Birra (e altre cose)

di
genere
etero

Il locale è piccolo, un bar/pub con non più di dieci tavoli molto vicini tra loro ma un bancone piuttosto lungo. Non è un posto da venerdì o sabato sera. Non per la sottoscritta almeno. È l'ideale per quelle serate in mezzo alla settimana in cui non ti va di restare a casa, uno dei preferiti da me e dalle mie amiche. Dove tra l'altro non puoi nemmeno fare tanto tardi perché a una certa ora chiude. Mai saputo esattamente quando, perché ce ne andiamo sempre un po' prima, come stasera. Quattro o cinque giorni su sette le nostre vite sono scadenzate, perché abbiamo da andare a lezione, studiare, anche fare un po' di workout. Routine.

Probabilmente vi sembrerà banale, ma spesso la banalità è un fattore scatenante degli eventi: succede che Stefania porta a casa Gaia e Carlotta che sono venute con lei. Poiché non abbiamo parcheggiato tanto distanti l'una dall'altra faccio le ultime chiacchiere con loro mentre cerco le chiavi nella borsa. Ed è a quel punto che scatta lo smadonnamento:

- Oh merda!
- Che c'è?
- Mi sa che ho lasciato il telefono dentro...
- Vabbè, mica scappa.

Ho sempre pensato che Carlotta sia l'anello debole della nostra catena amicale. Proprio scema no, ma certe volte se ne esce con battute come questa. Il problema è che lei non le considera battute.

Le mollo al volo e torno di corsa nel locale con l’ottimismo al minimo storico. La prima cosa che penso è se da qualche parte ho il backup di tutti i miei dati. La desolante verità è che non lo so. Avete presente quando vi dite sempre che dovreste fare una cosa e poi, quando vi serve saperlo, non ricordate se l'avete fatta o meno?

Entro, lancio uno sguardo al tavolo dove eravamo sedute. Non solo è sgombro ma luccica come se gli avessero appena tolto il cellophane della fabbrica. Cazzo. Anche più di "cazzo", a dire il vero, ma certe cose non mi piace scriverle. Immediatamente dopo, un brivido freddo e un pensiero che mi si dispiega davanti in tutta la sua nitidezza: sai che casino se l’ho perso.

Second and last chance: Pietro.

Lui è il barista-gestore di questo posto. Improbabile che ne sia anche il proprietario, ma di certo qui dentro è il capo. Ci lavora insieme a quella che è inequivocabilmente la sua fidanzata, una ragazza slava di chissà dove, e a sere alterne con un ragazzo e un'altra ragazza. Questi ultimi incredibilmente brutti entrambi, lo so che non c'entra un cazzo (magari se il racconto viene troppo lungo sta parte la taglio) ma sono troppo brutti per non segnalarlo, sembrano scelti apposta.

Comunque dicevo: Pietro. È alla cassa con un cliente, non si accorge di me finché non mi avvicino. Mi guarda, ammicca e mette la mano vicino al pos, dove il mio iPhone giace sconsolato e piangente, convinto di essere stato abbandonato come un setter in un'area di servizio. Me lo scuote davanti, con una espressione più tipo "allarme rientrato" che "dove ce l'hai la capoccia?". Allungo il braccio e lo prendo sospirando un "grazie" di sollievo poche volte così sincero.

- Bella smaltita, eh? - mi fa.
- Non hai idea...
- Ahahahah, beviti qualche altra cosa allora.
- Devo guidare.

Per quanto abbia al mio attivo solo un vodka tonic e un sorso di margarita, la ragione non è che debbo guidare. È più che altro un "no grazie, ma sei molto gentile e ti voglio quasi bene per avere salvato il mio telefono". Solo detta in modo diverso. Il tono e il sorriso però sono quelli.

- E vabbeeeé, una birra, offro io.

