Favola Nera
di
GotiK
genere
etero
Favola Nera
Gli avvenimenti che mi appresto a portare alla tua attenzione, benevolo lettore, rimangono, seppur siano passati 5 anni, incisi nella mia memoria così vivamente che ancora adesso dubito del tempo passato.
Il mio racconto potrà sembrarti laborioso, a tratti forse confuso, ma è reale e perciò tengo vivamente a darti un quadro completo, seppur sempre limitato se posto a confronto all’eternità degli avvenimenti, della situazione in questione; non so se ti annoierai, o se troverai incantevoli quanto me le circostanze che mi hanno trascinato nella perdizione sensoriale, ma concedimi di dire che se persevererai sino alla fine, non avrai di che pentirtene!
Ricordo ancora quando, negli anni della mia fanciullezza, mia madre soleva raccontarmi le fiabe che accompagnavano l’origine dei miei sogni e rimembro ancora, come fosse ieri, il prologo ricorrente con il quale la mia dolce mamma esordiva: “C’era una volta…”, quelle quattro semplici parole evocavano in me immagini lontane, di un tempo passato, di un luogo incantato e seppur fossi solo un bambino sapevo che, per quanto tristi e malinconiche potessero sembrare quelle favole, tutto alla fine sarebbe finito bene, e i personaggi positivi, i miei allora eroi, sarebbero stati felici.
Non ravviso dunque il motivo per cui oggi non debba farlo anch’io, si ho oramai deciso, lo farò, darò inizio alla mia narrazione con un semplice, sognante e fiabesco….
C’era una volta la mia migliore amica.
La mia compagnia era composta allora da una cerchia di pochi amici, veri, profondamente uniti da anni di esperienze condivise, rispetto reciproco e un affetto fuori dal comune; adoravamo definirci fratelli e forse inconsapevolmente ci avvicinavamo più di quanto immaginassimo a questa definizione…ma la vita, e questo allora non lo sapevo ancora, a volte è davvero dispettosa e a volte anche i fratelli si perdono di vista. Così fu.
La causa era da attribuirsi alle separazioni sentimentali in corso, la mia storica ragazza ed io ci lasciammo, così come Lady D. la mia migliore amica, si separò dal suo compagno.
Tutto questo finì per destabilizzare le abitudini della nostra fin lì felice vita sociale.
Qualche settimana dopo, il mio telefono vibrò, il breve messaggio che lessi mi riempì di gioia, Lady D. mi invitava ad uscire per svagarci un po’ e parlare delle vicissitudini dell’ultimo periodo.
Passai a prenderla la sera stessa, comprammo una bottiglia di Martini e andammo al mare, li l’atmosfera sarebbe stata ideale per i nostri discorsi personali; ci distendemmo sulla profumata sabbia con la sola notte a farci compagnia. Passò del tempo, non so quanto, non importa, un cumulo di pensieri, di sfoghi emotivi e di rimpianti di varia natura si susseguirono uno dopo l’altro, senza tregua. Tutto era così perfetto, avremmo potuto continuare a parlare per ore, lì sotto quel cielo così quieto che quasi sembrava divertito dalla forza della nostra conversazione, tuttavia il freddo iniziò a farsi avvertire. Sebbene il clima siculo sia ritenuto da molti meraviglioso e seppur l’alcol avesse già sortito in noi i suoi auspicati effetti, passare un’intera notte di febbraio in una spiaggia, credimi, non è cosa piacevole.
Tornammo quindi in macchina barcollando.
Appena entrati ci abbracciammo, io e la mia “sorellina”, ci abbracciammo come già avevamo fatto una miriade di volte in passato, tuttavia qualcosa sembrava essere cambiata, non ero in grado di capire cosa, forse non ero nemmeno pronto per comprendere quello che da li a poco sarebbe accaduto. La testa mi girava, intensamente, sempre più forte, i sensi fino ad allora assopiti sembravano adesso prender vita, finché la sua lingua, lentamente, fugacemente, senza vergogna si insinuò nella mia bocca; un impulso irrefrenabile, inconsapevolmente si impossessò di me, la desideravo, cazzo desideravo la mia migliore amica nonché ragazza del mio migliore amico, o almeno così la vedevo ancora.
Mi sentii in colpa, ma la trasgressione mista alla paura delle conseguenze di quel gesto, abbatterono quel residuo di inconscia inibizione che aleggiava intorno a me. Bramavo inconfutabilmente all’idea di possederla, anche se solo per una notte e questo desiderio travolse i miei sensi irrimediabilmente, senza possibilità alcuna di salvezza.
