Marcel. Adesso mi sarebbe molto difficile sostenere gli sguardi dei nostri spettatori e, per un attimo, ho addirittura il terrore che parta, che ne so, un applauso. Il Signor Ritegno era andato a farsi un giro, ma adesso è di nuovo qui. Vorrei che io e Marcel fossimo soli e vorrei anche essere tornata un po' più rapidamente in me stessa. Mi godrei di più le sue mani che mi artigliano le chiappe e le sue ultime spinte convulse. Invece è tutto sotto una specie di effetto flou, quasi anestetizzato, e persino quando mi sborra dentro lo sento, ma meno del solito. Il suo respiro ansimante fa fare su e giù anche a me, e cullata da queste onde torno me stessa. In altri momenti come questo ho pensato “beh, è stato tutto molto wow!”, è il mio modo - il primo e più immediato - per inchiodarmi nella memoria quello che abbiamo fatto. Perché per me la memoria è molto importante. Invece, la prima considerazione che faccio ora è di tutt'altro segno: nemmeno me l'ha chiesto se poteva venirmi dentro. Magari non ce l'ha fatta, era troppo preso anche lui. O magari se n'è fregato.
D'accordo, per me che sono protetta praticamente da sempre è facile dirlo, ma vorrei proprio che abbia deciso di fregarsene, di pensare solo a lui, così come a un certo punto io ho pensato solo a me.
Resto per un po' così, con questo pensiero abbastanza improbabile, spalmata sul suo respiro che poco alla volta ritorna regolare.
Al nostro pubblico ci torno a pensare solo quando ci rialziamo. Mi volto a guardare, ma naturalmente non c'è più nessuno. Sarebbe facile pensare che mi sono sognata tutto. E invece no, quel gruppetto c'era davvero, ne sono sicura.
*****
Proprio quando sto iniziando a scrivere il messaggio per Tiziana, ne arriva uno suo: "DIGIUNO INTERROTTO". Scritto proprio così, tutto maiuscolo.
Rispondo scrivendo una risata e poi: "Tra poco sono a casa".
Marcel guarda, chissà cosa capisce. Qualche parola qua e là, probabilmente. Ma non sa nulla del contesto e non sa che è da quando abbiamo preso la strada del ritorno che mi sto chiedendo una cosa: sono un’esibizionista senza vergogna? Se lo sono, non mi ci sento. Eppure è stata un’esperienza spettacolare, per di più fatta con piena consapevolezza (per quanto si possa essere consapevoli in certi momenti, è ovvio).
Riprendo il telefono e scrivo ancora: "Pensavo che mi avrebbe dato fastidio mangiare sentendomi osservata. E invece no".
Anche Tiziana non capirà molto. Ma capirà.
C’è mamma che, come al solito, chiede foto e notizie della mia vacanza. Le ho appena mandato una foto di un tramonto iper-romantico, meglio fermarsi qui.
Appena più sotto (se mamma sapesse…) c’è il mio scopamico, ultimamente sempre più arrapato. Mi informa che, la prossima volta che ci vediamo, intende legarmi. Non sarebbe una novità, ma stavolta si è dilungato molto sia nei dettagli che nelle intenzioni. L’ultimissimo wa recita "vedremo" in risposta a un mio "quello te lo scordi": volando di fantasia era un po' trasceso, arrivando ad ipotizzare qualcosa tipo "tanto lubrificante per farti il culo". Non gliel'ho mai domandato e non mi va di domandarlo, ma mi sa proprio che quella stronza della sua fidanzata non è tanto disposta ad assecondare il suo immaginario erotico, peraltro assai vasto. Ammetto però che stamattina, leggendo tutti i messaggi di fila, compreso quello che minacciava la sodomia, mi sono bagnata.
