Confessioni di un vecchio frocio...

di
genere
gay

Desidero raccontare come ho scoperto di avere una predisposizione naturale per la sodomia passiva e di conseguenza come sono diventato uno che ama prenderlo in culo per fare la gioia di tanti cazzi, come dire frocio. Ma sono convinto che se anche fossi nato femmina avrei preferito prenderlo in culo piuttosto che in fica. Senza l'intenzione di farne un romanzo, racconterò qualcosa che è accaduto, fatti che mi hanno convinto ad essere frocio e anche se per motivi "letterari" aggiungerò qualche abbellimento, però non si tratta di fantasie. Causa il comune senso d'ipocrisia evito di parlare come tutto cominciò felicemente per me.

Che la cosa abbia importanza o meno, non so dire, ma ho due sorelle maggiori di me di quattro anni una e cinque anni l'altra. La più grande è sempre stata un po' prepotente di carattere, cui è sempre piaciuto il sesso con una punta di sadismo. In una famiglia non ricca come la mia i vestiti usati si passano ai più piccoli, così io mi ritrovavo con camicette dal collo arrotondato o mutandine rosa con fiocchetti celesti (avevo, e ho, il pisellino piccolo e le mutandine femminili andavano benissimo), ma la cosa un po' strana è che a me piaceva e spesso chiedevo io di vestirmi da bambina ed avevo, fin da giovanissimo, un aspetto molto femminile.

Ricordo che tra gli amici ce n'era uno che diceva di aver partecipato ai "balletti verdi" (allora di moda in contrasto ai balletti rosa), con notevole dovizia di particolari dicendo che era stato scopato anche da personalità in vista. Quasi a volermi convincere di qualcosa me ne parlava anche quando eravamo soli. Un giorno mi disse: "io parlo con te perché anche tu sei frocio e mi capisci"; non ostanti fossi ormai cresciuto diventai rosso, abbassai la testa e rimasi zitto. Subito dopo tirò fuori il cazzo che io senza esitare succhiai... "e sei anche bravo!" disse dopo. Anche se pensavo che la metà dei suoi racconti fossero fanfaronate, lo invidiavo perché provavo una forte attrazione per i cazzi. Finalmente un giorno mi propose di provare ad andare con lui avvertendomi però che, una volta entrato, non sarei potuto tornare indietro e che quelli erano uomini adulti ed esigenti. Mi si strinse lo stomaco per l'eccitazione che quell'avvertimento mi procurò. La mia fretta nell'accettare la sua proposta tradiva la mia innata frociaggine. Nel darmi appuntamento per il pomeriggio seguente mi raccomandò di farmi un clistre di pulizia e di lavarmi molto bene. Eseguii scrupolosamente.

Mi ero profumato come una troia, e andammo insieme nel luogo dell'appuntamento. Si trattava di un vecchio caseggiato e l'appartamento che ci accolse era arredato lussuosamente con mobili antichi. Su un tavolo c'erano bevande di tutti i tipi e stuzzichini da mangiare. Io avevo lo stomaco chiuso ma accettai una coppetta di Alexander che mi fece girare la testa. Nella stanza c'erano giovani intorno alla mia età e anche decisamente più grandi, e diversi uomini elegantemente vestiti tutti, più o meno, sulla cinquantina. Fui adocchiato da un bel signore, atletico e slanciato e decisamente il più alto e forse il più giovane. Mi sorrise simpaticamente avvicinandomi dicendomi che assomigliavo molto a suo nipote. Era colto e ci sapeva fare e parlammo piacevolmente di tante cose. Io gli facevo gli occhioni perché mi piaceva e facevo moine per piacergli. Evidentemente ci riuscii perché alla fine mi prese per mano conducendomi in una stanza da letto. Il mio cuore batteva all'impazzata. Si sedette sulla sponda del letto e mi accarezzò e cominciò a darmi tanti bacetti. Io, che ero in piedi tra le sue gambe, cercavo in tutti i modi di strusciare sul suo sesso che, barzotto, non era eretto. Mi piaceva perché era gentilissimo e profumava di "buono"; la sua voce mi rilassava. Poi, delicatamente, mi baciò sulle labbra infilandomi la lingua che sapeva di dolce, mentre mi svestiva senza fretta ma con sicurezza mi sentivo trattato come una ragazza e ne ero felice. Finalmente nudo nel letto, sotto le lenzuola mi abbracciò delicatamente con le sue braccia muscolose e all'orecchio mi parlò, con una voce bassa e ipnotica, se mi piacessero gli uomini e del piacere del sesso tra maschi e se l'avevo mai fatto chiedendomi anche se, con lui, volevo essere come una donna ed avere le stesse gioie. Il nodo alla gola mi impediva di parlare, ma con la testa annuii eloquentemente mugolando alle sue domande. Poi mi disse (mentre con in dito mi saggiava il buco del culetto) che voleva che mi divertissi tanto e di stare tranquillo che non avrei sentito solo un po' di dolore e di fidarsi ciecamente di lui. Mi disse che era abituato a "giocare" con giovanotti come me e farli diventare sensibili al piacere assicurandomi che non avrei mai più smesso, e comunque di rilassarmi cercando di spingere proprio come facevo quando andavo di corpo senza preoccuparmi d'altro. Annuii ancora poiché l'emozione mi impediva di parlare e spiegargli che non ero propriamente vergine e di cazzi ne avevo già presi diversi...

