Madre Lilith

di
genere
incesti

Sono una femmina 40enne e madre di un figlio 20enne. Nella vita pubblica sono irreprensibile: seria, sobria, riservata, pudica, intransigente, e perfino severa. A letto sono una puttana adorante.
Pur essendo una femmina carismatica, sensuale, affascinante, in buona forma fisica, dall’aspetto curato, e vogliosa oltre misura, oltre che leale e devota, dolce e romantica, tre anni or sono il mio ex uomo se ne andò con una 25enne venezuelana.
Dopo il primo anno di solitudine, immediatamente dopo la ricorrenza della mia nascita, in cui terminavo il mio 38esimo anno, mio figlio 18enne si offrì a me.
Egli è un giovane introverso e dinamico insieme, attraente e sensuale, dal corpo atletico ed armonioso, ed ha un gran bel volume sul d’avanti. Nel corso di quell’anno di solitudine, le fantasie erotiche su di lui mi visitarono con regolare frequenza e con notevole intensità, ma sempre le dominai, sforzandomi di non fargli intuire che bramavo di averlo dentro. Per un anno andai avanti con falli di lattice, ortaggi, e ausilii dinamici, stando attenta a che egli non li trovasse, perché altrimenti avrebbe avuto la prova che la mia natura lussuriosa, che egli intuiva, potesse essere un varco in suo vantaggio, e che gli intensi appetiti erotici che pervadevano il mio corpo e la mia mente potessero divenire un nutrimento erotico per lui.
Nel corso di quell’anno di solitudine, forse in reazione all’esperienza traumatica vissuta, di vedermi abbandonata per una 25enne, intrapresi un percorso di palestra, diretto far divenire le mie forme più provocanti di prima; ma di intraprendere una relazione erotica con un altro uomo neanche a parlarne.
All’inizio del mio 39esimo anno, mio figlio quasi 18enne, gradualmente, con una dolcezza sensuale si insinuò nella mia voluttà. Con sapienza sollecitò la mia femminilità, sia andando a fare leva sul mio statuto di madre accogliente e possessiva, sia andando a stimolare il mio eros, sollecitando così le mie fantasie erotiche su di lui, e le mie intensissime voglie di calore maschile.
Quindi sì, sono qui per dare prova narrativa della mia esperienza erotica con mio figlio, di come ebbe inizio, di come evolvette, dell’assetto che poi raggiunse stabilizzandosi, e della grande puttana che sono.
Ma, prima di addentrarmi nella narrazione di questo mio vissuto erotico di madre-puttana, voglio esporre ciò che mi ha motivata a narrare questa mia esperienza.

Dopo aver intrapreso la relazione erotica con mio figlio, di quando in quando andavo nella Rete a cercare ed a leggere i racconti di madri che vivessero un’esperienza equivalente alla mia. Ogni madre che viva una tale esperienza relazionale, così intensa, così profonda, così dirompente, così travolgente, sente il bisogno di trovare nella società in cui vive la prova di madri sue eguali. E, come potete immaginare, non mi accontentai di leggere dei racconti autobiografici. Sentii il bisogno di guardare dei video amatoriali sul tema. E poi un giorno mi posi un quesito. Ci sono delle madri che, d’avanti ad un figlio adorante, che le provochi con atti e comportamenti seduttivi, che si disciolga d’amore per loro, anziché abbandonarsi a questo amore, a questa gioia, a questo meraviglioso piacere di farsi godere da un figlio, sprofondano in un dramma, si fanno divorare dalla vergogna, si fanno travolgere dal senso colpa? Dopo essermi aperta a questa traboccante gioia, essendo un’anima sensibile, il mio pensiero si diresse a quelle madri che non l’hanno potuta cogliere per un ostacolo irreale, per una motivazione priva di fondamento, che ha valore e forza solo nella loro mente. E così iniziai ad andare alla ricerca di tutt’altro tipo di narrazioni. E di quando in quando ne trovai qualcuna. Drammatica, carica di tensione, intrisa di senso di colpa. Narrazioni di madri dilaniate dal conflitto lo faccio/non lo faccio; dilaniate dal conflitto è una cosa bella/è una cosa brutta; dilaniate dal conflitto è una cosa meravigliosa/è una cosa sporca; dilaniate dal conflitto gli faccio del bene/gli faccio del male. Se mi era possibile, contattavo quella madre e le narravo la mia esperienza, semplicemente. Poi, quest’anno, è avvenuta una svolta. Ho fatto un’esperienza di lettura che mi ha folgorato, e