Anna prima parte

di
genere
dominazione

Anna rispose ad un mio annuncio. Si chiamava Susanna, me lo scrisse nel nostro carteggio. Mi rispondeva ogni tre giorni, mail progressivamente sempre più lunghe e più appassionate. Anna voleva superare i suoi limiti e sentirsi libera di vivere i suoi più intimi desideri. Aveva trenta anni, un fidanzato benestante “approvato dai genitori” e mi chiedeva solo due cose:
1. non essere giudicata
2. Poter una dimensione più autentica di quella offerta dal suo boyfriend.

Per settimane ci confidammo fantasie e condividemmo foto, man mano più esplicite, di come i nostri corpi reagivano a quei pensieri, leggendo e immaginando la cornice disegnata in ogni mail.

Anna era alta 1,70, aveva occhi scuri e capelli lunghi mossi. Un fisico magro proporzionato con un’incantevole seno, in particolare la forma a goccia di quella terza abbondante risvegliava la mia fantasia. Più lo vedevo nelle sue foto più avevo fame di far muovere le sue forme alla mercè delle mie fantasie.

Tutto procedette per un mese, e alle fantasie scritte seguivano promesse di incontrarci, a Roma, appena possibile. Per realizzare con reciproca soddisfazione ogni singolo particolare dei nostri appetiti fisici. Fino a quando, di punto in bianco, mi scrisse che sarebbe partita con il fidanzato e avrebbe smesso di immaginare una dimensione sessuale che non avrebbe potuto permettersi. Si sentiva in colpa con la famiglia, con il fidanzato e con me. Mi chiedeva scusa e mi supplicava di dimenticare tutto.

Di solito le rispondevo in giornata. Sinceramente stupito da quella svolta inaspettata, impiegai qualche giorno a riordinare le idee. Con calma le scrissi che rispettavo la sua scelta, che le auguravo felicità e, invidiando il fidanzato, le chiesi una foto di lei in bikini una volta arrivata al mare.

La foto arrivò due giorni dopo, il bikini era giallo e sullo sfondo campeggiava un pedaló con il nome dello stabilimento. Era uno stabilimento con albergo e, avendo delle ferie arretrate…. Iniziai a fare la valigia.

La riconobbi mentre era di spalle al bar dell’albergo sulla spiaggia, mentre parlava con i suoi amici. Mi feci riconoscere dicendole piano di non girarsi. Eravamo spalla a spalla e in quel momento, mi pareva, ci fossero, solo le nostre voci. Le dissi che dal vivo confermava ogni mia idea. E che, se il destino ci faceva incrociare, allora il destino meritava di essere celebrato. Lei si giró velocemente e squadrandomi mi sorrise nervosa, mi disse che aveva impegni, io risposi che gli impegni si vivono meglio dopo il piacere. Aggiunse che il suo fidanzato stava facendo un torneo di beach volley al lido vicino, io obiettai che aveva i pantaloncini da ciclo e poteva cambiarsi nella mia stanza.
Lei mi sorrise, e mi disse che ero proprio un porco. Allora si giró per dirmi no, che la sua era solo curiosità, che stava molto bene così e io alzai con delicatezza i suoi occhiali da sole per fissare il cerchio esterno dell’iride dicendole che avevo bisogno di percorrere con le labbra ogni contorno della sua abbronzatura.

A voce bassa, mentre tutti ci vedevano e non potevano sentirci, le dissi cosa mi fa esplodere nella testa. Indicando le bottiglie del bancone, come se le stessi elencando le possibili scelte alcoliche, le sussurrai nell’orecchio cosa la sua pelle accende sulla mia. Citandole a memoria i passaggi delle sue mail, le chiuse gli occhi e mi ascoltó con attenzione.

Le dissi cosa ho bisogno di farle. Davanti a tutti, con desideri sussurrati, quasi ultrasuoni all’orecchio, solo per noi.

Scostandole i capelli dalla fronte per portarli dietro al suo orecchio, e, dove gli altri vedevano complicità, lei sentii la mia mano fare una dichiarazione alla sua pelle.

Un contatto lungo, lento e deciso.

Una carezza sul lato del viso mentre la vedevo con il senso del tatto, senza invadere ma senza tralasciare spazi. Le dissi dove avrebbe trovato la chiave magnetica della mia stanza e precisai che ogni secondo di attesa era agonia.

Se lo vuoi continuare con me maxxvedder@gmail.com
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scritto il
2022-07-03
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