Anna - seconda parte
di
Maxxx
genere
dominazione
Attendere nella mia stanza era qualcosa di indescrivibile. Era sofferenza e piacere. La sofferenza di essere solo, e il piacere di immaginarla entrare. La consapevolezza che una volta entrata, avrei potuto condurre il gioco. Soddisfare ogni mia intima pulsione. Piegare le sue emozioni docili a piacimento e farle fare di tutto fino allo sfinimento. Da questa estasi tornavo poi a vedermi solo nello specchio enorme davanti al letto. Mentalmente elencavo oggetti e prodotti utili nella stanza. Dal prosecco in frigo, alle confezioni di miele prese dal buffet della prima colazione. C’erano anche le piccole bottigliette in plastica di acqua tonica. Non trovando pace, iniziai a svuotare l’armadio, se Anna non fosse entrata da quella porta comunque sarei ripartito a breve. Così iniziai a pensare al messaggio di addio che le avrei inviato per mail: “Rispetto la tua scelta, un saluto”. Oppure: “Grazie per avermi mostrato i rischi della passione”. E mentre cercavo di mixare i due messaggi, la serratura della porta scattó ed Anna entrò con gli occhi bassi.
“Sono passata a salutarti, mi dispiace che tu ti sia scomodato, ma io, anche volendo, ho bisogno dei miei tempi, il mio fidanzato tornerà a breve, quindi solo un saluto, poi ti scrivo quando torno a Roma”.
Annuendo la invitai a bere un’acqua tonica, le mostrai la valigia, le spiegai che stavo partendo. Bevve velocemente, senza sedersi, io mi misi davanti allo specchio e le chiesi di leggere dal mio quaderno, che reggevo in piedi, le sue mail. Era in piedi, inizió a leggere distrattamente, io avvicinai le labbra al suo orecchio e le ordinai di legarsi i capelli con l’elastico che aveva al polso. Tenendo fermo il quaderno, le girai intorno mentre finiva di alzarsi la chioma, lei era davanti allo specchio, il profumo della sua pelle mi faceva tirare sù aria dal naso con intensa convinzione, io ero alle sue spalle, come in moto, come se guidasse lei, ma erano le sue mail a guidare la mia voce.
“…ti studierei, studierei se mi piaci: come ti muovi, dove vai, dove guardi, come mi parli, a che velocità e cosa mi dici. Forse anche per vedere se il tuo corpo con le sue movenze e la tua voce mi ispirano quella capacità di cura, che le tue parole mi hanno già assicurato.
Dopo un po' di tempo e forse chiacchiere, non sarei l'intraprendente logorroica del solito, vorrei fossi tu a condurre: di cosa parlare, dove andare, cosa fare, tutto. Sarei un libro aperto per qualsiasi tua domanda, un'estensione del tuo corpo se me lo chiedessi, ma impotente di fronte alla richiesta di esercitare iniziativa. Arrivata lì la mia unica volontà di iniziativa sarebbe già estinta. Sono lì per non appartenermi.
Non mi avvicinerei io, aspetterei te. E risponderei a tono alle tue azioni, come fossi davvero uno specchio. Se mi spostassi i capelli e mi parlassi all'orecchio rimarrei in tensione ad assaporare il tono e il timbro della tua voce, e l'alito caldo sulla mia pelle, e poi abbandonerei la testa e ti consegnerei il collo”.
Continua
Se vuoi continuare con me questa storia maxxvedder@gmail.com
“Sono passata a salutarti, mi dispiace che tu ti sia scomodato, ma io, anche volendo, ho bisogno dei miei tempi, il mio fidanzato tornerà a breve, quindi solo un saluto, poi ti scrivo quando torno a Roma”.
Annuendo la invitai a bere un’acqua tonica, le mostrai la valigia, le spiegai che stavo partendo. Bevve velocemente, senza sedersi, io mi misi davanti allo specchio e le chiesi di leggere dal mio quaderno, che reggevo in piedi, le sue mail. Era in piedi, inizió a leggere distrattamente, io avvicinai le labbra al suo orecchio e le ordinai di legarsi i capelli con l’elastico che aveva al polso. Tenendo fermo il quaderno, le girai intorno mentre finiva di alzarsi la chioma, lei era davanti allo specchio, il profumo della sua pelle mi faceva tirare sù aria dal naso con intensa convinzione, io ero alle sue spalle, come in moto, come se guidasse lei, ma erano le sue mail a guidare la mia voce.
“…ti studierei, studierei se mi piaci: come ti muovi, dove vai, dove guardi, come mi parli, a che velocità e cosa mi dici. Forse anche per vedere se il tuo corpo con le sue movenze e la tua voce mi ispirano quella capacità di cura, che le tue parole mi hanno già assicurato.
Dopo un po' di tempo e forse chiacchiere, non sarei l'intraprendente logorroica del solito, vorrei fossi tu a condurre: di cosa parlare, dove andare, cosa fare, tutto. Sarei un libro aperto per qualsiasi tua domanda, un'estensione del tuo corpo se me lo chiedessi, ma impotente di fronte alla richiesta di esercitare iniziativa. Arrivata lì la mia unica volontà di iniziativa sarebbe già estinta. Sono lì per non appartenermi.
Non mi avvicinerei io, aspetterei te. E risponderei a tono alle tue azioni, come fossi davvero uno specchio. Se mi spostassi i capelli e mi parlassi all'orecchio rimarrei in tensione ad assaporare il tono e il timbro della tua voce, e l'alito caldo sulla mia pelle, e poi abbandonerei la testa e ti consegnerei il collo”.
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