Cena Aziendale - cap. 1
di
Obscurity
genere
etero
Le cene aziendali, quelle belle. Splendidi palazzi, dagli alti soffitti a volta illuminati da lampadari grandi quanto tavoli; meravigliosi giardini, con alberi perfetti e maestose fontane. Location da favola a far sfondo a un insieme di uomini e di donne, di cravatte eleganti e di tacchi vertiginosi. Di giorno eccellenti professionisti, di notte…
“vado un momento in bagno…” commento al gruppetto di colleghi con cui mi sto trattenendo. Ma è solo una scusa per cercare comitive più interessanti.
Mi avvio sgambettando lungo la sala comune, che percorro a passi cadenzati e decisi. Sono ancora tutti in piedi, a degustare drink di benvenuto e piccoli stuzzichini, con un via vai di camerieri ad assicurarsi che i tavoli del buffet siano sempre pieni. Anch’io ho in mano un calice di prosecco, ormai semivuoto, che mi appresto a mollare al primo cameriere che incrocio. Sento il rumore dei miei tacchi sul pavimento, e diversi occhi puntare al mio fondoschiena.
Il mio tubino nero e grigio, lungo poco sopra al ginocchio, mette in bella vista il mio culetto e le mie gambe, slanciate dal tacco 12. Le mie spalle sono scoperte, il vestito mi copre fino all’altezza del seno, sorretto da un push up, anche lui senza spalline.
Mi gusto la mia sfilata senza guardarmi intorno, camminando con la pancia leggermente tenuta in dentro. L’anno scorso ero più in forma, ahime, ma mi difendo ancora bene.
Entro nel bagno delle donne, fermandomi davanti ai lavandini in marmo, per osservare nello specchio la mia acconciatura e il mio trucco. Si, mi sento abbastanza gnocca stasera.
Allo specchio accanto c’è un’altra ragazza, intenta a sistemarsi. Camicetta bianca, pantaloni neri e decolleté dello stesso colore. è più bassa di me di qualche centimetro, e molto meno formosa. Il suo visino vispo ma emozionato mi suggerisce che deve essere una neo-assunta, fresca di laurea o ancora studentessa.
“ciao..” le dico voltandomi verso di lei.
Mi risponde con un timido “salve” e ogni mia ipotesi trova conferma. Le chiedo se è la sua prima cena, mi risponde che è con noi da solo un mese, e che non sapeva neppure se venire, dato che al di fuori del suo gruppo di lavoro non conosce nessuno. Recito la mia parte da brava mamma chioccia, rassicurandola sul fatto che si divertirà. “..e poi queste sono ottime occasioni per conoscere gente interessante!” ..e farci cose interessanti, ma questo non glielo dico, lo scoprirà da sé, forse. “..comunque, io sono Laura” mi presento a lei, porgendole mano. Ricambia la mia stretta, dice di chiamarsi Valentina, mi ringrazia ed esce. Mi soffermo a guardarle il sedere, notando la sottile linea delle mutandine che l’avvolgono, mentre mi domando se alla fine di questa serata sarà ancora la ragazzina timida che sembra.
Torno in sala a godermi l’aperitivo, dispensando saluti e frasi do cortesia qua e là, finchè non vengo agguantata sottobraccio ed una voce mi sussurra nell’orecchio “sapevo che non poteva essere festa senza di te”
Nonostante la musica riconosco subito la voce di Francesco, 5 anni meno di me, un posto più in basso nella gerarchia aziendale, e svariate donne passate tra le sue gambe. Compresa la sottoscritta.
“credevo non volessi rivedere un film già visto, o hai paura di restare a secco?” lo prendo in giro. Siamo andati a letto diverse volte, poi abbiamo scoperto che è più eccitante raccontarci le storie che abbiamo con altri colleghi.
“non ti deluderò bellezza, tu piuttosto.. se volessi andare sul sicuro, dove ci sta una ce ne stanno due..” mi saluta facendomi l’occhiolino e dandomi una furtiva pacca sul sedere.