Accetto, alzando però il livello dell'attenzione. Capita che Pietro lanci degli sguardi in giro, anche verso la sottoscritta. Naturalmente non sono così megalomane da pensare ogni volta che abbia delle mire su di me, tuttavia una sera ho intercettato un serie di occhiate che erano, senza possibilità di errore, dei tentativi di flirt abbastanza spudorati. E quella sera, come stasera, la sua fidanzata non lavorava. Allora lo ignorai. Un po’ perché avevo altre cose per la testa, un po’ perché Pietro non è il tipo che ti manda in orbita a una prima occhiata. E nemmeno alla seconda. La descrizione migliore per uno come lui è: giovane uomo - in un range tra i trenta e i trentacinque, ma vallo a sapere - non particolarmente bello, un po' stempiato e con i capelli comunque molto corti, non altissimo e con due spalle fin troppo larghe. Empatico il giusto, non invadente, una certa capacità di metterti a tuo agio che non so se sia di natura o se l'abbia sviluppata stando dietro un bancone, unita a una certa aria di solidità.

Insomma, un bel tipo ma non proprio di quelli che mi fa sciogliere, né dentro la testa né in mezzo alle gambe. E guardate che la sottoscritta è una che ha una passione inspiegabile ma altrettanto irrefrenabile per i baristi, eh? Forse perché sono così esposti e "disponibili" al pubblico, che cavolo ne so, e probabilmente essere una bella fica aiuta a entrare in sintonia (quello aiuta spesso). Me ne sono già fatti due - oddio, a uno soltanto un pompino al volo perché era al lavoro e doveva rientrare - e il bello è che in entrambe le occasioni ero discretamente lucida, non hanno neanche dovuto versarmi nel bicchiere litri di alcol perché mi prendessi cura delle loro erezioni. Su altri mi sono masturbata immaginando di rimanere con loro da sola dopo l'orario di chiusura. Con un altro ancora mi sono spinta a provarci a più riprese e in modo davvero vergognoso prima che mi facesse capire che era gay, ma in ogni caso era davvero un figo simpaticissimo oltre che meraviglioso e, parole sue, "molto lusingato" del mio interessamento.

So benissimo che una delle possibilità è che Pietro si appresti a fare, sia pure in modo discreto, il lumacone. Ma per quanto sia io stavolta a essere lusingata - perché è comunque una cosa che fa piacere, a meno che non provenga da personaggi improponibili - non gli darei molte chance. Se dovessi scommetterci non lo farei, ecco.

Il fatto è che mentre bevo la birra lui ci prova realmente a flirtare con me senza pudore, quasi incurante di farlo davanti a quella manciata di clienti rimasti e al suo collaboratore. Ora che ci faccio caso, sono l'unica ragazza qui dentro. Non che tema che possa succedermi chissà che, sotto questo punto di vista mi sento assolutamente al sicuro, ma mi chiedo se questo non significhi qualcosa. Non mi sono mai data una risposta e, anzi, se ne avete una gradirei conoscerla.

Quando gli chiedo di pagare mi ricorda che la birra era offerta da lui. Giusto, ma insisto comunque per lasciare la mancia al ragazzo brutto. Sia perché non mi ricordo se con le mie amiche l'abbiamo lasciata sia perché non mi va di avere pendenze. Pietro ammicca e io prendo due monete da due euro.

- Grazie per la birra e soprattutto per il telefono - dico facendo scivolare le monete dentro la scodellina delle mance.
- Sei single? - domanda mettendo la mano sulla mia.

Così, out of the blue, senza che nulla a questo punto possa giustificare né la domanda né il contatto tra le mani. Sì, ok, aveva fatto il gattone, mi aveva riservato i soliti complimenti e qualche occhiata abbastanza insistita. Nulla da cui non potessi difendermi e, come vi ho detto, ero preparata a difendermi. Ma se si tratta di alzare ancora un po' le difese, beh, non ho problemi, sono allenata.

- Io sì, pensavo che tu invece fossi fidanzato - rispondo senza togliere la mano ma con una massiccia dose di ironia, soprattutto quando dico "invece".
- Sì e no - risponde - ma sono comunque una open source.

Più che l'irriverenza mi fa ridere l'uso creativo, per così dire, delle parole. Ammetto che poteva cavarsela molto peggio, oppure fare marcia indietro. Invece non solo insiste ma lo fa in modo abbastanza originale.