Poi per prima cosa prese un cuscino, mi ci fece coricare sopra con il culo in aria e prese a leccarmi il buchetto come se fosse di zucchero, poi con le due mani mi aprì i glutei e mi infilò dentro l'ano la sua lingua. Dall'emozione mi mancò il fiato e credevo di morire di piacere e capii anche perché piaceva alle mie sorelle. Dopo un bel po' di questo preliminare, alla fine mi rivoltò e cominciò a leccarmi i capezzoli ed la pancia, mi guardò il pistolino eretto e sorrise senza dire né fare alcunché. Il fatto che non mi toccò il pisellino mi piacque molto e poi per tutta la vita mi è sempre piaciuto chi preferisse egoisticamente sodomizzarmi senza badare alle mie eventuali erezioni, anche perché se ben scopato, come scoprii in seguito, me ne venivo senza toccarmi.

Ma un'altra cosa mi piacque, e che diventò la mia posizione preferita per essere scopato: la pecorina. Infatti mi disse di mettermi a pecora. Come di solito obbedii senza parlare. Il mio ano era già quasi pronto dalla leccata precedente e lui me lo lubrifica ulteriormente con la sua saliva. Poi mi infila un dito dentro, la qual cosa mi fece trattenere il respiro; se ne accorse e con voce suadente e calda mi disse di rilassarmi. Lo feci. Le dita diventarono due e le sentii, eccome se le sentii. Dopo altra saliva e massaggio con due dita egli puntò, dritto al centro del mio ano, il suo cazzo ormai duro come il legno, iniziò a spingere piano, delicatamente e a sua grossa cappella cominciò a farsi strada nel mio culo senza farmi molto male. La sensazione di essere invasi, riempiti da un'altra persona, che si prova quando si viene inculati era bellissima e infinitamente più grande del dolore della dilatazione forzata dell'ano. Ma già intuivo che se ci si abbandona, se si diventa l'oggetto passivo dell'altrui piacere, il dolore passa in seconda linea. Mi stimava le "tette" (cosa che mi è sempre poi piaciuta) ed io rilassavo lo sfintere per accogliere quel cazzo che era, per me, enorme, mostruoso anche se mi ero allenato con l'uso delle bottiglie... Più spingeva, più entrava, più il mio sfintere —avendo acquistato una certa elasticità— si dilatava facendomi provare dolore per la dimensione e piacere nello stesso tempo. Con pazienza, impiegando molto tempo, e moltissima saliva riuscì ad infilarlo tutto dentro perché lo sentivo in profondità nelle mie viscere, una sensazione di riempimento che mi paralizzava impedendomi di muovermi come non mai prima di allora avevo provato e quella sensazione si espandeva a tutto il corpo con brividi di piacere e mi faceva emettere gridolini e sordi mugolii di piacere. Ci mise parecchio tempo, ma appena arrivato in fondo rimase fermo dentro con qualche pulsazione del suo glande, senza muoversi, per molto tempo mentre mi rilassavo sentendo che mi diceva che ero fantastico, bravo, bello una vera "donna". Poi, lentissimamente e continuando a sputare sul suo cazzo, si ritirò ed io pensavo che, dato il tempo trascorso, avesse finito, invece, rimanendo con la cappella all'ingresso del mio ano, con le due mani mi afferrò per il bacino e mi tenne ben ferme le anche con forza e, senza dire nulla, con un solo potente colpo me lo "sbatté" violentemente tutto dentro. Mi sentii spaccare in due e quasi lacerare lo sfintere e l'intestino ed emisi un urletto acuto di dolore, di due ottave più alto del normale, con tutta l'anima credendo di svenire mentre cercavo disperatamente di respirare, arrancando