Dall’aperitivo la serata procede con la cena. Si mangia, si chiacchera, si ride, si beve. Non ho ancora capito se il mio mood mi porterà tra le braccia di un ragazzo giovane e aitante, o di un uomo adulto ed esperto.
Le eleganti luci dei lampadari lasciano posto a quelle stroboscopiche mentre il volume della musica sale fino a rendere impossibile ogni conversazione: è ora di ballare.
In mezzo alla pista diversi polipi mi si avvinghiano. Mani sui fianchi, patte che sfregano contro il sedere, nasi che annusano le mie spalle. L’eccitazione sale, grazie anche all’alcol, e ho bisogno di prendere un po’ d’aria.
All’esterno l’aria è fresca, ci sono delle poltroncine sparpagliate a gruppetti. Concedo un po’ di riposo ai miei piedi e mi accendo una sigaretta.
“un goccio per rinfrescarti?” una voce sconosciuta quasi mi fa sussultare. Sollevo lo sguardo, e davanti a me c’è un uomo sulla cinquantina, capelli corti e barba ben curata, con in mano due bicchieri da cocktail, di cui uno proteso verso di me.
Si siede alla poltroncina accanto, e chiacchieriamo tra un sorso e un tiro di sigaretta. Mi sfilo le scarpe, un po’ per dare sollievo ai miei piedi, un po’ per vedere la reazione del mio nuovo amico.
“un massaggio?” chiede mentre poggia il suo bicchiere sul tavolino. Sorrido.
Distendo le gambe e le allungo fino a poggiare le caviglie contro le sue cosce. Le sue mani mi accarezzano i piedi, il pollice contro la pianta e le altre dita su dorso e caviglia. Il suo sguardo è assorto sulle mie dita, con le unghie di un rosso acceso.
“ti piacciono i miei piedini?” gli chiedo, ma prima ancora che mi risponda, accarezzo con l’alluce la sua patta, tastando la sua erezione.
“giudica tu” mi risponde lui, e avvicina la poltroncina alla mia, rendendomi più facile esplorare tra le sue gambe.
Entrambi i miei piedi sfregano sul leggero tessuto dei pantaloni, e la sua erezione diventa vistosa
“qui potrebbero vederci..” dice lui, come a volermi proporre un luogo più appartato. In effetti diversa gente per concedersi una pausa dai balli è fuori, e per quanto certe tresche siano il segreto di pulcinella, la discrezione è d’obbligo.
“che cosa proponi? Stupiscimi” lo provoco, rannicchiando via le mie gambe. Spengo la sigaretta ormai ridotta a un mozzicone, e mentre infilo nuovamente le scarpe
“seguimi.” Abbandoniamo i sentieri lastricati che circondano poltroncine e tavolinetti, e ci inoltriamo nel fitto del giardino, protetti dagli alberi. Potrebbero vederci, ma di certo non riconoscerci
“togliti le scarpe” mi dice una volta trovato uno spazio tra gli alberi, sotto la luce della luna.
I miei piedi calpestano l’erba morbida, mi piace questa sensazione. Mi abbraccia, si avventa sul mio collo con le labbra, mentre abbassa la zip del mio vestito dietro la schiena. Sento la sua erezione premermi contro la pancia. Si allontana appena, e il tubino si affloscia attorno alle mie caviglie, rivelando il mio corpo nudo, con solo il push-up color carne attorno al seno. Mi infila una mano tra le gambe, percorre la mia peluria corta, trovandomi già umida. Lo aiuto con la cintura e i pantaloni, liberando anche il suo cazzo, duro e pulsante.
“mi piacciono i tuoi piedini” dice, e capisco perché mi abbia spogliata. Mi siedo sull’erba, assaporando il solleticare dei fili d’erba sulla mia pelle. Sollevo le gambe, e vado a cingere con le piante dei piedi il suo cazzo. Lo sego coi piedi, accarezzandogli le palle con le punte delle dita. Sentirlo così duro tra i miei piedi, assieme ai suoi mugolii, mi eccita. Porto una mano tra le mie gambe, e inizio a toccarmi davanti a lui, allo stesso ritmo dei miei piedi.
