Scialla
di
Penia
genere
esibizionismo
Mi chiamo Gina sono una professoressa felicemente sposata da 25 anni e madre di due figli ormai cresciuti. Nonostante la mia età e in prossimità, ahimè, della menopausa, sono riuscita, con non pochi sacrifici e qualche gradevole rotondità, a mantenere un aspetto giovanile e snello.
Fin da giovane il mio rapporto con il sesso è stato distaccato, mai masturbata e mai desiderato fare sesso fine a se stesso, ma questo non mi ha impedito di godere e far godere quando ne ho avuto l’occasione.
L'estate scorsa, complice mio marito, decidemmo di andare in vacanza senza prole per ritrovare la nostra intimità di coppia. Fu scelta la Grecia ed in particolare un villaggio turistico dove era permesso, ma non obbligatorio ,praticare il naturismo.
Preparai il nostro bagaglio con il minimo indispensabile, tutto in una sola 48 ore. “Scialla” è stata la parola d’ordine, quindi abbigliamento leggero e minimalista.
Il villaggio era composto da una costellazione di mini case indipendenti, con servizi comuni, posto in prossimità di una bianca spiaggia che si specchiava in un mare turchese, posta all’interno di una una piccola baia con basse scogliere per cornice. Il tutto immerso in una inebriante macchia mediterranea dove gli unici suoni erano l'infrangersi delle onde, il vento sulle chiome dei pini e l'assordante ed ipnotico frinire delle cicale.
L’indomani del nostro arrivo alla buonora, dopo la colazione, ci preparammo per il nostro battesimo naturista, indossai un microkini lilla di uncinetto traforato, un leggerissimo e trasparente pareo, zoccoli di legno ai piedi ed un cappello a tesa larga di paglia dal quale spuntavano due piccole e sbarazzine trecce castane. Lungo il vialetto che conduceva alla spiaggia, mano nella mano con mio marito, procedevo pervasa da un senso di eccitazione e vergogna, ad ogni passo sentivo su di me lo sguardo degli altri villeggianti ( vecchia egocentrica pensai ) e le carezze di una leggera brezza che complice lo svolazzare del pareo induriva i capezzoli, già stimolati dalla ruvida traforatura delle coppe.
Arrivati sulla spiaggia prendemmo posto sotto l’ombra di un tamerice, vicino ad una piccola duna di ciottoli, dove, una volta steso il telo, come due scolaretti al primo giorno di scuola, ci guardammo attorno. Nonostante, infatti, la stravolgente bellezza del posto, i nostri sguardi erano più attenti al comportamento dei nostri vicini per adeguarne il nostro. La libertà nell’abbigliamento, dal bermuda al nudo integrale, ci tranquillizzò. Slacciato il pareo e rimasta in piedi con il solo microkini, subito ed istintivamente accompagnai, con le mani, i miei maturi seni sotto le piccolissime coppe e con un veloce gesto distesi verso il basso il filo del perizoma per farlo aderire all’interno del solco anale e, quindi, coprire al meglio il mio sesso, una controllata se tutte le mie “cose” erano a posto, ed ecco, pronta per vivere il mare e la vacanza .
Approfittando delle prime ore di sole, sicuramente le più piacevoli, dopo una piccola passeggiata, decidemmo di stenderci sul telo dove, aiutati dal riparo psicologico che la piccola duna offriva, trovammo il coraggio di svestirci completamente. Mi tolsi dapprima il reggiseno e, poi, chiudendo gli occhi mi sfilai anche il perizoma che riposi a portata di mano.
Immediatamente la piacevole sensazione di esporre ogni piega del mio corpo ai caldi raggi del sole mi conquistò e subito i suoi effetti si manifestarono: le rosee areole si distesero, i capezzoli si disciolsero e le delicate mucose della vagina e del perineo si riscaldarono ricoprendosi di mille gocce di rugiada . Contemporaneamente una fresca ed intermittente brezza faceva ondulare la mia piccola striscia di peli pubici procurandomi un gradevolissimo solletichio.
