La notte dei generali
di
matilde scrotti
genere
trio
Lucille attraversò il grande salone del locale, aveva iniziato ad esibirsi al Gran Cafe du Place de Austerlitz due anni prima, nel 1938. Quello per il palco scenico era stato amore a prima vista, adorava farsi applaudire dal pubblico e le mille attenzioni che i gentiluomini che affollavano il Gran Cafe: attori,poeti,scrittori borghesi. Destra e sinistra non le interessava, la politica le era aliena e la guerra era per tutti una brutta parola, impossibile e distante.
Era stata scelta per puro caso, o destino, faceva la cameriera e il proprietario l'aveva sentita cantare lavando per terra, le aveva proposto di esercitarsi con la cantante del momento, che era la cugina del proprietario, era una snob spocchiosa ma l'entusiasmo era molto e, Lucille, era sempre stata una che capiva al volo. Poi la ragazza si era sposata e trasferita a Londra e così era toccato a lei, talento e amore a prima vista per il palcoscenico, un mix perfetto per poter trasformare una giovane ragazza, carina ma non troppo: castana con dei grossi occhi nocciola da cerbiatta e un fisico magro e slanciato, non esattamente giunonico; figlia di un barbiere e di una domestica in una potenziale stella del varietà parigino.
“ma il Signore da e il Signore prende” avrebbe detto sua madre e aveva trovato il lavoro per cui molte ragazze si strapperebbero i capelli praticamente senza sforzi, due anni dopo le arrivò addosso un onda che neanche una ragazza intelligente e fortunata come lei sarebbe riuscita ad evitare.
Nel 1941 il Gran Cafe era sempre pieno come “nei bei vecchi tempi” (2 anni prima), solo che il pubblico era cambiato, i frack avevano lasciato lo spazio ad una varietà di uniformi i cui colori andavano dal grigio-verde dell'esercito al nero delle ss.
Ma anche se il pubblico aveva cambiato tonalità, e i prezzi (per i pochi clienti francesi rimasti) erano saliti, il calore del pubblico era rimasto più o meno lo stesso.
“il talento è talento, e la tua voce riesce a superare le visioni politiche e storiche mia cara” le aveva detto il generale di corpo d'armata Mitrus Von Krostner in uno dei loro incontri privati. Lucille stava proprio andando da lui, che come al solito era seduto in un tavolino per due all'angolo a destra della sala, sotto ad un quadro che ritraeva l'arco di trionfo. Come al solito aveva appoggiato il berretto sul tavolo e appeso il pesante cappotto di cuoio alla sedia; adorava quel cappotto che lo differenziava da tutti gli altri per l'eleganza delle ornature; e Mitrus Von Krosterner amava essre diverso, migliore degli altri.
Lucille superò agevolmente la selva di tavolini del Gran Cafe sotto gli occhi ammiratori dei clienti e lo sguardo da vipere delle loro accompagnatrici, schivò un paio di camerieri e alla fine arrivò al tavolo ti Mitrus.
-Buonasera Generale-. Disse prima di sedersi. Con chiunque altro si sarebbe seduta chiedendo da bere tra l'ilarità generale, ma con quell'uomo dai capelli brizzolati e lo sguardo ferreo che la fissava quasi a cercare di penetrarla non le andava mai di fare quella scenetta e di scherzare.
Se ne restò lì in piedi davanti al suo solito posto per qualche interminabile secondo, che sembrarono secoli, sotto gli occhi terribili e gelidi del Generale.
-Prego-. Disse quasi annoiato il soldato sorseggiando l'ultimo sorso di Cognac dal bicchiere panciuto che teneva per lo stretto collo tra l'anulare e il medio.
Lucille ubbedì, com'era suo solito, accennò ad un sorriso e si portò una sigaretta alla bocca.
Prontamente Mitrus tirò fuori il suo accendino e gli offrì la fiamma, la ragazza si chinò sul tavolo non preoccupandosi di poter mostrare qualche dettaglio della scollatura e si fece accendere la sigaretta.
-Sei stata molto brava, avevo proprio bisogno di sentire la tua voce. Oggi è stata una giornata dura-. Disse con tono impersonale Mitrus .
-Felice di averti rallegrato la serata-. Rispose lei, trovando per un secondo il coraggio di guardarlo negli occhi, ma solo per un secondo. Lui, al contrario continuava a guardarla, ma non con gli occhi carichi di desiderio di qualche giovane ufficiale appena arrivato a Parigi o ammirazione come s'era abituata prima della guerra. Era più simile a quello di un falco che scruta una preda morente, un animale ferito su cui il rapace volteggia quasi a godersi la scena, sentirlo gemere disperato prima di lanciare un ultimo attacco.