La vista di me che mi masturbo deve avergli fatto perdere la testa, perché mi tira frettolosamente in piedi, mi gira di spalle con le mani contro un albero e con uno schiaffo sul sedere mi allarga le gambe. Sento la sua cappella raccogliere gli umori dal mio interno coscia, e infilarsi prepotente dentro di me. Mi piego in avanti, inarcando il busto e portandolo verso di lui mentre mi penetra. Le sue spinte sono profonde e decise, ad ogni colpo la sua pancia sbatte contro le mie natiche. I miei gemiti lo rendono più avido, mi tiene fermi i fianchi e mi monta con foga, mentre mi tremano le gambe per l’orgasmo che mi travolge.
Sono ancora scossa dai tremiti quando lo sento rallentare il ritmo e dirmi “voglio venirti sui piedi”; sono troppo affannata per rispondergli, il suo cazzo esce da me e quando lascia i miei fianchi deve quasi sorreggermi perché le gambe mi cedono. Mi gira la testa. Senza sapere come sono di nuovo col culo sull’erba, lui è chino su di me, con una mano tiene uniti i miei piedi dai talloni, con l’altra si masturba velocemente, la cappella che sfiora le mie dita. Geme, e un fiotto di sperma invade il dorso dei miei piedi, colando sulle unghie rosse.
Lui è sicuramente più veloce di me a ricomporsi, dato che quando è praticamente pronto ad andare io sono ancora seduta sul prato, nuda e con la testa che gira. Devo aver bevuto troppo, o non ho più l’età per certe cose.
“un gentiluomo mi aiuterebbe a rivestirmi e mi riaccompagnerebbe dentro” gli dico mentre barcollando cerco di rialzarmi, ma lui già mi da le spalle, diretto verso la civiltà.
“se vuoi posso mandarti qualcuno in aiuto” mi dice senza fermarsi
“no, grazie” ci manca solo dover soddisfare qualcun altro ed essere poi lasciata di nuovo sola.
“vado un momento in bagno…” commento al gruppetto di colleghi con cui mi sto trattenendo. Ma è solo una scusa per cercare comitive più interessanti.
Mi avvio sgambettando lungo la sala comune, che percorro a passi cadenzati e decisi. Sono ancora tutti in piedi, a degustare drink di benvenuto e piccoli stuzzichini, con un via vai di camerieri ad assicurarsi che i tavoli del buffet siano sempre pieni. Anch’io ho in mano un calice di prosecco, ormai semivuoto, che mi appresto a mollare al primo cameriere che incrocio. Sento il rumore dei miei tacchi sul pavimento, e diversi occhi puntare al mio fondoschiena.
Il mio tubino nero e grigio, lungo poco sopra al ginocchio, mette in bella vista il mio culetto e le mie gambe, slanciate dal tacco 12. Le mie spalle sono scoperte, il vestito mi copre fino all’altezza del seno, sorretto da un push up, anche lui senza spalline.
Mi gusto la mia sfilata senza guardarmi intorno, camminando con la pancia leggermente tenuta in dentro. L’anno scorso ero più in forma, ahime, ma mi difendo ancora bene.
Entro nel bagno delle donne, fermandomi davanti ai lavandini in marmo, per osservare nello specchio la mia acconciatura e il mio trucco. Si, mi sento abbastanza gnocca stasera.
Allo specchio accanto c’è un’altra ragazza, intenta a sistemarsi. Camicetta bianca, pantaloni neri e decolleté dello stesso colore. è più bassa di me di qualche centimetro, e molto meno formosa. Il suo visino vispo ma emozionato mi suggerisce che deve essere una neo-assunta, fresca di laurea o ancora studentessa.
“ciao..” le dico voltandomi verso di lei.