mi ha dimostrato che la mia scelta era stata bella, era stata vera, era stata buona. Ho da poco finito di leggere un testo narrativo sul tema dell’eros intrafamiliare. Non è il romanzo erotico tipico. Non offre un’esperienza di lettura leggera e sbrigativa. È un testo autobiografico, profondo e dirompente. È un romanzo multigenere di un Autore spagnolo, che ogni madre e ogni sorella che abbia avuto delle fantasie erotiche sul proprio figlio o sul proprio fratello, e alle quali abbia reagito inibendosi, come avevo fatto io inizialmente, dovrebbe leggere, anzi dovrebbe immergersi in esso, perché questo romanzo è davvero come “un’acqua dilavante ed erosiva”. Se una madre o una sorella, che abbia represso il proprio impulso erotico per il proprio figlio o per il proprio fratello, si apra al messaggio dell’autore, ella attiverebbe in sé un processo che, lentamente o improvvisamente, la libererebbe di tutte quelle incrostazioni pseudomorali che la ostacolano sulla via dell’eros con un figlio o con un fratello. Per contattare la puttana adorante che giace in noi, la femmina selvaggia, pura, vera, integra – come dice l’Autore – dobbiamo prima rimuovere e dissolvere molti strati di falsità, di inautenticità, di idee pseudomorali, con cui, giorno dopo giorno, prima abbiamo forgiato la nostra maschera, e poi ci siamo adeguate e identificate ad essa, rimuovendo il ricordo della sua creazione. Dolcissimo Tabù è il suo titolo. L’unico limite è che viene venduto solo su supporto epub. Lo trovate nel sito web della Streetlib, tra i romanzi di genere erotico. Ma c’è anche un piccolo sito web di presentazione, probabilmente dell’Autore.
Dunque sì, sono qui – dicevo – per dare prova della bellezza e della gioia che c’è in una relazione erotica con un figlio, e per spronare le madri in conflitto a guardare più a fondo dentro sé stesse, e ad essere oneste con sé stesse. E quantunque la mia narrazione sia primariamente diretta alle Lettrici, voglio rivolgermi anche a voi uomini, a coloro che sono compagni ed amanti. Sappiate che voi molto potete, per indurre le vostre mogli, amanti, compagne ad aprirsi alle voglie di un figlio.
A voi madri, e a voi sorelle, dico che ci sono molti modi per sedurre un figlio, o un fratello, e ci sono anche modi per provocarlo a sedurvi. La cosa essenziale è che siate certe che egli vi desideri intensamente.

L’approccio di mio figlio, che qui designo con il nome di fantasia “Zenzero”, non fu improvvisato. Egli aveva certa scienza della mia natura sensuale, passionale, calda, e intensamente emotiva. E il mio corpo lussureggiante si muoveva d’avanti a lui ogni giorno, in una casa in cui abitavamo da soli. Una provocazione quotidiana, alla quale un giovane maschio come mio figlio può reagire solo con un moto di affetto erotico molto intenso, e perfino foriero di sofferenza. D’altronde non c’era bisogno che lo intuissi in mio figlio. Essendo che sono una Docente di Italiano, Latino, e Greco, lo vedevo quasi ogni giorno, e malcelato, sui visi di certi miei studenti di terza, quarta, e quinta liceo. E quelli che manifestavano la più intensa reazione emotiva alla mia femminilità erano proprio i più studiosi, quelli introversi e brillanti, come mio figlio.
Gradualmente, alle fantasie erotiche che avevo su di lui iniziarono ad aggiungersi i sensi di colpa, che presero a visitarmi, quando l’intuizione che egli mi amasse intensamente divenne una certezza che mi perseguitava giorno e notte, e che mi trafisse e mi scisse in due. La cosa mi travolse talmente, che volli prendere in esame la fattibilità della relazione sul piano legale-giudiziario. Il mio ruolo sociale e l’età di mio figlio, che allora non aveva ancora 18 anni, mi obbligarono alla prudenza. Ma quanto furono amari, per me come per lui, quei mesi che dovettero occorrere prima che divenissi la sua amante.

La relazione erotica tra me e mio figlio iniziò dolcemente, sottilmente, in modo quasi impercettibile. Solo dopo, quando passammo dalla comunicazione verbale a quella corporea, mi avvidi che, in realtà, sul piano invisibile, avevamo iniziato ad amarci da prima che egli mi dicesse la sua prima frase d’amore: “Patrizia, come sei bella.”. Mio figlio mi dichiarò il suo amore così, con semplicità, con naturalezza.
