Giocando col fuoco
di
Patrizio Quiller
genere
feticismo
Lo stringeva forte nella sua mano, e sapeva quanto questo lo eccitasse, le unghie perfettamente laccate di rosso passione, mentre con voce sensuale gli diceva “Allora la smetti di andare con quelle zoccolette, eh?”
“Ma tu lo sai che nessuna di quelle mignottelle mi eccita quanto sai fare tu?” Rispose lui, la voce resa tremante dal desiderio crescente.
“Ah sì?” Continuò lei “Con loro non ti viene così grosso?”
“No, solo con te si scatena questa chimica…”
Lei lo sapeva, e adorava portarlo al limite, stuzzicarlo e giocare con la sua resistenza prima di farlo esplodere di piacere. Sollevò un piede e appoggio il vertiginoso tacco a spillo sul suo quadricipite, sentendolo gonfiarsi ancora di più nella sua mano “E allora stavolta potrei darti una bella lezione…” gli sussurrò a denti stretti, mentre lui passava lo sguardo dalla lucidissima scarpa alle autoreggenti e poi su fino allo striminzito perizomino nero di seta dal quale usciva un po’ del pelo curatissimo che portava sul monte di Venere.
Alzò un po’ di più la scarpa poggiando la punta sulla sua cresta iliaca e il tacco sull’inguine, pericolosamente vicino a quella sua intimità che stringeva nella mano giocando “Ora te lo misuro e se il mio tacco è più lungo…”
Si soffermò, allungò l’altro braccio e con la mano rovistò sorniona nel cassetto del comò, tirandone fuori una gabbietta in metallo “…se i miei tacchi sono più lunghi, dicevo, tu, e soprattutto il tuo giocattolo preferito, diventate di mia proprietà!” E sbattè il piccolo attrezzo di castità sul comodino, come fosse un bicchierino di tequila dopo averlo mandato giù tutto d’un sorso.
“Così non vale” ribattè lui complice, lo sai che mi ecciti e non resisto…”
“Allora vediamo dai, su, guarda: sei fortunato, di poco, ma il tuo amico che adoro qui sotto la spunta di un pochino…”
La fissò negli occhi, in un complice gioco di sfida: “Magari se schiacci ancora un po’ più forte forse l’hai vinta tu…”
“Ah ma allora ti piace giocare col fuoco…” strinse le dita e tirò giù la pelle con ancor più forza fino a far passare la punta dal rosso acceso ad un pallido bianco per la tensione e lo sforzo “Lo sai che così mi fai venire, vero?” Disse lui, mentre lei gli rispose “Peggio per te, se vieni poi ti si ammoscerà e perderà la lunghezza… e la sua libertà…”
Lo aveva condotto al limite, e persino oltre, gli sorrise e guardando la gabbietta spinse ancora più forte, sentendolo gonfiare nella sua mano, mentre lui con la voce rotta dall’orgasmo esclamò “Mi sa che mi hai fregato” e scoppiò un getto lunghissimo che finì sulla testiera del letto, e poi un altro e un altro ancora…
Lei sorrise soddisfatta, lo guardò severa e irresistibilmente sensuale gli disse “Ora sei nella merda, mio caro…"
“Ma tu lo sai che nessuna di quelle mignottelle mi eccita quanto sai fare tu?” Rispose lui, la voce resa tremante dal desiderio crescente.
“Ah sì?” Continuò lei “Con loro non ti viene così grosso?”
“No, solo con te si scatena questa chimica…”
Lei lo sapeva, e adorava portarlo al limite, stuzzicarlo e giocare con la sua resistenza prima di farlo esplodere di piacere. Sollevò un piede e appoggio il vertiginoso tacco a spillo sul suo quadricipite, sentendolo gonfiarsi ancora di più nella sua mano “E allora stavolta potrei darti una bella lezione…” gli sussurrò a denti stretti, mentre lui passava lo sguardo dalla lucidissima scarpa alle autoreggenti e poi su fino allo striminzito perizomino nero di seta dal quale usciva un po’ del pelo curatissimo che portava sul monte di Venere.
Alzò un po’ di più la scarpa poggiando la punta sulla sua cresta iliaca e il tacco sull’inguine, pericolosamente vicino a quella sua intimità che stringeva nella mano giocando “Ora te lo misuro e se il mio tacco è più lungo…”
Si soffermò, allungò l’altro braccio e con la mano rovistò sorniona nel cassetto del comò, tirandone fuori una gabbietta in metallo “…se i miei tacchi sono più lunghi, dicevo, tu, e soprattutto il tuo giocattolo preferito, diventate di mia proprietà!” E sbattè il piccolo attrezzo di castità sul comodino, come fosse un bicchierino di tequila dopo averlo mandato giù tutto d’un sorso.
“Così non vale” ribattè lui complice, lo sai che mi ecciti e non resisto…”
“Allora vediamo dai, su, guarda: sei fortunato, di poco, ma il tuo amico che adoro qui sotto la spunta di un pochino…”
La fissò negli occhi, in un complice gioco di sfida: “Magari se schiacci ancora un po’ più forte forse l’hai vinta tu…”
“Ah ma allora ti piace giocare col fuoco…” strinse le dita e tirò giù la pelle con ancor più forza fino a far passare la punta dal rosso acceso ad un pallido bianco per la tensione e lo sforzo “Lo sai che così mi fai venire, vero?” Disse lui, mentre lei gli rispose “Peggio per te, se vieni poi ti si ammoscerà e perderà la lunghezza… e la sua libertà…”
Lo aveva condotto al limite, e persino oltre, gli sorrise e guardando la gabbietta spinse ancora più forte, sentendolo gonfiare nella sua mano, mentre lui con la voce rotta dall’orgasmo esclamò “Mi sa che mi hai fregato” e scoppiò un getto lunghissimo che finì sulla testiera del letto, e poi un altro e un altro ancora…
Lei sorrise soddisfatta, lo guardò severa e irresistibilmente sensuale gli disse “Ora sei nella merda, mio caro…"
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