La cosa la inquietava, in ogni momento libero ci pensava. Si frequentavano da 1 anno e mezzo, aveva scoperto che era sposato dopo 6 mesi. Ma non le importava e a lui nemmeno, non parlava mai della moglie, Lucille di certo non indagava troppo. A dire il vero non parlavano mai, lui non le parlava del suo lavoro, delle sue passioni (anche se alcune le aveva intuite) e nemmeno indagava troppo su quello che faceva lei prima di vederlo.
S'incontravano nella sua stanza in un hotel della città diventato quartier generale della sua divisione, mandava un attendente a prenderla e poi la riportava a casa. A lei andava bene, e, almeno nel 1941 nessuno fiatava. Innamorarsi di un soldato tedesco era davvero sconveniente,a che se era un generale, e poi, comunque era sposato no ci sarebbe stato futuro e lei lo sapeva e piano piano se ne era rassegnata.
Eppure aveva iniziato a fumare di più da quando aveva iniziato questa relazione e il solo pensiero di rivederlo e di quello che avrebbero fatto, o meglio le avrebbe fatto, le faceva battere il cuore. Darsi della stupida e, ancor di più della collaborazionista, non era stata una tattica vincente per distogliersi da questi pericolosi pensieri che la tormentavano, ma non quanto la tormentava lui che le sembrava sapesse leggerle l'anima, conoscere a fondo ogni sua debolezza e desiderio, nonostante l'avesse conosciuta da poco e non parlassero mai, lui sapeva sempre cosa dire per metterla in difficoltà, costruire e distruggere le sue sicurezze con poche, laconiche, parole. Lei ne era sicura la vedeva come un'altra terra da conquistare, una battaglia,da vincere, contro un nemico obiettivamente più debole, disordinato e confuso, com'era Lucille LaMarchienne, una (mezza)star venuta dal nulla, che aveva abbandonato la sicurezza della famiglia per un mondo di fasti che s'era sfracellato con le divisioni Alleate a Dunquerke, e ora, aveva un disperato bisogno di una guida.
Puntualmente arrivò il cameriere con una bottiglia di vino, Champagne, il Generale era uno abitudinario, il ghiaccio per il vino e 3 flute.
-stasera ho un ospite-. Disse Von Krosterner notando che la ragazza fissava con aria interrogatoria l'intruso di vetro sul tavolo.
Un menage a trois, era ovvio, Lucille non pensò ad altro, lanciò uno sguardo di sfida al suo compagno, ma lui stava guardando al palcoscenico dove Martin, il mago intratteneva il pubblico, la bocca era contorta in un mezzo sorriso mentre l'intrattenitore, tra un numero vecchio e trito, e l'altro faceva battutacce in un tedesco maccheronico e dallo spiccato accento francese prima sugli inglesi e più sui russi. In pochi ridevano, quei pochi, sicuramente lo facevano per pietà.
Martin non era interessante, ancor meno che per i tedeschi, per Lucille che s'interrogava a cosa aveva pensato questa volta quel falco con cui era al tavolo.
L'aspetto fisico era sempre stata una sua ossessione, troppo magra , piatta , col naso che le sembrava troppo grosso, qualche volta glielo aveva detto (per cercare di aprire uno spiraglio?) e ora ne era sicura, voleva usare quella cosa contro di lei.
Presto una donna alta, formosa e...più femmina di lei, semplicemente, si sarebbe seduta al loro tavolo e poi sarebbe scivolata nel suo letto. Quel bastardo l'avrebbe scopata davanti a lei, l'avrebbe costretta solo a guardare...Il cuore le iniziò a battere più forte nel petto eppure, la cosa forse le sarebbe piaciuta ? In quell'anno e mezzo sentiva di essersi trasformata in una donna, prima era una ragazza, ora una donna; in qualche modo, seppur sbagliato e perverso, quell'uomo dallo sguardo di ferro l'aveva aiutata a scoprirsi facendole superare, brutalmente limiti ed inibizione, facendole male e sempre con lo sguardo ferreo e calcolatore di un comandante che guarda una cartina stesa su un tavolo e decide dove colpire per rompere il nemico.
Lucille sorrise, era un pezzo di terra, di carne, e la cosa, stava cominciando a non darle pù tanto fastidio, dopo tutto. Chissà con quante altre aveva, o stava, facendo lo stesso gioco...