C'è il vocale di Stefy, che sta tanto bene in vacanza con il suo boy ma non vede l'ora di fare una girls escape con me e Titti una volta tornate alla base. Multitasking, come sempre. Una volta, per sottolineare questa sua innata capacità di giocare su più tavoli, le ho detto che non sarei rimasta per niente sorpresa se avesse chattato con me di scarpe mentre faceva un pompino a Simone. "Chi ti dice che non l'abbia fatto?", mi disse ridendo. "Perché, l'hai fatto?", "No, ma sarebbe un'idea".
C'è la chat con Sam che - con modi molto più delicati di come ve li riassumo qui - si è beccato un palo in faccia di fronte alla sua richiesta di rivederci a Roma. È un caro ragazzo, ci siamo fatti qualche scopata clandestina perché mi annoiavo e perché giorni e giorni di virtual sex con il mio scopamico mi avevano mandata fuori come la passeggiata mattutina di un cane, adesso anche basta. La sostanza della nostra conversazione a distanza è: te l'ho data, mi è pure piaciuto, ma se fossi in te mi concentrerei sulla tua Lorella, che è una cara ragazza pure lei. A questo consiglio non ha ancora risposto e probabilmente non risponderà mai.
C'è Raki, che mi manda una foto (un po' in posa da zoccola, volendo) da Santorini. Un "manzo per scavallare l'estate", secondo la sua definizione, l'ha trovato. Anche grazie a me, vorrei precisare. Ho l'impressione che la storia andrà anche oltre l'estate: bene così, pure Manu è davvero un bravo ragazzo ed è figo, che vuoi di più?
Ma in cima a tutte le chat c’è, appunto, quella con Tiziana. Chissà come è andata la sua giornata con Willy. Non ne uscirà fuori un grande amore, immagino. Del resto prima di provarci con lei ci ha provato con me, è uno da pesca a strascico. Però a Titti va bene, ne sono certa, e poi passare quasi un mese sotto le grinfie della madre le ha messo addosso un certo appetito. Nemmeno lei cerca il grande amore, ma per rompere il digiuno un amorazzo estivo ci sta tutto. Per l’esattezza: che sia estivo o meno con lei conta poco, da quando ci conosciamo ho perso il conto dei suoi amorazzi.
Mi accoccolo un po’ di più addosso a lui, per quanto i sedili lo permettano. Legge sul mio telefono, ma non capisce un cazzo. Mi domanda qualcosa nella sua lingua, e stavolta quella che non capisce un cazzo sono io. Scuoto la testa sorridendo, come per dire “niente…”, gli faccio “è Tiziana…”. Mi stringe addosso al suo corpo, fuori è buio e nella carrozza c’è poca gente. La mano che prima mi accarezzava il braccio passa a giocare con il mio capezzolo, come se volesse ricordarmi qualcosa che è avvenuto appena un’ora fa, o forse poco più. A me ricorda, invece, che se può giocare così con il mio capezzolo è perché sotto il top non ho il pezzo di sopra del costume. Sono praticamente sicura di non averlo rimesso nello zainetto e questo significa una sola cosa: l’ho lasciato laggiù, sugli scogli dove eravamo andati a guardare il tramonto. Vedi che ci si guadagna a fare gli iper-romantici?
*****
Che poi, per essere romantico il posto è davvero romantico e, anche se il sole non è ancora scomparso dietro la linea dell'orizzonte, la luce si è un po' attenuata. Se sei nella giusta disposizione d’animo, è una specie di invito al pomicio, nemmeno tanto velato, by Mother Nature. Ho un cappellino, me lo toglie e mi lascia cadere i capelli sulle spalle, nel suo inglese essenziale e pressoché incomprensibile mi dice quanto sono sexy e bella. Sdeng! Ho diciannove anni appena compiuti e questa è una delle cose per cui si vive: sentirsi dire che sei bella. E sexy, finora mai nessuno me l’ha detto.