in quella posizione quasi cercando di gattonare, ma lui mi teneva fermo con le sue mani sulle mie anche impedendomi qualsiasi movimento. Egli fu inflessibile e continuò, ferocemente e crudelmente, a sbattermelo ripetutamente con tremenda veemenza nel culo che pensavo si fosse rotto e sanguinasse. Sembrava che quel martirio non dovesse finire più mentre mi ripeteva: "sìiii, così, bravo... stai buono che adesso passa tutto... spingi... buono, buono...passa tutto..." ed io con la testa affondata nel cuscino, gli occhi inumiditi da una lacrima, non riuscivo nemmeno a respirare emettendo solo gridolini molto femminili ad ogni affondata. Certo che si trattò di una quindicina di minuti perché, poi seppi, non se ne veniva mai facilmente, ma a me parvero ore, poi con un'ultima potentissima bordata, quasi a volermi infilare anche i suoi testicoli dentro, che sentivo sbattere piacevolmente sul mio perineo, se ne venne con un sospiro di soddisfazione inondandomi l'intestino con il suo sperma. Rimase con il cazzo dentro, e mi spinse —così impalato come ero— fino a che fui disteso a pancia sotto sul letto con la schiena inarcata per cercare di prolungare quella sensazione, egli accasciato su di me dandomi bacetti sul collo. Io tremavo come una foglia al vento e piagnucolavo (ma di piacere, di gioia), esausto da tutta la forza con cui mi aveva scopato. Quel dolore fu piacevole al punto che anche io me ero venuto. Mi disse di toccarglielo ed io provai ad afferrarlo, ma la mia mano non riuscì a stringerlo perché decisamente grosso... e lungo, lo vidi dopo avermelo sfilato per pulirsi. Era ben più grosso del polso di un adulto e lungo lungo. Francamente, nella mia lunga vita da frocio passivo, non credo d'aver mai più trovato un cazzo di quelle dimensioni... beh, forse un paio.

Zio Luigi (così lo chiamavano tutti) mi disse che ero stato fantastico e era contento di avermi reso “femmina” e che ora avrei dovuto continuare per poter accontentare qualsiasi uomo in quanto lui lo aveva decisamente più grosso della media. Gli confidai, ancora con gli occhi arrossati ed umidicci, che ero contento anche se mi aveva fatto decisamente male e che volevo incontrarlo ancora; baciandomi tutto mi diede appuntamento per la settimana seguente. Per tutto quella settimana lo sfintere e tutto dentro mi fece male e non potevo sedermi facilmente. La volta dopo, infatti, il dolore —pur persistendo— fece spazio al piacere e, mentre mi scopava, l'imploravo di non fermarsi, tanto ero infoiato. Capii d'essere una troia e che non avrei mai più fatto a meno dei cazzi. Ma ci vollero ancora parecchi cazzi prima di guadagnarmi l'appellativo di "troia", cosa che puntualmente avvenne in Giappone dopo molti anni (ma questa è una storia che racconterò in seguito). Tornati nel salone tutti mi guardavano sorridenti perché avevano chiaramente sentito il mio urlo di dolore e lo zio Luigi disse a tutti che avevo un culo fatto apposta per essere scopato, ed in effetti tutti, in seguito, vollero constatare personalmente questa dichiarazione. Fu quella un'esperienza strepitosa per il godimento provato ed ero fiero di aver fatto godere tutti quegli uomini navigati (persone che non si accontentavano di una sega fatta al cinema) con il mio culo. Mi piaceva quando mi abbracciavano da dietro facendomi sentire il cazzo tra le chiappe baciandomi e leccandomi il collo, dicendomi di volermi aprire il culo come si deve!

