Storie di condominio - Uno
di
Vip55
genere
etero
STORIE DI CONDOMINIO UNO LA VISPA TERESA NON MOLLA LA PRESA
Conoscevo Teresa una robusta signora che abitava nel mio condominio, dove, almeno di vista ci conoscevamo un po tutti. Di alcune condomine, vedove, separate o divorziate, sposate o nubili che fossero, conoscevo anche le tendenze erotiche avendole frequentate più assiduamente. Quando cominciai ad avere degli stimoli sessuali, che mi erano provocati dall’atteggiamento disinvolto delle interessate, le quali erano tutte in buonafede, nel senso che se mostravano le gambe lo facevano senza secondi fini. Così almeno credevo, mentre mi segavo nel letto di notte pensando a questa o a quella. Teresa e Fabiana erano fra quelle che mi attizzavano di più, perché abitando nell’appartamento sotto il mio, ogni tanto, soprattutto d’estate, mi era capitato di spiarle di nascosto, mimetizzato dietro le tende che riparavano il balcone interno dalla canicola, e sorprenderle con la gonna tirata su fino all’inguine, che mostravano le loro gambe e in qualche caso, soprattutto Fabiana, più disinibita della madre, mettevano in mostra le mutandine, riparate, almeno così credevano, anche loro da tende da sole, che le mettevano al riparo da sguardi indiscreti, ma avevano fatto i conti senza l’oste. Diverse volte le avevo sorprese mentre si spalmavano vicendevolmente la crema antisolare, risvegliando in me pensieri peccaminosi. Un giorno Teresa, mentre salivo le scale rientrando dal lavoro, mi intercettò mentre passavo davanti alla sua porta, invitandomi ad entrare in casa sua perché doveva parlarmi. “Ti rubo qualche minuto!“ disse chiudendo la porta a chiave e mi fece accomodare nel salotto, che corrispondeva alla mia sala da pranzo. “Accomodati dove meglio credi. Cosa posso offrirti? Un succo di frutta?” Chiese. “Grazie signora” risposi. Ero curioso di conoscere il motivo dell’invito. Fui folgorato da un dubbio e cioè che avessero scoperto che le spiavo mentre prendevano la tintarella pomeridiana. Pochi minuti dopo tornò con un cabaret di pasticcini e dei succhi di frutta. “Che gusto preferisci!” disse indicandomi i succhi di frutta. “Se c’è, alla pesca. Grazie.” Risposi. Trovatolo lo aprì versando il contenuto della bottiglietta in un bicchiere, chiedendomi se gradivo un cubetto di ghiaccio. “Grazie va bene così signora” e brindammo. Teresa si sedette proprio di fronte a me accavallando le gambe con disinvoltura, chinandosi in avanti per prendere un pasticcino mise in bella mostra le sue grosse tette. Il mio uccello, già in tiro per avere scorto quelle che ritenevo essere le sue mutandine, divenne ancora più duro e Teresa se ne accorse, ma non disse nulla e continuammo a parlare del più e del meno, mentre notavo una sempre maggiore attenzione per il bozzo sempre più marcato dei miei pantaloni. Mi prese per mano e mi condusse nella camera da letto chiudendo la porta a chiave; con cenno mi disse di parlare a bassa voce e mi chiese di sfilarmi i pantaloni. Appena vide le mie mutande gonfie e la punta dell’uccello al massimo della tensione fare capolino, decise di passare all’azione. Si sedette sul bordo del letto: ”Togliti gli slip dai, non avrai mica soggezione di una tardona come me” disse divaricando quel tanto che basta quelle gambone. Ti chiederai il motivo di questo invito?” Annuii col capo. “Bene due cose ti voglio dire, anzi tre: 1) non mi chiamare Signora, ma semplicemente Teresa, almeno qui in casa mia; 2) mia figlia ti ha scoperto mentre ci spiavi mezze nude sul terrazzo; 3) guardati meglio intorno perché questo è un covo di buone donne. Mi ci voglio mettere anch’io. Se ne salvano veramente poche”. “Chiedo scusa Teresa per il mio comportamento, mi rendo conto della gravità del fatto: spiare due donne in casa loro non è bello. Purtroppo è più forte di me e non riesco a controllare questi impulsi, vedi come sono ridotto!” le dissi indicando l’uccello teso, un bel palmo di carne viva e pulsante. “Ti capisco mio caro e questo fatto dello sbirciare ci attizza entrambe. Quindi continua pure a goderti lo spettacolo di due tardone che prendono il sole sul terrazzo, in fin dei conti la colpa è più nostra che tua. Ora per farti perdonare non c’è che un unico mezzo: ‘dimostrarmi quello che ti piacerebbe fare ad una tardona come me’…”. Intanto il gioco di Teresa si andava facendo sempre duro. Ad un tratto ella scese dal letto e mi si avvicinò dicendomi :” Questa anziana tardona ha voglia di bere la crema dei tuoi coglioni, oseresti negarle questo piccolo favore?” La guardai fissa negli occhi ed apparve subito un sorriso di intesa. Lei si inginocchiò ai miei piedi e facendomi divaricare le cosce prese fra le sue manone il mio cazzo pulsante e se lo portò lentamente alla bocca, cominciando a leccarlo dal buco del culo, in cui infilò un dito, facendomi sobbalzare sulla poltrona.