- Ti va di assaggiare un paio di shottini? Mi hanno portato della roba fantastica - propone.
- Uno, anzi mezzo - gli rispondo dopo avere vinto un po' di incertezza.

A sto punto voglio tirare avanti il gioco ma senza perdere il controllo. Più che altro intendo vedere fin dove arriva e dargli - molto amabilmente, però - il due di picche. Sono giochi del cavolo, lo so, ma mi sono sempre piaciuti. Anche perché poi è divertente raccontarli alle amiche.

Stronzetta e pettegola? Sì, certo, tra le tante cose anche queste.

Mi versa una cosa che mi brucia la gola e sembra addirittura piccante, ma è deliziosa. Mai bevuta prima e mai bevuta dopo. Gli confermo che si tratta davvero di una roba particolare, lui mi informa che ci andrebbe bevuto sopra subito dopo un sorso di birra. Poiché conosco la pratica e so dove può portare a parare, declino l'offerta anche se mi dice che lo gusterei molto di più.

- Ho notato che bere bene ti piace...
- Meglio non esagerare, stasera.
- Lo sai spinare un fusto di birra?
- Ti sembro una che sa spinare un fusto di birra? - rispondo, anche se un po' mi domando cosa cazzo c'entri.
- Una come te dovrebbe saperlo, vieni che ti faccio vedere - dice facendomi cenno di girare intorno al bancone.

Come ho detto, non sono brilla. E non sono neppure scema. Capisco che è una scusa per sottrarsi agli sguardi dei pochi rimasti lì dentro. Ma mentre giro intorno al bancone per accettare la sfida e dimostrare che figuriamoci se ho paura di andare nel retro con lui, mi dico che sono perfettamente in grado di gestire la situazione, anche quando mi passa un braccio intorno alla vita per farmi strada.

Solo che - surprise! - dietro il piccolo paravento nel retro non c'è nemmeno un fusto di birra, né una bottiglia, né un boccale. Nemmeno sotto forma di portachiavi, zero. Preoccupata no, ma a sto punto un po' sconcertata sì, lo ammetto. Tuttavia non tanto da non continuare a difendermi con le armi dell'ironia e, soprattutto, scoprire il suo gioco. Beh, direi che è il momento.

- È qui che porti le tue avventrici per sedurle?
- Sei la prima, ti dispiace?
- Non saprei che dire - rispondo. Anche perché l'unica cosa che vorrei dire davvero è che non ci credo neanche un po', seguita da una sghignazzata colossale.
- Non dire nulla allora...

E come un fulmine, mano dietro la nuca e labbra a un millimetro dalle mie. Nel suo alito lo shottino che ci siamo appena fatti.

Stop. Fermo immagine proprio sulle sue labbra che si posano sulle mie.

La questione è duplice. Innanzitutto: che cazzo fa? o meglio, perché lo fa? è matto? sono certa di non avere corrisposto nemmeno un briciolo del suo corteggiamento, come fa a sapere che non mi metterò a urlare, che gli dice la capoccia? A meno che, appunto, non sia pazzo e non prenda in esame questa possibilità.

Seconda domanda: adesso che cazzo faccio io? Mettermi a fare una scenata è escluso, quelle me le riservo per le situazioni di reale emergenza. Non sono una che strepita in momenti tutto sommato gestibili come questo. E non è nemmeno per il bacio, figuriamoci, sapete quanti approcci di questo tipo ci si ritrova a fronteggiare in un sabato notte? Quando nel sangue cominciano a scorrere certe sostanze e "bionda, me dai 'n bacio?" è un'avance piuttosto romantica...

Potrei dire qualcosa tipo "ma no!" oppure "cazzo fai?", ma davvero non ne ho il tempo, la mia faccia è premuta sulla sua e c'è questa lingua che bussa alla porta. Quindi ok, dopo un bacio molto moderato me ne uscirò con qualcosa di velenoso, che ne so, tipo che in un locale quelli che dovrebbero ubriacarsi sono semmai i clienti, non i baristi.

