Il Diario di una Schiava 5 - Le conseguenze dei miei sbagli

di
genere
dominazione

La prima vera punizione non tardò ad arrivare. Era passato poco più di un mese e mezzo dal mio addestramento. Il mio culetto aveva iniziato ad allargarsi e ora riuscivo a prendere Luigi senza troppi problemi. Dovevo però tenermi in allenamento anche a casa e rispettare i miei compiti. In quel periodo abitavo in una casa con altre tre persone di cui una coppia molto invadente nei miei confronti, mi entravano in camera senza bussare e pretendevano, si pretendevano, che mi unissi a loro per chiaccherare fino a tarda sera. Ovviamente io ero sempre molto riluttante ma per il quieto vivere della casa finivo per non dire mai di no. Così accadde anche quella sera. Fortunatamente ero riuscita a scollarmi di dosso quelle cozze ad un orario decente e mi ero recata in camera mia. Il Padrone mi diede subito un compito: dovevo infilare Luigi, il lungo cazzo nero, nel culetto per almeno 2/3 e godere mentre mi toccavo. Ero ancora agli inizi del mio praticantato e ho commesso il primo errore grave. Ho risposto al mio Padrone che non avevo voglia quella sera e che avrebbe potuto incularmi lui il giorno seguente. Risposta negativa da parte sua che mi ha intimato di eseguire subito il mio compito. Ho insistito dicendo di essere stanca, l’ho supplicato di farmi fare qualcosa di più leggero, ma ormai il danno era fatto. Silenzio stampa da parte sua. Sapevo di averla combinata grossa. Non mi ha risposto nemmeno il giorno dopo. A quel punto ero disperata, non sapevo cosa fare e ho provato a rimediare al mio errore. Mi sono infilata a forza Luigi nel culo e gli ho mandato la foto. Troppo tardi. Il primo messaggio che mi scrisse era “sto valutando se riprendere in modo definivo il collare”. Devastante. Era molto deluso da me e ne capivo le motivazioni anche se c’ero arrivata tardi. Non solo non avevo eseguito il compito e avevo protestato, ma una volta capito lo sbaglio non avevo provato a rimediare nell’immediato e il mio piccolo tentativo di riappacificare le cose non era abbastanza. Non mi ha parlato per tutto il giorno, nonostante i miei messaggi insistenti. Arrivati a sera mi ha detto di ripetere le 5 regole e poi di fare un’auto analisi del mio comportamento. Avevo discusso un suo ordine prendendo le cose troppo alla leggera e non mi sono attivata subito per rimediare. Non è importante che io abbia voglia o meno di fare una cosa, devo farla senza sindacare se quest’ultima rende felice il mio Padrone. Avevo infranto ben 3 regole su 5. La punizione sarebbe stata molto severa. Si è preso qualche giorno per pensarci. Poi è arrivata la sentenza. Avrei ricevuto il pissing in faccia, con la bocca chiusa per questa prima volta. O prendevo la punizione o mi avrebbe ritirato il collare. Non ho avuto dubbi su cosa scegliere. Il giorno della punizione arrivò poco dopo. Il Padrone non mi avrebbe né inculata né scopata quel giorno. Non avevo diritto di godere. Fortunatamente avevo una vasca, mi sistemai nuda in ginocchio li dentro, il Padrone era fuori davanti a me con solo i pantaloni calati. Io indossavo solo il collare. Mi ero legata i capelli e avevo chiuso gli occhi per non guardare. Mi intimò di aprirli e di fissarlo mentre mi puniva. Mi ci volle un po' di coraggio per stare ferma. Il primo schizzo mi arrivò sul collo, era caldo e puzzava. Poi iniziò il getto. Mi cosparse il viso e il seno, le spalle e le braccia. Io faticavo a stare ferma. La testa mi girava per l’odore e il vomito iniziava a salire. Quelli che mi sembravano attimi interminabili erano in realtà a malapena nemmeno due minuti. Soffrivo ma era giusto così. E poi veloce come era iniziata la punizione finì. Mi sentivo umiliata e sottomessa. Chiesi al Padrone il permesso di lavarmi e mi fu concesso. Finita la veloce doccia con abbondante sapone, mi abbracciò e mi disse di non farlo più, che ero stata brava ma che non doveva ripetersi, che nemmeno a lui piaceva punirmi. Chiesi scusa un’altra volta e la discussione finì. Almeno fino alla prossima punizione.
