Un finale
di
hermann morr
genere
sentimentali
( Se io vi faccio leggere soltanto il finale di una cosa a cui sto lavorando, voi cosa capirete, come immaginerete la storia che ci sta dietro ? )
Era ancora nel suo letto. No, non lo era, si trattava di una branda stretta in ferro nero, una stanza singola dell’ospedale, anche se assomigliava più a una pensione della qualità più bassa, l’intonaco cadeva a pezzi e si vedeva la polvere nell’aria. Simona era su una sedia di fianco, rannicchiata più che seduta, e lo fissava con la sua solita espressione a occhi spalancati, in maniera più ansiosa però. Lui era steso, ma del tutto vestito, con trench e scarpe, mise le mani dietro la testa guardando il soffitto di cemento nudo.
“ Almeno la giacca me la potevi togliere. “
“ Scusa, non ci ho pensato. C’è voluto del tempo per trovare degli infermieri e portarti qua. Poi sono andata in giro a cercare, io penso di avere trovato la strada giusta, ma non posso andare da sola, non c’è modo. “
Voce molto angosciata, come se il solo pensiero di quel che avevano davanti bastasse a darle dolore. Saltò in piedi e le prese le mani.
“ Andiamo a vedere. “
L’ ospedale sembrava un bell’edificio da fuori, ma l’interno era cadente, come se avessero interrotto i lavori prima delle rifiniture e da quel momento non ci fossero state manutenzioni. Gli veniva anche difficile immaginare che nella Parma Onirica potessero esistere dei manutentori.
Erano usciti in un corridoio il cui pavimento sembrava di terra battuta, tutto scosceso a depressioni e cunette, da una parte una fila di finestroni che davano una vista sulla strada, dall’altra camere tutte simili. C’era comunque gente che occupava i letti, un tizio in vestaglia a tartan fumava indifferente nel corridoio, mentre una infermiera con la cuffia bianca spingeva un carrello pieno di attrezzature di un qualche genere. Tutto in piena attività, nella completa indifferenza per l’ambiente.
La Simo fece strada fino a una porta di vetro trasparente, col pomello rotondo di ottone, che interrompeva la fila delle camere. Oltre la porta una scala saliva al piano superiore, dove proseguirono lungo il corridoio degli ambulatori per gli esami. Questo terminava con un’altra porta a vetri che dava sul pianerottolo delle scale principali, due biciclette erano appoggiate sulla destra, una bianca e una color ruggine.
C’era un secondo passaggio.
Spostò quelle biciclette per vedere meglio, dove avrebbe dovuto esserci lo stipite si apriva invece un corridoio molto stretto, come un passaggio segreto, buio, ma si vedevano piccoli ragni passeggiare sulle pareti ai margini.
“ Io ho paura dei ragni “ – gli diceva da dietro Simona con voce lamentosa – “ E ho pensato che se il mio nemico interiore volesse chiudermi una strada, chiamerebbe loro.. “
“ ..E se non vuole farti passare di qua, significa che è la direzione giusta. “ – Rispose completando il ragionamento – “ Ma bene, io invece li amo i ragni, anzi non vorrei nemmeno fargli del male.. sono uno dei miei totem.. guardiamo per le stanze se possiamo trovare qualcosa di utile. “
Dovettero tornare indietro per esplorare con più cura il piano cui erano saliti, sembrava un corridoio unico, interminabile, diviso in segmenti dalle porte a vetri. Pareti e pavimento erano più rifiniti, ogni segmento aveva le solite finestre da una parte, quattro stanze e una infermiera di guardia seduta a una piccola scrivania. Le infermiere li ignoravano, solo una chiese se fossero studenti facendo presente che i laboratori per gli universitari si trovavano più avanti. I vani di ogni sezione avevano vecchi usci di legno, verniciati di un marrone molto scuro, alcuni nascondevano stanze senza finestre, ma fortemente illuminate dai neon, con file di banchi da scuola e strumenti di vetro. Altri rivelavano stretti sgabuzzini, o semplici schedari pieni di cianfrusaglie e fogli scribacchiati, eppure rovistando in mezzo a tutta quella mercanzia uscivano anche cose utili. Il ritrovamento più importante fu un estintore, o almeno era appeso a una sezione di corridoio proprio come ci si aspetterebbe da un estintore, ma di forma più panciuta, di un colore grigio metallizzato invece che rosso, e impugnandolo si avvertiva dall’interno una vibrazione, come se fosse dotato di una turbina. Ad ogni modo sembrava fatto per gettare qualcosa e tanto bastava, inoltre avevano trovato da coprirsi con camici, guanti e cuffie sterili.