Fatto sta che il bacio è davvero un cazzo di bacio: lungo, intenso e senza respiro. Dopo un po' non penso nemmeno a quale sarà la mia reazione e lui non ha più tanto bisogno di tenermi ferma la testa. Cioè, lo fa, ma non è più quella specie di imposizione che era prima. Quando ci scolliamo ho bisogno di aria nei polmoni e sono un po' esterrefatta. A guardarlo, un po' lo sembra anche lui.

- Cazzo, come baci...

Ah sì? Mi verrebbe da rispondere "guarda, stavo per dire la stessa cosa", ma mi reprimo, prendo aria. Giusto il tempo che gli permette di afferrarmi ancora la faccia e ripartire all'assalto. Stavolta usa tutte e due le mani, stavolta non ha bisogno di imporre nulla, stavolta socchiudo le labbra e inclino un po' la testa. È più furibondo del primo, come bacio, e proprio per questo mi piace un po' meno. È di quelli che la sua mano si stacca e va sulla schiena, mi incolla a lui, scende e, forse un po' esitante, va in esplorazione sulle chiappe, non trova opposizione e lì rimane.

Ok, molto figo ma potrebbe anche finire qui se non arrivasse un gesto inconsulto. E a farlo sono io, durante quei quattro-cinque secondi in cui rimaniamo sorridenti, leggermente imbarazzati e occhi negli occhi dopo avere smesso di baciarci. Perché lo faccio? Boh, se lo sapessi non sarebbe un gesto inconsulto, appunto: gli passo il palmo della mano sul pacco. E sono quasi sicura di accompagnare quel tocco delicato con un sorrisino che diventa malizioso. È una cosa in completa contraddizione con quello che volevo fare fino a qualche secondo fa, ma allo stesso tempo non ho particolari aspettative, intenzioni, strategie alternative. E non sono nemmeno particolarmente eccitata, forse un po' rilassata, questo sì.

Non ci sono reazioni speciali da parte sua, e neanche da parte mia, ma è come se avessi spalancato un portone con tutta la forza che ho. È il pensiero che mi ronza in testa mentre torniamo in sala per non destare sospetti. Saremo stati via un minuto, agli occhi del mondo non può essere successo niente, tranne forse a quelli di un tizio che mi osserva in modo strano. È per questo che distolgo lo sguardo dicendo a Pietro che a sto punto, prima di andare, una sigaretta ci sta. Sono pronta ad andare a fumarmela fuori, per riprendermi. O addirittura mentre torno alla macchina, anche se non mi piace molto fumare mentre cammino.

- Ti va di fumare una cosa che non si compra dal tabaccaio?

Ancora una volta mi metto a ridere: che cosa gli ci voleva per dirmi "andiamo a farci una canna"? Apprenderò tra poco che questo modo obliquo di parlare gli appartiene quando ti fa delle proposte illegali, lì per lì la prendo come una risposta alla mia mano sulla sua patta dei pantaloni.

La proposta illegale arriverà, ma non prima che siano passati quei pochi minuti in cui ci raccontiamo un po' l'una all'altro e in cui bruciamo il bengala (già pronto, by the way) fino al filtro appena fuori dall'entrata del locale.

- Mi sa che torno a casa in taxi, ahahahah...
- Forse sì, se vuoi te lo chiamo io - risponde.

Facciamo per rientrare, ma dopo un passo mi ferma con una mano tra i capelli. Anche questo è un gesto appena accennato e dolcemente arrogante, lo apprezzo. Apprezzo anche la sua intimazione sussurrata "fammi rivedere come baci, bella biondina". Il bacio dura pochissimo, ma il suo "biondina" mi risuona nelle orecchie come tante volte mi è risuonato un "puttanella" o sinonimi, e qui sì che mi eccito. Si accorge che ridacchio e me ne chiede il motivo, ma non glielo rivelo. Improvvisamente mi sembra impossibile che mi mandi a casa in taxi, forse inizio a non volerci nemmeno tornare a casa.

