Il rugbista
di
LittleDreamer
genere
gay
Tutto comincia in una modesta palestra di periferia. Spinto dal desiderio di migliorare la mia forma fisica e di piacere a qualcuno, mi iscrissi in questo centro fitness in cui sapevo non ci fosse molta gente, per cui avrei potuto allenarmi in tranquillità. Fu proprio qui che mi sbagliai. Dopo circa una settimana che frequentavo il centro, annoiato a pedalare e a correre come un criceto, mi si parà davanti una visione maestosa. Un ragazzo sui 28 anni, alto, biondo, ben piazzato e dai lineamenti marcati, con un paio di shorts con la scritta AS Rugby. Da lì ricollegai la sua eccezionale forma fisica allo sport che praticava. Non riuscii a capire se fosse gay o meno e soprattutto, cosa che ancora più mi importava, se gli piacessi io. In ogni caso non riuscivo a smettere di guardarlo mentre sollevava pesi e contraeva quei muscoli forti. Ad ogni movimento le spalle e le cosce si ingrossavano, delineando un muscolo ben allenato e sodo. Inoltre il suo abbigliamento da rugbista, tutto così stretto ed attillato, suscitava in me una strana attenzione e faceva intravedere un arnese di degno rispetto.
Spesso dovetti interrompere gli allenamenti perché avevo continue erezioni ammirandolo, così deciso di andare in palestra la sera tardi, sicuro del fatto che lui non ci fosse. È questa fu la seconda volta che mi sbagliai.
Era un mercoledì di novembre, il tempo fuori era freddo e nebbioso. Saranno state le 10 quando varcai la soglia della struttura e all'interno vi era solo il titolare che mi accolse con un sorriso ed il suo solito "ciao". Mi cambiai, indossai i miei pantaloncini da calcio, i miei calzettoni, una canotta larga e, con le cuffie nelle orecchie mi misi a fare una ventina di minuti di corsa. All'improvviso il rilevatore di battiti cardiaci rilevò un picco, la porta si era aperta e spuntò lui, il rugbista, avvolto in sciarpa e cappellino di lana. Il titolare andò verso di lui con un mazzo di chiavi in mano e gli disse:" quando hai finito chiudi e lascia le chiavi al solito posto, a domani".
Non ci potevo credere, ero da solo con lui. Mi vide, si avvicinò e si presentò come Ale. Non parlammo affatto durante la sera, io ero troppo imbarazzato e lui, avendolo capito, se ne stette sulle sue.
Finiti gli esercizi mi fiondai nello spogliatoio. Aveva un odore di borotalco che mi ricordava una casa di montagna, finalmente mi rilassai un po'. Mi spogliai e andai sotto un getto di acqua bollente. Tra il rumore della doccia ed il mio canticchiare non percepii che Ale era entrato nello spogliatoio e si era messo a fare la doccia davanti a me. Vidi il suo pene statuario e la sola visione fece ingrossare il mio. Avevo una tale eccitazione in corpo che il mio ano stava letteralmente bruciando, avrei fatto di tutto in quel momento per averlo.
Improvvisamente si girò e mi squadrò. Vide il mio pene in tiro ed il pensai " adesso mi ammazza di botte", invece si avvicinò con un sorriso da malandrino e mi toccò, dicendo "per stasera è tuo se lo vuoi".
Quando mi ripresi dallo stupore il suo cazzo era già duro. Mi inginocchiai, lo presi, lo guardai e cominciai a leccare la cappella, gonfia, rossa e pulsante. Con la lingua passai più e più volte nel buchino, per assaporare il liquido che ne usciva e poi lo infilai tutto in bocca. Nel frattempo toccavo quelle sue forme da adone, il suo culo di marmo, i suoi addominali scolpiti e le sue palle di ferro. Continuavo a succhiare e leccare quel pene di cui non sarei mai stato sazio, lo spingevo sempre più in fondo in gola, fino a che non toccai con le labbra il suo addome. Lui emetteva gemiti di piacere sempre più forti e mi ripeteva di continuare. Io non smettevo di pompare. Quando stava per venire mi disse di lasciargli il pene ma io mi rifiutai, anzi lo presi tutto in bocca fino in gola e senti un fluido caldo e dolce andare giù per la mia gola, uno, due, tre, quattro schizzi. Quando ebbe finito, lo sfilai dalla bocca, feci un po' di risucchio per ripulire quello che rimaneva e che ancora usciva dal buchino. Mi disse grazie, mi diede un bacio in fronte e tornò a farsi la doccia.