Le sfilai abilmente il maglione e le strappai via il reggiseno, con forza, così velocemente che lei quasi non se ne accorse. Il piccolo neo blu che sembrava esser stato posto da non so quale sconosciuto disegno divino sul suo seno, si distingueva ora chiaramente nel candore della sua pelle. Le nostre lingue non chiedevano altro che incontrarsi e danzavano freneticamente sulle note del brano degli “Enigma” che puntualmente l’autoradio suonava per noi, solo per noi.
Tutto appariva così irreale, tuttavia stava accadendo davvero, pensai di fermarmi, ma qualche istante dopo ebbi la piena consapevolezza che lo volevo, con tutto me stesso volevo semplicemente fare l’amore con lei.
La mia mano scivolò sapiente lungo il suo addome, fin dentro i pantaloni aderentissimi di pelle nera, oltrepassò senza ulteriori esitazioni il finissimo tanga, legittimo guardiano di quel tesoro ora da me fortemente desiderato, scostandolo appena. Iniziai a toccarla, dapprima lentamente poi sempre con più ardore finché non la sentii gemere dal piacere.
Ci guardammo negli occhi per un istante, il nostro famigerato collegamento mentale collaudato negli anni non necessitava di parole, “perché cazzo siamo ancora vestiti?” sembravano dire i miei occhi, “perché cazzo non sei ancora dentro di me!?” ribatteva sicuro il suo sguardo...pochi istanti dopo eravamo completamente nudi, io sopra lei; poggiai allora il mio membro appena nella sua fessura già bagnatissima e mi fermai a guardarla; che creatura incantevole! il suo corpo fino ad allora misterioso si mostrava adesso in tutta la sua pura e luminosa magnificenza, sinuoso, leggiadro, proporzionalmente perfetto…i lunghi capelli rossi incorniciavano il suo viso e ricadevano sciolti, abbondanti tra le mie braccia, il suo respiro sempre più affannoso sembrava dirmi “che aspetti…scopami come nessuno ha mai fatto!” ma io non avevo alcuna fretta, sebbene ardessi, volevo semplicemente impazzisse di piacere.
Allungai così una mano, afferrai la bottiglia di Martini e versai lentamente il contenuto, seppur oramai limitato sulle sue labbra rosee, poi sul collo, il giovane seno e ancora sulla pancia.
Ero giunto al sommo culmine dell’estasi, l’ardore peccaminoso divampava in me trascinandomi nell’oblio. Solo in quel momento affondai con un solo movimento, con tutta la mia forza il mio sesso interamente dentro di lei. Iniziai a scoparla come non avevo mai fatto con nessun altra prima, e più io spingevo e più lei mi urlava di farlo con maggiore forza, e più io forzavo e più lei sembrava ne volesse. Sorrideva la mia sorellina “stronza”, sorrideva, sembrava mi sfidasse!
Il piacere era immenso, i miei sensi ottenebrati, e per un attimo temetti di esplodere, ma non potevo lasciarla andare così, non ancora, dovevo ancora dimostrarle chi ero, il mio scopo non era ancora stato raggiunto.
Mi abbassai allora verso il frutto proibito che era stato il mio rifugio in quei precedenti attimi infuocati e lo ricoprii di baci ardenti, la mia lingua percorreva esperta quei sentieri che si presume regalino alle creature femminili quelle famigerate sensazioni che a me non è dato conoscere, il sapore dei suoi umori si mescolava a quello del Martini. Infilai allora un dito, poi due, ancora tre, infine quattro, solo allora riuscii a sentire le sue celestiali urla di piacere al di sopra della musica, e solo allora mi ritenetti limitatamente soddisfatto anche se non ancora del tutto.
Lady D. mi spinse via verso il mio sedile, la “sfida”, se di sfida è lecito parlare, era appena iniziata. Voleva dimostrarmi la sua riconoscenza per quell’orgasmo così impetuoso, prese quindi il mio pezzo in mano, con delicatezza e sicurezza insieme, con verginale pudore e peccaminosa concupiscenza, come se una miscela di diverse emozioni attraversasse la sua mente, lo avvicinò poi dolcemente alle sue morbide labbra, lo infilò in bocca ingoiandolo, dapprima lentamente e poi sempre più con foga e così ancora, sempre più forte e si fermò solo quando mi sentì vicino all’orgasmo; salì allora su di me e in pochi minuti la sentii fremere di piacere più volte.