Mi bacia il naso e le guance, mi accarezza i capelli e infila le mani sotto il top, ben presto sento che mi slaccia il pezzo di sopra. Non è più tempo di sentirmi dire che sono bella e sexy, è tempo di lasciarsi infilare la lingua in bocca e strusciarsi, di apprezzare il contatto di una mano che passa sulla schiena e l'altra che mi stringe il sedere. Ok, un paio di piccoli limoni li abbiamo fatti, ma ora è diverso. Mi chiedo se su questi scogli pomiceremo più duro, o se glielo dovrò succhiare o se addirittura, ipotesi meno probabile qui all'aperto, mi scoperà. Tutte e tre le ipotesi mi incuriosiscono, e non poco. Mi è persino difficile dire cosa mi andrebbe e, almeno io, non ho un piano. Però ho voglia di qualcosa, sento di essere assai prossima a quei momenti o a quelle giornate in cui questo qualcosa diventa necessità.
Volto le spalle al mio francese o forse è lui che fa voltare me. Difficile dirlo, è un movimento così coordinato che sembra prestabilito; invece, abbiamo solo avuto la stessa idea. Sento le sue labbra e la sua lingua sul collo, mentre con tutte e due le mani mi sfiora i capezzoli e li fa diventare duri. Il brivido numero due è ancora più forte del brivido numero uno, inizio a oscillare e a contorcermi morbidamente.
Mi abbandono un po’, chiudo gli occhi e li riapro immediatamente: è in questo momento che li vedo.
Un gruppo di ragazzi e ragazze, cinque o sei in tutto, sugli scogli più in basso. Uno di loro ci sta osservando, può certamente vedere la mia espressione mentre le mie tette vengono deliziate. Non so se Marcel si sia accorto di loro e se ne sia fregato, ma non credo. Vista la distanza, non mi è possibile stabilire un contatto sguardo-nello-sguardo con il ragazzo che mi osserva. So solo che, quando Marcel mi abbassa le spalline del top, il pezzo di sopra del costume crolla a terra e mi si vedono le tette biancolatte. Non sono una da grandi tintarelle, ma la linea di abbronzatura appena sopra il capezzolo è evidente e le mette in risalto e in bella vista. Almeno finché Marcel se ne impossessa di nuovo.
I ragazzi che ci guardano sono diventati due, li vedo. Sono immobili, sembrano scolpiti, ma è quasi come se li sentissi che respirano più forte. E sento anche il crampetto, sento anche che mi sto bagnando molto e molto velocemente. Oltre che le mani di Marcel, mi eccita la violazione del pudore: una sensazione fantastica. Mi ci perdo e quasi non mi accorgo che mi ha sbottonato gli shorts di jeans e me li ha fatti cadere alle caviglie. Mi accorgo invece, eccome, della sua mano che entra nel costume, accarezza la pelle del sedere e va giù, giù. Giù in mezzo alle gambe. Mi accorgo del dito che mi cerca e mi infilza, miagolo. Quando mi infilza anche il secondo dito il mio suono è decisamente meno aggraziato. Sto partendo, ho il cuore a mille e lo sciacquettio delle dita dentro di me mi fa capire che sono anche più bagnata di quanto pensassi. Mi contorco molto meno morbidamente e, se Marcel non mi reggesse in piedi e io non mi ancorassi a lui con le braccia, cadrei per terra. Prima di voltare indietro la testa nella richiesta di un bacio - perché ho bisogno di baciarlo e di essere baciata - vedo che ora anche le due ragazze ci stanno osservando, hanno la bocca spalancata come se non riuscissero a credere a quello che vedono. Una di loro ha un seno bellissimo, coperto solo dal costume. Non ho alcun dubbio che tra un attimo otterremo l'intera attenzione del gruppetto, sento la tensione salire: mi sono persa il momento in cui il primo ragazzo ha detto agli altri che c'era uno spettacolo più interessante del tramonto, peccato. Io invece non ho più bisogno di guardarli, sono eccitatissima per tutto: per la mano sulle tette, per le dita nella fica e per il piccolo pubblico cui stiamo offrendo un porno dal vivo. Tuttavia, e a costo di prendermi un torcicollo, bacio Marcel a lungo, molto a lungo. Ho bisogno di dare un senso a quello che stiamo facendo di fronte ai nostri spettatori, come se volessi dire loro "guardate che sono sua, ecco perché mi comporto come una zoccola". In realtà "sua" non lo sono proprio per niente. Con Marcel non esiste nessun legame psicologico particolare e nemmeno quel tipo di sentimento. Però è carino e mi piace. E a differenza di Tiziana non cerco un amorazzo, cerco la sua rima.