Io ero in un mix tra il contento ed il deluso, speravo che mi dicesse altro ma non fu così. Lo lasciai sotto la doccia e mi andai a rivestire, pronto per andarmene. Mi diressi verso l'uscita, dissi un ciao generico che rimbombò nella palestra deserta e spinsi la maniglia antipanico per uscire. La porta era chiusa, bloccata. Sentii un paio di braccia che mi abbracciarono avvolte in un accappatoio e che mi strinsero forte, con una voce che sussurrò "credi di poter andare via così, dopo quello che mi hai fatto? Ora tocca a me!" Mi sollevò e di peso mi riportò nello spogliatoio. Mi adagiò su di una panca e mi spogliò. Il suo arnese era di nuovo duro e ...potete immaginare il resto.
Spesso dovetti interrompere gli allenamenti perché avevo continue erezioni ammirandolo, così deciso di andare in palestra la sera tardi, sicuro del fatto che lui non ci fosse. È questa fu la seconda volta che mi sbagliai.
Era un mercoledì di novembre, il tempo fuori era freddo e nebbioso. Saranno state le 10 quando varcai la soglia della struttura e all'interno vi era solo il titolare che mi accolse con un sorriso ed il suo solito "ciao". Mi cambiai, indossai i miei pantaloncini da calcio, i miei calzettoni, una canotta larga e, con le cuffie nelle orecchie mi misi a fare una ventina di minuti di corsa. All'improvviso il rilevatore di battiti cardiaci rilevò un picco, la porta si era aperta e spuntò lui, il rugbista, avvolto in sciarpa e cappellino di lana. Il titolare andò verso di lui con un mazzo di chiavi in mano e gli disse:" quando hai finito chiudi e lascia le chiavi al solito posto, a domani".
Non ci potevo credere, ero da solo con lui. Mi vide, si avvicinò e si presentò come Ale. Non parlammo affatto durante la sera, io ero troppo imbarazzato e lui, avendolo capito, se ne stette sulle sue.
Finiti gli esercizi mi fiondai nello spogliatoio. Aveva un odore di borotalco che mi ricordava una casa di montagna, finalmente mi rilassai un po'. Mi spogliai e andai sotto un getto di acqua bollente. Tra il rumore della doccia ed il mio canticchiare non percepii che Ale era entrato nello spogliatoio e si era messo a fare la doccia davanti a me. Vidi il suo pene statuario e la sola visione fece ingrossare il mio. Avevo una tale eccitazione in corpo che il mio ano stava letteralmente bruciando, avrei fatto di tutto in quel momento per averlo.
Improvvisamente si girò e mi squadrò. Vide il mio pene in tiro ed il pensai " adesso mi ammazza di botte", invece si avvicinò con un sorriso da malandrino e mi toccò, dicendo "per stasera è tuo se lo vuoi".
Quando mi ripresi dallo stupore il suo cazzo era già duro. Mi inginocchiai, lo presi, lo guardai e cominciai a leccare la cappella, gonfia, rossa e pulsante. Con la lingua passai più e più volte nel buchino, per assaporare il liquido che ne usciva e poi lo infilai tutto in bocca. Nel frattempo toccavo quelle sue forme da adone, il suo culo di marmo, i suoi addominali scolpiti e le sue palle di ferro. Continuavo a succhiare e leccare quel pene di cui non sarei mai stato sazio, lo spingevo sempre più in fondo in gola, fino a che non toccai con le labbra il suo addome. Lui emetteva gemiti di piacere sempre più forti e mi ripeteva di continuare. Io non smettevo di pompare. Quando stava per venire mi disse di lasciargli il pene ma io mi rifiutai, anzi lo presi tutto in bocca fino in gola e senti un fluido caldo e dolce andare giù per la mia gola, uno, due, tre, quattro schizzi. Quando ebbe finito, lo sfilai dalla bocca, feci un po' di risucchio per ripulire quello che rimaneva e che ancora usciva dal buchino. Mi disse grazie, mi diede un bacio in fronte e tornò a farsi la doccia.
Io ero in un mix tra il contento ed il deluso, speravo che mi dicesse altro ma non fu così. Lo lasciai sotto la doccia e mi andai a rivestire, pronto per andarmene. Mi diressi verso l'uscita, dissi un ciao generico che rimbombò nella palestra deserta e spinsi la maniglia antipanico per uscire. La porta era chiusa, bloccata. Sentii un paio di braccia che mi abbracciarono avvolte in un accappatoio e che mi strinsero forte, con una voce che sussurrò "credi di poter andare via così, dopo quello che mi hai fatto? Ora tocca a me!" Mi sollevò e di peso mi riportò nello spogliatoio. Mi adagiò su di una panca e mi spogliò. Il suo arnese era di nuovo duro e ...potete immaginare il resto.
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