Affondava i colpi sempre più con forza e precisione, danzava, così come una strega, contorcendosi, danza il suo sabba. Mi sentivo scoppiare, non potevo più resistere; la spostai allora sul sedile accanto, le salii sopra e la penetrai poggiando la sua gamba sulla mia spalla, il suo delicato piedino sembrava giocare divertito con la mia bocca. Sentivo di poter riempire tutto il suo essere, le nostre lingue si cercavano nel buio, continuai con forza in un ritmo frenetico, velocemente, sempre più, quando in un incedere incalzante di grida di piacere e dolore, mi ritrassi e venni come mai in tutta la mia vita, inondando il suo ombellico ed il seno finché caddi esausto su di lei.
Ci accasciammo, senza proferir parola alcuna, la mia guancia sul suo seno, i soli sospiri ad incantare il silenzio spettrale del momento, l’album degli Enigma, come per incanto, quasi sospettasse fosse giunto il momento della quiete, era appena terminato. Qualche minuto dopo ci guardammo intensamente, consci di una nuova era appena iniziata e io le sussurrai: -cazzo cosa abbiamo combinato!- e lei con un sorriso che non avevo mai notato prima, carezzandosi una ciocca di capelli intonò: -già, ma possiamo fare di meglio, non credi?- e ci concedemmo una sonora risata.
Ciò che è stato dopo, riecheggia ancora nella mia mente…
In questo malinconico, toccante istante custodisco gelosamente questo foglio di carta, pochi minuti fa del tutto bianco e la matita oramai spuntata. Qui, seduto sulla finissima sabbia che fu teatro dei su citati accadimenti, rimembro, ebbro di passione, gli ultimi anni della mia vita, gli inaspettati momenti che furono e che, ahimè, mai torneranno.
Ho esordito con un “c’era una volta la mia migliore amica”...già, una volta Lady D. era la mia migliore amica, da quella notte divenne la mia compagna di vita e nei seguenti 3 anni, incontri di questa sconvolgente entità si son susseguiti a centinaia.
La logica mi imporrebbe adesso di concludere con un “….e vissero felici e contenti!”, ma questo è un finale da fiaba per bambini, mentre quello che hai avuto modo di leggere, carissimo lettore, è una favola nera, come nera è la tinta della nostra realtà…e nel mondo reale, che lo si voglia o no, per quanto esuli dai nostri desideri, tutto è destinato a finire.
Gli avvenimenti che mi appresto a portare alla tua attenzione, benevolo lettore, rimangono, seppur siano passati 5 anni, incisi nella mia memoria così vivamente che ancora adesso dubito del tempo passato.
Il mio racconto potrà sembrarti laborioso, a tratti forse confuso, ma è reale e perciò tengo vivamente a darti un quadro completo, seppur sempre limitato se posto a confronto all’eternità degli avvenimenti, della situazione in questione; non so se ti annoierai, o se troverai incantevoli quanto me le circostanze che mi hanno trascinato nella perdizione sensoriale, ma concedimi di dire che se persevererai sino alla fine, non avrai di che pentirtene!
Ricordo ancora quando, negli anni della mia fanciullezza, mia madre soleva raccontarmi le fiabe che accompagnavano l’origine dei miei sogni e rimembro ancora, come fosse ieri, il prologo ricorrente con il quale la mia dolce mamma esordiva: “C’era una volta…”, quelle quattro semplici parole evocavano in me immagini lontane, di un tempo passato, di un luogo incantato e seppur fossi solo un bambino sapevo che, per quanto tristi e malinconiche potessero sembrare quelle favole, tutto alla fine sarebbe finito bene, e i personaggi positivi, i miei allora eroi, sarebbero stati felici.
Non ravviso dunque il motivo per cui oggi non debba farlo anch’io, si ho oramai deciso, lo farò, darò inizio alla mia narrazione con un semplice, sognante e fiabesco….
C’era una volta la mia migliore amica.
La mia compagnia era composta allora da una cerchia di pochi amici, veri, profondamente uniti da anni di esperienze condivise, rispetto reciproco e un affetto fuori dal comune; adoravamo definirci fratelli e forse inconsapevolmente ci avvicinavamo più di quanto immaginassimo a questa definizione…ma la vita, e questo allora non lo sapevo ancora, a volte è davvero dispettosa e a volte anche i fratelli si perdono di vista. Così fu.
La causa era da attribuirsi alle separazioni sentimentali in corso, la mia storica ragazza ed io ci lasciammo, così come Lady D. la mia migliore amica, si separò dal suo compagno.
Tutto questo finì per destabilizzare le abitudini della nostra fin lì felice vita sociale.