Poi accade quello che deve accadere.
Marcel mi sussurra qualcosa ma, a dire il vero, che devo sdraiarmi lo capisco molto meglio dal modo in cui mi accompagna giù. È un sasso piatto, inclinato in basso, scomodo, umido e sporco di sabbia, ma è la più bella alcova del mondo. Lingua sulle labbra e poi ancora una volta qualcosa che nessuno mi ha mai fatto: inizia a baciarmi le dita dei piedi, bacia risalendo verso l'alto e giocando con la cavigliera. Posso ancora vedere i ragazzi sugli scogli laggiù, ma dubito molto che loro abbiano una visione integrale di noi. Però la schiena arcuata di Marcel la vedranno, e potranno immaginare ciò che sta succedendo. Anche il mio viso che si colora delle innumerevoli sfumature del piacere lo vedranno, e allora non ci sarà bisogno di immaginare più di tanto: c'è una ragazza bionda e dall'abbronzatura pallida cui stanno baciando le ginocchia e poi le cosce, forse tra un attimo potranno intuire che quel movimento più marcato degli altri significa che sta sollevando leggermente il sedere dalla pietra e capiranno il perché, vero? Per aiutare il fortunato che è con lei a sfilarle il perizoma del costume.
Voglio che me lo tolga, voglio che me la veda. Sono orgogliosa del mio sesso pulsante e bagnato, già leggermente schiuso per l'eccitazione.
E mi piacerebbe che anche quei ragazzi laggiù potessero vedere la mia fica glabra, il contorno netto del taglio. Più oscena che sexy, ora: Marcel ha tirato via il costume e lo ha messo accanto agli shorts con una cura assurda che contrasta con l'urgenza della situazione. Soltanto dopo mi ha spalancato le gambe. Ho avuto un pensiero quasi stizzito, ma non glielo dico (del resto non saprei come) anche se mi piacerebbe, così capirebbe di avere liberato la troia che è in me: non mettere a posto le mutandine, è la mia fica che ha bisogno di essere messa a posto.
L’epilogo è scritto, lo so: mi vuole fottere e mi fotterà, ottimo. Ma prima abbassa la faccia tra le mie gambe e comincia a lappare direttamente sul grilletto. Per un attimo sento provenire dagli scogli in basso un sussulto di piacere e di choc. È chiaro che è la mia immaginazione, quel sussulto e quello choc sono i miei, ma cosa importa? Ciò che conta in questo momento sono le sensazioni, e tra le mille che mi attraversano la mente e il corpo c'è anche quella di avere invitato quei ragazzi e quelle ragazze a una specie di orgia virtuale e segreta. Segretissima, è una cosa tra me e loro, Marcel non si è accorto di nulla. Mi viene in mente la sua gentilezza timida e la sua corte fatta di Cornetti Algida e Coca Cola anziché di shot e sostanze psicoattive, completamente in contrasto con la sua audacia di adesso, alla luce del sole che cala. Chissà cosa farebbe se si accorgesse di essere osservato e di dare scandalo. Sì, perché ora siamo scandalosi e questa cosa mi intimidisce e mi eccita al tempo stesso. E inoltre devo ammettere che, per essere un mio coetaneo e per di più maschio, me la lecca con una certa abilità. Voi tuttavia, se volete, potete pure pensare che non ci vuole nessuna particolare abilità, adesso, per farmi ansimare, per farmi agitare, miagolare e ripetere i miei "sì".
