La mia morte

di
genere
pulp

A corto di altre nuove idee il mio supremo PM ha voluto inscenare la mia morte presunta. Abbiamo tirato fuori dal magazzino una bara e la abbiamo posizionata sul pavimento della sala. Ci sono entrato dentro assolutamente nudo, lungo disteso, con addosso il più bello di tutti i miei collari. Il dom mi ha incipriato per bene con un fondo tinta color porcellana e da allora in poi mi ha ingiunto di recitare la parte del cadavere senza azzardarmi a mostrare il minimo cenno di vitalità. Intorno a me ha disteso una profusione di rose rosse con molte spine. A quel punto ha cominciato a ricevere diversi suoi amici e anche il suo gemello, convenuti per porgergli le condoglianze. Tutti indistintamente sfilarono davanti al mio feretro lanciando al mio indirizzo uno sputo che a quanto pare era un rito conforme alle loro abitudini piratesche. Il padrone fingeva di piangere e di singhiozzare e pareva in preda alla più nera disperazione. Qualcuno dei dom si informava di che cosa mai fossi morto così giovane e prestante, e lui spiegava che il medico aveva diagnosticato un decesso per crepacuore probabilmente dovuto da un grande spavento. Al momento del funerale la mia bara è stata sollevata da un gruppo di schiavi vestiti da becchini e trasportata a braccia in cantina che dove sono stato tumulato e sono rimasto chiuso a chiave a pane e acqua e a marcire al buio in un silenzio di tomba per sette lunghi giorni. Tanto aveva stabilito il dom che dovesse durare il periodo del suo lutto. Per sostenerlo in quel frangente di grande afflizione e per mitigare il suo sconforto gli altri dom ogni sera spedivano a turno uno dei loro schiavi per tenergli compagnia durante la notte. Il dom non era nello spirito di usarli ma semplicemente li portava a letto, li abbracciava a sé di schiena sistemando il suo attrezzo duro al calduccio fra le loro natiche e si accontentava per sfogo e senza sosta di tormentare con i polpastrelli e con le unghie i loro capezzoli, che al mattino risultavano talmente aumentati da somigliare a quelli di una nutrice. Passati i sette giorni il padrone si è avvicinato alla porta della catacomba dove ero segregato e ha bussato tre colpi (TOC, TOC, TOC). Come avevamo concordato ho risposto con un unico stridulo acuto grido, dal quale il dom avrebbe inteso che esistevo ancora. Ho sentito la chiave girare a più mandate nella toppa della serratura, e finalmente quel sepolcro mi si è spalancato ponendo fine al cupo isolamento che avevo subito. Tornato nel mondo dei vivi mi sono sentito accecato dal bagliore della luce. A seguire in segno di ringraziamento il dom ha organizzato un allegro e affollato festino (che a me è sembrata più che altro un'orgia) durante il quale noi schiavi siamo stati messi in fila, pigiati una chiappa dietro l'altra in posizione capovolta pronti all'abuso. Ciascun dom ha riconosciuto senza esitare la caratteristica anatomia del culo del proprio sub e gli si è avvicinato affrontandolo e cominciando a martellarlo bruscamente. L'orgia è terminata solo dopo che tutti i padroni avevano inseminato e concimato gli schiavi. Dopo un mese per ironia della sorte è successo che sono defunto sul serio. Il medico ne ha stabilito la causa per una rara forma gastrointestinale di STOMACHITE ACUTA. Scrivo queste poche righe dall'aldilà che è diventato la mia nuova attuale residenza. Sono stato dirottato, pensate un po', in purgatorio in un luogo governato da una rigida disciplina di stampo prussiano, presidiato da arcigni guardiani che notte e giorno mi fanno patire le pene dell'inferno. In considerazione dei miei alti meriti amorali mi concedono delle pause per correggere le bozze di queste diario perché nulla vada perso del racconto delle mie esperienze, in vista della sua probabile imminente pubblicazione. Credo di essere caduto dalla padella nella brace ma come è mio costume non oso lamentarmi punto forse perché non trovo la forza per farlo. Peggio di così non poteva capitarmi e di sicuro nemmeno molto meglio. La mia vita è stata grama, il mio decesso è stata una liberazione anche se niente è cambiato rispetto a ciò che continuamente mi spetta di patire.
scritto il
2024-10-29
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