Daniela

di
genere
etero

Questo racconto fa parte di una serie di racconti erotici pubblicata su Amazon in formato cartaceo ed ebook"I racconti di un giovane libertino- sette storie di donne" con lo pseudonimo di Michele Allevi (sono uno scrittore italiano molto conosciuto) il ricavato verrá devoluto all'associazione in difesa delle donne.

Daniela.


Capitolo 1.
La mia storia con Rita, grazie anche alla confessione di Dimitra, e al fatto che per tutta risposta del mio tradimento lei si fece sedurre da Sergio, il suo padrone di casa, era terminata da oltre un anno.
Era difficile per me cancellare con un colpo di spugna 5 anni della mia vita;
5 anni in cui avevo scoperto tantissime cose e in cui, per molti versi, la mia vita sessuale abbastanza piatta prima di conoscerla, era arrivata ad una svolta, acquistando la consapevolezza che non erano sempre e solo le dimensioni a farla da padrone ma serviva anche la testa e la fantasia per portare una donna tra le proprie lenzuola, e questa mia convinzione mi aiutava moltissimo a combattere la mia eterna timidezza che nemmeno il passare degli anni erano riusciti a mitigare.
Dopo quella storia, se si esclude la brevissima parentesi con Dimitra, e gli ultimi tentativi di riappacificazione fatti con Rita, tutti finiti in grandissime scopate ma senza altro tipo di successo, avevo deciso di dedicare i miei sforzi in quella che, per certi versi, consideravo la mia prima vera passione: la scrittura.
La professione di ingegnere infatti era stata solo una seconda scelta, visto che pur di non restare chiuso a Lecce per studiare lettere come avrebbero desiderato i miei genitori, avevo deciso di seguire nell'impresa Luca, il mio amico di sempre, che aveva deciso di andare a studiare architettura a Firenze, facendo anche io la stessa cosa, ma cambiando facoltà l'anno dopo passando ad ingegneria perché ero molto più attratto dai calcoli statici che dall'architettura in sé.
Da quel momento la mia vita aveva avuto un corso che potrei definire normale, non ero diventato un ingegnere famoso, ma la mia professione mi dava da mangiare e da vivere degnamente.
Ma adesso, a 33 anni sentivo nuovamente la necessità di dare una svolta a quella vita che mi ero imposto e che, anche se non la disdegnassi, non sentivo parte di me;
per cui diminuendo il carico del mio lavoro da ingegnere, ricominciai a scrivere, una cosa che avevo sempre amato sin da ragazzo quando anche al liceo ero diventato il responsabile e giornalista del piccolo giornale che pubblicavamo ogni settimana;
a dire il vero, non avevo mai abbandonato questa mia passione, infatti da ingegnere avevo continuato nei miei momenti di pausa a scrivere racconti brevi e ricevuto numerosi premi ed encomi in concorsi di scrittura, e molto spesso i miei colleghi avevano chiesto il mio aiuto nelle relazioni e nelle loro perizie perché dicevano che avevo un modo di scrivere molto più attraente del loro, chiuso ad una esposizione meramente professionale e tecnica.
Decisi che era arrivato il momento di aprire quel cassetto che avevo tenuto ben chiuso per tutti quegli anni e, fattomi coraggio, feci leggere la mia prima raccolta di racconti ad un amico che faceva lo scout per alcune agenzie editoriali.
La cosa che mi stupì è che solo dopo una settimana mi chiamò per dirmi che non solo le mie storie gli erano piaciute moltissimo, ma che le aveva fatte leggere nella sua agenzia e avevano deciso di proporle ad una casa editrice, piccola ma molto attiva sul territorio;
quel fatto segnò l'inizio della mia carriera di scrittore, dopo quel libro, che ebbe molti consensi dai lettori e da alcuni critici, ne vennero altri e visto che ormai la mia professione di ingegnere limitava il mio campo di azione decisi di dedicarmi anima e corpo a quella dello scrittore a tempo pieno.
In tutto questo tempo, concentrato sulla riuscita del mio progetto, lasciai perdere ogni tentativo di rapporto con l'altro sesso, non dico che condussi una vita monastica, ma il passato libertino delle mie ultime storie con Rita e con Dimitra divenne lentamente un ricordo che mi aiutava, a volte, con il pensiero, a soddisfare i miei momenti in cui avrei voluto la presenza di una donna, masturbandomi pensando a loro.