L’insieme del caldo e del fresco, l'infrangersi delle onde e lo stridio dei gabbiani, l’odore salmastro del mare e balsamico della vegetazione, i colori e i corpi mi condusse ad uno stato di latente eccitazione che presto diventò desiderio di essere compenetrata dalla natura stessa. Il senso di pudore era momentaneamente scomparso, incurante della vista altrui allargavo le cosce ed inarcavo la schiena fin quando percepivo il calore penetrare nei miei buchetti.
Ben presto mi ripresi, il sole salito in alto sull’orizzonte iniziava a bruciare, allora rivestiti di perizoma e bermuda, andammo verso la battigia per trovare refrigerio nel mare.
Avevo perso quasi tutte le inibizioni, stavo bene con il mio corpo ormai coperto solo da una una sottile striscia di cotone che spariva nelle mie intimità, l’incerto camminare sul ciottolame provocava vistosi sobbalzi dei miei seni che cercavo di attutire coprendoli con l'avambraccio. Ebbi poche occasioni di soffermarmi volontariamente a guardare i vicini ma la loro presenza, se prima mi imbarazzava, ora mi stimolava. Il bagno fu breve perché l’ora tarda ci invitava a fare ritorno, il sole era diventato troppo caldo.
Lungo la via del ritorno, vestita solo di perizoma e pareo, la mente era ancora presa dal piacere che avevo provato in spiaggia, ma ora, amplificato dal fresco del viale alberato e dalle leggere carezze del pareo sui miei turgidi capezzoli, sentivo ad ogni passo l’orditura del perizoma stuzzicare l’interno ormai umido del mio sesso. Ogni passo, accompagnato dal rumore sordo degli zoccoli e dal sottofondo delle cicale era un delizioso incedere verso un abbandono di sensualità.
Mio marito, poco prima di arrivare, deviò verso il bistrot per prendere un buon pranzetto leggero da consumare nella nostra abitazione, io invece continuai sola perchè avevo un imminente bisogno di urinare. Pochi metri più avanti vidi, in una zona appartata ma comunque all’aperto, alcune docce comuni riparate solo ai lati da paraventi di canne . Data l’ora ed il caldo per i vialetti alberati non c’era nessuno e la sensazione di tranquillità che la circostanza trasmetteva mi fece venire voglia di approfittare della doccia esterna per assecondare sia il mio bisogno di urinare e sia quello di soddisfare il mio senso di trasgressione.
Così, dopo un ultimo sguardo circospetto, decisi di entrare nella doccia , aprii l’acqua per sincerarmi che non fosse troppo fresca, mi tolsi il cappello, mi sfilai prima il pareo e poi il perizoma e li riposi su una staccionata vicina. Nuda sotto la doccia, allargai leggermente le gambe e, finalmente, mi liberai della mia pipì che si diluì con l’acqua leggermente fresca che nel frattempo scivolava sulla mia pelle. Mille brividi scendevano dalla nuca ai piedi e, subito, iniziai ad accompagnare con le mani il getto di acqua lungo il mio corpo: dalle lunghe gambe al rasato pube, dai glabri glutei ai caldi seni . Ad ogni passaggio provavo uno strano e perverso piacere mentre l’eccitazione continuava a salire, i miei sensi erano saturi e la mia mente selvaggia . Avvolta da questo turbinio di sensazioni, vidi entrare nella doccia a fianco un giovane uomo, cinto in vita da un telo mare, che ben presto, rimasto nudo, iniziò a lavarsi. Istintivamente ebbi un impercettibile scatto di pudore, ma subito dopo la situazione di ritrovarmi nuda con uno sconosciuto mi intrigò e, quindi, contraccambiai il suo saluto con un piccolo sorriso di cortesia. Questa volta al contrario della spiaggia iniziai a guardare quel giovanotto che, con la sua bellezza statuaria, mi ipnotizzava. Carnagione chiara ma lievemente abbronzata , doveva praticare il naturismo perchè non portava i segni del costume, la sua pelle depilata e sottile faceva intravedere le fibre dei suoi muscoli sodi e le sue mani ben curate correvano sul suo corpo che, chinandosi e distendendosi, assumeva le mille posizioni di un atleta. Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi ma i suoi neri capelli leggermente lunghi mi fece pensare al Davide di Donatello. Il suo pene, semi eretto, ben sporgeva dal piatto basso ventre e convogliava verso la sua cappella i mille rivoli di acqua che lambivano i suoi addominali in un lungo zampillo. Era un piacere osservarlo, ma ben presto la mia spudorata eccitazione iniziò a trasformare ciò che guardavo , così il suo pene si trasformò in un magnifico e maestoso cazzo, le sue mani in piacevoli strumenti di tortura, le sue gambe in due pistoni e i suoi glueti in due robuste chiappe da mordere. Lo desideravo, volevo essere sua, il mio corpo teso e lascivo anelava toccarlo , accarezzarlo, stringerlo , bramava la stretta delle sua braccia e i baci della sua bocca , sognavo di stringere le sue chiappe , graffiare i suoi pettorali …Ma mi sarei accontentata solo di sfiorarlo, magari toccarlo. Svanita in questi pensieri mi avvicinai leggermente a lui e, in quel momento, il caso volle, che mi cadde dalle mani l’elastico dei capelli, come feci per raccoglierlo, lui con un brusco e gentile gesto mi era già vicino per restituirmelo. In questa breve concitazione di movimenti ci fu un attimo che i nostri corpi entrarono in contatto, lo sentii e subito una scossa attraversò le mie membra, le sue mani si erano incrociate con le mie braccia e il suo cazzo sfiorava i miei fianchi. Forse una questione di chimica ma in quel momento persi la testa e dimenticai tutto. Solo una latente consapevolezza del luogo in cui mi trovavo che già presi con le mani il suo cazzo, una sotto le palle e l’altra appena sotto la cappella. Percepivo la consistenza del cazzo e la sua eccitazione crescere, con due o tre potenti battiti la sua mazza già svettava con il suo roseo glande dischiuso. Il suo scroto si contrasse e le sue consistenti e calde palle , a stento, riuscivo a contenerle nel mio palmo. In un battibaleno ed in un turbinio di emozioni mi ritrovai nell’angolo meno in vista della doccia con un uomo sconosciuto che, abbracciandomi, mi prese da dietro, sentivo le sue braccia avvolgermi e le sue mani, con decise carezze, iniziarono ad esplorare tutto il mio corpo e il suo duro cazzo insinuarsi tra le mie natiche. La sua bocca iniziò a baciarmi il collo e poi i lobi delle orecchie…il tutto mentre sui nostri corpi scorrevano rivoli di acqua che lubrificava il nostro contatto. Instancabili ed esperte le sue mani passavano tra i miei capelli e giù per il collo per poi afferrare i miei seni e torturare le mie turgide areole dove nel mezzo si ergevano durissimi i capezzoli, le carezze continuavano scendendo sul ventre per sfiorare, poi, delicatamente l’ombellico ormai preludio al mio soffice liscio pube. A mano piena mi prendeva il monte di venere e facendo scorrere le dita tra i miei rasati peli giungeva alla mia vogliosa vagina. Sentivo le sue dita allargare con movimenti circolari le grandi labbra per stimolare la mia fica e il mio clitoride. Ad ogni suo movimento gemevo di piacere, cercavo di abbracciarlo inarcando la schiena e distendendo all’indietro le mie braccia che riuscirono ad afferrare il suo collo e toccare le sue ampie spalle. Percepivo, sotto i miei polpastrelli, le fibre dei suoi muscoli tesi e pronti per soddisfarmi, con una mano in basso afferrai parte del suo potente culo che, con movimenti dal basso verso alto cercava di mantenermi sollevata e , nello stesso tempo, spingeva il suo sesso nel mio solco anale. Sentivo il suo cazzo duro e bagnato scorrere laddove qualche istante prima il perizoma birichino mi stuzzicava, iniziava con l’infilarmelo tra le gambe fino a far sporgere la cappella sul davanti sotto il mio pube (il cazzo era talmente grande che sembrava averlo io ) e poi, ritraendolo, esplorava l’intera fica e il culo fin sopra il fondoschiena. All’ennesima infilata, sentendo l’orgasmo prossimo, con un piede mi alzai in punta, mentre lui con una mano mi sollevò l’altra gamba ed io inarcarcandomi all’indietro esposi definitivamente tutte le mie intimità. Sorreggendomi con una mano al suo collo, con l’altra accompagnai la sua