E poi c'era la cinghia: una fettuccia di cotone grigio, molto robusta, con una fibbia a passante e lunga abbastanza perchè potessero legarsi assieme all'altezza della vita. Lui davanti con l'estintore e lei stretta dietro.
" Bene, ora chiudi pure gli occhi e lasciati trascinare. Anche se hai paura arriveremo dall'altra parte. "
Era stretto, molto stretto, buio, ma non tanto da non poter vedere quelle bestie che formicolavano sulle pareti, sul pavimento, penzolavano nel mezzo dai loro fili, e non c'era materialmente lo spazio per poterle evitare. Non sapeva cosa spruzzasse veramente quell'estintore, ma comunque riusciva a spingerne via una parte. Altri finivano calpestati, con dispiacere, sotto i suoi piedi, altri ancora comunque arrivavano a passeggiare sui vestiti, non aggressivi, ma curiosi di poter trovare un'apertura in cui infilarsi. Ogni due passi doveva fermarsi e togliersi di dosso i più intraprendenti, poi spruzzava ancora, guadagnava un altro centimetro sudando e trascinandosi dietro Simona, che non parlava e non si muoveva, solo la maniera dolorosa in cui gli stringeva le spalle faceva capire che fosse ancora viva. Si chiedeva se anche Gesù avesse amato così tanto la sua croce mentre la trascinava, e intanto, in qualche maniera, il corridoio passava sempre uguale.
Fino a un blocco di ragnatela talmente spesso da sembrare un muro. L'estintore ormai era vuoto, lo lasciò cadere e aprì il coltello, non aveva più interesse per i ragni che tornavano a richiudere la scia del loro passaggio, perchè sentiva di essere arrivato al fondo.
“ No Pasaran, ci avevano detto ! “
Si dice che chi muore si trovi ad attraversare un cunicolo con una luce in fondo, quel che avevano fatto era molto simile, però passare dall’altra parte fu più come nascere.
L'altra parte era una caverna silenziosa, anche luminosa, ma non si capiva la luce da dove arrivasse. C'erano colonne forse naturali o forse scolpite, ma senza un ordine apparente. C'erano rocce piatte che affioravano dal terreno, anche loro sparse a caso eppure regolari nella loro forma, lunghe abbastanza da potercisi stendere. C'erano lenzuola bianche abbandonate sopra. La Simo dietro continuava a stringersi mezza svenuta per la paura, lui cercò in qualche maniera di levarsi di dosso i pezzi di ragnatela, sciolse la cinghia e si girò a restituire l'abbraccio.
" Forza puoi aprire gli occhi adesso, non ci sono più bestie. "
" Non è vero, li sento ancora ! "
Poteva sentire il suo cuore battere senza toccarla, lei rifiutava di aprire gli occhi e gli piantava le unghie nelle spalle anche attraverso le coperture.
Lui le tolse il camice pieno di ragnatele, liberò i suoi capelli biondi dalla cuffia, poi si liberò del camice suo strappando i bottoni dalla fretta, buttò i guanti, infine la strinse di nuovo per farle coraggio.
" Siamo fuori, abbi fede. "
Le guance si toccavano, Simona doveva avere aperto gli occhi, perchè muoveva la testa per guardare attorno, poi, come se riconoscesse il posto, si sciolse bruscamente dall'abbraccio e senza dire altro si inoltrò tra quelle piattaforme.
Seguendola notò che almeno uno di quegli affari era abitato, si indovinava una forma umana sotto un lenzuolo, ma immobile, come un cadavere coperto dal feretro.
La vide alla fine sceglierne uno vuoto e sedersi spostando il lenzuolo.
" Ecco. Penso che questo sia il mio. "
" Se chiudi gli occhi qui sopra, li aprirai nella realtà ? "
" Spero. Mi sembra di sentire che sia così. E per provare altro non abbiamo più tempo. "
Col fatto che era seduta sul rialzo si trovavano viso a viso, lo guardava con la tristezza negli occhi, come se non pensasse veramente di potersi salvare e quella fosse la conclusione di tutto, era evidente, oltre ogni possibile dubbio, che la doveva baciare.
E si svegliò prima di riuscirci.
“ Ma PD ! “
La luce del sole e l’orologio gli dicevano che era lunedì, sapeva che non sarebbe riuscito a tornare indietro presto, i giochi erano fatti.