Lei con indifferenza continuò a lavorare l’uccello con la sua lingua. Era proprio affamata di cazzo. Io le massaggiavo le spalle seminude, facendole scivolare di lato le spalline del reggiseno, cercai di afferrare la maglia che indossava per sfilargliela, mentre lei imperterrita continuava, con un ritmo lento a farmi godere come un pazzo. Più mi dimenavo più la sua lingua avvolgeva la cappella, continuando ad osservare le mie espressioni facciali con la coda dell’occhio e dicendo: “Sei un bel porco, mi piaci sai? E anche a quella baldracca di mia figlia, che in questo momento si starà facendo inculare dal suo capo….!” E non aggiunse altro fino a quando le sussurrai: “Teresaaa sto per venireee, ecco lo sento uscire eccolooooo!” E lei che aspettava questo momento da tanto tempo ingoiò il nettare delle mie palle, senza proferilere parole e succhiando la cappella alla stregua di un gelato lo fece tornare di marmo. A quel punto si alzò strusciando il suo corpo carnoso sulla mia faccia. Finchè non mi sbattè in faccia la sua fica pelosa e marcia di umori. Le uiintrodussi dentro due dita e poi gliela dilatai. Era enorme e larga. La penetrai senza nessun problema con una mano e le afferrai il clitoride che era grosso come un dito e cominciai a segarlo e a slinguarlo. “Urca come sei bravo.” Disse lei dimenandosi dal piacere. Le cinsi una coscia e cominciai a leccargliela e a mordicchiare quella carne. Me la sarei spolpata fino all’osso. Il mio uccello duro come il marmo voleva la sua parte per cui la spinsi sul letto dicendole: “Quando sei sola perché non vieni a trovarmi ?” “No è meglio che scendi tu da me. Ti piaccio davvero o mi stai prendendo per i fondelli?” Per tutta risposta le fui sopra e la penetravo nel sedere. “Sai una cosa Teresa? Vorrei chiavarti tutta la notte, tu e tua figlia. Mi piace il tuo lardo” dissi palpandole le natiche. “Dubito che tu riesca a trombare ma figlia, lei la da solo a quelli che hanno il portafoglio gonfio. Se la fa pagare salata la gnocca, mica la da a gratis come me e quella baldracca del piano terra.” “Ah si? Non lo sapevo, o almeno non ne avevo la certezza” ribattei eccitato “Facciamo una cosa, domenica pomeriggio scendi giù da noi così convinco mia figlia a dartela, poi noi due ci rifacciamo in settimana. Ti va l’idea?” Per tutta risposta mi attaccai ad uno dei suoi meloni, anzi angurie e cominciai a succhiarle il capezzolo lungo ad occhio due centimetri e mezzo per uno di diametro, mentre il mio cazzo sguazzava come un’anguilla nella sua tana. “Sei fantastico, peccato non averti scoperto prima, quanto alla tua proposta di trascorrere una notte insieme ci sto pensando, ma escludo di venire da te. Devo sentire mia figlia, intanto vediamoci domenica pomeriggio e ne riparliamo. Intanto puoi incularmi di nuovo, mi piace troppo prenderlo lì” La feci mettere a pecora, con la testa appoggiata sul cuscino e cominciai a rovistarle la passera, masturbandole il clitoride e palpandole le pareti della vagina. Godeva come una vacca, mentre con il pollicione e l’indice le dilatavo lo sfintere dandole colpi di lingua. Poi la penetrai definitivamente cavalcandola con tutte le mie forze. Quando le fui venuto dentro sentimmo scattare la serratura di casa. Era la figlia che rientrava in anticipo dal lavoro. “Cazzo e ora come facciamo! Rivestiti presto per l’amor del cielo. Ubbidii prontamente, solo che non servì a molto, perché venimmo scoperti dalla figlia che disse: “Mamma cos’è questa storia e tu che ci fai nella camera da letto di mia madre? Mamma ma ti sei impazzita?” Allora non ci vidi più e le dissi: “Lascia stare tua madre!” e mi avventai contro di lei tappandole la bocca