Nelle due settimane a seguire, le sue frasi di gradimento divennero più frequenti e più dirette, e si intensificarono: divennero più aperte e più esplicite, andando a vertere sulle mie qualità fisiche e psicofisiche. I suoi sguardi dolci, da uomo innamorato si liberarono del velo del pudore, e furono rimarcati dal silenzio che li accompagnava, e che provocava in me una reazione emotiva di complicità con lui. Ben presto notai che, al pensiero che tornando a casa lo avrei rivisto, mi sentivo emozionata, mi sentivo eccitata. Mio figlio mi faceva sentire importante; mi faceva sentire amata; mi faceva sentire adorata. Vedere le sue calde emozioni illuminare il suo sguardo d’avanti a me, mi faceva desiderare il contatto con il suo corpo; mi faceva bramare di sentirmi impregnata del suo calore di maschio.
Dopo due settimane di questo gioco tra madre e figlio, alle frasi di maschile gradimento, quali “Patrizia, hai un corpo stupendo.”, e “Patrizia, sei una madre meravigliosa.”, e “Patrizia, sei una madre incantevole.”, e “Patrizia, sei una madre adorabile.”, Zenzero iniziò a direzionare le sue frasi d’amore su specifiche zone del mio corpo, e ciò mi diede la prova certa che egli si era innamorato di me. La cosa che me lo rendeva amabile era la sua innocenza, la naturalezza con cui mi amava. Era come se fosse tornato bambino. La notte, a letto, al solo pensiero di giacere nuda sul suo corpo nudo, la mia vagina lubrificava.
Passarono altre due settimane e, indirizzarmi frasi d’amore non gli bastò più. Di quando in quando mi prendeva una mano e se la portava alle labbra, e la baciava lungamente. Nel farlo si emozionava, chiudeva le palpebre. Mio figlio mi faceva sentire adorata nel corpo e nell’anima. Dal contatto con le mie mani passò a carezzarmi le guance, il capo, ad abbracciarmi morbidamente, teneramente. E a respirare il mio odore, mentre io lo avvolgevo con tutto il mio calore. La prima volta che egli osò abbracciarmi da dietro, mentre ero intenta a cucinare una pietanza, sentii il volume del suo fallo lievitare immediatamente al contatto con il mio sedere, e l’impulso di prenderglielo in bocca mi travolse. Ma desideravo anch’io, come lui, che l’amore tra noi avvenisse in modo graduale. Desideravo avere il piacere che la sua iniziazione all’eros materno avvenisse gradualmente.
Le parole tra noi diminuirono notevolmente, le frasi divennero essenziali, mentre il contatto corporeo si intensificò. Divenni intraprendente nei suoi riguardi, dimostrandogli così di gradire oltremodo le sue dolci e calde attenzioni. E dopo che ebbi iniziato a fare ciò, un giorno, abbracciandomi, mio figlio mi baciò le labbra teneramente e poi, quasi sottovoce, mi disse: "Patrizia… ti amo. Mi sono innamorato. Tu mi incanti… mi travolgi. Le mie coetanee mi appaiono insignificanti. Nello studio sto avendo difficoltà a concentrarmi.”. Zenzero fece una pausa, mi prese le guance tra le mani, e poi aggiunse: “Tu sei mia madre… ed io vorrei che fossi anche la mia amante. Ti amo immensamente, Patrizia. ?Che cosa devo fare. Dimmi che cosa devo fare.”. Questo fu l’evento affettivo nel quale sentii che avrei reso felice mio figlio, e ne avrei fatto il mio amante segreto. Allora gli risposi con la medesima semplicità e naturalezza di cui egli mi aveva fatto dono, e sorridendogli dolcemente gli dissi: “Amore mio, sii ciò che senti. Fai ciò per cui sei nato. E sappi che sono qui per te.”.
Ho sempre amato questo aspetto di mio figlio, che si manifestò in lui fin dalla fanciullezza. Zenzero è un giovane maschio dal carattere dolce, tenero, emotivo, sensibile, romantico, introverso. In comune con me egli ha anche la sensualità, la passionalità, e la lussuria.