Il Generale Von Krostner alzò il braccio per indicare la sua posizione nella stanza al terzo ospite, che era alle spalle di Lucille, la quale si sforzò per non voltarsi ed avere la conferma della sua tesi, “no, non mi volterò, terrò gli occhi dritti su di te e non ti darà anche questa soddisfazione” , pensò.
Qualche secondo dopo un lungo cappotto grigio-verde di cuoio le passò accanto, Mitrus le sorrise beffardo per un secondo incrociando il suo sguardo prima di alzarsi a salutare l'ospite. Ora Lucille diede una rapida occhiata alla sua destra, in basso, vide due bande rosse sui pantaloni.
-Hienz, carissimo-. Lo salutò Mitrus, saluto ricambiato con lo stesso calore dal Generale Heinz Von Piunz che, dopo aver scambiato i dovuto convenevoli col collega, si tolse il cappotto e l'appoggiò allo schienale della sedia, il berretto finì accanto all'altro, il pacco che teneva in mano finì a terra accanto alla sedia e poi si voltò verso Lucille.
-Madamoiselle-. Disse con tono pacato il nuovo arrivato baciando la mano della ragazza che ancora li guardava con fare interrogativo.
Si sedette e versò il vino.
-Il Generale Von Piunz è un mio vecchio amico-. L'informò Mitrus.
Lucille lanciò uno sguardo all'uomo ben formato, sebbene meno robusto del suo amente e procedette con la solite domande cortesia che tutte le donne di Parigi avevano imparato a rivolgere ai soldati d'alto rango del Reich. Ma Heinz si mise subito a ridere interrompendola.-Lasci stare queste cose ahaha non sono necessarie, anche se apprezzo i vostri modi fraulen, avreste molto da insegnare alle ragazze norvegesi-. E scoppiò a ridere.- E a quanto mi dice il Generale Von Kostner qui anche per ben altre cose-. Quindi riprese a ridere.
Lucille accennò ad un sorriso sentendo la prima parte ma il sorriso si spense appena sentita la seconda. Ad un tratto si sentì violata, oscena e il suo sguardo andò subito a cercare disperatamente Mitrus, ma non per chiedergli spiegazioni, era abbastanza intelligente per aver capito, ma bensì protezione, aveva davvero bisogno di sentirsi al sicuro.
Il Generale Von Krostner conosceva e adorava quello sguardo, lo aveva avuto spesso durante i primi mesi del loro rapporto, quando le proponeva certe cose...Poi pian piano era scomparso per lasciare spazio ad uno più lussurioso, “il ha lasciato spazio al
Era stata scelta per puro caso, o destino, faceva la cameriera e il proprietario l'aveva sentita cantare lavando per terra, le aveva proposto di esercitarsi con la cantante del momento, che era la cugina del proprietario, era una snob spocchiosa ma l'entusiasmo era molto e, Lucille, era sempre stata una che capiva al volo. Poi la ragazza si era sposata e trasferita a Londra e così era toccato a lei, talento e amore a prima vista per il palcoscenico, un mix perfetto per poter trasformare una giovane ragazza, carina ma non troppo: castana con dei grossi occhi nocciola da cerbiatta e un fisico magro e slanciato, non esattamente giunonico; figlia di un barbiere e di una domestica in una potenziale stella del varietà parigino.
“ma il Signore da e il Signore prende” avrebbe detto sua madre e aveva trovato il lavoro per cui molte ragazze si strapperebbero i capelli praticamente senza sforzi, due anni dopo le arrivò addosso un onda che neanche una ragazza intelligente e fortunata come lei sarebbe riuscita ad evitare.
Nel 1941 il Gran Cafe era sempre pieno come “nei bei vecchi tempi” (2 anni prima), solo che il pubblico era cambiato, i frack avevano lasciato lo spazio ad una varietà di uniformi i cui colori andavano dal grigio-verde dell'esercito al nero delle ss.
Ma anche se il pubblico aveva cambiato tonalità, e i prezzi (per i pochi clienti francesi rimasti) erano saliti, il calore del pubblico era rimasto più o meno lo stesso.
“il talento è talento, e la tua voce riesce a superare le visioni politiche e storiche mia cara” le aveva detto il generale di corpo d'armata Mitrus Von Krostner in uno dei loro incontri privati. Lucille stava proprio andando da lui, che come al solito era seduto in un tavolino per due all'angolo a destra della sala, sotto ad un quadro che ritraeva l'arco di trionfo. Come al solito aveva appoggiato il berretto sul tavolo e appeso il pesante cappotto di cuoio alla sedia; adorava quel cappotto che lo differenziava da tutti gli altri per l'eleganza delle ornature; e Mitrus Von Krosterner amava essre diverso, migliore degli altri.