e cominciando a baciarla sul collo. “Fai la brava ora ti spiego tutto!” La madre era terrorizzata, sentiva la figlia dimenarsi furiosamente ma con il mio peso addosso non riusciva a divincolarsi. Sentendo il mio uccello diventato duro come il marmo premere contro il suo pube e piano si ammorbidì, delle lacrime le rigavano il viso. Estenuata dalla lotta si arrese allora la baciai in bocca. Lei dapprima rifiutò il bacio ma io tenevo la bocca incollata alla sua per impedirle di urlare e nel frattempo cercavo di metterle una mano sotto la gonna e finalmente raggiunsi le mutandine e scostandogliele le infilai un dito nella passera. Cerco di scalciare, ma fu vano di fronte alla mia determinazione di domarla. Sembrava una tigre, graffiava, ma quando senti il mio uccello farsi strada nella fica rimase paralizzata e si calmò. Mi dava dei pugni, dei calci negli stinchi ed io, pur dolorante acceleravo il ritmo della monta, lei singhiozzava: “Lasciami andare ti prego!” E io insistevo: “Ti lascio andare solo se chiedi perdono a tua madre, hai capito?” Ormai stavo per venire. Lo tirai fuori e le venni tra i peli della fica. “Allora cosa aspetti ? Chiedi scusa a tua mamma, chiedi scusa a tua mamma …..!” Sfinita e dolorante si decise a chiedere scusa a sua madre. “Mamma perdonami ti prego, ti pregoooo!” Allora la baciai e le dissi:” Ti amo Fabiana, facciamo all’amore! Dai che ne hai voglia an che tu!” le dissi “Scusami non volevo farti del male.” “Stai zitto cafone, abbi almeno il pudore di stare zitto! Guarda come mi hai conciata brutto porco, spione. Vattene via, viaaaa.” Mi ricomposi e prese le mie cose me ne andai chiedendo scusa ad entrambe. Teresa mi accompagnò alla porta e mi baciò. Aveva capito che non volevo usare violenza alla figlia, ma solo darle una lezione. La sera dopo cena squillò il campanello della mia porta. Prima di aprire guardai dallo spioncino e con mia grande sorpresa riconobbi Fabiana e le aprii la porta. “Posso entrare?” mi chiese con voce sommessa. “Certamente accomodati “ le dissi e dopo aver richiuso la porta la feci accomodare in sala chiedendo :” A cosa devo questa visita?” Lei a capo chino rispose: “Sono venuta a chiederti scusa e ad invitarti giù da noi. Voglio fare un regalo a mamma. Il mio regalo sei tu!” “In che senso scusami?” “Non hai proposto a mamma una notte di amore con lei….?” Mi chiese. “Beh si…… “ risposi stupito. “Allora prenditi l’occorrente e vieni giù con me” e mi baciò dicendomi “Ti voglio bene e scusami ancora per oggi!” Le diedi una pacca sul sedere e poi l’abbracciai. “Scusami tu, sono una vipera lo so, ma voglio bene a mamma ed ho pensato che fossi stato tu ad approfittare di lei, invece ha chiarito tutto. Anch’io ti desidero, posso chiamarti amore?” “Certo tesoro!” le dissi baciandola sulla punta del naso. “La bisbetica è domata” pensai. Dopo un ulteriore tenero abbraccio presi la mia roba e la misi in una borsa seguendo Fabiana. Quando entrò in casa la madre l’abbracciò e la ringraziò. Mi fecero accomodare in salotto. Madre e figlia si sorrisero. “Mamma mi ha detto che sei un amante fantastico, mi . preparo subito caso mai volessi venire un attimo in camera mia così mi aiuti a scegliere qualcosa di sexy da indossare, mentre mamma si prepara. Lei vuole farti una sorpresa. Ma ho notato che non hai messo pigiami in borsa.” “Io non li uso mai, vado a letto senza.” “Ma dai? E se succede qualcosa durante la notte, ti trovano con il pisello all’aria?” “Beh infilarsi un paio di pantaloni non ci vuol mica un secolo!” risposi ridendo. Andai nella sua camera, e disse a bassa voce: “Non ti senti mica in imbarazzo se mi spoglio?” chiese sorridendo .”Se vuoi ti do