La seconda chance
di
Gatsby 37
genere
gay
Un caldo tremendo su quella spiaggia. Il sudore colava sugli occhiali e mi impediva di leggere. Belle ragazze intorno, che guardavo di sottecchi, ma, come sempre, il mio corpo non se ne accorgeva: silenzio tombale lì sotto. E solito malumore che sopravveniva: mi chiedevo cosa ci venissi a fare sulla spiaggia a provare questa frustrazione.
Vado al chioschetto per bere qualcosa di fresco, ma alla fine opto per un cornetto e torno all'asciugamano: inutile dire che buona parte del gelato cola sulla mano, sul costume sull'asciugamano. Decido di finire il gelato e poi mi sarei buttato in acqua: l'asciugamano l'avrei lavata a casa.
E invece. Invece passa Gian, che avevo salutato al chioschetto, e si offre di farmi dare un pulita all'asciugamano: ha la cabina là dietro e c'è una fontanella.
Facciamo così e poi mettiamo l'asciugamano stesa a delle corde di sostegno: con questo caldo e al sole sarebbe asciugata in mezz'ora.
Parliamo: è forte Gian, è un musicista e sa molto di musica. Ne ha visti di concerti da ragazzo. Quando parla mi guarda negli occhi, fisso, e sorride. Ha sempre fatto così, con mio grande disagio quando ero in compagnia. Ma adesso non c'erà solo disagio: mi piaceva anche come mi guardava. Alla faccia di quelle quattro gallinelle che non ti calcolano neppure di striscio. Senza accorgemene, gli sono sempre più vicino e mi soprendo a giardargli il costume, in mezzo alle gambe: c'è tanta riba là sotto, mi pare. Comincio ad eccitarmi, mi batte il cuore forte. Non so neanche come, in un attimo simultaneamente ci mettiamo le mani sui fianchi: lui mi porta nella cabina.
Mi trovo a baciargli i capezzoli cadenti (ha qualche chilo di troppo), scendo col viso lungo il ventre, l'ombelico, e mi trovo con la bocca che sfiora, come in un bacio timido, il suo costume. C'è odore e sapore di sale, le mie labbra sentono distintamente il calore del suo pene e si aprono per sentirne i contorni. Non è eretto, ma lo avverto turgido. Lui è di legno, mi accarezza i capelli e ha un respiro irregolare, evidentemente eccitato.
In un attimo, gli tiro giù il costume e glielo prendo in bocca. Ancora quel sapore acre di sale e, sembra, lontanamente, di piscio: ma tant'è. Sento che gli piace e piace anche a me: con movimenti circolari, lavoro di lingua, di denti, con le mani; mi sento mugolare di piacere, come quando bevi che hai sete o mangi di gusto e vuoi che si senta. E questo mi eccitava ancor di più. E così per lui, che sentivo indurirsi nella mia bocca.
Avevo avuto una solo esperienza omosessuale completa prima di questa: era stata così coinvolgente che a distanza di mesi ancora mi eccitava e, ogni tanto, perfino me la sognavo. Diverso però il tipo: quello aveva un fisico perfetto, un cazzo di marmo, sembrava un professionista: mi ha fatto male, ma mi ha fatto anche godere come non mai. Talmente tanto che me ne ero spaventato: mi era piaciuto più del previsto. Stai a vedere che... mi ero detto.
Il cazzo di Gian è diverso: è quello di un povero cristo come me, in sovrappeso, non più giovanissimo, ma insomma, reagiva. E mi piaceva succhiarglielo.
Quasi al dunque mi sono chiesto che fare: mi scosto e finisco segandolo? Mi faccio venire addosso? Sulla faccia? Ma decide lui: quella mano, fin qui così dolce e timida sui miei capelli, diventa forte, decisa e spinge la mia faccia verso di lui. Era chiaro che cosa volesse. E non mi è dispiaciuto che abbia scelto per me: mi viene in bocca ma cerco di non ingoiare, col risultato che lo sperma mi va anche sul mento e cola. Caldo. Dolce e aspro: speravo avesse un sapore migliore.
Una pulita con le salviette, tanto c'è il mare. Una bella sciacquata di bocca alla fontanella e poi mi faccio una nuotata. Quando ripasso dalla zona cabine a prendere l'asciugamano non c'era già più. Passo davanti alle ragazzine con un senso insieme di umiliazione e di stupida rivalsa: quasi fosse "io ho fatto un pompino e voi no". Decido di andarmene e lo vedo al chiosco che mi sorride: ricambio, mentre giuravo a me stesso che non sarei più tornato a quella spiaggia. Ma, allo stesso tempo, che non avrei aspettato il giorno dopo per farlo. E mi dicevo, con un po' di disagio, che avrei ricominciato a succhiarglielo in quel preciso momento.