Intanto erano passati gli anni e mi avvicinavo alla soglia dei 40 senza aver più avuto una storia lunga con una donna, di certo posso dire che le mie escursioni nel mondo del sesso e della trasgressione avevano avuto un fermo biologico molto lungo visto che in sette anni non riuscivo a ricordare momenti eccitanti più di quelli passati con Rita e Dimitra, e nonostante mi fosse capitata qualche occasione per farmi una tranquilla scopata, non reputavo questa essere degna nemmeno di dedicarla alle mie solitarie masturbazioni divenute sempre più frequenti, e dove il pensiero correva a quelle due.
Poi un giorno arrivò la svolta del tutto inaspettata.
Ero in una famosa libreria di Milano a presentare il mio terzo libro, un giallo con leggere venature umoristiche, e seduto al mio tavolo a fine presentazione firmavo le copie del libro a chi lo aveva comprato;
avevo già firmato decine di copie, e anche se era sempre stata una cosa che per me era sinonimo di successo, mi stavo annoiando tremendamente a scrivere sempre le solite dediche del tipo: "A Simona con grande simpatia e stima. Michele Allevi" dove era evidente che avessi scritto la prima cazzata che mi era venuta in mente solo per non perdere una possibile lettrice del mio prossimo lavoro, anche perché non nutrivo certo stima per una sconosciuta solo perché aveva speso 15 euro per comprare il mio libro.
Mentre ero con la testa china a scrivere l'ennesima cazzata su un libro, aspettando il prossimo che sarebbe arrivato sul tavolo sentii una voce con un leggero accento meridionale che mi diceva: «Signor Allevi, mi creda è un'emozione essere qui oggi! Ho preso il treno per venire fino a Milano, non potevo aspettare che lei tornasse in Puglia per avere la sua dedica…», alzai la testa, sapevo di avere un certo successo, visto che i miei libri e le mie apparizioni in pubblico mi facevano vivere bene senza esagerazioni, ma che qualcuno decidesse di fare 900 chilometri per avere una mia dedica sul suo libro non mi era mai accaduto.
Guardai la mia interlocutrice con stupore iniziale, era una ragazza di poco più di 20 anni alta oltre un metro e settanta, con qualche chilo in più che però non le guastava l'aspetto, con dei lunghissimi capelli castani che le arrivavano quasi all'altezza dei fianchi e due occhi scuri grandi truccati con un mascara che ne delineava la grandezza e che le davano un tocco molto orientale.
Lei resasi conto di avere la mia attenzione continuò;
«Sa, ho aspettato di essere l'ultima a chiedere la sua dedica sperando di poter parlare con lei», a sentire quelle parole pensai, malignamente, che quello fosse un tentativo della solita scrittrice in erba che voleva propormi il suo manoscritto, quindi stavo per liquidarla educatamente consigliandole di rivolgersi ad una agenzia come avevo fatto io molti anni addietro;
ma lei ormai lanciatissima continuò senza lasciarmi il tempo di intervenire;
«Ho letto tutti i suoi libri, e quando ho detto che sarei andata a Milano per incontrarla ed avere la sua dedica su questo, le mie amiche mi hanno considerato una pazza, ma oggi sono qui e vorrei che lei scrivesse semplicemente "A Dany" con la sua firma, non ho bisogno di inutili parole per ricordare questo momento.
Questa richiesta mi fece trovare sorpreso per la seconda volta in pochi minuti, infatti, mentre tutti cercavano di avere la dedica che li facesse sentire importanti, quella da mostrare con orgoglio agli amici come se fosse un trofeo, lei mi stava chiedendo semplicemente di aggiungere la mia firma al suo nome, cosa che feci con immenso piacere, e una volta fatto lei mi ringraziò e andò via uscendo dalla libreria.
A quel punto la mia serata era terminata, scambiai quattro chiacchiere con chi aveva organizzato l'incontro e che era molto soddisfatto di come fosse andata la presentazione, e continuando la chiacchiera con il mio editor e addetto stampa uscii fuori a prendere una boccata d'aria.
Era una serata abbastanza fredda e mentre discutevo con lui del prossimo incontro da organizzare, mi accorsi che quella ragazza che aveva spettato di essere l'ultima per venire da me, era seduta fuori nella piazza antistante la libreria e sembrava che stesse aspettando qualcosa.