una mano!” dissi scherzando. “Davvero allora forza. Spogliamoci a vicenda. iniziamo da sotto o da sopra? “ “Direi da sopra.!” “Briconcello ti vuoi lasciare per ultimo i più bello.” “Brava hai fatto pure rima!” commentai alzandole la maglia mentre lei mi sbottonò la camicia. “Che pelo, cominciamo bene, mi piace” disse lei. Via le canotte, io a torso nudo e Fabiana in reggiseno. Via i pantaloni e giù la gonna, rimanemmo entrambi in abbigliamento intimo, che decidemmo di lasciare per il momento. Fabiana tirò fuori tre capi per la notte: la classica camicia da notte versione sexy, un baby doll e una sottoveste abbondantemente sopra il ginocchio. “Posso chiamarti amore?” chiese Fabiana. “Certo che sì, Tesoro. So già cosa vuoi chiedermi…. Io opterei per la sottoveste nera di pizzo. E’ molto chic e sexy. Indossala che voglio vedere come ti sta!” Lei la infilò lesta e girandosi su se stessa chiese: “Che ne dici amore?” guardando il bozzo che gli slip stentavano a contenere, trovò la risposta alla sua domanda. Abbassammo gli slip ed apparvero i nostri sessi. Lei aveva la patata intonsa, mentre il mio pisello e le palle erano avvolte in un cespuglio. Ci baciammo intensamente, avvinghiati l’uno all’altra. “Una curiosità Fabiana, la patata te la depili da sola?” “Certamente caro, perché vorresti essere depilato anche tu, bel cazzone di maschio?” risponde FABIANA. “E perché no? Ma io mi riferivo al fatto che potresti farlo anche a tua mamma!” aggiungo io. “Nessun problema, quando volete!” risponde decisa FABIANA. “Allora andiamo di là in camera sua che le devo parlare a quattrocchi. Tu aspetta fuori e una volta che ho parlato con tua mamma ti apro la porta, ok?” “Va bene, come desideri tu amore!” Bussai alla porta della camera di Teresa ed entrai. “Rimasi sbalordito vedendola in tenuta da notte con una camicia corta leggermente sopra il ginocchio che in controluce poco lasciava alla fantasia. “Ciao Teresa volevo parlarti di Fabiana. Dal momento che si è ricreduta sul nostro conto e che mi ha invitato a trascorrere una notte d’amore con te, puoi fare fifty fifty , cioè ad una certa ora, dopo che io e te abbiamo consumato , ci puoi lasciare da soli?” “Che caro che sei: certamente, le voglio bene nonostante tutto. Accordato!” risponde baciandomi. “Ora è fuori che aspetta e vorrebbe depilarti la gnocca, vai!” le dico e apro la porta. Fabiana è pronta e fa accomodare la madre in bagno per depilarla, mentre aspetto in spasmodica attesa. Escono entrambe dal bagno ed entrano in camera e Teresa mi mostra orgogliosa la gnocca depilata. “Ora tocca a te caruccio, se ti fidi, ti faccio il pelo anche alle palle. Sono un’esperta sai?” “Ok andiamo, vieni anche tu Teresa, così vedi all’opera tua figlia!” Fabiana mi fece accomodare in bagno e mi fece posizionare bene sotto la luce di una lampada apposita e cominciò a sforbiciare, a sfoltire la peluria della cavità pelvica e poi alla base dell’uccello che tenevo ben dritto in mano. Le porsi il barattolo della schiuma da barba che avevo portato da casa. “Non serve, grazie. Ho della crema apposta che ritarda la ricrescita dei peli ed è la stessa che applicherò ai tuoi magnifici coglioni”. La lasciai fare e dopo un quarto d’ora disse “Fatto!” “Di già?” esclamai meravigliato. Con uno specchietto da trucco mi mostrò il capolavoro. “Tesoro va bene, ti piace? Mi assumeresti come coiffeuse del ‘cazzo’ Sono ventimila lire, paghi subito o fai un assegno?” disse ridendo e mi abbracciò “Scherzavo è stato un piacere farti il servizietto! Dammi un bacio dai!” “Sei assunta all’istante!” le dissi e l’abbracciai e la baciai. “Adesso andiamo a cominciare la commedia. Fine del primo atto.