Intanto, durante l'estate, riuscii a farmi dare il permesso di fare un viaggio per vedere le bellezze artistiche italiane (e non). Così feci lo zaino e, pantaloncini corti, cominciai a fare l'autostop...
Con brevi passaggi riuscii ad arrivare ad un autogrill e lì fui lasciato perché che mi aveva dato il passaggio si sarebbe fermato all'uscita appena dopo. Io mangiai un panino e bevvi una bibita mentre pensavo su come proseguire. Uscii sul piazzale e lì vidi diversi TIR che andavano oltralpe. Mi venne in mente di chieder loro un passaggio. Quasi tutti rifiutarono, ma una coppia di autisti, grossi, barbuti, veri e propri energumeni sui cinquanta mi guardarono con un sorriso che trovai... simpatico ed invitante. Mi dissero che sarebbe stato un viaggio molto lungo, tra andata e ritorno oltre una settimana perché dovevano andare a consegnare le merci nell'estremo nord d'Europa, ma in cabina c'era posto per tre a patto che li avessi tenuti allegri durante il tragitto. Mi dissero che nel retro della cabina c'era un posto riposo dove avrei potuto anche dormire. Decisi di andare perché credevo di aver intravisto nei loro occhi una luce che mi produceva un pizzicorino alla colonna vertebrale. Così partimmo. Io ero seduto nel sedile di mezzo tra l'autista ed il secondo e quasi subito cominciai a fare la puttanella, se non proprio con provocazioni sessuali, almeno a parole. Il TIR, carico non andava oltre i settanta, forse meno, in pianura, e nelle salite andava a passo d’uomo. Finalmente il secondo, toccandomi la coscia, mi disse che ero un bel ragazzo, gli risposi che me lo dicevano in molti e che anche lui era un bell'uomo!... era ormai all'imbrunire e chiesi se potevo distendermi un po'. Venni subito accontentato ed il secondo mi disse di volermi fare compagnia; sorrisi. Nella cuccetta, chiuse le tende, io mi sfilai subito i pantaloncini rimanendo in mutandine rosa. Il secondo, accanto a me mi si accostò facendomi sentire il cazzo duro sul culo. Spinsi per incoraggiarlo e lui accettò l'invito tirandolo fuori dai pantaloni mentre io mi abbassavo le mutandine. Fu una scopata di gusto, di chi non si scarica da tempo. I miei mugolii di piacere erano chiari e anche l'autista doveva averli sentiti. Finita questa scopata mi ritirai su le mutandine e mi assopii. Mi risvegliai al cambio di turno e questa volta fu il turno dell'autista a scoparmi e riempirmi di sperma. Il TIR si fermava solo per permettermi di scaricarmi il ventre e poi continuavano, a turno, a scoparmi. Finalmente mi sentii chiamare come desideravo esser chiamato: "troia"; me lo meritavo, anche, perché venivo scopato ogni circa tre o quattro ore continuamente e il mio ano sfondato rimaneva ormai come slabbrato e impiegavano sempre più tempo per venirsene, ma io godevo proprio come una troia! Al porto di arrivo, dove scaricarono la merce, fui scopato da un paio di marinai sconosciuti. Arrivai a Roma che quasi non mi potevo più sedere e a casa raccontai tutto alle mie sorelle che vollero vedere, ridendo, il mio culo ormai "spanato"... ma la grande fu gentile a mettermi una crema lenitiva. Infatti, nemmeno una settimana dopo cominciavo a risentire voglia di cazzo.
Grazie a queste mie gioiose prime esperienze non ebbi molte difficoltà fa farmi aiutare dai compagni di classe che prima si accontentavano di qualche sega, poi volevano pompini e poi al liceo volevano scopare. Dopo la maturità ebbi in grave incidente che mi fece perdere, causa la lunghissima degenza in ospedale, ben oltre un anno di università. I miei mi costrinsero a fare una cura ormonale che trasformò il mio fisico (ma non la mia voglia di cazzi), e dovetti dire addio a quella mia "femminilità" duramente conquistata a colpi di cazzo. In seguito ho continuato ad indossare indumenti da frocio solo a letto per scopare.
Continua...
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2020-12-14
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