Macchiato caldo
di
Gioia73
genere
etero
Oggi vado in centro. Devo far vedere a Sofia, la mia migliore amica, gli ultimi acquisti che ho fatto online. Acquisti giocosi… gadget erotici molto divertenti. Ho acquistato un meraviglioso finto rossetto che stimola il clitoride che è un piacere. Nel vero senso della parola. Per non parlare di uno splendido succhia clitoride, rosa shocking, che sembra in tutto e per tutto un membro maschile. Ogni volta che lo appoggio penso che sarebbe stato interessante se invece di rosa lo avessero colorato un po’ più scuro. La mente mi ricorda un detto di un’amica americana che mi ha sempre colpito: “once black, never back”...
Sofia ride un sacco quando le faccio vedere i miei nuovi giochi. Mi conosce da quando eravamo giovanissime e si diverte con me pensando, non so, a situazioni in cui utilizzarli oppure alle espressioni del viso di qualche amico comune a cui svelare un piccolo innocuo segreto e con cui trascorrere qualche uggioso pomeriggio invernale.
Finito di mangiare, decido di fare due passi in zona. È sempre bello passeggiare lungo le vie del centro. “Milàn l’è un gran Milàn” è un’espressione spesso azzeccatissima. Mi ispirano tutti questi uomini del mondo della finanza in completo grigio. Sono, è vero, un po’ impettiti, ma mi ispirano curiosità: mi sono sempre domandata se, oltre che uomini, riescono ad essere sufficientemente maschi e “rigidi” nel momento del bisogno. Incrocio lo sguardo di uno di questi, me lo immagino mentre fa le veci del mio fidato succhia clitoride e gli sorrido. Chissà cosa penserà… Rido da sola.
Ho tanta voglia di un caffè. Già che sono qui, mando un messaggio a Marco. Magari ha tempo per un caffè. Dico magari perché, visto che anche lui lavora nel mondo della finanza, è sempre sul pezzo h24, manco dovesse salvare il mondo... Stranamente mi risponde velocemente e ci mettiamo d’accordo per vederci da Starbucks.
Entro da Starbucks e mi metto in fila. C’è un sacco di gente. Davanti a me una coppia di ragazzi, dietro una famiglia giovane con due figli. Ho la sensazione che il giovane padre stia pensando a tutt’altro mentre lei gli chiede cosa vuole prendere. Io aspetto Marco, che non arriva. Faccio cadere, quasi per sbaglio, una banconota e mi chino in avanti. La gonna mi sale. So che se non mi piego, chi mi sta dietro vede le mie autoreggenti e decido di non piegarmi. Oggi mi sento un po’ birichina. Sono quasi alla cassa e ho ormai deciso che non prendo il caffè a Marco così impara: non si fanno aspettare le signore!
Arriva finalmente il mio turno e lui, così all’improvviso, appare, bello come il sole. Arriva da dietro e con una, come dire, “dolce violenza”, mi sposta per pagare. “Cosa prendi?”. Il suo corpo è totalmente appoggiato al mio e sento perfettamente la tensione dei suoi muscoli e il suo profumo. Vorrei rispondergli “Prendo te… ripetutamente, se possibile, in più orifizi ed in più posizioni”, ma mi mordo la lingua e dico “Io un macchiato, grazie”. Sento il suo odore salire nelle narici ed entrarmi nel cervello. È uno dei pochi uomini che riesce a tenermi testa, anche nelle piccole cose. Entra in scena e si sente che è arrivato. Te lo fa sentire. È maschio in tutto quello che fa. E lei, la “mia lei” lo riconosce. È già emozionata. In tensione. E bagnata.
Mi sento sdoppiata. A volte penso che la mia lei proceda per conto suo. Se penso che io Marco non lo sopporto più, da qualche settimana, non capisco come faccio a sentire i brividi lungo la schiena. Non si è comportato particolarmente bene le ultime volte e ho deciso che non avrei più subito il suo fascino. Impresa facile a parole, difficile nei fatti. Mentre aspettiamo i nostri caffè, parliamo del più e del meno. Come buoni amici insomma. Finalmente i caffè arrivano e cerchiamo un tavolino dove sederci. Non c’è molto posto libero. Dietro alla scala che porta al piano superiore hanno recuperato un angolo molto angusto. Un pertugio che quasi non si nota. Per questo motivo è libero. Decidiamo di sederci lì e di fare due chiacchiere. Mentre appoggio la tazzina al tavolo, mi cadono bustina di zucchero e cioccolatino. Come cameriera sarei un vero disastro. Mi abbasso per raccoglierli, senza rendermi conto di essere molto vicina a Marco. Troppo. Marco mi guarda, allunga una mano e con un dito mi alza il mento. È un gesto gentile e delicato che mi fa alzare lo sguardo. Lo faccio lentamente. Mi rendo conto di essere distratta dalla sua cintura e da quello che c’è sotto. Sono all’altezza giusta e fatico a pensare ad altro. Ho un’attrazione particolare per il “suo lui”. Poi incontro i suoi occhi e li sento entrare dentro di me. Mi alzo, dimenticando di prendere zucchero e cioccolatino e ci sediamo entrambi.