Lucille superò agevolmente la selva di tavolini del Gran Cafe sotto gli occhi ammiratori dei clienti e lo sguardo da vipere delle loro accompagnatrici, schivò un paio di camerieri e alla fine arrivò al tavolo ti Mitrus.
-Buonasera Generale-. Disse prima di sedersi. Con chiunque altro si sarebbe seduta chiedendo da bere tra l'ilarità generale, ma con quell'uomo dai capelli brizzolati e lo sguardo ferreo che la fissava quasi a cercare di penetrarla non le andava mai di fare quella scenetta e di scherzare.
Se ne restò lì in piedi davanti al suo solito posto per qualche interminabile secondo, che sembrarono secoli, sotto gli occhi terribili e gelidi del Generale.
-Prego-. Disse quasi annoiato il soldato sorseggiando l'ultimo sorso di Cognac dal bicchiere panciuto che teneva per lo stretto collo tra l'anulare e il medio.
Lucille ubbedì, com'era suo solito, accennò ad un sorriso e si portò una sigaretta alla bocca.
Prontamente Mitrus tirò fuori il suo accendino e gli offrì la fiamma, la ragazza si chinò sul tavolo non preoccupandosi di poter mostrare qualche dettaglio della scollatura e si fece accendere la sigaretta.
-Sei stata molto brava, avevo proprio bisogno di sentire la tua voce. Oggi è stata una giornata dura-. Disse con tono impersonale Mitrus .
-Felice di averti rallegrato la serata-. Rispose lei, trovando per un secondo il coraggio di guardarlo negli occhi, ma solo per un secondo. Lui, al contrario continuava a guardarla, ma non con gli occhi carichi di desiderio di qualche giovane ufficiale appena arrivato a Parigi o ammirazione come s'era abituata prima della guerra. Era più simile a quello di un falco che scruta una preda morente, un animale ferito su cui il rapace volteggia quasi a godersi la scena, sentirlo gemere disperato prima di lanciare un ultimo attacco.
La cosa la inquietava, in ogni momento libero ci pensava. Si frequentavano da 1 anno e mezzo, aveva scoperto che era sposato dopo 6 mesi. Ma non le importava e a lui nemmeno, non parlava mai della moglie, Lucille di certo non indagava troppo. A dire il vero non parlavano mai, lui non le parlava del suo lavoro, delle sue passioni (anche se alcune le aveva intuite) e nemmeno indagava troppo su quello che faceva lei prima di vederlo.
S'incontravano nella sua stanza in un hotel della città diventato quartier generale della sua divisione, mandava un attendente a prenderla e poi la riportava a casa. A lei andava bene, e, almeno nel 1941 nessuno fiatava. Innamorarsi di un soldato tedesco era davvero sconveniente,a che se era un generale, e poi, comunque era sposato no ci sarebbe stato futuro e lei lo sapeva e piano piano se ne era rassegnata.
Eppure aveva iniziato a fumare di più da quando aveva iniziato questa relazione e il solo pensiero di rivederlo e di quello che avrebbero fatto, o meglio le avrebbe fatto, le faceva battere il cuore. Darsi della stupida e, ancor di più della collaborazionista, non era stata una tattica vincente per distogliersi da questi pericolosi pensieri che la tormentavano, ma non quanto la tormentava lui che le sembrava sapesse leggerle l'anima, conoscere a fondo ogni sua debolezza e desiderio, nonostante l'avesse conosciuta da poco e non parlassero mai, lui sapeva sempre cosa dire per metterla in difficoltà, costruire e distruggere le sue sicurezze con poche, laconiche, parole. Lei ne era sicura la vedeva come un'altra terra da conquistare, una battaglia,da vincere, contro un nemico obiettivamente più debole, disordinato e confuso, com'era Lucille LaMarchienne, una (mezza)star venuta dal nulla, che aveva abbandonato la sicurezza della famiglia per un mondo di fasti che s'era sfracellato con le divisioni Alleate a Dunquerke, e ora, aveva un disperato bisogno di una guida.
Puntualmente arrivò il cameriere con una bottiglia di vino, Champagne, il Generale era uno abitudinario, il ghiaccio per il vino e 3 flute.
-stasera ho un ospite-. Disse Von Krosterner notando che la ragazza fissava con aria interrogatoria l'intruso di vetro sul tavolo.