Non dovette passare troppo tempo prima che il mio Padrone finì per punirmi di nuovo. Anche in questo caso è avvenuto per un ordine mal eseguito e un’eccessiva irriverenza da parte mia. Dovevo infilarmi Roberto nel culetto ma avevo molta difficoltà e non sono riuscita a portare a termine il mio compito. In seguito alle insistenze del mio Padrone affinché io provassi di nuovo mi sono rigirata e ho risposto male, senza volerlo il mio carattere ha prevalso sulla mia condizione di sottomessa e da una semplice discussione ne abbiamo tirato fuori una litigata. La punizione ovviamente doveva essere esemplare. Tutte le mie scuse non bastarono ad evitarmi l’inevitabile e così dopo un mese e mezzo dal mio primo pissing, ricevetti il secondo. Questa volta non sarebbe bastato rimanere ferma con gli occhi aperti, dovevo aprire anche la bocca cosicché un po' di urina finisse volutamente dentro. Il pensiero mi disgustava, ma l’alternativa era la rimozione del collare e io non potevo permetterlo. Nemmeno il mio Padrone era felice di dovermi punire di nuovo così severamente, mi ha sempre ripetuto che non si diverte a punirmi e che ogni mio errore è fonte di grande dolore per lui. Questa è la cosa che mi dispiace di più e che mi spinge ad affrontare le punizioni che mi merito. Quella mattina arrivò con la colazione alla porta della mia nuova casa, finalmente più ampia, confortevole e condivisa con un’amica. Io avevo preparato la moka e i cornetti erano caldi dentro al sacchettino del bar. Sapevo benissimo cosa mi attendesse. Nonostante lo stomaco brontolasse per la fame, appena accolto il mio Padrone mi sono fatta trovare nuda con il collare indossato. L’ho subito portato nel bagno, “Prima il dovere e poi il piacere” gli ho detto. Credo sia stato soddisfatto del mio spirito di intraprendenza e la mia dedizione ad affrontare la punizione dovuta. Mi sono messa quindi nella doccia e ho aperto lentamente la bocca con non poche difficoltà, il mio Padrone mi ha intimato di aprila di più e appena raggiunta l’ampiezza desiderata ha iniziato ad urinare. Il getto non era molto intenso ma era caldo e puzzava, e sentivo che mi stava ricoprendo tutto il corpo. Ogni tanto lo indirizzava verso la bocca e me lo faceva tenere qualche secondo per poi darmi il permesso di sputare. Durò svariati minuti questa tortura. Le lacrime mi stavano salendo agli occhi per l’umiliazione e il forte odore, insieme alla nausea che stava facendo capolinea nella mia gola. Finita la punizione dopo quella che mi parve una eternità chiusi immediatamente le porte della doccia. Mi sentivo sporca e umiliata. Volevo lavarmi quella sensazione di dosso e mentre mi grattavo via lo sporco dalla pelle lacrime amare mi solcavano il viso. Dopo essermi lavata a fondo ho lavato i denti 3-4 volte di fila. Ma la sensazione di sporco e di umiliazione mi è rimasta incollata alla pelle. Come sempre finita la punizione il mio Padrone mi ha abbracciata e baciata sulla fronte. Insieme siamo andati in cucina e mentre l’odore di caffe riempiva l’aria io tenevo gli occhi bassi per la vergogna di quello che avevo fatto.