mazza verso la mia vagina che, prima con lievi e superficiali movimenti, iniziò ad essere penetrata. Mi accorgevo del suo desiderio e , data la posizione non proprio comoda, del suo sforzo fisico per rendere piacevole la penetrazione. Ogni volta che la sua cappella riusciva per poi rientrare sempre più profondamente la bellissima sensazione di allargamento e riempimento della vagina mi travolgeva. Fin quando dopo una interminabile e profonda penetrazione sentii, per tutta la sua lunghezza, la mazza scorrere dentro di me. Avevo l’addome pieno e le nervature del suo cazzo stimolavano all’infinito la mia fica , a quel punto tutti i miei muscoli si tesero, la vagina si contrasse e con un veloce ed intenso orgasmo, accompagnato da vistose contrazioni me ne venni riuscendo a stento a trattenere il mio godimento. Lui, quando si accorse che avevo ormai raggiunto il massimo del piacere, sfruttando i miei ultimi sussulti con le mani afferrò il mio bacino e con una serie di spinte veloci e profonde affondò in silenzio e voracemente la sua cappella dentro di me, sentii la sua mazza pulsare e riversare con getti il suo abbondante e caldo sperma e fu l’istante dove consumai le mie ultime gocce di piacere. Avevo ancora la vagina contratta sul suo cazzo quando lo sfilò ancora eretto e grondande di sborra che presto l’acqua disciolse, anch’io, con vagina completamente spalancata dalla fuoriuscita di quel siluro, allargando le gambe e prima che tutto svanisse raccolsi con due dita lo sperma che ne colava per cogliere il suo sapore. Sapore maschio e vigoroso che mi accompagnò per il resto della giornata.
Furono i cinque minuti più pazzi e più lunghi della mia vita sessuale , dove senza alcuna ponderazione, avevo assecondato il mio corpo e mai goduto così in pieno con mio marito. Ricomposta nell’abbigliamento e nella mente giunsi nell’abitazione dove aspettai mio marito di ritorno con il pranzo. Appena arrivato e dopo essersi docciato, ma prima che iniziassimo a mangiare nel piccolo portico, gli raccontai tutto nei minimi particolari temendo una sua brutta e giustificata reazione, invece lui, dapprima incredulo, se ne convinse presto osservando i miei occhi , mi abbracciò e con un bacio mi disse “scialla”.
Fin da giovane il mio rapporto con il sesso è stato distaccato, mai masturbata e mai desiderato fare sesso fine a se stesso, ma questo non mi ha impedito di godere e far godere quando ne ho avuto l’occasione.
L'estate scorsa, complice mio marito, decidemmo di andare in vacanza senza prole per ritrovare la nostra intimità di coppia. Fu scelta la Grecia ed in particolare un villaggio turistico dove era permesso, ma non obbligatorio ,praticare il naturismo.
Preparai il nostro bagaglio con il minimo indispensabile, tutto in una sola 48 ore. “Scialla” è stata la parola d’ordine, quindi abbigliamento leggero e minimalista.
Il villaggio era composto da una costellazione di mini case indipendenti, con servizi comuni, posto in prossimità di una bianca spiaggia che si specchiava in un mare turchese, posta all’interno di una una piccola baia con basse scogliere per cornice. Il tutto immerso in una inebriante macchia mediterranea dove gli unici suoni erano l'infrangersi delle onde, il vento sulle chiome dei pini e l'assordante ed ipnotico frinire delle cicale.
L’indomani del nostro arrivo alla buonora, dopo la colazione, ci preparammo per il nostro battesimo naturista, indossai un microkini lilla di uncinetto traforato, un leggerissimo e trasparente pareo, zoccoli di legno ai piedi ed un cappello a tesa larga di paglia dal quale spuntavano due piccole e sbarazzine trecce castane. Lungo il vialetto che conduceva alla spiaggia, mano nella mano con mio marito, procedevo pervasa da un senso di eccitazione e vergogna, ad ogni passo sentivo su di me lo sguardo degli altri villeggianti ( vecchia egocentrica pensai ) e le carezze di una leggera brezza che complice lo svolazzare del pareo induriva i capezzoli, già stimolati dalla ruvida traforatura delle coppe.