Conoscevo Teresa una robusta signora che abitava nel mio condominio, dove, almeno di vista ci conoscevamo un po tutti. Di alcune condomine, vedove, separate o divorziate, sposate o nubili che fossero, conoscevo anche le tendenze erotiche avendole frequentate più assiduamente. Quando cominciai ad avere degli stimoli sessuali, che mi erano provocati dall’atteggiamento disinvolto delle interessate, le quali erano tutte in buonafede, nel senso che se mostravano le gambe lo facevano senza secondi fini. Così almeno credevo, mentre mi segavo nel letto di notte pensando a questa o a quella. Teresa e Fabiana erano fra quelle che mi attizzavano di più, perché abitando nell’appartamento sotto il mio, ogni tanto, soprattutto d’estate, mi era capitato di spiarle di nascosto, mimetizzato dietro le tende che riparavano il balcone interno dalla canicola, e sorprenderle con la gonna tirata su fino all’inguine, che mostravano le loro gambe e in qualche caso, soprattutto Fabiana, più disinibita della madre, mettevano in mostra le mutandine, riparate, almeno così credevano, anche loro da tende da sole, che le mettevano al riparo da sguardi indiscreti, ma avevano fatto i conti senza l’oste. Diverse volte le avevo sorprese mentre si spalmavano vicendevolmente la crema antisolare, risvegliando in me pensieri peccaminosi. Un giorno Teresa, mentre salivo le scale rientrando dal lavoro, mi intercettò mentre passavo davanti alla sua porta, invitandomi ad entrare in casa sua perché doveva parlarmi. “Ti rubo qualche minuto!“ disse chiudendo la porta a chiave e mi fece accomodare nel salotto, che corrispondeva alla mia sala da pranzo. “Accomodati dove meglio credi. Cosa posso offrirti? Un succo di frutta?” Chiese. “Grazie signora” risposi. Ero curioso di conoscere il motivo dell’invito. Fui folgorato da un dubbio e cioè che avessero scoperto che le spiavo mentre prendevano la tintarella pomeridiana. Pochi minuti dopo tornò con un cabaret di pasticcini e dei succhi di frutta. “Che gusto preferisci!” disse indicandomi i succhi di frutta. “Se c’è, alla pesca. Grazie.” Risposi. Trovatolo lo aprì versando il contenuto della bottiglietta in un bicchiere, chiedendomi se gradivo un cubetto di ghiaccio. “Grazie va bene così signora” e brindammo. Teresa si sedette proprio di fronte a me accavallando le gambe con disinvoltura, chinandosi in avanti per prendere un pasticcino mise in bella mostra le sue grosse tette. Il mio uccello, già in tiro per avere scorto quelle che ritenevo essere le sue mutandine, divenne ancora più duro e Teresa se ne accorse, ma non disse nulla e continuammo a parlare del più e del meno, mentre notavo una sempre maggiore attenzione per il bozzo sempre più marcato dei miei pantaloni. Mi prese per mano e mi condusse nella camera da letto chiudendo la porta a chiave; con cenno mi disse di parlare a bassa voce e mi chiese di sfilarmi i pantaloni. Appena vide le mie mutande gonfie e la punta dell’uccello al massimo della tensione fare capolino, decise di passare all’azione. Si sedette sul bordo del letto: ”Togliti gli slip dai, non avrai mica soggezione di una tardona come me” disse divaricando quel tanto che basta quelle gambone. Ti chiederai il motivo di questo invito?” Annuii col capo. “Bene due cose ti voglio dire, anzi tre: 1) non mi chiamare Signora, ma semplicemente Teresa, almeno qui in casa mia; 2) mia figlia ti ha scoperto mentre ci spiavi mezze nude sul terrazzo; 3) guardati meglio intorno perché questo è un covo di buone donne. Mi ci voglio mettere anch’io. Se ne salvano veramente poche”. “Chiedo scusa Teresa per il mio comportamento, mi rendo conto della gravità del fatto: spiare due donne in casa loro non è bello. Purtroppo è più forte di me e non riesco a controllare questi impulsi, vedi come sono ridotto!” le dissi indicando l’uccello teso, un bel palmo di carne viva e pulsante. “Ti capisco mio caro e questo fatto dello sbirciare ci attizza entrambe. Quindi continua pure a goderti lo spettacolo di due tardone che prendono il sole sul terrazzo, in fin dei conti la colpa è più nostra che tua. Ora per farti perdonare non c’è che un unico mezzo: ‘dimostrarmi quello che ti piacerebbe fare ad una tardona come me’…”. Intanto il gioco di Teresa si andava facendo sempre duro. Ad un tratto ella scese dal letto e mi si avvicinò dicendomi :” Questa anziana tardona ha voglia di bere la crema dei tuoi coglioni, oseresti negarle questo piccolo favore?” La guardai fissa negli occhi ed apparve subito un sorriso di intesa. Lei si inginocchiò ai miei piedi e facendomi divaricare le cosce prese fra le sue manone il mio cazzo pulsante e se lo portò lentamente alla bocca, cominciando a leccarlo dal buco del culo, in cui infilò un dito, facendomi sobbalzare sulla poltrona.