Ma dopo che gli formulai quel responso, egli non fu soddisfatto di avere ottenuto il mio assenso alla relazione erotica che mi chiedeva, e volle che gli dichiarassi ciò che provavo per lui. Allora gli dissi che lo amavo come madre e come femmina. Udita questa dichiarazione, mio figlio mi abbracciò e mi immerse la lingua in bocca. Fu un bacio intenso e prolungato. Fu una sensazione meravigliosa. Quella notte iniziammo a dormire insieme. E fu quella la notte in cui appresi che l’unica esperienza erotica che Zenzero aveva vissuto era stato il bacio in bocca che mi aveva offerto qualche ora prima. Appreso ciò, la mia motivazione a fare che la sua iniziazione all’eros materno avvenisse in modo graduale si rafforzò in me. Ero intenzionata a godermi la sua meraviglia, e l’incanto che egli provava per me. Ero intenzionata a godermi le sue emozioni iniziali. Così quella notte ci donammo reciprocamente carezze e baci su tutto il corpo, ed io gli permisi di adoperare la lingua in ognuna delle mie zone erogene, di leccarmi e sugarmi a volontà. Il contatto tra la sua bocca e la mia fu molto prolungato, ricorrente ed intenso; ma anche tanto tenero e dolce. Gli insegnai a darmi piacere con la lingua sui capezzoli, così che dopo gli avrei impregnato la bocca del mio fluido vaginale, ed egli mi avrebbe gustata. Il sapore della mia vagina nella sua bocca, e l’aroma della mia voluttà lo avrebbero segnato, lo avrebbero legato a me, ed egli avrebbe desiderato gustarmi ed impregnarsi la bocca di me ogni notte, ogni giorno. La sua adorazione di me si sarebbe intensificata, sarebbe divenuta esaltazione. Offrendo il mio fluido vaginale alla sua bocca di figlio adorante, lo avrei posseduto, lo avrei stregato, lo avrei fatto mio. E così fu.
Dopo il trattamento sui capezzoli gli insegnai come dilatarmi l’introito vaginale con due dita per farmi colare dentro la sua saliva, e come darmi piacere preliminare, leccandomi e sugandomi ininterrottamente e lentamente, senza affaticarsi, tenendomi le cosce sollevate e spinte all’indietro, mentre io mi tenevo le piccole labbra divaricate. Quando la mia eccitazione divenne molto intensa, desiderai che egli mi sputasse dentro la sua saliva, e glielo chiesi. Dopo qualche attimo di esitazione, Zenzero la cumulò nella sua bocca e poi me la fiondò dentro. A questo punto mi dilatai l’ingresso della vagina ed egli prese a leccarmi dentro per quanto poté. Dopo che mi ebbe praticato questo trattamento, gli insegnai a darmi piacere con la lingua sul clitoride. Gli insegnai a prestare attenzione al mio ritmo, a dosare la pressione della punta della lingua, a notare il lieve aumento di volume del clitoride e delle parti interne della vulva, come già era stato per i capezzoli. Gli insegnai a notare l’intensificazione della secrezione vaginale e del pigmento delle parti interne alle grandi labbra.
Dopo che mio figlio mi ebbe fatto dono di un orgasmo clitorideo, nel quale gemetti acutamente mentre gli premevo la bocca sulla mia vulva, tornammo a fare lingua e lingua prolungatamente, mentre egli, certificato dal mio amore, si dava spontaneamente, senza attendere la mia guida, a sollecitarmi la vagina con due dita. Gli insegnai che cos’è il punto G e dove è localizzato. Gli dissi che avrei gradito che me la stimolasse con tutta la mano. Quindi gli insegnai ad introdurmela lentamente, e gli dissi che, per darmi piacere attraverso questa procedura, anche in futuro avrebbe dovuto attendere che la mia vagina fosse moto lubrificata. E gli insegnai come portarmi gradualmente all'orgasmo con una mano nella vagina. Gli insegnai come muoverla dentro di me e quando variare il ritmo. Gli dissi che più in là gli avrei insegnato a darmi immenso piacere, sollecitandomi la vagina con una mano e il clitoride con la lingua simultaneamente. Procedura alla quale lo iniziai dopo alcuni giorni.
Quella notte mio figlio, quasi con pudore mi disse che desiderava intensamente leccarmi l’ano ed entrarmi dentro con le dita. Da molti anni, per una motivazione sia igienica sia sanitaria, praticavo l’abluzione del secondo canale, perciò non ci fu alcun ostacolo e lo lasciai fare. Zenzero mi diede intenso piacere. Mi fece sentire adorata. Mi penetrò con due dita e mi stimolò a lungo.
Quella notte notai che egli era avido dei miei ansiti di piacere, dei miei mugolii di goduria, e dei miei gemiti orgasmici almeno tanto quanto lo era del mio fluido vaginale e dei miei aromi di femmina eccitata e bramosa. Quella notte, il mio premio per lui, il mio dono al suo amore di figlio e maschio adorante fu il seguente. Dopo avergli leccato le palle, che egli intelligentemente aveva depilato prima di venire a letto con me, gli insalivai il fallo ben bene con la lingua. Poi lo palpai a lungo e glielo massaggiai delicatamente, andando ad intingere di quando in quando la punta della lingua sul glande e gustandomelo, ma stando attenta a non provocargli l’orgasmo. Il profluvio di muco fallico che egli donò alla mia lingua fu un meraviglioso segno d’amore. La turgidezza e il volume del fallo di mio figlio furono uno spettacolo che avrei voluto non avesse fine. La voglia di sbocchinarglielo mi possedette fin dentro l’anima. Desiderai intensissimamente che egli osasse prendermi per le chiome e mi forzasse a sbocchinargli il fallo. Ma non lo fece. Era giusto così: la sua iniziazione doveva avvenire gradualmente. Desideravo che egli entrasse nella mia intimità e gioisse dei doni di una madre-puttana gradualmente. Per ciò, dopo un po’ gli presi il fallo tra i mei bellissimi seni, che egli adorava, e glielo massaggiai delicatamente, portandolo, con ritmo ed intensità crescenti, fino ad un orgasmo esplosivo e abbondante, che feci in modo che avvenisse in parte sulle mie labbra e in parte nella mia bocca avida di lui.