Riprendiamo a parlare e, dopo un po’, Marco mi dice “Vedo che non usi lo zucchero, ma il cioccolatino non lo vuoi?” Solo allora mi ricordo che il mio è caduto e nell’agitazione di quanto accaduto, mi sono dimenticata di raccoglierlo. Guardo sotto il tavolo. Il cioccolatino è sotto Marco. Proprio in mezzo ai suoi piedi. Guardo Marco. Lui mi guarda. Vede il cioccolatino. Apre la cerniera dei pantaloni. Mi dice “Puoi prenderlo tranquillamente. Qui non ti vede nessuno”. Rimango basita. Non so bene se stia parlando del cioccolatino o di altro. Non riesco a trattenermi. Mi abbasso con la testa in mezzo alle sue gambe. Sento le sue mani sulla mia testa. Indossa, come sempre i boxer. Il suo cazzo è uscito dall’apertura sul davanti. Comincio a leccarlo avidamente. Mi scoccia tremendamente ammetterlo, ma mi mancava… Ho voglia di ingoiarlo, ma non voglio fare le cose troppo di fretta. E soprattutto non so se voglio farlo venire. Non se lo merita. Mentre lo ingoio e lo succhio con passione, penso a quanto mi piace avere il suo cazzo in bocca. Mi piacerebbe guardarlo mentre lo faccio, ma in questa posizione non riesco. Lui mi dà il ritmo con una mano appoggiata sulla mia testa, mentre con l’altra mi ha scostato i capelli. Sta guardando il suo cazzo sparire nella mia bocca. Che maiale. Mi fa impazzire, ma non gliela voglio dare vinta, non questa volta. Mentre sento che sta per scoppiare, mi fermo. “Tesoro, non vorrai divertirti solo tu, vero?” gli dico. “Primo bagno delle donne.”
Prendo la borsa e scendo dalla scala di fianco al nostro tavolo, verso i servizi. Entro nel bagno delle donne, prima porta. Dando le spalle alla porta, mi piego in avanti, mi tolgo lo slip e alzo la gonna. Sono a novanta, bagnata fradicia e vogliosa di riceverlo. Dopo poco sento dei passi e qualcuno che entra nel mio bagno. Si chiude la porta alle spalle. Sento una zip abbassarsi. Mi penetra con forza. Oggi è particolarmente grosso, e largo. Lo sento nelle pareti della vagina. Mi sta dilatando. La mia lei fa quasi fatica, ma è una fatica a cui non rinuncerei nemmeno se mi facesse male. Pompa con passione, il ragazzo. Esce un secondo prima di venire e mi sento spruzzare addosso… uno, due, tre getti almeno… una quantità di sperma incredibile. Sto per girarmi e lui è già uscito. “Bel cafone”, penso “ecco perché non lo sopporto più. Pensa solo a sé stesso.” Non faccio a tempo a finire il pensiero, che Marco entra in bagno. “Quindi? Il nostro amico è stato bravo?” Rimango un secondo senza fiato. “Come, scusa?” “Ti piace fare la zoccola e non volevi farmi venire, vero? Ti ho trattato da zoccola…. Adesso siamo pari. Torniamo tu e io. Ho ancora voglia di te. ”
È pazzesco, ma quando mi tratta così non riesco a pensare ad altro se non che lo adoro, che mi fa impazzire. Ho voglia di essere sua. Ho voglia di farlo godere, ancora e ancora. E infatti, visto che sono senza mutande e piena dello sperma del suo amico sulla pelle, lo faccio sedere, mi siedo sopra di lui. Ho voglia di baciarlo. Prendo il suo cazzo in mano e me lo infilo. Mi piace sentirlo dentro. Lui mi guarda, ma non mi bacia. Mi scopa con gli occhi. Sono ancora più eccitata di prima. Mi fa alzare, mi fa girare. Mentre mi fa girare, mi tiene con una mano. Due dita tengono saldamente il mio clitoride. Lo stringono a tratti. Mi fa sobbalzare. Con l’altra mano prende qualcosa in tasca, sembra crema, mi massaggia il buco del sedere mentre si avvicina con la bocca al mio collo. Ho i brividi. Riesce veramente a farmi perdere il controllo. Sto per venire e in quel momento lo sento entrare dentro di me, lo sento nel sedere, tutto, fino in fondo. Ho voglia di urlare, ma non posso. “Morditi le labbra, in silenzio”. Vorrei che questo momento non finisse mai. Il mio corpo è pervaso da scariche elettriche. Non riesco a controllarlo. Fatico a reggermi in piedi. Veniamo entrambi. Sento il suo sperma caldo inondarmi le viscere. Si sfila da dentro di me, mi gira e mi accarezza il viso. È tremendamente sexy e io mi rendo conto di essere pazza di lui.
