Ana

di
genere
saffico

Paola viaggiava spesso per lavoro. L'esperienza accumulata negli anni la rendeva la dipendente giusta da inviare in alcune missioni diplomatiche con le aziende fornitrici all'estero. Quella volta doveva recarsi in Montenegro, nei pressi della piccola cittadina di Cattaro. Era inizio giugno e guardando la cartina scopri con piacere che ci sarebbe stato il mare. Che bella notizia, probabilmente ci sarebbe anche stato un bagno. Il primo giorno lo trascorse tra l'accoglienza dell'azienda montenegrina e i vari incontri d'affari. In un giorno riuscì a concludere tutto e il successivo poteva tenerselo tutto per se. La sera del primo giorno si incamminò per la città in direzione del mare. C'erano begli angoli di acqua limpida e qualche spaiggia di sassi. Alle spalle dei vecchi edifici anni 80, dietro ancora le montagne. Non era un posto meraviglioso ma nemmeno brutto, il costume se lo era portato e decise che il giorno dopo sarebbe venuta in spiaggia. Tuttavia non aveva avuto tempo di depilarsi, in fondo faceva caldo da una settimana e non aveva da un po' occasione di spogliarsi per qualcuno. Chiese in albergo se poteva trovare qualche centro estetico e le indicarono una via in cui ne erano concentrati alcuni. La mattina si recò li e scelse a caso. Avevano vecchie insegne demodé o eccessivamente colorate. Ne scelse uno con una scritta adesiva blu sulla vetrina. Suonò e le aprirono la porta. Si trovò davanti una rampa di scale di marmo bianco. Dentro era ben illuminato, abbastanza moderno e curato con una fila di porte bianche sui due lati e li all'inizio un divanetto di attesa e varie poltrone per i lavori di piccola estetica e la manicure. C'era esposto un listino prezzi, prezzi abbastanza contenuti. Si aiutó con Google translate per comunicare l'intenzione di aggiustare la forma delle sopracciglia e effettuare la ceretta all'inguine. Quella che doveva essere la titolare, una donna pesante con le ciabatte ai piedi, la fece accomodare su una poltrona su cui poteva appoggiare il collo all'indietro in modo da favorire il lavoro. Si rivolse alle varie dipendenti, a quanto pare in quel momento tutte libere, chiamando il nome di Ana. Si alzò una ragazzetta con dei leggins sportivi e una canotta a costine, che le fasciavano il fisico magro e le gambe lunghissime.
Paola portó la testa all'indietro decisa a isolarsi e sospendere qualsiasi giudizio sull'ambiente circostante. La ragazzina si rivolse in serbo a Paola che rispose: "Solo italiano o inglese, mi dispiace"
Ana sembrava divertita da questa presenza diversa. Disinfettò una pinzetta ("Meno male" penso Paola.) E prese a strapparle le sopracciglia. Paola la sentiva molto vicina. aveva uno strano odore, di frutta matura, tuttavia non era sgradevole fino in fondo. Si avvicinava al suo viso così tanto da poter sentire il suo respiro sul naso e sulla bocca. Apri per un secondo gli occhi e vedeva i suoi denti bianchi, per niente dritti che biascicavano una chewing-gum Paola teneva le mani sui braccioli della poltrona e la ragazza sfiorava con il pube accidentalmente sul dorso della sua mano. Aveva appoggiato leggermente un gomito sul seno prosperoso della donna. Quando passo dall'altro lato Paola non spostò le mani dai braccioli per capire se quel contatto era stato accidentale. Quando passó a sinistra deliberatamente si sedette sulla mano di Paola. Poteva distinguere chiaramente il suo osso pubico e la carne calda che lo ricopriva. Un paio di strappi e le cadde la pinzetta. La raccolse, rise e biascicó qualcosa che nella sua lingua suonava con "Mi fai emozionare" Poi si rimise in posizione. Paola era immobile e non sapeva cosa fare. Non voleva creare imbarazzo dicendole qualcosa , e voleva capire il motivo di questo bizzarro comportamento. Non aveva il coraggio di muovere la mano, ma desiderava girarla con il palmo aperto per capire dove volesse arrivare la ragazza. Penso e ripenso finché Ana non si posizionó chinata su di lei con le gambe aperte ai lati della poltrona, a cavalcioni. La canotta lasciava intravedere due piccoli seni appuntiti lasciati liberi da costrizioni. Dal basso saliva un inequivocabile odore di femmina. Paola era avvolta da questa sensazione carnale che la toccava come se fosse ancora adolescente, accendendole l'eccitazione in mezzo alla gambe. Quando ebbe finito con entrambe le mani le massaggio il viso ponendosi alla sue spalle, appoggiandole la testa in mezzo ai due seni.