Dopo una decina di giorni, nel corso dei quali mio figlio mi indirizzò sguardi famelici, dovendo accontentarsi di carezze, baci profondi, palpamenti, abbracci appassionati, una notte, certa che fosse abbastanza carico, da potermi appagare la bocca, e quasi al limite, e vedendo la sua tensione desiderante protendersi languidamente verso di me, lo iniziai al sessantanove, del quale mi fu immensamente grato. Dopo aver scambiato lunghe, tenere, dolci, e per lui anche gustose attenzioni preliminari, nelle quali mi adorò leccandomi e sugandomi l’ano e l’introito vaginale, lo facemmo come deve essere fatto: la femmina sopra e il maschio sotto di lei. Avevo la vulva tutta impregnata di muco vaginale, che era colato fino all’ano, ed egli aveva le labbra e la bocca tutte impregnate del mio odore. Ci ponemmo in posizione e, senza urgenza, mentre mio figlio mi sollecitava la vagina con un fallo di lattice lentamente, io gli praticavo un meraviglioso bocchino fondo, fatto molto di gola, ma con tanta dolcezza. Mentre gli palpavo le palle o il sedere, mentre gli carezzavo le cosce, glielo sbocchinavo lentamente, perché nella mia bocca avida egli durasse il più a lungo possibile, e perché volevo portarlo ad un orgasmo esplosivo e intensamente gemente, che feci avvenire nella mia gola, affogata della sua calda sborra, poco dopo che egli mi fece godere nella vagina, facendomi gemere il mio orgasmo mentre gli tenevo il glande in bocca. Restammo così per un po’ di tempo. Io con la bocca colma del suo fallo, e lui a sugare il mio muco vaginale, che proseguiva ad uscire e colare ininterrottamente.
Qualche notte dopo, ebbra di lui, gli chiesi di lubrificarmi l’ano e di sfondarmelo con un fallo di lattice, mentre io mi godevo il suo splendido frutto che, anche se non carico, con la sua meravigliosa turgidezza mi colmava la bocca e mi entrava in gola.
Subito dopo quella notte ebbi il mestruo. Ma trascorsi quei giorni, mi fu chiaro che la fantasia erotica prevalente di mio figlio era una fantasia di tipo orale-gustativo, perché con frequenza egli veniva a cercarmi e a sollecitarmi l’ano e l’introito della vagina con la lingua. Mio figlio adorava leccarmi e sugarmi, impregnarsi la bocca del mio fluido vaginale, ed io gioivo intensamente delle sue attenzioni di figlio-amante e di maschio-adorante.
Vedendo questa sua attitudine erotica, adottai l’abitudine di stare in casa senza le mutandine. Da quando avevo iniziato ad avere fantasie erotiche su mio figlio, in casa avevo adottato l’abitudine di indossare solo gonne, e solo quelle che non mi coprissero tutta la coscia. C’era una parte di me, la parte selvaggia, primitiva, arcaica, mitica, che voleva provocarlo per farlo mio ed averlo dentro. Mentre il mio Io razionale, pseudomorale, la parte insana di me, la parte antivitale, inautentica, mi diceva che no, non dovevo permettermelo.