Qualche settimana dopo, il mio telefono vibrò, il breve messaggio che lessi mi riempì di gioia, Lady D. mi invitava ad uscire per svagarci un po’ e parlare delle vicissitudini dell’ultimo periodo.
Passai a prenderla la sera stessa, comprammo una bottiglia di Martini e andammo al mare, li l’atmosfera sarebbe stata ideale per i nostri discorsi personali; ci distendemmo sulla profumata sabbia con la sola notte a farci compagnia. Passò del tempo, non so quanto, non importa, un cumulo di pensieri, di sfoghi emotivi e di rimpianti di varia natura si susseguirono uno dopo l’altro, senza tregua. Tutto era così perfetto, avremmo potuto continuare a parlare per ore, lì sotto quel cielo così quieto che quasi sembrava divertito dalla forza della nostra conversazione, tuttavia il freddo iniziò a farsi avvertire. Sebbene il clima siculo sia ritenuto da molti meraviglioso e seppur l’alcol avesse già sortito in noi i suoi auspicati effetti, passare un’intera notte di febbraio in una spiaggia, credimi, non è cosa piacevole.
Tornammo quindi in macchina barcollando.
Appena entrati ci abbracciammo, io e la mia “sorellina”, ci abbracciammo come già avevamo fatto una miriade di volte in passato, tuttavia qualcosa sembrava essere cambiata, non ero in grado di capire cosa, forse non ero nemmeno pronto per comprendere quello che da li a poco sarebbe accaduto. La testa mi girava, intensamente, sempre più forte, i sensi fino ad allora assopiti sembravano adesso prender vita, finché la sua lingua, lentamente, fugacemente, senza vergogna si insinuò nella mia bocca; un impulso irrefrenabile, inconsapevolmente si impossessò di me, la desideravo, cazzo desideravo la mia migliore amica nonché ragazza del mio migliore amico, o almeno così la vedevo ancora.
Mi sentii in colpa, ma la trasgressione mista alla paura delle conseguenze di quel gesto, abbatterono quel residuo di inconscia inibizione che aleggiava intorno a me. Bramavo inconfutabilmente all’idea di possederla, anche se solo per una notte e questo desiderio travolse i miei sensi irrimediabilmente, senza possibilità alcuna di salvezza.
Le sfilai abilmente il maglione e le strappai via il reggiseno, con forza, così velocemente che lei quasi non se ne accorse. Il piccolo neo blu che sembrava esser stato posto da non so quale sconosciuto disegno divino sul suo seno, si distingueva ora chiaramente nel candore della sua pelle. Le nostre lingue non chiedevano altro che incontrarsi e danzavano freneticamente sulle note del brano degli “Enigma” che puntualmente l’autoradio suonava per noi, solo per noi.
Tutto appariva così irreale, tuttavia stava accadendo davvero, pensai di fermarmi, ma qualche istante dopo ebbi la piena consapevolezza che lo volevo, con tutto me stesso volevo semplicemente fare l’amore con lei.
La mia mano scivolò sapiente lungo il suo addome, fin dentro i pantaloni aderentissimi di pelle nera, oltrepassò senza ulteriori esitazioni il finissimo tanga, legittimo guardiano di quel tesoro ora da me fortemente desiderato, scostandolo appena. Iniziai a toccarla, dapprima lentamente poi sempre con più ardore finché non la sentii gemere dal piacere.
Ci guardammo negli occhi per un istante, il nostro famigerato collegamento mentale collaudato negli anni non necessitava di parole, “perché cazzo siamo ancora vestiti?” sembravano dire i miei occhi, “perché cazzo non sei ancora dentro di me!?” ribatteva sicuro il suo sguardo...pochi istanti dopo eravamo completamente nudi, io sopra lei; poggiai allora il mio membro appena nella sua fessura già bagnatissima e mi fermai a guardarla; che creatura incantevole! il suo corpo fino ad allora misterioso si mostrava adesso in tutta la sua pura e luminosa magnificenza, sinuoso, leggiadro, proporzionalmente perfetto…i lunghi capelli rossi incorniciavano il suo viso e ricadevano sciolti, abbondanti tra le mie braccia, il suo respiro sempre più affannoso sembrava dirmi “che aspetti…scopami come nessuno ha mai fatto!” ma io non avevo alcuna fretta, sebbene ardessi, volevo semplicemente impazzisse di piacere.
Allungai così una mano, afferrai la bottiglia di Martini e versai lentamente il contenuto, seppur oramai limitato sulle sue labbra rosee, poi sul collo, il giovane seno e ancora sulla pancia.