Mi avvicinai sorridendole, «Salve, sembra che ci dobbiamo incontrare ancora no?» e le sorrisi cercando di avere un approccio amichevole, lei sorrise e io continuai;
«Cosa ci fai ancora qui? Milano è grande ma qui non è che ci sia da fare nulla oltre a farsi mettere un autografo su un libro, specie a quest'ora», e le sorrisi ancora una volta;
mi guardò e con aria spaesata rispose, «Si lo so, ma il fatto è che non saprei dove andare, il mio treno parte domani mattina e visto che devo attendere pensavo di farlo con calma qui prima di tornare in stazione»;
le sue parole mi avevano sorpreso, avevo firmato tantissimi libri fino a quella sera, ma mai era successo che qualcuno avesse fatto tanto strada per farlo per poi dover aspettare al freddo di poter riprendere il treno per fare ritorno a casa;
non mi sentii di lasciarla sola lì al freddo, e con qualche incertezza le chiesi se per caso voleva seguirci e venire a cena con noi, poi l'avrei accompagnata io in stazione per farle prendere il suo treno;
La contentezza di quella proposta fu tale che le brillarono i grandi occhi e accettò senza aggiungere una sola parola.
Così ci ritrovammo seduti in tre nella trattoria dove andavamo spesso quando io ero a Milano per presentare qualcosa o discutere delle strategie da fare con il mio editore;
passammo una serata allegra, fu allora che scoprì che Daniela o Dany come le piaceva essere chiamata, aveva più di 20 anni quanti gliene avevo dati io, precisamente 25, laureata in biologia e momentaneamente lavorava come volontaria in una ONG che si occupava di bambini, era mia accanita lettrice sin dal primo libro di racconti e sognava un giorno di poter partire in Africa per insegnare ai bambini che non potevano permettersi una scuola in quei posti;
parlammo di tantissime cose fino a quando il proprietario della trattoria ci chiese gentilmente di liberare il tavolo visto che si era avvicinata l'ora di chiusura;
ci alzammo senza indugi e il mio amico che aveva la faccia di uno che non dormiva da giorni, mi chiese scusa per non poter continuare la serata con noi, ma doveva rientrare a casa perché il giorno dopo aveva un appuntamento importante a cui non poteva permettersi di mancare;
così restammo soli io e Dany.
Come le avevo promesso l'accompagnai in macchina alla stazione centrale, e lungo il tragitto i nostri discorsi entrarono anche sul personale, senza mai essere troppo invadenti uno con l'altro, lei era single da pochissimo, una storia da cui, mi raccontava, era uscita distrutta, quindi aveva deciso di dedicarsi alla ONG per cercare di dimenticare tutto;
io dal canto mio le raccontai che anche se avevo 41 anni la mia condizione di scrittore, che amavo, mi aveva portato a chiudermi in un mondo tutto mio dove non riusciva a trovare spazio nessuna donna, per cui le mie storie, quelle poche che c'erano state, erano terminate in pochi mesi.
Fu così che tra una chiacchiera e una risata arrivammo davanti alla stazione.
«Bene…siamo arrivati, ma non immagini che piacere mi ha fatto conoscerti, di solito queste serate le trovo pallose, firmo decine di libri e nulla di più…ma stasera è stato diverso»;
di certo con le mie parole volevo solo dire che ero stato contento del fatto che fossi tanto conosciuto da far muovere qualcuno a fare tanta strada per incontrarmi, le mie attenzioni terminavano lì anche perché tra me e Daniela c'erano 16 anni di differenza, cifra che ritenevo essere troppo alta per immaginare qualsiasi altra cosa.
Lei, come se avesse letto nei miei pensieri, prima di scendere mi ringraziò ancora una volta per la mia dedica e per la cena, e poi quasi d'istinto mi baciò sulle labbra;
un bacio casto, che però smosse quel fuoco che avevo nascosto nel fondo del mio animo e che di colpo si riaccese facendo divampare un incendio, al suo bacio ricambiai con il mio mordendole le labbra carnose e facendo entrare la lingua fino a quando non sentii la sua rispondere alla mia chiamata;
rimanemmo in macchina, senza dire una sola parola, a baciarci una buona mezz'ora;
mi rendevo conto quanto fosse da pazzi pensare che ci sarebbe stato un seguito con una che i miei amici avrebbero considerato una ragazzina, ma con lei abbracciata a me in macchina riprovai quella sensazione che credevo avessi dimenticato, e a completare il tutto sentii che qualcun altro si era svegliato da quel torpore;
adesso cercavo il momento per chiederle di non partire e passare il resto della notte con me, ma mi resi presto conto che pure lei stava pensando alla stessa cosa;
«Sai, non vorrei dare l'idea di una troppo facile, ma se ti va possiamo andare a bere qualcosa anche da te, e poi mi riaccompagni dopo, che ne pensi?», mi fermai un secondo, non avevo dove portarla visto che ancora non vivevo a Milano, e che anche io dopo avrei dovuto fare un po' di strada per tornare a casa;
ma portarla a casa mia significava perdere tutto il tempo disponibile sull'autostrada per poi dovere ritornare quasi subito;
senza pensarci troppo, glielo spiegai, e le proposi di andare in un albergo, lì avremmo avuto modo di continuare a parlare, e la mattina sarebbe stato facile accompagnarla in stazione.