Arrivati sulla spiaggia prendemmo posto sotto l’ombra di un tamerice, vicino ad una piccola duna di ciottoli, dove, una volta steso il telo, come due scolaretti al primo giorno di scuola, ci guardammo attorno. Nonostante, infatti, la stravolgente bellezza del posto, i nostri sguardi erano più attenti al comportamento dei nostri vicini per adeguarne il nostro. La libertà nell’abbigliamento, dal bermuda al nudo integrale, ci tranquillizzò. Slacciato il pareo e rimasta in piedi con il solo microkini, subito ed istintivamente accompagnai, con le mani, i miei maturi seni sotto le piccolissime coppe e con un veloce gesto distesi verso il basso il filo del perizoma per farlo aderire all’interno del solco anale e, quindi, coprire al meglio il mio sesso, una controllata se tutte le mie “cose” erano a posto, ed ecco, pronta per vivere il mare e la vacanza .
Approfittando delle prime ore di sole, sicuramente le più piacevoli, dopo una piccola passeggiata, decidemmo di stenderci sul telo dove, aiutati dal riparo psicologico che la piccola duna offriva, trovammo il coraggio di svestirci completamente. Mi tolsi dapprima il reggiseno e, poi, chiudendo gli occhi mi sfilai anche il perizoma che riposi a portata di mano.
Immediatamente la piacevole sensazione di esporre ogni piega del mio corpo ai caldi raggi del sole mi conquistò e subito i suoi effetti si manifestarono: le rosee areole si distesero, i capezzoli si disciolsero e le delicate mucose della vagina e del perineo si riscaldarono ricoprendosi di mille gocce di rugiada . Contemporaneamente una fresca ed intermittente brezza faceva ondulare la mia piccola striscia di peli pubici procurandomi un gradevolissimo solletichio.
L’insieme del caldo e del fresco, l'infrangersi delle onde e lo stridio dei gabbiani, l’odore salmastro del mare e balsamico della vegetazione, i colori e i corpi mi condusse ad uno stato di latente eccitazione che presto diventò desiderio di essere compenetrata dalla natura stessa. Il senso di pudore era momentaneamente scomparso, incurante della vista altrui allargavo le cosce ed inarcavo la schiena fin quando percepivo il calore penetrare nei miei buchetti.
Ben presto mi ripresi, il sole salito in alto sull’orizzonte iniziava a bruciare, allora rivestiti di perizoma e bermuda, andammo verso la battigia per trovare refrigerio nel mare.
Avevo perso quasi tutte le inibizioni, stavo bene con il mio corpo ormai coperto solo da una una sottile striscia di cotone che spariva nelle mie intimità, l’incerto camminare sul ciottolame provocava vistosi sobbalzi dei miei seni che cercavo di attutire coprendoli con l'avambraccio. Ebbi poche occasioni di soffermarmi volontariamente a guardare i vicini ma la loro presenza, se prima mi imbarazzava, ora mi stimolava. Il bagno fu breve perché l’ora tarda ci invitava a fare ritorno, il sole era diventato troppo caldo.
Lungo la via del ritorno, vestita solo di perizoma e pareo, la mente era ancora presa dal piacere che avevo provato in spiaggia, ma ora, amplificato dal fresco del viale alberato e dalle leggere carezze del pareo sui miei turgidi capezzoli, sentivo ad ogni passo l’orditura del perizoma stuzzicare l’interno ormai umido del mio sesso. Ogni passo, accompagnato dal rumore sordo degli zoccoli e dal sottofondo delle cicale era un delizioso incedere verso un abbandono di sensualità.
Mio marito, poco prima di arrivare, deviò verso il bistrot per prendere un buon pranzetto leggero da consumare nella nostra abitazione, io invece continuai sola perchè avevo un imminente bisogno di urinare. Pochi metri più avanti vidi, in una zona appartata ma comunque all’aperto, alcune docce comuni riparate solo ai lati da paraventi di canne . Data l’ora ed il caldo per i vialetti alberati non c’era nessuno e la sensazione di tranquillità che la circostanza trasmetteva mi fece venire voglia di approfittare della doccia esterna per assecondare sia il mio bisogno di urinare e sia quello di soddisfare il mio senso di trasgressione.