- La proveresti qualcosa di più strong?
- Tipo?
- Tipo aspirare... o invece tu sei abituata a inghiottire?
- Ahahahah, addirittura abituata... oddio, in pubblico inghiottire è più discreto.
- Sicura? Potrebbe essere Ghb.
- Spero proprio di no, dicono che dopo non ti ricordi un cazzo. E poi quello si beve.
- Ahahahah, ok. Già fatta l'esperienza?
- No, o almeno non penso.
- Sei una ragazza estroversa, non credevo...
- Se vuoi metterla così...
- Fammi fare chiusura, non ci metto tanto.

È vero, non ci mette tanto. Cinque minuti al massimo. Ma per altri versi cinque minuti possono essere lunghissimi. Attendo con la borsa in spalla. Ai clienti che lasciano il locale, e anche al ragazzo brutto, è evidente che andremo via insieme. Ma poiché non abbiamo dato spettacolo potrebbe benissimo essere che mi dà uno strappo a casa e stop. Ok, ci ha provato e non è stato malamente respinto, ma il mio atteggiamento e la mia stessa postura sembrano quelli di una che attende di essere accompagnata a casa e stop. Perciò… se uno proprio vuole crederci ci creda pure. In fondo, quando voglio, so essere una grande dissimulatrice.

La verità è che, senza darlo a vedere, tra me e me penso il contrario. Penso: "ecco fatto, ora mi porta al bagno e, prima o dopo le strisce, mi si bomba oppure mi chiede di baciarlo altrove". Opzioni entrambi interessanti ma, francamente, io spero che mi scopi. Mi sono ricordata che ho un arretrato.

E visto che siamo in tema di desideri, eccone uno: non sono certo allergica a quelli che - wham-bam, thank you ma’am - ti rivoltano come un calzino e ti usano senza starsi tanto a preoccupare di te. No, davvero, la bestia è una cosa che mi manda fuori come un balcone, a meno che non sia un incapace come quello di sabato scorso che è durato meno di una finale olimpica sui cento metri (sì, l'arretrato è esattamente questo). Lui però... non lo so, sarà il tipo oppure la serata, ma mi piacerebbe che si riveli uno di quelli che la prendono un po' alla lontana e ti mandano talmente in orbita con i preliminari che, alla fine, letteralmente lo supplichi di dartelo tutto dentro. Perché no? Va bene, lo ammetto, sto un po' cominciando a friggere.

Magari potrebbe farlo sul bancone, mi dico, e soddisfare così il mio immaginario erotico. Sono attimi in cui milioni di pensieri osceni restano inespressi. L'unica cosa che mi raffredda un pochino, per fortuna, è la consapevolezza di avere fatto la figura dell'oca senza neanche averlo deciso io. Questo non è uno dei miei role-play preferiti - quello in cui mi fingo una scema totale, appunto - manco per niente, ci sono cascata con tutte le scarpe credendo di essere in grado di padroneggiare ogni cosa. È proprio così e questo un po' mi secca. Certo, in linea del tutto teorica potrei mollarlo e filare via. Se non lo faccio non è perché - dopo avere fatto la figura dell'oca - non mi va di fare quella della pazza. E in tutta sincerità nemmeno perché me la sono sentita pulsare per bene. Se non lo faccio è perché, a sto punto, una follia va di farla anche a me.

Pensate che stia iniziando a delirare? Non è vero, questi sono ancora brandelli di lucidità. Se vi interessa il delirio, eccolo: sotto i miei leggings del tutto ordinari vorrei non avere nulla; sarebbe davvero esaltante se, come prima cosa, ci infilasse una mano e si accorgesse che sto gocciolando, e me lo facesse notare. Dio, cosa sarei in grado di dirgli... Chissà cosa ci impedisce di essere espliciti ora, cosa ci induce a guardarci e tacere. La buona educazione? Magari ciò che pensa di me lo dirà, ma dopo, quando sarà ridondante se non proprio inutile. Sì, certo, è bello sentirsi dire certe cose mentre, per fare un esempio, gli stai saltando sopra, è bellissimo. Ma è diverso. Quelle cose dovrebbe rovesciarmele addosso ora che stiamo qui. Pagherei, pagherei davvero, se a guardarci ci fosse quello che prima mi osservava in modo strano per dirgli "hai indovinato, sai? ci ha messo meno di dieci minuti a tirare fuori la mignotta che è in me".