Riprese la vita solita, solo a sera, dopo l’ennesima camminata in tondo con la Friendzone, si decise a mandare un messaggio a Maicol.
“ Allora hanno emesso la sentenza ? “
La risposta arrivò l’ora dopo, con una chiamata diretta.
“ Ciao, ho visto poco fa il messaggio, ma volevo telefonarti comunque. Mi hanno detto che la tua amica ha dato segni di ripresa! Una cosa da film, hanno spento le macchine, ma il cuore ha continuato a battere, non posso dire con sicurezza, ma è possibile che si stia svegliando ! Anche nel caso migliore ci vorrà tempo prima di sciogliere la prognosi, ma se diventasse possibile visitarla ti farò sapere subito… “
Quella notte dormì un sonno ininterrotto, senza sogni, la notte dopo sogni normali, privi di lucidità, come quelli di tutti. Senza la Simo era finita la seconda vita.
Col passare dei giorni l’amico medico lo teneva aggiornato, aveva aperto gli occhi, erano passati alla riabilitazione, cominciavano a parlare di quando sarebbe stato possibile dimetterla, ma lui coerente col suo carattere non andò a trovarla.
Non si risolveva a fare l’ultimo passo che avrebbe portato tutta quella storia dentro la sua vita reale. Nello stesso tempo non gli risultava che lei lo avesse cercato.
Simona Radoslava era veramente la stessa persona che aveva conosciuto nei sogni ? Ricordava quel che le era successo durante il coma ? Lo avrebbe riconosciuto ?
Nel dubbio aveva lasciato che le cose andassero per conto loro, come al solito.
E però nel suo ritirarsi aveva preso l’abitudine di fermarsi più spesso ai tavolini di Frank sul piazzale, le giornate erano diventate abbastanza calde da potersi sedere all’aperto e avevano la Brewdog. Quasi ogni giorno ordinava nostalgicamente una 33 cl di Punk IPA, che gli ricordava l’inizio di tutto. Fino al giorno in cui mentre beveva una ragazzotta gli si sistemò davanti.
Bionda, coi capelli che appena iniziavano a ricrescere, naso grosso, oppure era il mento appena troppo piccolo a farlo sembrare, gli zigomi erano in proporzione col naso e avevano i pomelli rossi, e nonostante la bocca poco significativa riusciva a sorridere con gli occhi. E lui sapeva già quel che stava per dire.
“ Mi fai sedere ? “
Era ancora nel suo letto. No, non lo era, si trattava di una branda stretta in ferro nero, una stanza singola dell’ospedale, anche se assomigliava più a una pensione della qualità più bassa, l’intonaco cadeva a pezzi e si vedeva la polvere nell’aria. Simona era su una sedia di fianco, rannicchiata più che seduta, e lo fissava con la sua solita espressione a occhi spalancati, in maniera più ansiosa però. Lui era steso, ma del tutto vestito, con trench e scarpe, mise le mani dietro la testa guardando il soffitto di cemento nudo.
“ Almeno la giacca me la potevi togliere. “
“ Scusa, non ci ho pensato. C’è voluto del tempo per trovare degli infermieri e portarti qua. Poi sono andata in giro a cercare, io penso di avere trovato la strada giusta, ma non posso andare da sola, non c’è modo. “
Voce molto angosciata, come se il solo pensiero di quel che avevano davanti bastasse a darle dolore. Saltò in piedi e le prese le mani.
“ Andiamo a vedere. “
L’ ospedale sembrava un bell’edificio da fuori, ma l’interno era cadente, come se avessero interrotto i lavori prima delle rifiniture e da quel momento non ci fossero state manutenzioni. Gli veniva anche difficile immaginare che nella Parma Onirica potessero esistere dei manutentori.
Erano usciti in un corridoio il cui pavimento sembrava di terra battuta, tutto scosceso a depressioni e cunette, da una parte una fila di finestroni che davano una vista sulla strada, dall’altra camere tutte simili. C’era comunque gente che occupava i letti, un tizio in vestaglia a tartan fumava indifferente nel corridoio, mentre una infermiera con la cuffia bianca spingeva un carrello pieno di attrezzature di un qualche genere. Tutto in piena attività, nella completa indifferenza per l’ambiente.
La Simo fece strada fino a una porta di vetro trasparente, col pomello rotondo di ottone, che interrompeva la fila delle camere. Oltre la porta una scala saliva al piano superiore, dove proseguirono lungo il corridoio degli ambulatori per gli esami. Questo terminava con un’altra porta a vetri che dava sul pianerottolo delle scale principali, due biciclette erano appoggiate sulla destra, una bianca e una color ruggine.