Quando lei accettò la mia proposta senza quasi pensarci un attimo sentii un brivido percorrermi la spina dorsale;
scelsi un albergo in centro, uno che avesse a disposizione tutti i confort possibili, volevo fare colpo su di lei sfruttando tutte le carte a mia disposizione;
alla reception ebbi un poco di imbarazzo quando Dany che dimostrava molto meno dei suoi 25 anni fu scambiata per mia figlia dall'uomo che faceva il turno serale, la cosa mi diede un leggero fastidio, primo perché questo fece ridere Dany che mi guardava divertita, e poi perché io non è che dimostrassi veramente tanti anni di più tanto da essere considerato suo padre;
ma lei giocò su quella cosa per tutta la strada che facemmo per arrivare in camera prendendosi gioco di me già davanti all'ascensore, «Allora come ti devo chiamare? Papi va bene? O preferisci papino? Dai dimmi tu!», rideva e si divertiva la tipa, mentre io cercavo di sbollire la rabbia e soprattutto cercavo di evitare gli sguardi del portiere che sicuramente si era fatto un film impossibile nella sua testa.
Arrivammo al piano, e ancora non sapevo cosa sarebbe successo, e, soprattutto, cosa mi aspettassi realmente da quell'incontro.
Il dubbio era che lei avesse accettato l'invito per evitare di passare la notte da sola alla stazione centrale di Milano che non era certo il luogo più adatto ad una ragazza molto attraente come era lei con le sue rotondità, i pantaloni che le fasciavano le gambe mettendo in evidenza un culo pieno ma sodo e i suoi capelli lunghissimi a far da cornice a quel fondoschiena.
Entrammo nella suite che avevo preso, e non avevo ancora acceso la luce e levato il cappotto che Daniela mi saltò sopra, e ricominciò esattamente dove ci eravamo fermati in macchina, «Lo sai che questo momento lo avevo immaginato tante volte? Lo dicevo alla mia più cara amica e confidente che avrei voluto conoscerti e approfondire la nostra conoscenza;
…e adesso…incredibile…mi trovo qui con te…», non ricordo con precisione cosa avvenne nei minuti successivi, solo che ci trovammo nudi distesi nel letto mentre le nostre bocche non la finivano di restare incollate;
io, nonostante quel clima, ero ancora bloccato e pensieroso sul da farsi, e a questo aveva contribuito quello stronzo del portiere che mi aveva dato, praticamente, del vecchio considerando Dany mia figlia.
Ma i miei pensieri si disciolsero come neve al sole quando la mano di Daniela scese fra le mie gambe e iniziò ad accarezzare lentamente il mio cazzo;
era bravissima, sembrava fosse una cosa molto normale per lei e la lasciai fare continuando a mettere la lingua in bocca stringendole i capezzoli tra le dita fino a farle lanciare piccoli urli di dolore per poi tornare ad implorarmi di continuare;
intanto il mio cazzo si era risvegliato completamente, e quelle che prima erano semplici carezze adesso erano diventate una sega eseguita con navigata bravura;
volli provare a ricambiare il favore e quando con la mia mano giunsi a sfiorarle il folto pube mi ritrovai le dita immediatamente bagnate, lei era fradicia ed eccitata esattamente come me.
Passammo diversi minuti a masturbarci reciprocamente ma ormai l'unica cosa che desideravo era scoparla, anche questa volta sembrò mi avesse letto nel pensiero, perché si mise a cavalcioni sul mio bacino e si fece affondare il mio cazzo in un colpo solo dentro la fica;
era da molto tempo che non facevo uno smorza candela così con una donna, se poi consideravo che questa era più giovane di me di 16 anni non potevo ancora crederci;
ma mentre io le stringevo i seni e le infilavo di tanto in tanto le mie dita nella bocca che lei prontamente succhiava come se avesse un cazzo da soddisfare, sentivo che sarei potuto arrivare da un momento all'altro;
non volevo correre rischi, ma soprattutto pensavo che le avrei potuto mettere, come facevo spesso con le mie partner del momento, il mio cazzo in bocca e farlo succhiare fino a quando non fossi esploso con la mia sborrata nella sua gola.
Ma quando le dissi che ero quasi al culmine lei mi spiazzò;
«Tranquillo vienimi dentro, fammi sentire dentro di me il tuo godimento, e non ti preoccupare, non succederà nulla, prendo la pillola, ma se resisti ancora un poco anche io potrei avere l'orgasmo, ci sono vicinissima…ti prego…resisti…fammi godere…»;
continuai a farmi cavalcare mentre le mie dita le massaggiavano il clitoride che era diventato durissimo e le faceva emettere gemiti e sospiri, poi quasi insieme, a distanza di pochi secondi uno dall'altro gridammo il nostro orgasmo quasi simultaneo.