Così, dopo un ultimo sguardo circospetto, decisi di entrare nella doccia , aprii l’acqua per sincerarmi che non fosse troppo fresca, mi tolsi il cappello, mi sfilai prima il pareo e poi il perizoma e li riposi su una staccionata vicina. Nuda sotto la doccia, allargai leggermente le gambe e, finalmente, mi liberai della mia pipì che si diluì con l’acqua leggermente fresca che nel frattempo scivolava sulla mia pelle. Mille brividi scendevano dalla nuca ai piedi e, subito, iniziai ad accompagnare con le mani il getto di acqua lungo il mio corpo: dalle lunghe gambe al rasato pube, dai glabri glutei ai caldi seni . Ad ogni passaggio provavo uno strano e perverso piacere mentre l’eccitazione continuava a salire, i miei sensi erano saturi e la mia mente selvaggia . Avvolta da questo turbinio di sensazioni, vidi entrare nella doccia a fianco un giovane uomo, cinto in vita da un telo mare, che ben presto, rimasto nudo, iniziò a lavarsi. Istintivamente ebbi un impercettibile scatto di pudore, ma subito dopo la situazione di ritrovarmi nuda con uno sconosciuto mi intrigò e, quindi, contraccambiai il suo saluto con un piccolo sorriso di cortesia. Questa volta al contrario della spiaggia iniziai a guardare quel giovanotto che, con la sua bellezza statuaria, mi ipnotizzava. Carnagione chiara ma lievemente abbronzata , doveva praticare il naturismo perchè non portava i segni del costume, la sua pelle depilata e sottile faceva intravedere le fibre dei suoi muscoli sodi e le sue mani ben curate correvano sul suo corpo che, chinandosi e distendendosi, assumeva le mille posizioni di un atleta. Non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi ma i suoi neri capelli leggermente lunghi mi fece pensare al Davide di Donatello. Il suo pene, semi eretto, ben sporgeva dal piatto basso ventre e convogliava verso la sua cappella i mille rivoli di acqua che lambivano i suoi addominali in un lungo zampillo. Era un piacere osservarlo, ma ben presto la mia spudorata eccitazione iniziò a trasformare ciò che guardavo , così il suo pene si trasformò in un magnifico e maestoso cazzo, le sue mani in piacevoli strumenti di tortura, le sue gambe in due pistoni e i suoi glueti in due robuste chiappe da mordere. Lo desideravo, volevo essere sua, il mio corpo teso e lascivo anelava toccarlo , accarezzarlo, stringerlo , bramava la stretta delle sua braccia e i baci della sua bocca , sognavo di stringere le sue chiappe , graffiare i suoi pettorali …Ma mi sarei accontentata solo di sfiorarlo, magari toccarlo. Svanita in questi pensieri mi avvicinai leggermente a lui e, in quel momento, il caso volle, che mi cadde dalle mani l’elastico dei capelli, come feci per raccoglierlo, lui con un brusco e gentile gesto mi era già vicino per restituirmelo. In questa breve concitazione di movimenti ci fu un attimo che i nostri corpi entrarono in contatto, lo sentii e subito una scossa attraversò le mie membra, le sue mani si erano incrociate con le mie braccia e il suo cazzo sfiorava i miei fianchi. Forse una questione di chimica ma in quel momento persi la testa e dimenticai tutto. Solo una latente consapevolezza del luogo in cui mi trovavo che già presi con le mani il suo cazzo, una sotto le palle e l’altra appena sotto la cappella. Percepivo la consistenza del cazzo e la sua eccitazione crescere, con due o tre potenti battiti la sua mazza già svettava con il suo roseo glande dischiuso. Il suo scroto si contrasse e le sue consistenti e calde palle , a stento, riuscivo a contenerle nel mio palmo. In un battibaleno ed in un turbinio di emozioni mi ritrovai nell’angolo meno in vista della doccia con un uomo sconosciuto che, abbracciandomi, mi prese da dietro, sentivo le sue braccia avvolgermi e le sue mani, con decise carezze, iniziarono ad esplorare tutto il mio corpo e il suo duro cazzo insinuarsi tra le mie natiche. La sua bocca iniziò a baciarmi il collo e poi i lobi delle orecchie…il tutto mentre sui nostri corpi scorrevano rivoli di acqua che lubrificava il nostro