C’era un secondo passaggio.
Spostò quelle biciclette per vedere meglio, dove avrebbe dovuto esserci lo stipite si apriva invece un corridoio molto stretto, come un passaggio segreto, buio, ma si vedevano piccoli ragni passeggiare sulle pareti ai margini.
“ Io ho paura dei ragni “ – gli diceva da dietro Simona con voce lamentosa – “ E ho pensato che se il mio nemico interiore volesse chiudermi una strada, chiamerebbe loro.. “
“ ..E se non vuole farti passare di qua, significa che è la direzione giusta. “ – Rispose completando il ragionamento – “ Ma bene, io invece li amo i ragni, anzi non vorrei nemmeno fargli del male.. sono uno dei miei totem.. guardiamo per le stanze se possiamo trovare qualcosa di utile. “
Dovettero tornare indietro per esplorare con più cura il piano cui erano saliti, sembrava un corridoio unico, interminabile, diviso in segmenti dalle porte a vetri. Pareti e pavimento erano più rifiniti, ogni segmento aveva le solite finestre da una parte, quattro stanze e una infermiera di guardia seduta a una piccola scrivania. Le infermiere li ignoravano, solo una chiese se fossero studenti facendo presente che i laboratori per gli universitari si trovavano più avanti. I vani di ogni sezione avevano vecchi usci di legno, verniciati di un marrone molto scuro, alcuni nascondevano stanze senza finestre, ma fortemente illuminate dai neon, con file di banchi da scuola e strumenti di vetro. Altri rivelavano stretti sgabuzzini, o semplici schedari pieni di cianfrusaglie e fogli scribacchiati, eppure rovistando in mezzo a tutta quella mercanzia uscivano anche cose utili. Il ritrovamento più importante fu un estintore, o almeno era appeso a una sezione di corridoio proprio come ci si aspetterebbe da un estintore, ma di forma più panciuta, di un colore grigio metallizzato invece che rosso, e impugnandolo si avvertiva dall’interno una vibrazione, come se fosse dotato di una turbina. Ad ogni modo sembrava fatto per gettare qualcosa e tanto bastava, inoltre avevano trovato da coprirsi con camici, guanti e cuffie sterili.
E poi c'era la cinghia: una fettuccia di cotone grigio, molto robusta, con una fibbia a passante e lunga abbastanza perchè potessero legarsi assieme all'altezza della vita. Lui davanti con l'estintore e lei stretta dietro.
" Bene, ora chiudi pure gli occhi e lasciati trascinare. Anche se hai paura arriveremo dall'altra parte. "
Era stretto, molto stretto, buio, ma non tanto da non poter vedere quelle bestie che formicolavano sulle pareti, sul pavimento, penzolavano nel mezzo dai loro fili, e non c'era materialmente lo spazio per poterle evitare. Non sapeva cosa spruzzasse veramente quell'estintore, ma comunque riusciva a spingerne via una parte. Altri finivano calpestati, con dispiacere, sotto i suoi piedi, altri ancora comunque arrivavano a passeggiare sui vestiti, non aggressivi, ma curiosi di poter trovare un'apertura in cui infilarsi. Ogni due passi doveva fermarsi e togliersi di dosso i più intraprendenti, poi spruzzava ancora, guadagnava un altro centimetro sudando e trascinandosi dietro Simona, che non parlava e non si muoveva, solo la maniera dolorosa in cui gli stringeva le spalle faceva capire che fosse ancora viva. Si chiedeva se anche Gesù avesse amato così tanto la sua croce mentre la trascinava, e intanto, in qualche maniera, il corridoio passava sempre uguale.
Fino a un blocco di ragnatela talmente spesso da sembrare un muro. L'estintore ormai era vuoto, lo lasciò cadere e aprì il coltello, non aveva più interesse per i ragni che tornavano a richiudere la scia del loro passaggio, perchè sentiva di essere arrivato al fondo.
“ No Pasaran, ci avevano detto ! “
Si dice che chi muore si trovi ad attraversare un cunicolo con una luce in fondo, quel che avevano fatto era molto simile, però passare dall’altra parte fu più come nascere.
L'altra parte era una caverna silenziosa, anche luminosa, ma non si capiva la luce da dove arrivasse. C'erano colonne forse naturali o forse scolpite, ma senza un ordine apparente. C'erano rocce piatte che affioravano dal terreno, anche loro sparse a caso eppure regolari nella loro forma, lunghe abbastanza da potercisi stendere. C'erano lenzuola bianche abbandonate sopra. La Simo dietro continuava a stringersi mezza svenuta per la paura, lui cercò in qualche maniera di levarsi di dosso i pezzi di ragnatela, sciolse la cinghia e si girò a restituire l'abbraccio.