Paola inizio a essere assalita dal panico, ora avrebbe dovuto fare la ceretta inguinale e si sentiva un lago in mezzo alle gambe. Sperava l'avrebbe lasciata sola un minuto per asciugarsi e ricomporsi.
Le fece poi cenno di seguirla e la accompagno in una cabina. Le si avvicinò e con naturalezza le alzò il vestito e le abbasso le mutandine.
Una procedura del tutto insolita, ma Paola voleva pensare che fosse una gentilezza e un modo di mostrarsi servizievole. Non controbatté, anche se le girava la testa per il gesto inaspettato e per l'eccitazione che sentiva montare dentro.
Ana le fece segno di sdraiarsi sul lettino e la aiutó ad alzarsi la gonna arrotolandola sui fianchi. Le apri le gambe e le toccó il pube peloso per constatare lo stato. Paola era imbarazzatissima per gli umori che sicuramente le impregnavano la peluria. Non aveva il coraggio di guardarsi. Sentiva il respiro di Ana sulla sua passera bagnata. Ma lei si manteneva professionale. Prese una salviettina di carta e gliela asciugó dal basso verso l'alto, passando per il clitoride gonfio. Paola ebbe un sussulto. L'estetista la rassicuró con parole dolci che Paola non capiva. Tuttavia cercò di rilassarsi e concentrarsi su altro. Sentiva l'urgenza di andare in bagno a toccarsi e smorzare quella tensione ma non poteva decisamente. Sperava che il dolore degli strappi la facesse rinsavire. A ogni strappo Ana soffiava sulla cera e di conseguenza sul suo clitoride gonfio e sensibile. Stava diventando una tortura. Ana tuttavia era veloce e professionale, la maneggiava senza imbarazzo poggiandole le dita anche dove era più umida, per tirare bene la pelle. Quando ebbe finito le fece una domanda nella sua lingua, gli occhi maliziosi. Paola annuì, non sapeva bene a cosa avesse acconsentito, ma aveva come minimo bisogno di finire li il trattamento e volendo di recarsi in bagno a masturbarsi. Ana si infilò un guanto si riempie le mani di olio e mise le due dita guantate all'interno della vagina e con l'altra le massaggiava la passera con maestria passando più volte a sfregare il clitoride. Doveva essere un massaggio standard che effettuava spesso. Paola era confusa. Ma non riusciva a opporre resistenza, ne aveva bisogno. La ragazza le diede un comando sempre nella sua lingua e intanto stava appoggiando la sua vagina alla mano di Paola, che giaceva inerme giù dal lettino. "Toccami" le stava dicendo inequivocabilmente. E per ribadire il concetto le forzò la mano tra le sue cosce. Paola non si trattenne e si mise a toccare quella piccola figa carnosa che si vedeva attraverso il leggins. Le infilò una mano nella canotta e in preda al massaggio di lei ebbe un orgasmo fulminante. Non smise subito di toccarla, continuava a accarezzarla piano e a sussurrarle parole straniere ma familiari, di tenerezza. Dopo uscì e le lasciò il tempo di ricomporsi. Paola era frastornata e imbarazzata. Uscì dalla cabina furtivamente, come una ladra. Nessuno fuori sembrava turbato. Ana era scomparsa, rimanevano le altre ragazze sedute in maniera annoiata sul divanetto dell'ingresso. Paola pagò la ceretta e le sopracciglia alla titolare lasciando il doppio del totale esclusivamente per Ana. "Hvala vam"
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2022-09-10
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