Mentre attendevo che egli ridivenisse carico e fulgido per me e la mia bocca, un pomeriggio Zenzero, dopo avermi baciata teneramente, con un’espressione incantata, mi disse sottovoce: “Patrizia… desidero tanto vedertelo fare.”. Mio figlio si indirizzava così a me. Avevo stabilito io questo tipo di relazione con lui fin da quando era stato un fanciullo. Pur avendogli somministrato una disciplina morale, e pur essendo stata una madre tutt’altro che permissiva; pur avendogli fatto provare, fin dal suo terzo anno, la mia fermezza e la mia autorità, avevo desiderato che mio figlio mi sentisse a lui vicina, che egli avesse confidenza con me, e che sentisse di poter godere della mia complicità, se lo avesse desiderato. Quando mi indirizzò quella frase, seppi istantaneamente ciò a cui si riferiva. Egli desiderava che gli sbocchinassi il fallo, standogli di fronte. Desiderava guardarmi mentre gli praticavo l’atto di adorazione con la bocca e la gola. Desiderava godere dell’espressione del mio viso mentre gli praticavo un delizioso bocchino. Egli sapeva quanto intensamente praticargli quell’atto mi eccitasse, e sapeva quanto intensamente mi piacesse farlo. Zenzero sapeva che adoravo il fallo, e sapeva che prenderglielo in bocca e farlo godere in quel modo mi travolgeva. Per me era sempre stato così, fin dalla preadolescenza, quando, 12enne, avevo iniziato a sbocchinare il fallo di mio fratello 17enne. Egli me l’aveva offerto, ed io gli ero stata grata per questo. Fin da allora, sbocchinare era stata per me un’esperienza di esaltazione.
Quella notte, per mio figlio, la mia bocca avida fu un’esperienza molto speciale. Lo eccitai intensamente e lo feci durare a lungo. Gli leccai l’orifizio anale. Gli presi in bocca le palle. Gli feci roteare la lingua intorno al glande. Gli insalivai il fallo abbondantemente. Glielo massaggiai con i seni. Me lo strusciai sulle guance, sulle labbra. Gustai con la lingua una ininterrotta colata di muco. Per gran parte del tempo, gli praticai un bocchino suadente, adottando lo stile della femmina giapponese. Glielo sbocchinai dolcemente, teneramente, delicatamente, lentamente, offrendogli con frequenza il mio sguardo, le mie carezze, i miei baci, il mio sorriso. Mio figlio mi ricambiava l’amore con cui lo nutrivo con i suoi ansiti, con i suoi mugolii, con le sue espressioni verbali di adorazione, carezzandomi le guance, carezzandomi il capo, baciandomi le mani, leccandomele. Lo portai così ad un livello di tensione tale, che egli ebbe un mutamento di vibrazione: con i palmi delle mani mi forzò a prenderlo in gola. Atto dal quale mi ero intenzionalmente astenuta, perché era tempo che Zenzero iniziasse ad adoperare su di me la fermezza dell’atto erotico maschile, a cui ogni femmina adora di essere sottoposta. Era tempo che mio figlio iniziasse ad assumere nei miei riguardi, a letto con me, atteggiamenti dominatorii. Era tempo che egli sentisse nella sua intimità che io ero la sua puttana, la sua madre-puttana.
Vedermi nell’atto di sbocchinargli il fallo fu per lui un’esperienza emotiva profonda. Come lo era stato per mio fratello 17enne. Vedere la mia adorazione emanare dal mio viso, dal mio sguardo, dal mio sorriso, dallo stile con cui gli praticavo l’atto erotico gli provocò un mutamento di stato. Sapevo che quello era per me un atto di adorazione, ma egli non mi aveva veduta praticargli quell’atto prima di quella notte. Non si limitò a premermi il capo, perché gli praticassi un bocchino fondo, di gola, ma alternò questo atteggiamento ad una serie di spinte pelviche nella mia bocca. Facendo oscillare il bacino, mi faceva scorrere il fallo in bocca fino alla gola, mentre mi teneva il capo per le chiome con maschia fermezza. Gli feci avere un orgasmo esplosivo, e il suo frutto meraviglioso mi colmò la bocca di calda deliziosa sborra di giovane maschio adorante.
Mentre mi addentravo nella relazione erotica con mio figlio, notai che non fu più possibile guardare i suoi coetanei con il medesimo sguardo di prima. Prima che Zenzero divenisse il mio amante, non era mai avvenuto che i suoi coetanei mi provocassero una reazione erotica psicofisica. C’erano alcuni miei studenti di quinta liceo, alla cui presenza, alla cui vicinanza, come nel caso di una prova alla cattedra, la mia vagina reagiva e lubrificava lievemente. Fui tentata di andare a scuola senza le mutandine e di provocarli con il mio odore. Ma era una fantasia la cui realizzazione avrebbe avuto un prezzo che non ero disposta a sopportare. Così desistetti.
L’iniziazione di mio figlio all’eros materno era giunta quasi a metà. Gli mancavano il coito in vagina e la penetrazione anale. Prima che gli facessi provare queste mie zone erogene, egli mi manifestò tutta la sua possessività. Mi disse che ora ero sua, e che, quando ero fuori casa, dovevo esercitare maggiore controllo sui miei comportamenti. Ma io ero già una femmina supercontrollata. Comunque la cosa mi fece piacere. Vedere, sentire la sua possessività su di me mi gratificava intensamente.