" Forza puoi aprire gli occhi adesso, non ci sono più bestie. "
" Non è vero, li sento ancora ! "
Poteva sentire il suo cuore battere senza toccarla, lei rifiutava di aprire gli occhi e gli piantava le unghie nelle spalle anche attraverso le coperture.
Lui le tolse il camice pieno di ragnatele, liberò i suoi capelli biondi dalla cuffia, poi si liberò del camice suo strappando i bottoni dalla fretta, buttò i guanti, infine la strinse di nuovo per farle coraggio.
" Siamo fuori, abbi fede. "
Le guance si toccavano, Simona doveva avere aperto gli occhi, perchè muoveva la testa per guardare attorno, poi, come se riconoscesse il posto, si sciolse bruscamente dall'abbraccio e senza dire altro si inoltrò tra quelle piattaforme.
Seguendola notò che almeno uno di quegli affari era abitato, si indovinava una forma umana sotto un lenzuolo, ma immobile, come un cadavere coperto dal feretro.
La vide alla fine sceglierne uno vuoto e sedersi spostando il lenzuolo.
" Ecco. Penso che questo sia il mio. "
" Se chiudi gli occhi qui sopra, li aprirai nella realtà ? "
" Spero. Mi sembra di sentire che sia così. E per provare altro non abbiamo più tempo. "
Col fatto che era seduta sul rialzo si trovavano viso a viso, lo guardava con la tristezza negli occhi, come se non pensasse veramente di potersi salvare e quella fosse la conclusione di tutto, era evidente, oltre ogni possibile dubbio, che la doveva baciare.
E si svegliò prima di riuscirci.
“ Ma PD ! “
La luce del sole e l’orologio gli dicevano che era lunedì, sapeva che non sarebbe riuscito a tornare indietro presto, i giochi erano fatti.
Riprese la vita solita, solo a sera, dopo l’ennesima camminata in tondo con la Friendzone, si decise a mandare un messaggio a Maicol.
“ Allora hanno emesso la sentenza ? “
La risposta arrivò l’ora dopo, con una chiamata diretta.
“ Ciao, ho visto poco fa il messaggio, ma volevo telefonarti comunque. Mi hanno detto che la tua amica ha dato segni di ripresa! Una cosa da film, hanno spento le macchine, ma il cuore ha continuato a battere, non posso dire con sicurezza, ma è possibile che si stia svegliando ! Anche nel caso migliore ci vorrà tempo prima di sciogliere la prognosi, ma se diventasse possibile visitarla ti farò sapere subito… “
Quella notte dormì un sonno ininterrotto, senza sogni, la notte dopo sogni normali, privi di lucidità, come quelli di tutti. Senza la Simo era finita la seconda vita.
Col passare dei giorni l’amico medico lo teneva aggiornato, aveva aperto gli occhi, erano passati alla riabilitazione, cominciavano a parlare di quando sarebbe stato possibile dimetterla, ma lui coerente col suo carattere non andò a trovarla.
Non si risolveva a fare l’ultimo passo che avrebbe portato tutta quella storia dentro la sua vita reale. Nello stesso tempo non gli risultava che lei lo avesse cercato.
Simona Radoslava era veramente la stessa persona che aveva conosciuto nei sogni ? Ricordava quel che le era successo durante il coma ? Lo avrebbe riconosciuto ?
Nel dubbio aveva lasciato che le cose andassero per conto loro, come al solito.
E però nel suo ritirarsi aveva preso l’abitudine di fermarsi più spesso ai tavolini di Frank sul piazzale, le giornate erano diventate abbastanza calde da potersi sedere all’aperto e avevano la Brewdog. Quasi ogni giorno ordinava nostalgicamente una 33 cl di Punk IPA, che gli ricordava l’inizio di tutto. Fino al giorno in cui mentre beveva una ragazzotta gli si sistemò davanti.
Bionda, coi capelli che appena iniziavano a ricrescere, naso grosso, oppure era il mento appena troppo piccolo a farlo sembrare, gli zigomi erano in proporzione col naso e avevano i pomelli rossi, e nonostante la bocca poco significativa riusciva a sorridere con gli occhi. E lui sapeva già quel che stava per dire.
“ Mi fai sedere ? “
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