Lei continuò a cavalcarmi ancora qualche secondo fino a quando non avvertì che il mio cazzo si stava ritirando, quindi si stese di fianco a me;
«Allora papino come sono andata questa prima volta?», e si fece una risata, mentre mi accarezzava il bacino pieno del mio sperma.
Quella sera segnò l'inizio della mia relazione con Daniela, la mattina dopo la accompagnai in stazione ci baciammo come due innamorati, sicuri che ci saremmo rivisti dopo poco tempo.
Lei prima di salire sul treno si girò ancora una volta verso di me e sorridendo disse: «Ci vediamo presto papino».

Capitolo 2.
La storia con Daniela continuava ormai da due anni, io ero andato a vivere vicino Milano per restare più a contatto con il mio editore e lei viveva a Bari e continuava a lavorare nella ONG che dopo un periodo di volontariato l'aveva assunta con un regolare contratto di lavoro, anche se vivevamo così distanti ci vedevamo spessissimo, quasi tutti i fine settimana uno dei due raggiungeva l'altro per passare il week end insieme, dove spesso ci chiudevamo in casa facendo l'amore tutto il tempo e girando nudi liberamente per non perdere tempo a spogliarci quando la nostra voglia si manifestava;
sembravamo due affamati di sesso, e forse, ognuno a modo suo, lo eravamo.
Quel fine settimana era toccato a lei venire a trovarmi e come sempre avevamo iniziato a spogliarci quasi prima ancora di mettere piede in casa, rischiando che la signora pettegola che abitava di fronte sul mio pianerottolo ci vedesse;
che, invece, ci sentisse ormai ne avevo la certezza visto che mi guardava con aria da peccatore ogni volta che mi incrociava per le scale, e potevo capirla visto che Dany non era certo molto silenziosa quando aveva un orgasmo, e durante le nostre sessioni ripetute di sesso ad oltranza non ci preoccupavamo certo di stare in silenzio, ma questo poco ci importava.
Quando richiusi la porta dietro di noi eravamo quasi completamente nudi;
«Siamo dei pazzi…qualche giorno finiremo che parleranno di noi nelle riunioni di condominio perché ci troveranno a scopare sulle scale», diceva ridendo Dany, ma io non mi preoccupavo assolutamente di questo, lei aveva portato nella mia vita piatta di 40 enne una ventata di freschezza, oltre al fatto che scopava divinamente;
ma in due anni delle nostre frequentazioni qualcosa di diverso dalle mie storie precedenti c'era, di solito dopo meno tempo, le mie partner mi avevano concesso altri privilegi nelle nostre scopate, e se era pur vero che le mie storie fino a quel punto fossero state solo due, e solo una di queste superiore a due anni, era anche vero che in tutti e due i casi avevo avuto il piacere di prendermi anche il loro secondo canale, oltre al fatto che, senza preoccuparmi più di tanto, e con la loro approvazione, riempivo loro molto spesso la gola del mio sperma.
Con Dany la cosa andava in modo diverso, la scopavo in tutti i modi e non c'era posto della casa che non avesse visto il mio cazzo penetrarla, ultimamente poi la prendevo da dietro, le attorcigliavo i capelli lunghissimi tra le mie mani, glieli tiravo con forza e come se stessi cavalcando una cavalla selvaggia le trapanavo la fica facendola gridare dal godimento, e trovavo fantastico completare questo momento inondandole la fica, e poi tirando fuori il cazzo dopo averlo fatto mi piaceva che rimanesse in quella posizione per vedere il rivolo di sperma che usciva dalle sue piccole labbra ancora arrossate dalla scopata.
Ero soddisfatto del nostro rapporto, ma nonostante lei godesse quando usavo la lingua per farla venire, e spesso mi addentrassi con la stessa a massaggiare con piccoli colpetti il suo buchino, ogni altro tentativo di accedere al suo culo mi era sempre stato negato, e anche con i pompini era la stessa cosa, aveva iniziato a farmeli dopo circa un anno da quando ci frequentavano nonostante io mi fossi dato da fare quasi subito con la mia lingua nella sua fica, ma tutto quello che avevo ottenuto anche provando a fare un 69 con me sopra per darle modo di farlo presa dall'eccitazione e prendere il mio seme in bocca, era stata una sega finale fuori dalle sue labbra e una sborrata sulle sue tette ben lontano dalla sua bocca.
