Dai piedi in su atto X

di
genere
dominazione

Una volta al mese, sempre e soltanto in una notte di luna piena, il mio padrone si concentrava sulla redazione di una rubrica fissa intitolata “Sevizie e trattamenti per tutti i gusti” che veniva pubblicata sulla nota rivista tematica clandestina “Schiavi”. Mi voleva ugualmente con lui ma solo per stipare le mie membra in un baule di esatta misura che chiamava “scrigno” o anche “prigione”, sistemato in un ripostiglio sordo e buio, nel quale mi faceva entrare legato, bendato e imbavagliato, perché non lo distraessi dalle sue elucubrazioni. Ci restavo anche tutta la sera fino a notte fonda, quando me lo spalancava e mi faceva uscire tutto dolorante e rattrappito e mi faceva leggere, per sua bontà, e commentare il pezzo che aveva appena partorito. Il più delle volte dovevo anche fare da cavia per sperimentare pratiche, posizioni e tormenti, anche consecutivi e cumulativi, in modo tale da rendersi bene conto se funzionavano, se erano efficaci e sicuri o se andavano modificati. Andava sempre in cerca di legature sue originali a corda e di posizioni costrittive e di bruciature, sempre nuove. I suoi scritti erano traboccanti di appellativi, alcuni più casti e solo ridicoli, altri più osceni, tratti dal suo personale “vaccabolario”, attraverso i quali menzionava gli schiavi. Ne ricordo solo alcuni dei più pittoreschi. “Mucchio di letame”, “Buco sempre aperto”, “Filo di bava”, “Il mangia pene”, “Il sudante”, “Il sudaculo”, “Il vile escremento”, “Il foglio di fico”, “l'invisibile tetro figuro”, “Il supplice”. Terminati i suoi collaudi mi scaraventava nudo in pieno inverno nel giardino sul retro, lanciandomi vestiti e scarpe che cercavo di schivare, ma purtroppo la sua mira era quasi sempre perfetta. Mi rivestivo in fretta in qualche modo, perché a volte mi mancavano le mutande, a volte i calzini, a volte anche i pantaloni. A scavalco sul muro di recinzione cosparso di schegge di vetro, come si usava un tempo, saltavo in strada sperando che non mi scambiassero per un delinquente. Dopodiché mi precipitavo a perdifiato verso casa inviandogli subito sms da un telefonino che a scanso di sotterfugi, per suo comando, avevo lasciato in salotto. In questo modo riusciva a cronometrami e se non battevo i rekord precedenti la volta successiva per prima cosa mi faceva scolare un boccale ricolmo del suo piscio, caldo come se fosse una tisana. In queste diavolerie la sua fantasia era senza limiti. Sapevo bene che provava un grande piacere nel sottopormi a tali e tanti maltrattamenti da farmi rincretinire. Ma io lo amavo sempre di più e gli restavo vicino incantato come un bambolo. affidato alle sue atroci invenzioni più porche e più sporche.
scritto il
2024-09-20
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