contatto. Instancabili ed esperte le sue mani passavano tra i miei capelli e giù per il collo per poi afferrare i miei seni e torturare le mie turgide areole dove nel mezzo si ergevano durissimi i capezzoli, le carezze continuavano scendendo sul ventre per sfiorare, poi, delicatamente l’ombellico ormai preludio al mio soffice liscio pube. A mano piena mi prendeva il monte di venere e facendo scorrere le dita tra i miei rasati peli giungeva alla mia vogliosa vagina. Sentivo le sue dita allargare con movimenti circolari le grandi labbra per stimolare la mia fica e il mio clitoride. Ad ogni suo movimento gemevo di piacere, cercavo di abbracciarlo inarcando la schiena e distendendo all’indietro le mie braccia che riuscirono ad afferrare il suo collo e toccare le sue ampie spalle. Percepivo, sotto i miei polpastrelli, le fibre dei suoi muscoli tesi e pronti per soddisfarmi, con una mano in basso afferrai parte del suo potente culo che, con movimenti dal basso verso alto cercava di mantenermi sollevata e , nello stesso tempo, spingeva il suo sesso nel mio solco anale. Sentivo il suo cazzo duro e bagnato scorrere laddove qualche istante prima il perizoma birichino mi stuzzicava, iniziava con l’infilarmelo tra le gambe fino a far sporgere la cappella sul davanti sotto il mio pube (il cazzo era talmente grande che sembrava averlo io ) e poi, ritraendolo, esplorava l’intera fica e il culo fin sopra il fondoschiena. All’ennesima infilata, sentendo l’orgasmo prossimo, con un piede mi alzai in punta, mentre lui con una mano mi sollevò l’altra gamba ed io inarcarcandomi all’indietro esposi definitivamente tutte le mie intimità. Sorreggendomi con una mano al suo collo, con l’altra accompagnai la sua mazza verso la mia vagina che, prima con lievi e superficiali movimenti, iniziò ad essere penetrata. Mi accorgevo del suo desiderio e , data la posizione non proprio comoda, del suo sforzo fisico per rendere piacevole la penetrazione. Ogni volta che la sua cappella riusciva per poi rientrare sempre più profondamente la bellissima sensazione di allargamento e riempimento della vagina mi travolgeva. Fin quando dopo una interminabile e profonda penetrazione sentii, per tutta la sua lunghezza, la mazza scorrere dentro di me. Avevo l’addome pieno e le nervature del suo cazzo stimolavano all’infinito la mia fica , a quel punto tutti i miei muscoli si tesero, la vagina si contrasse e con un veloce ed intenso orgasmo, accompagnato da vistose contrazioni me ne venni riuscendo a stento a trattenere il mio godimento. Lui, quando si accorse che avevo ormai raggiunto il massimo del piacere, sfruttando i miei ultimi sussulti con le mani afferrò il mio bacino e con una serie di spinte veloci e profonde affondò in silenzio e voracemente la sua cappella dentro di me, sentii la sua mazza pulsare e riversare con getti il suo abbondante e caldo sperma e fu l’istante dove consumai le mie ultime gocce di piacere. Avevo ancora la vagina contratta sul suo cazzo quando lo sfilò ancora eretto e grondande di sborra che presto l’acqua disciolse, anch’io, con vagina completamente spalancata dalla fuoriuscita di quel siluro, allargando le gambe e prima che tutto svanisse raccolsi con due dita lo sperma che ne colava per cogliere il suo sapore. Sapore maschio e vigoroso che mi accompagnò per il resto della giornata.
Furono i cinque minuti più pazzi e più lunghi della mia vita sessuale , dove senza alcuna ponderazione, avevo assecondato il mio corpo e mai goduto così in pieno con mio marito. Ricomposta nell’abbigliamento e nella mente giunsi nell’abitazione dove aspettai mio marito di ritorno con il pranzo. Appena arrivato e dopo essersi docciato, ma prima che iniziassimo a mangiare nel piccolo portico, gli raccontai tutto nei minimi particolari temendo una sua brutta e giustificata reazione, invece lui, dapprima incredulo, se ne convinse presto osservando i miei occhi , mi abbracciò e con un bacio mi disse “scialla”.
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