Benché il nostro rapporto a me piacesse moltissimo, con lei ero tornato ad essere spigliato, malizioso e libero da inibizioni, non ero mai riuscito a chiederle il motivo per cui lei aveva quel blocco con me, in fin dei conti pensavo che fosse una cosa normale, un do ut des, io ti faccio godere nella mia bocca e tu fai lo stesso con me, visto che molto spesso oltre a succhiare i suoi umori mi trovavo la bocca piena di altri liquidi spruzzati fuori per l'eccitazione di quel momento;
per quanto riguarda il secondo canale non sapevo che scusa inventare se non il fatto che dopo le sarebbe piaciuto anche a lei.
Quel giorno ero deciso a far valere i miei diritti, la spinsi con forza in cucina, e la feci mettere con il busto riverso verso il tavolo, provò una timida reazione ma era evidente che fosse solo una scena per rendere la cosa ancora più piccante;
«Ma che fai? Mi si ghiacceranno le tette su questo tavolo di marmo!»;
ma io ero ormai deciso per la mia strada, le divaricai le gambe, «Ho deciso che oggi farò colazione con te…»;
e tenendola ben schiacciata al tavolo feci in modo che vedesse quello che stavo facendo, presi un bicchiere di nutella che era stato poggiato insieme ad altre cose proprio per la nostra colazione, vi infilai due dita dentro e gliele passai davanti alla bocca, mi chiese cosa volessi fare con un tono molto eccitato di quella che sapeva bene quello che sarebbe successo, con le dita piene di cioccolata iniziai a spalmarle quella crema nel solco nelle natiche e sulle grandi labbra che per l'eccitazione trovai già umide e aperte, continuai molto lentamente con quel mio lavoro mentre lei sospirando mi supplicava di continuare;
quando ebbi finito, le ficcai le dita in gola facendole pulire bene dalla nutella che vi era rimasta attaccata e le sussurrai in un orecchio «Sai…adesso tocca a me pulire tutto», e mi inginocchiai in modo che la mia lingua potesse avere accesso facile alla sua fica, e iniziai il mio lento lavoro di raccolta della nutella dalla sua fica che era ormai fradicia, il sapore della nutella era ormai mischiato a quello dei suoi umori che le colavano lungo le lunghe gambe carnose;
iniziai a risalire seguendo il solco delle sue natiche che avevo riempito di nutella come se fosse un fantastico bignè, le stavo strappando sospiri di massimo godimento, adesso mi implorava di scoparla, ma io avevo ben altro nella mia testa, la mia pulizia doveva essere accurata e, soprattutto, mirata non perdendo di vista il mio obiettivo, così seguendo la strada segnata arrivai con la mia lingua dove apposta avevo fatto cadere dalle mie dita una maggiore quantità di quella crema profumata, iniziai a leccare con voracità, mentre l'odore della nutella si mischiava al profumo del suo corpo facendomi eccitare tanto da avere un'erezione senza che dovessi usare altro;
lentamente il mio lavoro di lingua le aveva scoperto il buchino e che adesso iniziavo a titillare con piccoli colpetti, le mie attenzioni le stavano procurando piacere ma il mio cazzo chiedeva anche la sua parte, così mantenendola in quella posizione le allargai bene le gambe, e puntai il cazzo all'ingresso della fica fradicia, e la infilai in un colpo solo prendendola per i capelli e facendole emettere un grido che sicuramente la vicina sentì.
Adesso la stavo scopando in piedi riversa sul mio tavolo della cucina con le mie mani che le stringevano i fianchi e che le spalmavano i resti della nutella per tutta la schiena, persino i suoi capelli non erano stati salvati da queste mie attenzioni, poi mi feci succhiare ancora il dito sporco di crema e quando lo ebbe ben lubrificato lasciai cadere gocce della mia saliva sul suo buchino, portai il dito all'ingresso ed inizia a massaggiare i muscoli intorno, dopo poco tempo di quelle mie attenzioni anche il suo secondo canale stava cedendo, me ne accorsi quando il mio dito poté infilarsi per pochi centimetri dentro senza problemi;
certo era ancora molto stretto e avrei dovuto lavorare ancora per dilatarlo prima di metterci il cazzo, ma ormai la strada sembrava aperta, e, soprattutto, lei sembrava gradire tutto, anche perché cercavo di distrarla assestandole colpi decisi nella fica che la facevano urlare di piacere e usando delicatezza verso il suo buchino che adesso iniziava ad accogliere non una ma due punte delle mie dita;
provò più volte a farmi smettere da quell'operazione, ma io facevo finta di non sentirla e lentamente affondavo le mie dita nel suo piccolo e stretto sfintere che adesso si mostrava più accogliente e dilatato, a quel punto provai a continuare quella doppia penetrazione affondando le mie dita fino in fondo e alternando questo in sincronia con gli affondi del mio cazzo nella sua fica;
aveva le braccia distese in avanti e si reggeva con le mani al bordo del tavolo mentre io continuavo le mie spinte con il cazzo e con le dita che ormai scivolavano libere dentro quel buco che avevo abilmente reso accogliente.