Lei con indifferenza continuò a lavorare l’uccello con la sua lingua. Era proprio affamata di cazzo. Io le massaggiavo le spalle seminude, facendole scivolare di lato le spalline del reggiseno, cercai di afferrare la maglia che indossava per sfilargliela, mentre lei imperterrita continuava, con un ritmo lento a farmi godere come un pazzo. Più mi dimenavo più la sua lingua avvolgeva la cappella, continuando ad osservare le mie espressioni facciali con la coda dell’occhio e dicendo: “Sei un bel porco, mi piaci sai? E anche a quella baldracca di mia figlia, che in questo momento si starà facendo inculare dal suo capo….!” E non aggiunse altro fino a quando le sussurrai: “Teresaaa sto per venireee, ecco lo sento uscire eccolooooo!” E lei che aspettava questo momento da tanto tempo ingoiò il nettare delle mie palle, senza proferilere parole e succhiando la cappella alla stregua di un gelato lo fece tornare di marmo. A quel punto si alzò strusciando il suo corpo carnoso sulla mia faccia. Finchè non mi sbattè in faccia la sua fica pelosa e marcia di umori. Le uiintrodussi dentro due dita e poi gliela dilatai. Era enorme e larga. La penetrai senza nessun problema con una mano e le afferrai il clitoride che era grosso come un dito e cominciai a segarlo e a slinguarlo. “Urca come sei bravo.” Disse lei dimenandosi dal piacere. Le cinsi una coscia e cominciai a leccargliela e a mordicchiare quella carne. Me la sarei spolpata fino all’osso. Il mio uccello duro come il marmo voleva la sua parte per cui la spinsi sul letto dicendole: “Quando sei sola perché non vieni a trovarmi ?” “No è meglio che scendi tu da me. Ti piaccio davvero o mi stai prendendo per i fondelli?” Per tutta risposta le fui sopra e la penetravo nel sedere. “Sai una cosa Teresa? Vorrei chiavarti tutta la notte, tu e tua figlia. Mi piace il tuo lardo” dissi palpandole le natiche. “Dubito che tu riesca a trombare ma figlia, lei la da solo a quelli che hanno il portafoglio gonfio. Se la fa pagare salata la gnocca, mica la da a gratis come me e quella baldracca del piano terra.” “Ah si? Non lo sapevo, o almeno non ne avevo la certezza” ribattei eccitato “Facciamo una cosa, domenica pomeriggio scendi giù da noi così convinco mia figlia a dartela, poi noi due ci rifacciamo in settimana. Ti va l’idea?” Per tutta risposta mi attaccai ad uno dei suoi meloni, anzi angurie e cominciai a succhiarle il capezzolo lungo ad occhio due centimetri e mezzo per uno di diametro, mentre il mio cazzo sguazzava come un’anguilla nella sua tana. “Sei fantastico, peccato non averti scoperto prima, quanto alla tua proposta di trascorrere una notte insieme ci sto pensando, ma escludo di venire da te. Devo sentire mia figlia, intanto vediamoci domenica pomeriggio e ne riparliamo. Intanto puoi incularmi di nuovo, mi piace troppo prenderlo lì” La feci mettere a pecora, con la testa appoggiata sul cuscino e cominciai a rovistarle la passera, masturbandole il clitoride e palpandole le pareti della vagina. Godeva come una vacca, mentre con il pollicione e l’indice le dilatavo lo sfintere dandole colpi di lingua. Poi la penetrai definitivamente cavalcandola con tutte le mie forze. Quando le fui venuto dentro sentimmo scattare la serratura di casa. Era la figlia che rientrava in anticipo dal lavoro. “Cazzo e ora come facciamo! Rivestiti presto per l’amor del cielo. Ubbidii prontamente, solo che non servì a molto, perché venimmo scoperti dalla figlia che disse: “Mamma cos’è questa storia e tu che ci fai nella camera da letto di mia madre? Mamma ma ti sei impazzita?” Allora non ci vidi più e le dissi: “Lascia stare tua madre!” e mi avventai contro di lei tappandole la bocca e cominciando a