Ma se il mio corpo è di Marcel, la mia mente è scissa. Sotto le dita che li accarezzano sento i suoi capelli, sulle gambe le sue mani che mi tengono aperta, sulla fica le sue labbra e la sua lingua che mi divorano. Evito di guardare davanti a me, forse per un residuo di imbarazzo, ma immaginare è anche meglio: immagino gli occhi e le bocche spalancate, i rigonfiamenti nei pantaloncini e il bagnato sotto le gonne, i capezzoli che tirano. Vi assicuro che è una fantasia talmente netta e articolata che resterà per un bel pezzo nelle mie masturbazioni.
Certo, spingendomi oltre potrei anche immaginare il desiderio di quelle ragazze di piazzare la fica in faccia ai propri accompagnatori e liberare i loro cazzi. Ma a parte il fatto che non so quali siano i rapporti fra di loro, la verità è che non vorrei che quest'orgia virtuale diventasse reale. No, mi dispiace ragazzi, dovete restare così, voyeur (come del resto siete voyeur voi che leggete). Dovete limitarvi a osservare, immaginare, farvi bruciare dalla voglia. Per quei ragazzi, e anche per voi lettori, la mano che tiene ferma la testa di Marcel tra le mie gambe è solo un'ipotesi, ma ve la dovete raffigurare, stampare in testa. E devono schizzarvi gli occhi fuori dalle orbite quando sentite lo strillo e guardate lo scatto che faccio nel momento della "piccola morte", come la chiamano i poeti. Sì, avete capito bene, quello scatto è la spinta del bacino e delle gambe che serrano la testa di Marcel. Oddio, sono venuta così dannatamente forte per una leccata di fica, non credevo...
Chissà come si dice in francese "sei stato fantastico"?
Non ne ho la più pallida idea, ma per fortuna il linguaggio del desiderio può tranquillamente fare a meno delle parole. E badate bene: io sono una che ha sempre dato una certa importanza alle parole. Tuttavia, ciò che io e Marcel ci diciamo ora lo capiamo benissimo, anche se sussurrato in due lingue sconosciute l'una all'altro. Tanto, abbiamo dieci giorni davanti, verranno altri momenti per parlare. Ma per ora quello che stiamo facendo basta e avanza, è una sintonia perfetta, come se il mio orgasmo ci avesse allineati. Ora che ho goduto, e ansimo e tremo ancora, sono un pezzo di cera nelle sue mani. Farei tutto quello che mi chiede, anzi sento persino il bisogno che mi dica cosa debbo fare.
Per cui, quando si stende accanto a me e dice qualcosa di incomprensibile, io non ci metto nulla a tradurre "succhiami il cazzo". Forse non me lo dice in modo così volgare e perentorio, non sarebbe da lui, però a me piace pensare che me lo ordini così: succhiami il cazzo. E sempre io gli apro i bermuda e gli succhio davvero il cazzo, che peraltro non è nemmeno tanto male. Il solito sapore lievemente salato è sovrastato da quello molto più intenso del sale marino, non so perché ma questa cosa mi fa andare via di testa molto più rapidamente del solito. Vorrei che le due ragazze del gruppetto se ne rendessero conto. Vorrei che lo vedessero, lo commentassero, me lo invidiassero. Vorrei che una di loro si avvicinasse dicendo "siamo abbastanza troie da sapere perfettamente cosa vuol dire farsi riempire la bocca da un arnese del genere”. “Sì, d’accordo, ma la colata di saliva la fate?”. Io sì, la faccio. Con gli occhi piantati in quelli di Marcel, e qui impazzisce pure lui, glielo leggo sul volto. Per il sorriso da zoccolina che gli rivolgo prima che il calore della mia bocca lo avvolga. E per la mia gola che lo accoglie.