Se qualcuno mi avesse chiesto quello che più mi piaceva in rapporto sessuale avrei risposto senza ripensamenti il rapporto anale, con una predilezione per quello fatto per la prima volta, avendo avuto la fortuna che questo fosse capitato a me per due volte di seguito;
ora avevo a disposizione la mia terza possibilità di fare di nuovo centro su un culo vergine e aumentare con questo il mio score di vittorie.
Nel periodo trascorso prima di incontrare Daniela era accaduto una volta sola con una donna di 50 anni che mi era stata presentata ad una festa di amici, ubriachi eravamo finiti nel bagno della casa e dopo avermi fatto un pompino, da sola aveva puntato il cazzo sul suo sfintere e si era fatta sfondare allegramente, era evidente che non fosse la sua prima volta e che prenderlo nel culo le piacesse più di ogni altra cosa visto come sbatteva le sue chiappe contro di me, ma io che pensavo che inculare una donna fosse una cosa stupenda sempre, di fronte a quella con tanta esperienza, non provai quasi piacere, devo ammettere che per la prima volta mi sentii usato e continuai fino alla sborrata solo perché lei non mi lasciò altre opportunità.
Da quel momento, anche perché non avevo avuto molte altre possibilità di incontri casuali, misi da parte quella mia passione segreta aspettando che arrivasse il momento giusto per riprenderla, e adesso con Dany era evidente che quel momento era arrivato.
Le mie dita ormai le scivolano dentro con estrema facilità e quello che facevo le stava procurando piacere che dimostrava con gemiti e con implorazioni a continuare, pensai che forse a quel punto fosse pronta, estrassi il cazzo dalla fica grondante e lo poggiai sul suo buco facendole sentire la pressione della mia cappella che cercava di farsi strada dove le mie dita e i miei massaggi l'avevano preparata;
si fermò un secondo contraendo i muscoli dello sfintere negando così l'accesso al mio cazzo che era lì pronto ad entrare come un fidanzato davanti alla porta di casa della ragazza al suo primo appuntamento;
ero convinto che fosse vergine anche lei, ma le sue parole me lo confermarono;
«Ti prego…fermati…non farmi male…non l'ho mai fatto…»;
era una richiesta che mi risuonava familiare, la stessa che circa 10 anni prima aveva fatto Rita mentre stavo per penetrarla, o la raccomandazione di Dimitra quando mi offrì di sverginarla proprio lì;
sapevo anche che dopo un primo momento quella sua paura sarebbe passata sostituita da piacere, ma dovevo adesso convincerla che sarebbe stato così;
«Rilassati, non hai nulla da temere, farò piano, forse all'inizio proverai un leggero fastidio o un po' di dolore, ma ti assicuro che tutto passerà presto se rilassi i tuoi muscoli e lasci che io continui…mi hai capito?»;
fece segno di sì scuotendo la testa, approfittati di quel momento di sua calma per puntare di nuovo la mia cappella contro il suo culo e con un colpo più deciso iniziai a farmi strada dentro il suo stretto passaggio;
lei alla prima parte del mio cazzo che era entrata rispose con un urlo di dolore, provò a mettere le mani dietro per togliersi da quella che le sembrava più una punizione che un momento di piacere;
ma io senza agitarmi e con voce tranquilla, pur sentendo che i suoi muscoli erano tornati a chiudersi sulla mia cappella che era l'unica cosa che fosse riuscita ad entrare continuai a cercare di tranquillizzarla;
«Ecco brava, usa le tue mani, tieni allargate le tue natiche…dai, manca poco…è quasi fatta…», non persi altro tempo e continuai la mia spinta;
non ero certo l'uomo più dedito ad inculate della storia, ma questa volta la cosa non stava andando come era stata per quelle precedenti, Daniela si dimenava, provava a tenere ben aperti i glutei, ma appena iniziavo a spingere urlava di dolore e piangeva ritornando a fare forza con le mani aggrappandosi ai bordi del tavolo e implorandomi di fermarmi;
in un momento di massima disperazione mi disse persino che si sarebbe fatta sborrare in gola piuttosto che continuare a soffrire in quel modo;