E’ iniziata l’estate, con il caldo torrido e l’umidità superiore al 50%. Eravamo a fare una delle nostre sessioni del martedì mattina. Io mi ero svegliata controvoglia perché il fresco del ventilatore mi teneva incollata al letto. Quella mattina ero molto agitata, per nessun motivo in particolare e dopo una sessione di allargamento della fichetta particolarmente dolorosa per me, era arrivato il momento di allargare il culetto. Non so cosa sia andato storto quel giorno ma il cazzo del mio Padrone non ne voleva sapere di entrare, o meglio il mio culo non ne voleva sapere di aprirsi. E nonostante io stessi godendo per la penetrazione forzata, per quanto il Padrone spingesse non superava il blocco dello sfintere. Si arrabbiò molto. Tanto. Era furioso ed iracondo. Si stava rivestendo per andarsene e lasciarmi li a culo all’aria. Ho dovuto supplicarlo in ginocchio e mettermi a succhiargli il cazzo per farlo rimanere. Gli ho detto che bastava riprovare e cambiare posizione e sono riuscita a farlo calmare. Mi sono messa a pecora con le spalle sul letto e il culetto ben piantato in aria, gli ho detto di spingere e anche se sentivo un dolore lancinante per la forza con cui mi stava penetrando alla fine è riuscito ad entrare. Dopo essere venuto nel mio buchino se ne è andato senza dirmi niente. E ha iniziato a ignorarmi. Non c’è tortura più grande per me che essere ignorata. Mi fa sentire piccola e inutile. Lui era pieno di rabbia, ha interpretato la mia difficoltà a dilatare come mancanza di voglia. Voleva sospendere le sedute, voleva riprendersi il collare. Gli ho scritto sfilze di messaggi dove lo pregavo di parlarne, e più scrivevo più mi ignorava. Ha passato notti insonni e io pure. L’ho chiamato con la voce rotta e dall’alto lato sentivo un uomo distrutto tra la rabbia e il dolore per quello che interpretava come un tradimento nei suoi confronti. Ero a pezzi. Eravamo a pezzi. Decise così di punirmi un’altra volta con il pissing, questa volta però bevendone almeno tre grosse sorsate, direttamente dalla sua pioggia o da un bicchiere, a mia scelta. Ci saremo visti il martedì successivo, giorno libero dallo lo studio medico presso cui lavoro, per punirmi. Dovevo farmi trovare aperta, morbida come il burro, avrei dovuto farmi inculare senza il minimo sforzo per poi ricevere la meritata punizione. Se il mio Padrone avesse riscontrato anche la minima difficoltà nell’incularmi mi avrebbe ritirato definitivamente il collare. Ero agitatissima. Avevo divieto di allenare il culetto in suo assenza. Martedì arrivò prima del previsto e io l’ho accolto in casa con tacchi a spillo, mollette ai capezzoli, Fritz nel culo e ovviamente il mio collare con i cuoricini rossi. Lui non era sereno, portava sul viso tutte le notti passate in bianco e io pregavo solo che il mio buchetto si aprisse come una margherita al sole. Non ha perso tempo, mi ha fatta mettere subito a pecora con un vibratore a stimolarmi il clitoride e senza troppi convenevoli mi ha inculata. Come burro. Più lo incitavo, più mi sfondava, più godevo. Mi ha chiamata troia e vacca e mi ha ricordato quanto meritassi tutto questo. Io ero felice di avere il buco pieno. L’orgasmo di entrambi non tardò ad arrivare. Stremati ci buttammo sul letto, eravamo entrambi soddisfatti e più sereni. Avevo superato la prova. Quel giorno con lui c’era anche un barattolo pieno di spilli. Mi spiegò che mi concedeva una possibiltà per sottrarmi alla punizione di bere le tre grosse sorsate. Mi disse che dovevo contarli tutti ed entro un paio di giorni dargli il numero esatto con un margine di +/- 2 di errore, altrimenti sapevo già cosa mi aspettasse. Passai due serate intere a contrarli con metodi diversi. Mi vennero 4 numeri diversi, ma più o meno simili. E spavalda e sicura del risultato decisi di fare più o meno la media: 513. Sbagliai. Erano 510. Non potevo sottrarmi dalla mia punizione. Avrei dovuto bere il piscio del mio Padrone. Quando ci incontrammo per procedere alla punizione ero distrutta. Sudavo freddo e avevo la faccia sconvolta. Come le volte precedenti mi misi nella doccia e con molta difficoltà, guardandolo negli occhi, aprii la bocca. Mentre ero sull’orlo delle lacrime il mio Padrone decise di graziarmi, per l’impegno e la dedizione dimostratogli. Sarebbe stata la prima e unica volta. Questa è stata l’ultima volta che sono stata punita, non posso più commettere errori.
Dedicato al mio Padrone, Master Fisting
Al momento della pubblicazione di questa quinta parte, che avrebbe dovuto essere l'ultima, il mio Padrone mi ha comunicato che ne seguirà una sesta. Sicuramente breve e decisamente fuori programma, con finale a sorpresa. Sono curiosa e turbata anche io.
scritto il
2022-09-22
5 K
visite
2
voti
valutazione
2
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.