Mi risponde con un timido “salve” e ogni mia ipotesi trova conferma. Le chiedo se è la sua prima cena, mi risponde che è con noi da solo un mese, e che non sapeva neppure se venire, dato che al di fuori del suo gruppo di lavoro non conosce nessuno. Recito la mia parte da brava mamma chioccia, rassicurandola sul fatto che si divertirà. “..e poi queste sono ottime occasioni per conoscere gente interessante!” ..e farci cose interessanti, ma questo non glielo dico, lo scoprirà da sé, forse. “..comunque, io sono Laura” mi presento a lei, porgendole mano. Ricambia la mia stretta, dice di chiamarsi Valentina, mi ringrazia ed esce. Mi soffermo a guardarle il sedere, notando la sottile linea delle mutandine che l’avvolgono, mentre mi domando se alla fine di questa serata sarà ancora la ragazzina timida che sembra.
Torno in sala a godermi l’aperitivo, dispensando saluti e frasi do cortesia qua e là, finchè non vengo agguantata sottobraccio ed una voce mi sussurra nell’orecchio “sapevo che non poteva essere festa senza di te”
Nonostante la musica riconosco subito la voce di Francesco, 5 anni meno di me, un posto più in basso nella gerarchia aziendale, e svariate donne passate tra le sue gambe. Compresa la sottoscritta.
“credevo non volessi rivedere un film già visto, o hai paura di restare a secco?” lo prendo in giro. Siamo andati a letto diverse volte, poi abbiamo scoperto che è più eccitante raccontarci le storie che abbiamo con altri colleghi.
“non ti deluderò bellezza, tu piuttosto.. se volessi andare sul sicuro, dove ci sta una ce ne stanno due..” mi saluta facendomi l’occhiolino e dandomi una furtiva pacca sul sedere.
Dall’aperitivo la serata procede con la cena. Si mangia, si chiacchera, si ride, si beve. Non ho ancora capito se il mio mood mi porterà tra le braccia di un ragazzo giovane e aitante, o di un uomo adulto ed esperto.
Le eleganti luci dei lampadari lasciano posto a quelle stroboscopiche mentre il volume della musica sale fino a rendere impossibile ogni conversazione: è ora di ballare.
In mezzo alla pista diversi polipi mi si avvinghiano. Mani sui fianchi, patte che sfregano contro il sedere, nasi che annusano le mie spalle. L’eccitazione sale, grazie anche all’alcol, e ho bisogno di prendere un po’ d’aria.
All’esterno l’aria è fresca, ci sono delle poltroncine sparpagliate a gruppetti. Concedo un po’ di riposo ai miei piedi e mi accendo una sigaretta.
“un goccio per rinfrescarti?” una voce sconosciuta quasi mi fa sussultare. Sollevo lo sguardo, e davanti a me c’è un uomo sulla cinquantina, capelli corti e barba ben curata, con in mano due bicchieri da cocktail, di cui uno proteso verso di me.
Si siede alla poltroncina accanto, e chiacchieriamo tra un sorso e un tiro di sigaretta. Mi sfilo le scarpe, un po’ per dare sollievo ai miei piedi, un po’ per vedere la reazione del mio nuovo amico.
“un massaggio?” chiede mentre poggia il suo bicchiere sul tavolino. Sorrido.
Distendo le gambe e le allungo fino a poggiare le caviglie contro le sue cosce. Le sue mani mi accarezzano i piedi, il pollice contro la pianta e le altre dita su dorso e caviglia. Il suo sguardo è assorto sulle mie dita, con le unghie di un rosso acceso.
“ti piacciono i miei piedini?” gli chiedo, ma prima ancora che mi risponda, accarezzo con l’alluce la sua patta, tastando la sua erezione.
“giudica tu” mi risponde lui, e avvicina la poltroncina alla mia, rendendomi più facile esplorare tra le sue gambe.