Mentre viaggio tra le mie allucinazioni qualche cosa è successa: il locale si è svuotato, mi sono seduta a un tavolo e ho accavallato le gambe, lui ha chiuso la porta, anche se la serranda è rimasta alzata, mi ha fatto l'occhiolino e mi ha sorriso, ha iniziato ad apparecchiare la Signora in Bianco proprio sul bancone. Mi invita con lo sguardo, gli faccio cenno che può anche servirsi per primo, mi alzo per andare verso di lui. Per la prima volta penso che non l'avrei mai detto che è uno che si fa. Una canna pure pure, ma questo... sento il rumore quando tira su col naso, due volte, prima di passarmi cinque euro nuovi nuovi e arrotolati stretti.

Coincidenza tra pensiero e azione o, se volete, corrispondenza di amorosi sensi. Io penso: "mettimi una mano sul culo ora che sono un po' piegata". Lui fa: mano dentro ai leggings, sulla pelle delle mie natiche, solco, zona di interesse, appropriazione di una femminilità eccitata, dito, awwww...

Bacio. Come quello che ci siamo dati fuori, un po' inarcata e con la testa all'indietro. Beh ok, è un po' diverso, quando sei in modalità bacio+ditalino è il momento in cui ti stai consegnando. Soprattutto perché siete soli. In un locale affollato sarebbe un'altra cosa, dopo potrei anche dirgli "non male, ma il tipo di cinque minuti fa era più bravo, sai?". In un locale affollato, magari con una certa discrezione, ci si struscia e ci si esplora anche per il solo gusto di farlo: "bella bagnata e depilata, e che chiappe!", "e tu? ce l'hai il porto d'armi per questo?".

Giochi, cazzate, in un locale affollato come quelli che frequento nei week end ci si va anche per giocare e fare cazzate, e ci si fa anche per giocare e fare cazzate. Magari quel "bionda, me dai 'n bacio" di cui vi parlavo prima si trasforma in un "bionda, me fai 'na pompa?". Che poi questo accada o non accada è tutto da vedere, magari accade con uno che non è quello che te l'ha chiesto, magari rispondi "non è che ti andrebbe di scopare, invece?", magari finisci a pomiciare con una ragazza, magari non succede nulla e te ne torni a casa a farti un ditale. Dipende da una infinità di cose anche se, ok, almeno per la sottoscritta tornare a casa da un locale affollato senza avere combinato nulla, ma proprio nulla nulla, non è esattamente la regola. Cioè, quando ho voglia di combinare qualcosa, è chiaro.

Qui invece, beh qui bisogna darsi una mossa perché sennò sa troppo di impasse. Un piacevolissimo e anche un po' scomodo impasse, d'accordo, ma a te non dispiace, vero Pietro? A qualcuno mettono soggezione, ad altri invece non danno fastidio le ragazze che prendono l'iniziativa. Ci giurerei che lui non è il tipo che si fa mettere in soggezione.

- La tua religione ti vieta di portarmi nel back?
- La mia religione mi impone di portarti in un posto migliore di un back.

Wow, bella risposta. Bella la sua mano che si accomoda meglio. Bello il suo "non una come te". Magari lo dice a tutte, ma è bello. Bello il suo sorriso che domanda "non sei d'accordo?". Bello sapere che non sarà solo un bocchino qui dentro. Bello il secondo dito dentro. AWWWW!... Bello il suo "non avere fretta" con cui ferma la mia mano partita un'altra volta in esplorazione tra le sue gambe.

O meglio, non è bello. No no, quello è proprio SDENG! È molto ma molto più eccitante di un qualsiasi "ora ti sfondo, zoccola". È gonfio, è eccitato anche lui eppure mantiene il controllo. Anzi, l'ha proprio preso tutto, il controllo. Quel "non avere fretta" con cui mi ha respinta mi fa sentire lurida, ninfomane, troia al suo servizio. Il suo "andiamo?" non è bello, arrivati a questo punto è indispensabile.

Non potrei aspettare nemmeno un minuto di più.

Andiamo, non so dove, ma spero proprio che non sia lontano.

scritto il
2024-07-12
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