Mentre si addentrava nella relazione erotica con me, mio figlio divenne ancora più dolce, più tenero, più attento, più premuroso, più romantico; e divenne anche più fantasioso, sia a letto sia fuori dal letto.
Godersi il mio eros anale fu per lui un’esperienza travolgente. Dopo essere entrato con il fallo, avrebbe voluto entrare anche con la lingua; e lo avrebbe fatto, se avesse potuto. Non potendo, indugiava a lungo a leccarmi il più addentro che gli fosse possibile. Mi dilatava l’ano con le dita e mi introduceva la lingua, facendola roteare. L’uso della lingua sul mio corpo era uno dei modi che egli aveva di farmi sentire adorata. L’altro era quando assumeva quell’espressione di incanto, e restava in silenzio a guardarmi negli occhii da molto vicino, con il viso sospeso sul mio, come a sondare un abisso, o un mistero impenetrabile. Come se il suo sguardo fosse sospeso sul viso di una Dea, per tentare di intuire come poterla amare di più. Nella relazione erotica con mio figlio ebbi questa sensazione, come che egli avesse l’immagine di non potermi raggiungere; come se egli avesse l’immagine di non potermi colmare; come se egli avesse l’immagine che l’amore che mi offriva non fosse abbastanza.
Dopo che mi facevo godere da dietro attraverso l’ano, egli mi restava dentro, perché sapeva che mi piaceva moltissimo; ed anche a lui piaceva moltissimo caricarmelo nel secondo canale e farmi godere in quel modo.
Avevamo stabilito di goderci l’un l’altra reciprocamente ogni dieci giorni circa. A lui piaceva moltissimo amarmi e godermi con quella forte carica erotica, che poi nell’orgasmo mi passava, ed essa entrava in me. A lui piaceva, perché intuiva che, nell’orgasmo, quella sua carica d’amore mi entrava dentro, diveniva parte di me. Ben presto mi divenne chiaro che mio figlio sentiva un bisogno struggente di fusione. Il suo stile erotico, il suo modo di amarmi mi dava prova di un anelito di fusione che egli provava per me. Adoravo la sua carica erotica. Adoravo il suo eros di giovane figlio. Adoravo il suo impulso a volersi dare a me con tutto sé stesso.
Quando gli feci provare il coito in vagina, fu un’esperienza meravigliosa. Fu quasi un’esperienza di trascendenza. Mentre mi godeva, mio figlio mi baciava in bocca. Ebbe l’orgasmo con la lingua nella mia bocca. I suoi forti gemiti, nell’estasi amorosa, entrarono nella mia gola. Io lo ebbi qualche attimo prima di lui, e sentii il bisogno di morderlo sul collo.
Dopo quella notte, provammo e riprovammo tutte le possibilità erotiche in tutte le possibili posizioni. Alcune ci piacevano più di altre, perché erano più eccitanti.
Dopo qualche tempo, iniziammo a sperimentare le gioie dell’eros anche in altri ambienti della casa, e anche in altre fasi della giornata. Ci piacque farlo nel soggiorno, nella sala da pasto, ed anche nel bagno signorile.
Iniziammo ad uscire insieme come una coppia di amanti, quale eravamo. A tenerci mano nella mano. Mio figlio era innamorato di me perdutamente, ed io lo amavo intensamente, profondamente. Lo adoravo.
Il regime dittatorio, al quale come nazione ci sottomettemmo nell’anno 2021, essendo che abitiamo leggermente fuori città e in prossimità della natura, non influì sulla nostra relazione, che restò calda e brillante. Mio figlio ed io ci tenemmo in buona forma fisica, facendo attività motoria all’aperto, in mezzo alla natura.