baciarla sul collo. “Fai la brava ora ti spiego tutto!” La madre era terrorizzata, sentiva la figlia dimenarsi furiosamente ma con il mio peso addosso non riusciva a divincolarsi. Sentendo il mio uccello diventato duro come il marmo premere contro il suo pube e piano si ammorbidì, delle lacrime le rigavano il viso. Estenuata dalla lotta si arrese allora la baciai in bocca. Lei dapprima rifiutò il bacio ma io tenevo la bocca incollata alla sua per impedirle di urlare e nel frattempo cercavo di metterle una mano sotto la gonna e finalmente raggiunsi le mutandine e scostandogliele le infilai un dito nella passera. Cerco di scalciare, ma fu vano di fronte alla mia determinazione di domarla. Sembrava una tigre, graffiava, ma quando senti il mio uccello farsi strada nella fica rimase paralizzata e si calmò. Mi dava dei pugni, dei calci negli stinchi ed io, pur dolorante acceleravo il ritmo della monta, lei singhiozzava: “Lasciami andare ti prego!” E io insistevo: “Ti lascio andare solo se chiedi perdono a tua madre, hai capito?” Ormai stavo per venire. Lo tirai fuori e le venni tra i peli della fica. “Allora cosa aspetti ? Chiedi scusa a tua mamma, chiedi scusa a tua mamma …..!” Sfinita e dolorante si decise a chiedere scusa a sua madre. “Mamma perdonami ti prego, ti pregoooo!” Allora la baciai e le dissi:” Ti amo Fabiana, facciamo all’amore! Dai che ne hai voglia an che tu!” le dissi “Scusami non volevo farti del male.” “Stai zitto cafone, abbi almeno il pudore di stare zitto! Guarda come mi hai conciata brutto porco, spione. Vattene via, viaaaa.” Mi ricomposi e prese le mie cose me ne andai chiedendo scusa ad entrambe. Teresa mi accompagnò alla porta e mi baciò. Aveva capito che non volevo usare violenza alla figlia, ma solo darle una lezione. La sera dopo cena squillò il campanello della mia porta. Prima di aprire guardai dallo spioncino e con mia grande sorpresa riconobbi Fabiana e le aprii la porta. “Posso entrare?” mi chiese con voce sommessa. “Certamente accomodati “ le dissi e dopo aver richiuso la porta la feci accomodare in sala chiedendo :” A cosa devo questa visita?” Lei a capo chino rispose: “Sono venuta a chiederti scusa e ad invitarti giù da noi. Voglio fare un regalo a mamma. Il mio regalo sei tu!” “In che senso scusami?” “Non hai proposto a mamma una notte di amore con lei….?” Mi chiese. “Beh si…… “ risposi stupito. “Allora prenditi l’occorrente e vieni giù con me” e mi baciò dicendomi “Ti voglio bene e scusami ancora per oggi!” Le diedi una pacca sul sedere e poi l’abbracciai. “Scusami tu, sono una vipera lo so, ma voglio bene a mamma ed ho pensato che fossi stato tu ad approfittare di lei, invece ha chiarito tutto. Anch’io ti desidero, posso chiamarti amore?” “Certo tesoro!” le dissi baciandola sulla punta del naso. “La bisbetica è domata” pensai. Dopo un ulteriore tenero abbraccio presi la mia roba e la misi in una borsa seguendo Fabiana. Quando entrò in casa la madre l’abbracciò e la ringraziò. Mi fecero accomodare in salotto. Madre e figlia si sorrisero. “Mamma mi ha detto che sei un amante fantastico, mi . preparo subito caso mai volessi venire un attimo in camera mia così mi aiuti a scegliere qualcosa di sexy da indossare, mentre mamma si prepara. Lei vuole farti una sorpresa. Ma ho notato che non hai messo pigiami in borsa.” “Io non li uso mai, vado a letto senza.” “Ma dai? E se succede qualcosa durante la notte, ti trovano con il pisello all’aria?” “Beh infilarsi un paio di pantaloni non ci vuol mica un secolo!” risposi ridendo. Andai nella sua camera, e disse a bassa voce: “Non ti senti mica in imbarazzo se mi spoglio?” chiese sorridendo .”Se vuoi ti do una mano!” dissi scherzando. “Davvero