Il pizzo bianco

di
genere
sentimentali

- Buongiorno Capo, bentornato. Ti preparo un caffè?
Lo dice così, guardandomi distrattamente per pochi secondi e abbassandosi per prendere la capsula da inserire nella macchinetta del caffè. Non ho risposto, ma lei sa già cosa direi se lo facessi. Non ha bisogno che io dica nulla, mi conosce bene.
Lei è la mia segretaria. Una di quelle bellezze non appariscenti, semplici, ma a cui basta uno sguardo per far avere un’erezione a un uomo. Eppure lei non mi ha mai creduto quando glielo dicevo. Pensava che io fossi “assolutamente non imparziale” perché… beh… che dire… è un cliché vecchio come il mondo: il capo e la segretaria. Tra noi tuttavia non c’è mai stato nulla di banale e scontato. Lei, che si sottovaluta parecchio, mi ha fatto venire la gastrite prima di capire che io ci stessi provando. Ogni volta che volevo stare solo con lei la portavo al bar a bere un caffè (non avevo ancora comprato la macchinetta per l’ufficio). Ma mentre lei è una caffeinomane, io sono un tipo da un caffè al mattino e, prima di ritrovarmi con un’ulcera, l’ho baciata. Sembrava non aspettasse altro. Quel giorno, tanti anni fa, è iniziata la nostra relazione.
Morirei piuttosto che definirla relazione con lei. Io sono un uomo problematico e mi rendo conto che per lei non fosse facile. Io ero sposato e padre e nel frattempo non mi sono fatto mai mancare altre avventure. Lei però non è mai stata messa in discussione. Lei, la colonna portante della mia azienda, la sola donna che mi conosce meglio di chiunque altro.
Infatti ha sempre capito quando e con chi mi distraevo. Ha pazientato, tanto. Fino a qualche mese fa. Ero stanco di come andavano le cose in casa, ho deciso di cambiare e l’ho fatto. Ma non con lei. Con un’altra. Non mi ha mai perdonato. Inizialmente ha provato a farlo. Ero anche riuscito a convincerla a continuare come sempre… le dicevo che a lei non sarebbe cambiato nulla, in fondo… ma non c’è riuscita. Vedevo gli occhi sempre rossi di pianto, i vestiti sempre più larghi, le ossa sempre più evidenti ogni volta che la spogliavo.
Era infelice. Due mesi fa mi ha detto che visto che non avrei mai scelto lei, dovevo uscire dalla sua vita. È stata molto decisa, così non ho fatto nulla.. ho soltanto rispettato la sua decisione in questi mesi.
Quante volte avrei voluto spiegarle che tento solo di proteggerla da me e dai miei casini, che lei è quella a cui tengo. Ma a cosa servirebbe?
Non mi ha mai più sorriso. Non come prima, quando reclinava la testa e rideva di gusto.
Non mi ha più guardato se non per il tempo necessario, ma poi distoglie lo sguardo e va via.
Non mi ha più sfiorato nemmeno la mano per sbaglio.
La guardo mentre mi porge il caffè. Occhi bassi.
Sono rientrato da una settimana di ferie e lei non mi guarda. Dove diavolo è la donna che appena mi rivedeva aveva l’urgenza di scopare con me? Possibile che non esista più? Possibile che a causa mia quella parte di lei sia morta e sepolta?
Poggia il caffè sulla mia scrivania, poi si gira per tornare alla sua postazione. Non può essere che sia questa la nostra nuova realtà. Non lo posso accettare, non voglio.
- Adesso smettila!
Lo urlo, forte, come un matto!
Mi guarda sorpresa, forse ho esagerato ma almeno non distoglie lo sguardo. Ho la sua attenzione.
- Se non vuoi il caffè, lo bevo io…
Non ha capito a cosa mi riferisco.
- Vaffanculo al caffè! Smettila!
La attiro a me, non faccio che ripeterle di smetterla. Lei per la prima volta da due mesi mi guarda negli occhi. La bacio. Ora mi arriva un ceffone, penso. Non arriva, lei ricambia il bacio.
Ed eccola lì, l’urgenza. La passione. Le mani che si cercano. E quando ci stacchiamo da quel bacio, lei respira e lo fa di nuovo. Abbassa lo sguardo.
- Non farlo, cazzo! Non trattarmi così. E ora guardami!
La accarezzo. I suoi occhi neri diventano lucidi. Il respiro si fa più pesante, probabilmente è sul punto di scoppiare in lacrime. Cosa sto facendo? Davvero posso pretendere che ci sia sempre e che si faccia bastare quello che posso darle? Probabilmente la sto condannando a una vita infelice… ma non sono in grado di fare a meno di lei.
Ricomincio a baciarla, le sbottono la camicia, le succhio e mordo i capezzoli. E lei, a quel punto, si risveglia. La sua mano, anche se ancora titubante, scende sempre più giù e inizia a slacciare la cintura. La faccio abbassare, me lo prende in bocca.
- Coraggio, guardami.
E finalmente ritrovo quello sguardo da troia che le viene mentre mi spompina, quello che mi fa impazzire…
- Dimmi che sei la mia puttana
Lo tira fuori, inizia a leccarlo…
- Sono
E ricomincia a leccare la cappella.
- la tua
Riprende a leccare, stavolta però concentrandosi sulle palle
- puttana
Si rialza, toglie la camicetta. Vedo il reggiseno di pizzo bianco. Io adoro quando indossa il pizzo bianco, lo trovo eccitante. E infatti sento salire la mia eccitazione. La appoggio alla scrivania, le abbasso i jeans e trovo un perizoma impalpabile, di pizzo bianco come il reggiseno. Lo sposto e la penetro.
Geme. E mentre la scopo con tutta la furia di due mesi arretrati la sento godere più volte.
Quando capisco che sono quasi arrivato la faccio inginocchiare e le schizzo sulla lingua. Lei ingoia e mi fa quello sguardo birichino. Poi si rialza, si riveste. E finalmente mi rivolge un sorriso, il suo sorriso per cui ho perso la testa alcuni anni fa. Si avvicina, mi stringe forte.
- Non provare mai più a metterci così tanto prima di venire a riprendermi!
E allora capisco che il pizzo bianco non era una casualità. Capisco che aveva già deciso di essere mia nonostante tutto e tutti, nonostante perfino me stesso.
- Promesso.
Sono passati altri tre anni da quel momento. Abbiamo litigato, ci siamo presi delle pause, ma al massimo dopo pochi giorni sono sempre tornato a riprendermela. E quando la spoglio le trovo sempre un coordinato di pizzo bianco…
scritto il
2021-12-26
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