Atto di devozione al culo
di
Gaglioffa
genere
etero
Non sei nuovo ai cambi di programmi. “Bisogna vedersi in un altro posto” simulavi rammarico poco fa al telefono mentre mi informavi che un imprevisto aveva avuto la meglio e che il tempo che prima millantavi di avere si era già consumato. Tuttavia aggiungevi che erano giorni che montava il desiderio di me nella tua testa, “ti ho scritto ieri sera”, “ mi aspettavo una tua chiamata per organizzarmi”, “ho mezz’ora forse “, mi ricordavi insomma che le briciole di tempo sono la tua specialità per me. In sosta in uno squallido parcheggio di uno squallido hotel, il luogo concordato dove ti aspettavo evidentemente invano, sospiravo arrendevole.
“ Va bene, ti raggiungo”.
Ed eccomi qui, alla guida della mia vecchia e fidata Mini verde, il piede inchiodato sull’acceleratore da circa quaranta minuti, lo stereo che diffonde la playlist selezionata “brani anni ‘80” a volume alto quanto basta per rintronarmi un po’ e tentare di sovrastare i rumori, soprattutto quelli della mia testa che pullula di pensieri agitati, indispettiti e lussuriosi nei tuoi riguardi.
Altra sosta, altro parcheggio, stavolta in pieno centro di una città che conosco ma non frequento, finalmente ti avvicini a grandi passi studiando come di consueto il mio abbigliamento: gonna di jeans corta e sbarazzina, top bianco attillato che fa risaltare l’abbronzatura, tacchi di altezza media rosa pastello. Tu sei un tripudio di blu, camicia a righe blu, gilet blu, pantaloni blu, sneakers bianche.
“Ne varrà la pena”, lo dici risoluto, la mia stizza per i lunghi tragitti, per i contrattempi, per i minuti contati non sembra scalfire questa tua convinzione.
Attraversiamo l’ampio androne di un elegante condominio, il mazzo di chiavi che hai in mano tintinna allegro, sali due gradini alla volta…“. Non c’è mai stato alcun imprevisto ma soltanto il fermo proposito di inaugurare il tuo nuovo studio professionale con una scopata memorabile .
“Ne varrà la pena”.
Staremo a vedere.
Non avevo mai visto i nostri corpi intrecciati riflessi in uno specchio così grande. L’immagine che adesso racchiude è di un culo spalancato, morbido e immenso, alla completa mercè di un magnifico cazzo che vi affonda senza pietà.
Scompare e riappare da dentro di me con la destrezza di chi fa del culo rotto la sua vocazione.
“Ti piace prenderlo nel culo? Dimmelo!”
Ohhh…..
“Dimmelo!”
“Dimmelo, ti prego!”
È ostinato.
Mi chiedo se i proverbiali versi “ mhmh, oh, oh” talvolta seguiti da flebili “siii” di cui faccio largo uso possano rappresentare una risposta soddisfacente per il mio stallone indefesso.
“Rispondi!” Chiaramente no, non lo sono.
Mi viene da piangere, la faccia sprofondata nella poltrona, il culo all’aria, e lo specchio che cattura la bellezza di questo incastro.
“Sii, non ti fermare!”
Voglio guardarti, provo a voltarmi, a malapena riesco a cogliere la smorfia stampata sul tuo viso, il resto lo affido all’immaginazione: i ricci capelli castani stravolti,i grandi occhi azzurri ridotti a fessure scure, le labbra sottili contratte per lo sforzo.
Uno schiaffo, due schiaffi. Tre.
Mi stai sculacciando.
Mi piace
Eccome se mi piace
“VACCA”
Ah.
Ci scrutiamo attraverso lo specchio mentre mi apri il culo selvaggiamente….non vuoi proprio saperne di abbandonare l’orifizio prediletto ( “mi fa impazzire”) i tuoi affondi sono spezzati dalla foga ma sempre così potenti, più veloci, incontrollati quasi. Non mi lasciano respiro. È il tuo marchio di fabbrica.
Sono fradicia, sfinita e schiacciata dal tuo corpo sudato e grato. Mi guardi sornione tu. Sorridi, in attesa.
Vorresti che lo ammettessi.
Eh va bene….
“Ne è valsa la pena”
“ Va bene, ti raggiungo”.
Ed eccomi qui, alla guida della mia vecchia e fidata Mini verde, il piede inchiodato sull’acceleratore da circa quaranta minuti, lo stereo che diffonde la playlist selezionata “brani anni ‘80” a volume alto quanto basta per rintronarmi un po’ e tentare di sovrastare i rumori, soprattutto quelli della mia testa che pullula di pensieri agitati, indispettiti e lussuriosi nei tuoi riguardi.
Altra sosta, altro parcheggio, stavolta in pieno centro di una città che conosco ma non frequento, finalmente ti avvicini a grandi passi studiando come di consueto il mio abbigliamento: gonna di jeans corta e sbarazzina, top bianco attillato che fa risaltare l’abbronzatura, tacchi di altezza media rosa pastello. Tu sei un tripudio di blu, camicia a righe blu, gilet blu, pantaloni blu, sneakers bianche.
“Ne varrà la pena”, lo dici risoluto, la mia stizza per i lunghi tragitti, per i contrattempi, per i minuti contati non sembra scalfire questa tua convinzione.
Attraversiamo l’ampio androne di un elegante condominio, il mazzo di chiavi che hai in mano tintinna allegro, sali due gradini alla volta…“. Non c’è mai stato alcun imprevisto ma soltanto il fermo proposito di inaugurare il tuo nuovo studio professionale con una scopata memorabile .
“Ne varrà la pena”.
Staremo a vedere.
Non avevo mai visto i nostri corpi intrecciati riflessi in uno specchio così grande. L’immagine che adesso racchiude è di un culo spalancato, morbido e immenso, alla completa mercè di un magnifico cazzo che vi affonda senza pietà.
Scompare e riappare da dentro di me con la destrezza di chi fa del culo rotto la sua vocazione.
“Ti piace prenderlo nel culo? Dimmelo!”
Ohhh…..
“Dimmelo!”
“Dimmelo, ti prego!”
È ostinato.
Mi chiedo se i proverbiali versi “ mhmh, oh, oh” talvolta seguiti da flebili “siii” di cui faccio largo uso possano rappresentare una risposta soddisfacente per il mio stallone indefesso.
“Rispondi!” Chiaramente no, non lo sono.
Mi viene da piangere, la faccia sprofondata nella poltrona, il culo all’aria, e lo specchio che cattura la bellezza di questo incastro.
“Sii, non ti fermare!”
Voglio guardarti, provo a voltarmi, a malapena riesco a cogliere la smorfia stampata sul tuo viso, il resto lo affido all’immaginazione: i ricci capelli castani stravolti,i grandi occhi azzurri ridotti a fessure scure, le labbra sottili contratte per lo sforzo.
Uno schiaffo, due schiaffi. Tre.
Mi stai sculacciando.
Mi piace
Eccome se mi piace
“VACCA”
Ah.
Ci scrutiamo attraverso lo specchio mentre mi apri il culo selvaggiamente….non vuoi proprio saperne di abbandonare l’orifizio prediletto ( “mi fa impazzire”) i tuoi affondi sono spezzati dalla foga ma sempre così potenti, più veloci, incontrollati quasi. Non mi lasciano respiro. È il tuo marchio di fabbrica.
Sono fradicia, sfinita e schiacciata dal tuo corpo sudato e grato. Mi guardi sornione tu. Sorridi, in attesa.
Vorresti che lo ammettessi.
Eh va bene….
“Ne è valsa la pena”
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