Dopo alcuni mesi dall’inizio della relazione intima, Zenzero ed io adottammo l’abitudine di guardare insieme dei video erotici amatoriali di carattere incestuoso. Lo facevamo come esperienza di complicità tra madre e figlio, e se avevamo voglia di eccitarci d’avanti ad un video. Ne guardammo di tutti i tipi. Fruimmo di video di incesto su tutte le possibili combinazioni erotiche: madre-figlio, sorella-fratello, figlia-padre, figlia-madre, madre-figlio-figlia, madre-figlio-marito, madre-figlia-marito, figlia-padre-fratello, sorella con due fratelli, madre con due figli. In occasione di una di queste esperienze di fruizione, dissi a mio figlio che, da ragazzina preadolescente prima, e da adolescente poi, avevo vissuto una relazione erotica con mio fratello, maggiore di me di cinque anni e mezzo. Gli dissi che mi ero fatta godere da lui ampiamente; che la relazione, che era stata molto intensa ed appagante, era rimasta nascosta per tutto il tempo; e che era cessata, quando egli si innamorò di un’altra ragazza. Nell’ascoltare la mia narrazione, che fu particolareggiata, mio figlio non provò alcuna sorpresa. Terminata la mia narrazione, mi disse: “Dentro di me sapevo che era una possibilità. Sentivo che era possibile che tu fossi stata una di quelle già da ragazzina.”. Me lo disse con un tono di apprezzamento, sorridendomi con complicità, e facendomi sentire che egli era fiero di me. Sapevo ciò che egli intendeva con quella frase. Mio figlio sapeva, sentiva che ero una puttana, e che tale ero stata anche da ragazzina, da prima dell’adolescenza. È così che mi sentivo, e sentirmi così era meraviglioso, era esaltante, era una permanente celebrazione di me stessa.
Il passo dai video erotici di incesto ai video sulla dominazione erotica e sull’eros orgiastico fu alquanto breve. Ne vedemmo tanti, ma tanti. E finalmente, un giorno, avvenne ciò che aspettavo. Mentre guardavamo un video di dominazione erotica, mio figlio mi annunciò: “Patrizia… ora che sei la mia amante, voglio che tu divenga la mia amante sottomessa.”. Mio figlio era pronto per fare di me una soumise, a sottomettermi alla sua lussuria, ad iniziarmi alla dominazione erotica. Egli era finalmente pronto a fare di me una puttana sottomessa, obbediente, disciplinata. Egli era finalmente pronto a valorizzare più a fondo la mia anima di femmina selvaggia, adoratrice del fallo e della lussuria maschile.
Attraverso un sito web di commercio elettronico di ausilii per l’eros, acquistammo gli strumenti essenziali perché egli potesse sottomettermi e disciplinarmi. Fu un’esperienza bellissima anche sul piano emotivo, e non solo sul piano sensuale. Non è possibile qui descriverla nei suoi aspetti mentali, emozionali, e sensuali. La narrazione esigerebbe un’esposizione dedicata. La relazione erotica tra me e mio figlio divenne più intensa e più eccitante. Il nostro legame d’amore si intensificò moltissimo. Fecero la loro apparizione sulla scena dell’eros alcuni atteggiamenti, alcune attitudini che né egli né io sapevamo di avere nascosti nell’anima.
Giungemmo così io al mio 39esimo anno e Zenzero al suo 19esimo. Né mio figlio né io ci sottoponemmo alla somministrazione del siero genico alieno, né ci sottomettemmo al marchio della Bestia. Intuii subito che il siero genico era uno strumento di genocidio, e che il passo verde era uno strumento di dominio spirituale. Io sospesi il rapporto di lavoro con la scuola, e mio figlio si astenne dal corso di laurea al quale si era iscritto. Per mia fortuna, ero di famiglia benestante, e mia madre e mio padre, ancora viventi, ci vennero in soccorso e provvidero a soddisfare alle nostre esigenze fino a quando l’obbligo non decadde.
Nel corso dell’Estate di quest’anno, mentre mi stavo facendo godere da mio figlio in bocca, legata e bendata, ad un tratto egli sospese il trattamento delizioso che mi stava praticando e, dopo qualche attimo di silenzio, mi disse: “?Amore, sei pronta a realizzare ogni mia fantasia erotica, e ogni mia fantasia di lussuria.”. Prontamente gli risposi: “Sì, figlio mio. Sono pronta. Come tu mi vuoi. Qualsiasi cosa.”. Ed egli mi disse: “Voglio valorizzare la puttana che è in te fino al limite delle tue possibilità.” “Dimmi, amore. ?Che cosa vuoi che faccia.” “Ti voglio goduta da un gruppo di miei coetanei, me incluso. Voglio formare un gruppo di quattro maschii della mia età, me incluso, e fare di te la nostra puttana.” “Sono pronta, amore mio adorato.”
Mio figlio ed io ci iscrivemmo in un sito per le relazioni erotiche, ma non ci presentammo come madre e figlio. Il mio ingresso nell’eros orgiastico avvenne gradualmente. Prima venni goduta in mezzo fra due. Poi in mezzo fra tre. Ed infine in mezzo fra quattro giovani maschii, tutti ottimamente guarniti sul d’avanti e di aspetto piacente. La ricerca non fu facile, perché volemmo escludere coloro che si erano sottoposti alla somministrazione del siero genico alieno. Ma, dopo che il gruppo fu formato, si stabilizzò, facendo di me una puttana sottomessa, intensamente goduta, e appagata a fondo.
scritto il
2022-09-29
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