sapevo bene quanto quella cosa a lei non piacesse per niente e offrirmela in quel modo significava che le stavo veramente procurando dolore, ma, per quanto quelle sue lamentele mi stessero toccando l'animo e più volte fossi stato tentato di smettere, vedere il suo culo che si stava dilatando al lento passaggio del mio cazzo mi diede la forza di continuare, fino a quando, giunto a metà strada diedi l'ultimo colpo ben assestato per farlo entrare più dentro che potevo; piangendo urlò ancora, riportò le mani indietro cercando di staccarsi da quella presa, ma io la tenevo ben stretta per i fianchi carnosi, e una volta dentro iniziai a pomparla prima lentamente per allargare bene il canale e poi con forza per farle sentire il cazzo entrarle fino allo stomaco;
adesso sì che era fatta, il mio terzo culo vergine era stato profanato, e adesso il mio cazzo si muoveva con facilità e le sue grida di dolore adesso si alternavano con parole sconce che non mi sarei mai aspettato di sentire da lei;
«Dai papino! Sfondami…ti sento…sei dentro al mio culo…fammi sentire il tuo cazzo come si deve…»;
mi sembrava incredibile, cinque minuti prima mi stava implorando piangendo e urlando di fermarmi e adesso era lei a sbattere sul mio cazzo fino alle palle dicendo oscenità che non avevo mai sentito uscire dalla sua bocca.
Continuai senza tregua a scandagliarle il buco del culo fino a quando arrivato allo stremo mi lasciai andare in una copiosa sborrata che iniziata dentro quell'antro si concluse con abbondanti schizzi sulla sua schiena che andarono a mischiarsi ai capelli e alla nutella che era sparsa ancora sul corpo;
e mentre dal suo buco dilatato il mio seme colava fuori mischiato a quello che si trovava in quel tratto di canale, ero talmente eccitato che incurante di qualsiasi cosa mi accasciai sulla sua schiena e iniziai a leccarla raccogliendo quello che trovavo al passaggio della mia lingua.
Ma dopo quella volta mi fu difficilissimo ripetere le gesta di quel giorno, perché nonostante adesso fosse consapevole che non sempre era poi così male e aveva imparato pure lei a godere in questo modo masturbandosi il clitoride mentre il mio cazzo le rovistava il bel culo pieno, le volte che mi concesse di profanarle di nuovo il culo si poterono contare nelle dita di una mano;
e nonostante le avessi dichiarato il mio desiderio più volte di farmi finire i pompini sborrandogli in gola, l'unica concessione che ebbi fu di spargerle il mio seme sulle tette per poi essere guidato da lei a baciarle e solo dopo averla pulita in ogni angolo, a concedermi un bacio dove la sua lingua completava la pulizia iniziata dalla mia.
Il nostro rapporto durò per altri tre anni fino a quando a Dany non si presentò l'occasione che stava aspettando da tempo, la sua ONG le affidò un importante incarico in Africa equatoriale, non doveva solo insegnare come lei desiderava, ma era stata nominata a capo di tutta la delegazione e responsabile della scolarizzazione in quella zona.
Provammo ad andare avanti così per un po' di tempo, ma di certo la distanza tra Bari e Milano non era la stessa tra Milano e l'Africa, e i nostri incontri si diradarono considerevolmente come anche le telefonate sostituite spesso da mail che descrivevano quello che stavamo facendo e lei mi raccontava dei successi che stava ottenendo in quel posto.
Per cui, dopo un po' di tempo passato in questo modo, di comune accordo decidemmo di sospendere la nostra storia, pur non avendo reali ragioni personali per farlo.
Quando mi sono ritrovato con lei dopo alcuni anni passati senza vederci e sentirci, era a Milano per tenere una conferenza per conto dell'organizzazione, fu allora che mi presentò il suo fidanzato, un medico africano che oggi è suo marito;
ci abbracciammo sotto gli occhi dell'uomo come avrebbero fatto due vecchi amici, lei facendo attenzione a non farsi vedere si avvicinò al mio orecchio sussurrandomi: «Se sei curioso di sapere come sia lui, sappi che credo sia vero quello che si dice sulle dimensioni degli uomini di colore, con lui è stato come perdere la mia verginità per la seconda volta, solo che grazie a te questa volta sapevo bene cosa fare»;
mi sorrise e mi diede un bacio sulla guancia e andò via abbracciata con il suo dottore.
Non l'ho più vista da allora, ma ogni tanto mia arriva una sua mail dove mi racconta di quello che sta facendo e di come i suoi tre figli stiano crescendo liberi in mezzo alla natura.
scritto il
2022-10-06
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