Colleghini

di
genere
etero



Il preciclo mi stava uccidendo. Avevo il seno
in fiamme e sentivo i capezzoli sfregare sotto la
camicetta. Era un caldo pomeriggio di settembre, poco dopo il rientro dalle ferie.

In ufficio eravamo rimasti in pochi, principalmente per gli straordinari pagati, anche se adesso si bene che alcuni dei miei colleghi preferiscono semplicemente ritardate il rientro a casa.

Dunque dicevo, era un settembre ancora molto caldo, verso le 17 l’ufficio aveva iniziato a svuotarsi e fui felice quando alle macchinette trovai M. della contabilità anche lui in pausa caffè.

“Sì anche io tutto bene, quest’anno siamo andati in Sardegna, banale ma ehi che ci vuoi fare?” due chiacchiere e “sì certo che mi ricordo di sua moglie, oh incinta? che bella notizia incinta! “ e così via fino a vuotare i nostri bicchieri di carta.

Ci salutiamo con una stretta al suo avambraccio, da parte mia, e un bramoso rapido sguardo al mio seno gonfio di M.

In realtà non sono offesa, M. è un collega prezioso, un uomo timido, mai volgare, sempre gentile e disponibile sul lavoro. Ripasso mentalmente se ci siamo mai visti fuori dall’ufficio.. no, o meglio sì ma a una qualche pallosa cena tra colleghi per le feste.. cose così. La moglie, compagna?, anche lei dolce, non la ricordo molto di viso, uno di quei tipini minuti, con occhi buoni, che non ti ricordi bene ma hi la sensazione sia una brava persona.

Io e M. ci salutiamo, ci auguriamo la buona serata e ognuno torna alla casa e agli affari suoi.
Ecco come sarebbe dovuta andare.

Ma il destino a volte è dispettoso, oppure lo siamo noi e cerchiamo un alibi?

Fatto sta, tornata nel mio box mi siedo e dal mio basso ventre avvampa una nota sensazione di umido calore tra le mie gambe. Sono in pieno preciclo, è chiaro. Il seno è compresso nelle coppe da troppo tempo, ho voglia di toglierlo, inizio a massaggiarmi i seni gonfi che stanno per esplodere, mi sto bagnando, le mie mutandine fasciate nella gonna sono umide.

Mi alzo, inizio a preparare la mia borsa, qualsiasi questione lavorativa puó aspettare me e l’intensa sessione di masturbazione che ho in programma per la serata.

Scivolo silenziosa per il corridoio, ormai sono le sette saró l’ultima ad andarmene, penso. Poi, dalla sala comune dei pc intravedo i bagliori di un terminale ancora acceso. Entro per spegnerlo senza neanche pensarci, e trovo M.

Lui è di spalle, non si accorge della mia presenza anche perchè, intuisco con shock, si sta tirando una sega. Inizialmente ho l’impulso di andarmene in preda alla vergogna, eh no cazzo! Non sono io la pervertita. Esito sulla soglia, la bocca semiaperta, poi metto a fuoco il monitor; M. è di spalle per questo non puó vedermi, si sta toccando sopra una foto di una ragazza bionda e sorridente nel
suo costume rosso. Che la ragazza sia sorridente e in spiaggia lo capisco solo io perchè la foto è zoommata sul suo prosperoso seno, perchè la ragazza riconosco essere io.

Quel porco di M. ha preso una foto dal mio profilo Facebook e si sta toccando come un animale, dovrebbe disgustarmi, dovrei denunciarlo, giusto?

Eppure eccola, quella vampata, dal mio basso ventre fino alle orecchie, che fischiano.

Negli attimi che seguono non sono lucida, so che mi avvicino alle sedia girevole di M. so che lui sobbalza che tenta di spiegare? protestare? ma non lo sento. Spingo la sua sedia e mi appoggio alla scrivania, apro le gambe.

M. è impietrito, vedo la paura nei suoi occhi, di essere scoperti, beccati in atti osceni, di mettere in pratica tutte le porcherie che lo stavano eccitando? Lentamente la sua mano inizia a muoversi, su e giù, una scappella l’altra tiene ferma la base del suo cazzo.

Dio, sono pietrificata dal piacere. Inizio a sbottonare la camicetta, lo guardo come per dire “Sono queste che stavi guardando”. Sgancio il laccetto anteriore e libero, finalmente, le mie mammelle “Ahhh” mando in dietro la testa con un sospiro languido, anche M. ha un sussulto e inizia a rallentare la sega.

Allargo bene le gambe, e inizio a massaggiarmi le grandi labbra, da sopra le mutandine che sono fradice dei miei umori. M. si avvicina e continua a scappellare lento con la testa vicina alla mia figa.
Non so quanto continuiamo, davvero non so, minuti? Ore? So che ho voglia di impalarmi sul suo grosso cazzo ed è così che mi alzo, scosto le mutandine, e mi ficco dentro quel bastone di carne centimetro dopo centimetro. M. mi afferra per i fianchi, mi dilata per farlo entrare tutto, come se non fossi già un lago. Gli afferro i capelli sulla nuca e sbatto la sua faccia tra i miei seni, Dio.
So che siamo al limite, che stiamo rischiando, pianto le unghie nello schienale della sedia e inizio a
impalarmi, mi alzo fino a quasi fare uscire anche la cappella dalle labbra gonfie, e ricado giù. Lo sento fino in pancia.

M. sbuffa come un mantice, rosso, sudato, mi monta come un animale e io me lo prendo tutto.
Contraggo i muscoli per sentirlo bene, come a mungerlo con la mia figa.
Ci guardiamo negli occhi e vedo un lampo di panico nei suoi occhi, sta per venire, mi prende per le natiche e fa per sollevarmi, per sborrare
fuori, magari addosso a me.

Ma io non ho finito, devo ancora.. ancora.. mi afferro una mammella e gliela metto in bocca. Ed
è come una scossa elettrica per tutta la colonna vertebrale mmmm. Ma per il povero M. è troppo, i colpi selvaggi, sbattermi il suo cazzone fino in pancia e adesso anche succhiare, lappare i capezzoli delle mie calde mammelle..
Sento che inizia a pulsare, un gemito gutturale e lo schizzo caldo che mi riempie una due tre quattro volte di fila; il suo sperma caldo che mi scalda e cola tra le gambe. Vengo quasi fino a piangere, le unghie piantate della sedie e godendo al suo orecchio.


Da allora non è più ricapitato niente del
genere tra me es M. , e la nostra vita lavorativa non ne ha risentito fortunatamente. Sì, è vero che qualche volta che finiamo di lavorare tardi e ci ritroviamo da soli alle macchinette gli capita di agitarsi un po’ , ma dopo una lunga pausa al bagno ne esce più rilassato,
come se nulla fosse.

scritto il
2022-09-10
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