allora forza. Spogliamoci a vicenda. iniziamo da sotto o da sopra? “ “Direi da sopra.!” “Briconcello ti vuoi lasciare per ultimo i più bello.” “Brava hai fatto pure rima!” commentai alzandole la maglia mentre lei mi sbottonò la camicia. “Che pelo, cominciamo bene, mi piace” disse lei. Via le canotte, io a torso nudo e Fabiana in reggiseno. Via i pantaloni e giù la gonna, rimanemmo entrambi in abbigliamento intimo, che decidemmo di lasciare per il momento. Fabiana tirò fuori tre capi per la notte: la classica camicia da notte versione sexy, un baby doll e una sottoveste abbondantemente sopra il ginocchio. “Posso chiamarti amore?” chiese Fabiana. “Certo che sì, Tesoro. So già cosa vuoi chiedermi…. Io opterei per la sottoveste nera di pizzo. E’ molto chic e sexy. Indossala che voglio vedere come ti sta!” Lei la infilò lesta e girandosi su se stessa chiese: “Che ne dici amore?” guardando il bozzo che gli slip stentavano a contenere, trovò la risposta alla sua domanda. Abbassammo gli slip ed apparvero i nostri sessi. Lei aveva la patata intonsa, mentre il mio pisello e le palle erano avvolte in un cespuglio. Ci baciammo intensamente, avvinghiati l’uno all’altra. “Una curiosità Fabiana, la patata te la depili da sola?” “Certamente caro, perché vorresti essere depilato anche tu, bel cazzone di maschio?” risponde FABIANA. “E perché no? Ma io mi riferivo al fatto che potresti farlo anche a tua mamma!” aggiungo io. “Nessun problema, quando volete!” risponde decisa FABIANA. “Allora andiamo di là in camera sua che le devo parlare a quattrocchi. Tu aspetta fuori e una volta che ho parlato con tua mamma ti apro la porta, ok?” “Va bene, come desideri tu amore!” Bussai alla porta della camera di Teresa ed entrai. “Rimasi sbalordito vedendola in tenuta da notte con una camicia corta leggermente sopra il ginocchio che in controluce poco lasciava alla fantasia. “Ciao Teresa volevo parlarti di Fabiana. Dal momento che si è ricreduta sul nostro conto e che mi ha invitato a trascorrere una notte d’amore con te, puoi fare fifty fifty , cioè ad una certa ora, dopo che io e te abbiamo consumato , ci puoi lasciare da soli?” “Che caro che sei: certamente, le voglio bene nonostante tutto. Accordato!” risponde baciandomi. “Ora è fuori che aspetta e vorrebbe depilarti la gnocca, vai!” le dico e apro la porta. Fabiana è pronta e fa accomodare la madre in bagno per depilarla, mentre aspetto in spasmodica attesa. Escono entrambe dal bagno ed entrano in camera e Teresa mi mostra orgogliosa la gnocca depilata. “Ora tocca a te caruccio, se ti fidi, ti faccio il pelo anche alle palle. Sono un’esperta sai?” “Ok andiamo, vieni anche tu Teresa, così vedi all’opera tua figlia!” Fabiana mi fece accomodare in bagno e mi fece posizionare bene sotto la luce di una lampada apposita e cominciò a sforbiciare, a sfoltire la peluria della cavità pelvica e poi alla base dell’uccello che tenevo ben dritto in mano. Le porsi il barattolo della schiuma da barba che avevo portato da casa. “Non serve, grazie. Ho della crema apposta che ritarda la ricrescita dei peli ed è la stessa che applicherò ai tuoi magnifici coglioni”. La lasciai fare e dopo un quarto d’ora disse “Fatto!” “Di già?” esclamai meravigliato. Con uno specchietto da trucco mi mostrò il capolavoro. “Tesoro va bene, ti piace? Mi assumeresti come coiffeuse del ‘cazzo’ Sono ventimila lire, paghi subito o fai un assegno?” disse ridendo e mi abbracciò “Scherzavo è stato un piacere farti il servizietto! Dammi un bacio dai!” “Sei assunta all’istante!” le dissi e l’abbracciai e la baciai. “Adesso andiamo a cominciare la commedia. Fine del primo atto.
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