Vado al chioschetto per bere qualcosa di fresco, ma alla fine opto per un cornetto e torno all'asciugamano: inutile dire che buona parte del gelato cola sulla mano, sul costume sull'asciugamano. Decido di finire il gelato e poi mi sarei buttato in acqua: l'asciugamano l'avrei lavata a casa.
E invece. Invece passa Gian, che avevo salutato al chioschetto, e si offre di farmi dare un pulita all'asciugamano: ha la cabina là dietro e c'è una fontanella.
Facciamo così e poi mettiamo l'asciugamano stesa a delle corde di sostegno: con questo caldo e al sole sarebbe asciugata in mezz'ora.
Parliamo: è forte Gian, è un musicista e sa molto di musica. Ne ha visti di concerti da ragazzo. Quando parla mi guarda negli occhi, fisso, e sorride. Ha sempre fatto così, con mio grande disagio quando ero in compagnia. Ma adesso non c'erà solo disagio: mi piaceva anche come mi guardava. Alla faccia di quelle quattro gallinelle che non ti calcolano neppure di striscio. Senza accorgemene, gli sono sempre più vicino e mi soprendo a giardargli il costume, in mezzo alle gambe: c'è tanta riba là sotto, mi pare. Comincio ad eccitarmi, mi batte il cuore forte. Non so neanche come, in un attimo simultaneamente ci mettiamo le mani sui fianchi: lui mi porta nella cabina.
Mi trovo a baciargli i capezzoli cadenti (ha qualche chilo di troppo), scendo col viso lungo il ventre, l'ombelico, e mi trovo con la bocca che sfiora, come in un bacio timido, il suo costume. C'è odore e sapore di sale, le mie labbra sentono distintamente il calore del suo pene e si aprono per sentirne i contorni. Non è eretto, ma lo avverto turgido. Lui è di legno, mi accarezza i capelli e ha un respiro irregolare, evidentemente eccitato.
In un attimo, gli tiro giù il costume e glielo prendo in bocca. Ancora quel sapore acre di sale e, sembra, lontanamente, di piscio: ma tant'è. Sento che gli piace e piace anche a me: con movimenti circolari, lavoro di lingua, di denti, con le mani; mi sento mugolare di piacere, come quando bevi che hai sete o mangi di gusto e vuoi che si senta. E questo mi eccitava ancor di più. E così per lui, che sentivo indurirsi nella mia bocca.
Avevo avuto una solo esperienza omosessuale completa prima di questa: era stata così coinvolgente che a distanza di mesi ancora mi eccitava e, ogni tanto, perfino me la sognavo. Diverso però il tipo: quello aveva un fisico perfetto, un cazzo di marmo, sembrava un professionista: mi ha fatto male, ma mi ha fatto anche godere come non mai. Talmente tanto che me ne ero spaventato: mi era piaciuto più del previsto. Stai a vedere che... mi ero detto.
Il cazzo di Gian è diverso: è quello di un povero cristo come me, in sovrappeso, non più giovanissimo, ma insomma, reagiva. E mi piaceva succhiarglielo.
Quasi al dunque mi sono chiesto che fare: mi scosto e finisco segandolo? Mi faccio venire addosso? Sulla faccia? Ma decide lui: quella mano, fin qui così dolce e timida sui miei capelli, diventa forte, decisa e spinge la mia faccia verso di lui. Era chiaro che cosa volesse. E non mi è dispiaciuto che abbia scelto per me: mi viene in bocca ma cerco di non ingoiare, col risultato che lo sperma mi va anche sul mento e cola. Caldo. Dolce e aspro: speravo avesse un sapore migliore.
Una pulita con le salviette, tanto c'è il mare. Una bella sciacquata di bocca alla fontanella e poi mi faccio una nuotata. Quando ripasso dalla zona cabine a prendere l'asciugamano non c'era già più. Passo davanti alle ragazzine con un senso insieme di umiliazione e di stupida rivalsa: quasi fosse "io ho fatto un pompino e voi no". Decido di andarmene e lo vedo al chiosco che mi sorride: ricambio, mentre giuravo a me stesso che non sarei più tornato a quella spiaggia. Ma, allo stesso tempo, che non avrei aspettato il giorno dopo per farlo. E mi dicevo, con un po' di disagio, che avrei ricominciato a succhiarglielo in quel preciso momento.
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