Un menage a trois, era ovvio, Lucille non pensò ad altro, lanciò uno sguardo di sfida al suo compagno, ma lui stava guardando al palcoscenico dove Martin, il mago intratteneva il pubblico, la bocca era contorta in un mezzo sorriso mentre l'intrattenitore, tra un numero vecchio e trito, e l'altro faceva battutacce in un tedesco maccheronico e dallo spiccato accento francese prima sugli inglesi e più sui russi. In pochi ridevano, quei pochi, sicuramente lo facevano per pietà.
Martin non era interessante, ancor meno che per i tedeschi, per Lucille che s'interrogava a cosa aveva pensato questa volta quel falco con cui era al tavolo.
L'aspetto fisico era sempre stata una sua ossessione, troppo magra , piatta , col naso che le sembrava troppo grosso, qualche volta glielo aveva detto (per cercare di aprire uno spiraglio?) e ora ne era sicura, voleva usare quella cosa contro di lei.
Presto una donna alta, formosa e...più femmina di lei, semplicemente, si sarebbe seduta al loro tavolo e poi sarebbe scivolata nel suo letto. Quel bastardo l'avrebbe scopata davanti a lei, l'avrebbe costretta solo a guardare...Il cuore le iniziò a battere più forte nel petto eppure, la cosa forse le sarebbe piaciuta ? In quell'anno e mezzo sentiva di essersi trasformata in una donna, prima era una ragazza, ora una donna; in qualche modo, seppur sbagliato e perverso, quell'uomo dallo sguardo di ferro l'aveva aiutata a scoprirsi facendole superare, brutalmente limiti ed inibizione, facendole male e sempre con lo sguardo ferreo e calcolatore di un comandante che guarda una cartina stesa su un tavolo e decide dove colpire per rompere il nemico.
Lucille sorrise, era un pezzo di terra, di carne, e la cosa, stava cominciando a non darle pù tanto fastidio, dopo tutto. Chissà con quante altre aveva, o stava, facendo lo stesso gioco...
Il Generale Von Krostner alzò il braccio per indicare la sua posizione nella stanza al terzo ospite, che era alle spalle di Lucille, la quale si sforzò per non voltarsi ed avere la conferma della sua tesi, “no, non mi volterò, terrò gli occhi dritti su di te e non ti darà anche questa soddisfazione” , pensò.
Qualche secondo dopo un lungo cappotto grigio-verde di cuoio le passò accanto, Mitrus le sorrise beffardo per un secondo incrociando il suo sguardo prima di alzarsi a salutare l'ospite. Ora Lucille diede una rapida occhiata alla sua destra, in basso, vide due bande rosse sui pantaloni.
-Hienz, carissimo-. Lo salutò Mitrus, saluto ricambiato con lo stesso calore dal Generale Heinz Von Piunz che, dopo aver scambiato i dovuto convenevoli col collega, si tolse il cappotto e l'appoggiò allo schienale della sedia, il berretto finì accanto all'altro, il pacco che teneva in mano finì a terra accanto alla sedia e poi si voltò verso Lucille.
-Madamoiselle-. Disse con tono pacato il nuovo arrivato baciando la mano della ragazza che ancora li guardava con fare interrogativo.
Si sedette e versò il vino.
-Il Generale Von Piunz è un mio vecchio amico-. L'informò Mitrus.
Lucille lanciò uno sguardo all'uomo ben formato, sebbene meno robusto del suo amente e procedette con la solite domande cortesia che tutte le donne di Parigi avevano imparato a rivolgere ai soldati d'alto rango del Reich. Ma Heinz si mise subito a ridere interrompendola.-Lasci stare queste cose ahaha non sono necessarie, anche se apprezzo i vostri modi fraulen, avreste molto da insegnare alle ragazze norvegesi-. E scoppiò a ridere.- E a quanto mi dice il Generale Von Kostner qui anche per ben altre cose-. Quindi riprese a ridere.
Lucille accennò ad un sorriso sentendo la prima parte ma il sorriso si spense appena sentita la seconda. Ad un tratto si sentì violata, oscena e il suo sguardo andò subito a cercare disperatamente Mitrus, ma non per chiedergli spiegazioni, era abbastanza intelligente per aver capito, ma bensì protezione, aveva davvero bisogno di sentirsi al sicuro.
Il Generale Von Krostner conosceva e adorava quello sguardo, lo aveva avuto spesso durante i primi mesi del loro rapporto, quando le proponeva certe cose...Poi pian piano era scomparso per lasciare spazio ad uno più lussurioso, “il ha lasciato spazio al
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