Lo so, ragazzi, lo so che tutto questo non lo potete vedere, ma la mia schiena nuda e incurvata che si muove su e giù la vedete, vero? Capite cosa sto facendo, vero? Darei non so cosa per sapere se si vede almeno un po' della mia testa, se si vede la mano che l'accompagna senza spingere. Se da laggiù, nonostante il rumore del mare, sentite i suoi gemiti e il suono dei miei risucchi. Se sentite i suoi sussurri, se sentite "Annalisà...".
Oppure se vedete solo quello che io non posso vedere: la tensione sul suo viso e il modo in cui si deforma quando mi si scarica in bocca e poi si rilassa. Sì, piacerebbe anche a me vederlo, ma sono concentrata su altro. Sentire i suoi quadricipiti e i suoi addominali indurirsi prima e ammorbidirsi piano poi, gli scatti e le spinte del suo cazzo. I suoi schizzi, assaporarli e ingoiarli. Tenerlo in bocca ancora e ancora, pulirlo mentre si ammorbidisce, succhiare e leccare finché non riprende vita.
Sì, Marcel, ti ho fatto un bocchino superlativo. In futuro non lo so, ma per il momento questo è stato il bocchino più bello del mondo, n'est-ce pas? Sono una bionda sexy, come dici tu, e tanto tanto troia; ti sto ancora succhiando il cazzo su questi scogli e te l'ho già fatto tornare duro. Per cosa bisogna vivere a diciannove anni? E tu per cosa devi vivere a diciannove anni se non per darmelo? Perché ora lo voglio, Marcel. Se ti salgo sopra è perché ti voglio tutto dentro. Adesso.
Lo capite cosa sta accadendo ora, vero ragazzi? Non mi dite che avete bisogno di sentire l'urletto. E a proposito - mi rivolgo a voi, sorelle guardone - anche voi lanciate un urletto così quando venite violate? Io sì, praticamente sempre. E se sto sopra comincio ad agitarmi quasi subito, a ciondolare la testa e i capelli. So che non potete vedere tutto, ma dalla posizione delle sue braccia lo capite che mi sta abbrancando le tette, vero? Me le stringe e mi fa anche un po' male. Sapete di cosa parlo, vero? A me piace. E a voi?
Dai, dai. Fottimi Marcel. Fottimi che mi piace tantissimo. Anche a voi, vero? Sono stracerta che, se non lo dite, almeno lo pensate, magari cambiando il nome, ok. Perché cosa c'è di più bello nella vita che prendersi dentro un cazzo come questo? Non sono fantastici i ragazzi quando l'istinto li porta a cercare di arrivare il più in fondo possibile?
Ma c'è una cosa che non potete sapere, amiche mie. Ovvero cosa significhi guardare Marcel negli occhi e sentirmi trafitta dal suo sguardo, mentre nello stesso momento mi sento trafiggere la schiena da altri sguardi, i vostri. E in mezzo ci sono io, il centro di tutto, e il cazzo di Marcel, anche quello mi trafigge.
Avete già provato quello che provo io, o almeno spero: quell'uragano che inizia nel profondo delle cosce, si sposta nel ventre e inevitabilmente sale. Avete già sperimentato questa inesorabile e strana ascesa che improvvisamente diventa un fulmine dentro i nostri corpi e trabocca, inondandoci i cervelli di dopamina o di qualsiasi cosa sia quando i cervelli esplodono.
Per me è fondamentale che lo capiate e che questo uragano, almeno un pochino, spazzi via anche voi.
Guardatemi perdere la testa, ondeggiare, saltellare sulla carne dura, cercarne di più, cercarne ogni millimetro. Ascoltate i miei urletti, la mia lagna, i miei "così, così!" piagnucolanti. Ascoltatemi mentre supplico "dammelo tutto". Godetevi quello che dico quando arriva il momento in cui non so più nemmeno io cosa dico.