Entrambi i miei piedi sfregano sul leggero tessuto dei pantaloni, e la sua erezione diventa vistosa
“qui potrebbero vederci..” dice lui, come a volermi proporre un luogo più appartato. In effetti diversa gente per concedersi una pausa dai balli è fuori, e per quanto certe tresche siano il segreto di pulcinella, la discrezione è d’obbligo.
“che cosa proponi? Stupiscimi” lo provoco, rannicchiando via le mie gambe. Spengo la sigaretta ormai ridotta a un mozzicone, e mentre infilo nuovamente le scarpe
“seguimi.” Abbandoniamo i sentieri lastricati che circondano poltroncine e tavolinetti, e ci inoltriamo nel fitto del giardino, protetti dagli alberi. Potrebbero vederci, ma di certo non riconoscerci
“togliti le scarpe” mi dice una volta trovato uno spazio tra gli alberi, sotto la luce della luna.
I miei piedi calpestano l’erba morbida, mi piace questa sensazione. Mi abbraccia, si avventa sul mio collo con le labbra, mentre abbassa la zip del mio vestito dietro la schiena. Sento la sua erezione premermi contro la pancia. Si allontana appena, e il tubino si affloscia attorno alle mie caviglie, rivelando il mio corpo nudo, con solo il push-up color carne attorno al seno. Mi infila una mano tra le gambe, percorre la mia peluria corta, trovandomi già umida. Lo aiuto con la cintura e i pantaloni, liberando anche il suo cazzo, duro e pulsante.
“mi piacciono i tuoi piedini” dice, e capisco perché mi abbia spogliata. Mi siedo sull’erba, assaporando il solleticare dei fili d’erba sulla mia pelle. Sollevo le gambe, e vado a cingere con le piante dei piedi il suo cazzo. Lo sego coi piedi, accarezzandogli le palle con le punte delle dita. Sentirlo così duro tra i miei piedi, assieme ai suoi mugolii, mi eccita. Porto una mano tra le mie gambe, e inizio a toccarmi davanti a lui, allo stesso ritmo dei miei piedi.
La vista di me che mi masturbo deve avergli fatto perdere la testa, perché mi tira frettolosamente in piedi, mi gira di spalle con le mani contro un albero e con uno schiaffo sul sedere mi allarga le gambe. Sento la sua cappella raccogliere gli umori dal mio interno coscia, e infilarsi prepotente dentro di me. Mi piego in avanti, inarcando il busto e portandolo verso di lui mentre mi penetra. Le sue spinte sono profonde e decise, ad ogni colpo la sua pancia sbatte contro le mie natiche. I miei gemiti lo rendono più avido, mi tiene fermi i fianchi e mi monta con foga, mentre mi tremano le gambe per l’orgasmo che mi travolge.
Sono ancora scossa dai tremiti quando lo sento rallentare il ritmo e dirmi “voglio venirti sui piedi”; sono troppo affannata per rispondergli, il suo cazzo esce da me e quando lascia i miei fianchi deve quasi sorreggermi perché le gambe mi cedono. Mi gira la testa. Senza sapere come sono di nuovo col culo sull’erba, lui è chino su di me, con una mano tiene uniti i miei piedi dai talloni, con l’altra si masturba velocemente, la cappella che sfiora le mie dita. Geme, e un fiotto di sperma invade il dorso dei miei piedi, colando sulle unghie rosse.
Lui è sicuramente più veloce di me a ricomporsi, dato che quando è praticamente pronto ad andare io sono ancora seduta sul prato, nuda e con la testa che gira. Devo aver bevuto troppo, o non ho più l’età per certe cose.
“un gentiluomo mi aiuterebbe a rivestirmi e mi riaccompagnerebbe dentro” gli dico mentre barcollando cerco di rialzarmi, ma lui già mi da le spalle, diretto verso la civiltà.
“se vuoi posso mandarti qualcuno in aiuto” mi dice senza fermarsi
“no, grazie” ci manca solo dover soddisfare qualcun altro ed essere poi lasciata di nuovo sola.
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