Ero giunto al sommo culmine dell’estasi, l’ardore peccaminoso divampava in me trascinandomi nell’oblio. Solo in quel momento affondai con un solo movimento, con tutta la mia forza il mio sesso interamente dentro di lei. Iniziai a scoparla come non avevo mai fatto con nessun altra prima, e più io spingevo e più lei mi urlava di farlo con maggiore forza, e più io forzavo e più lei sembrava ne volesse. Sorrideva la mia sorellina “stronza”, sorrideva, sembrava mi sfidasse!
Il piacere era immenso, i miei sensi ottenebrati, e per un attimo temetti di esplodere, ma non potevo lasciarla andare così, non ancora, dovevo ancora dimostrarle chi ero, il mio scopo non era ancora stato raggiunto.
Mi abbassai allora verso il frutto proibito che era stato il mio rifugio in quei precedenti attimi infuocati e lo ricoprii di baci ardenti, la mia lingua percorreva esperta quei sentieri che si presume regalino alle creature femminili quelle famigerate sensazioni che a me non è dato conoscere, il sapore dei suoi umori si mescolava a quello del Martini. Infilai allora un dito, poi due, ancora tre, infine quattro, solo allora riuscii a sentire le sue celestiali urla di piacere al di sopra della musica, e solo allora mi ritenetti limitatamente soddisfatto anche se non ancora del tutto.
Lady D. mi spinse via verso il mio sedile, la “sfida”, se di sfida è lecito parlare, era appena iniziata. Voleva dimostrarmi la sua riconoscenza per quell’orgasmo così impetuoso, prese quindi il mio pezzo in mano, con delicatezza e sicurezza insieme, con verginale pudore e peccaminosa concupiscenza, come se una miscela di diverse emozioni attraversasse la sua mente, lo avvicinò poi dolcemente alle sue morbide labbra, lo infilò in bocca ingoiandolo, dapprima lentamente e poi sempre più con foga e così ancora, sempre più forte e si fermò solo quando mi sentì vicino all’orgasmo; salì allora su di me e in pochi minuti la sentii fremere di piacere più volte.
Affondava i colpi sempre più con forza e precisione, danzava, così come una strega, contorcendosi, danza il suo sabba. Mi sentivo scoppiare, non potevo più resistere; la spostai allora sul sedile accanto, le salii sopra e la penetrai poggiando la sua gamba sulla mia spalla, il suo delicato piedino sembrava giocare divertito con la mia bocca. Sentivo di poter riempire tutto il suo essere, le nostre lingue si cercavano nel buio, continuai con forza in un ritmo frenetico, velocemente, sempre più, quando in un incedere incalzante di grida di piacere e dolore, mi ritrassi e venni come mai in tutta la mia vita, inondando il suo ombellico ed il seno finché caddi esausto su di lei.
Ci accasciammo, senza proferir parola alcuna, la mia guancia sul suo seno, i soli sospiri ad incantare il silenzio spettrale del momento, l’album degli Enigma, come per incanto, quasi sospettasse fosse giunto il momento della quiete, era appena terminato. Qualche minuto dopo ci guardammo intensamente, consci di una nuova era appena iniziata e io le sussurrai: -cazzo cosa abbiamo combinato!- e lei con un sorriso che non avevo mai notato prima, carezzandosi una ciocca di capelli intonò: -già, ma possiamo fare di meglio, non credi?- e ci concedemmo una sonora risata.
Ciò che è stato dopo, riecheggia ancora nella mia mente…
In questo malinconico, toccante istante custodisco gelosamente questo foglio di carta, pochi minuti fa del tutto bianco e la matita oramai spuntata. Qui, seduto sulla finissima sabbia che fu teatro dei su citati accadimenti, rimembro, ebbro di passione, gli ultimi anni della mia vita, gli inaspettati momenti che furono e che, ahimè, mai torneranno.
Ho esordito con un “c’era una volta la mia migliore amica”...già, una volta Lady D. era la mia migliore amica, da quella notte divenne la mia compagna di vita e nei seguenti 3 anni, incontri di questa sconvolgente entità si son susseguiti a centinaia.
La logica mi imporrebbe adesso di concludere con un “….e vissero felici e contenti!”, ma questo è un finale da fiaba per bambini, mentre quello che hai avuto modo di leggere, carissimo lettore, è una favola nera, come nera è la tinta della nostra realtà…e nel mondo reale, che lo si voglia o no, per quanto esuli dai nostri desideri, tutto è destinato a finire.
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