Io sono voi, ragazze, sono voi anche in quell'istante in cui tutto si spegne.
Più tardi, nelle scenografie sempre un po' elaborate delle mie masturbazioni, questo sarà il momento in cui vi libererò da ogni obbligo nei miei confronti. In cui vi farò dire a quei ragazzi che sono con voi "sbatteteci forte, non ne possiamo più di essere scopate attraverso quella troia". Sì, lo so, il piccolo prezzo da pagare per questo piacere è, ovviamente, che nei ricordi di tutte e tutti voi io rimarrò quella troia sugli scogli. Anche se, non negate, per tutto questo tempo lunghissimo e insieme troppo breve, voi tutti avete desiderato essere me o dentro di me. Ma a parte che il fatto che mi consideriate una troia potrebbe pure eccitarmi, la verità è che ora come ora non me ne frega più un cazzo di niente. Ora come ora voglio solo sentirmi strillare mentre mi disintegro insieme a tutto il resto del mondo.
Quando inizio a riprendermi, il primo pensiero è strano: sono felice di essermi accasciata sul petto di Marcel. Adesso mi sarebbe molto difficile sostenere gli sguardi dei nostri spettatori e, per un attimo, ho addirittura il terrore che parta, che ne so, un applauso. Il Signor Ritegno era andato a farsi un giro, ma adesso è di nuovo qui. Vorrei che io e Marcel fossimo soli e vorrei anche essere tornata un po' più rapidamente in me stessa. Mi godrei di più le sue mani che mi artigliano le chiappe e le sue ultime spinte convulse. Invece è tutto sotto una specie di effetto flou, quasi anestetizzato, e persino quando mi sborra dentro lo sento, ma meno del solito. Il suo respiro ansimante fa fare su e giù anche a me, e cullata da queste onde torno me stessa. In altri momenti come questo ho pensato “beh, è stato tutto molto wow!”, è il mio modo - il primo e più immediato - per inchiodarmi nella memoria quello che abbiamo fatto. Perché per me la memoria è molto importante. Invece, la prima considerazione che faccio ora è di tutt'altro segno: nemmeno me l'ha chiesto se poteva venirmi dentro. Magari non ce l'ha fatta, era troppo preso anche lui. O magari se n'è fregato.
D'accordo, per me che sono protetta praticamente da sempre è facile dirlo, ma vorrei proprio che abbia deciso di fregarsene, di pensare solo a lui, così come a un certo punto io ho pensato solo a me.
Resto per un po' così, con questo pensiero abbastanza improbabile, spalmata sul suo respiro che poco alla volta ritorna regolare.
Al nostro pubblico ci torno a pensare solo quando ci rialziamo. Mi volto a guardare, ma naturalmente non c'è più nessuno. Sarebbe facile pensare che mi sono sognata tutto. E invece no, quel gruppetto c'era davvero, ne sono sicura.
*****
Proprio quando sto iniziando a scrivere il messaggio per Tiziana, ne arriva uno suo: "DIGIUNO INTERROTTO". Scritto proprio così, tutto maiuscolo.
Rispondo scrivendo una risata e poi: "Tra poco sono a casa".
Marcel guarda, chissà cosa capisce. Qualche parola qua e là, probabilmente. Ma non sa nulla del contesto e non sa che è da quando abbiamo preso la strada del ritorno che mi sto chiedendo una cosa: sono un’esibizionista senza vergogna? Se lo sono, non mi ci sento. Eppure è stata un’esperienza spettacolare, per di più fatta con piena consapevolezza (per quanto si possa essere consapevoli in certi momenti, è ovvio).
Riprendo il telefono e scrivo ancora: "Pensavo che mi avrebbe dato fastidio mangiare sentendomi osservata. E invece no".
Anche Tiziana non capirà molto. Ma capirà.
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