Ci ricomponiamo, saliamo le scale e usciamo. Lo saluto con un sorriso “Decisamente gustoso il cioccolatino di Starbucks. Quando rifacciamo?”
Sofia ride un sacco quando le faccio vedere i miei nuovi giochi. Mi conosce da quando eravamo giovanissime e si diverte con me pensando, non so, a situazioni in cui utilizzarli oppure alle espressioni del viso di qualche amico comune a cui svelare un piccolo innocuo segreto e con cui trascorrere qualche uggioso pomeriggio invernale.
Finito di mangiare, decido di fare due passi in zona. È sempre bello passeggiare lungo le vie del centro. “Milàn l’è un gran Milàn” è un’espressione spesso azzeccatissima. Mi ispirano tutti questi uomini del mondo della finanza in completo grigio. Sono, è vero, un po’ impettiti, ma mi ispirano curiosità: mi sono sempre domandata se, oltre che uomini, riescono ad essere sufficientemente maschi e “rigidi” nel momento del bisogno. Incrocio lo sguardo di uno di questi, me lo immagino mentre fa le veci del mio fidato succhia clitoride e gli sorrido. Chissà cosa penserà… Rido da sola.
Ho tanta voglia di un caffè. Già che sono qui, mando un messaggio a Marco. Magari ha tempo per un caffè. Dico magari perché, visto che anche lui lavora nel mondo della finanza, è sempre sul pezzo h24, manco dovesse salvare il mondo... Stranamente mi risponde velocemente e ci mettiamo d’accordo per vederci da Starbucks.
Entro da Starbucks e mi metto in fila. C’è un sacco di gente. Davanti a me una coppia di ragazzi, dietro una famiglia giovane con due figli. Ho la sensazione che il giovane padre stia pensando a tutt’altro mentre lei gli chiede cosa vuole prendere. Io aspetto Marco, che non arriva. Faccio cadere, quasi per sbaglio, una banconota e mi chino in avanti. La gonna mi sale. So che se non mi piego, chi mi sta dietro vede le mie autoreggenti e decido di non piegarmi. Oggi mi sento un po’ birichina. Sono quasi alla cassa e ho ormai deciso che non prendo il caffè a Marco così impara: non si fanno aspettare le signore!
Arriva finalmente il mio turno e lui, così all’improvviso, appare, bello come il sole. Arriva da dietro e con una, come dire, “dolce violenza”, mi sposta per pagare. “Cosa prendi?”. Il suo corpo è totalmente appoggiato al mio e sento perfettamente la tensione dei suoi muscoli e il suo profumo. Vorrei rispondergli “Prendo te… ripetutamente, se possibile, in più orifizi ed in più posizioni”, ma mi mordo la lingua e dico “Io un macchiato, grazie”. Sento il suo odore salire nelle narici ed entrarmi nel cervello. È uno dei pochi uomini che riesce a tenermi testa, anche nelle piccole cose. Entra in scena e si sente che è arrivato. Te lo fa sentire. È maschio in tutto quello che fa. E lei, la “mia lei” lo riconosce. È già emozionata. In tensione. E bagnata.
Mi sento sdoppiata. A volte penso che la mia lei proceda per conto suo. Se penso che io Marco non lo sopporto più, da qualche settimana, non capisco come faccio a sentire i brividi lungo la schiena. Non si è comportato particolarmente bene le ultime volte e ho deciso che non avrei più subito il suo fascino. Impresa facile a parole, difficile nei fatti. Mentre aspettiamo i nostri caffè, parliamo del più e del meno. Come buoni amici insomma. Finalmente i caffè arrivano e cerchiamo un tavolino dove sederci. Non c’è molto posto libero. Dietro alla scala che porta al piano superiore hanno recuperato un angolo molto angusto. Un pertugio che quasi non si nota. Per questo motivo è libero. Decidiamo di sederci lì e di fare due chiacchiere. Mentre appoggio la tazzina al tavolo, mi cadono bustina di zucchero e cioccolatino. Come cameriera sarei un vero disastro. Mi abbasso per raccoglierli, senza rendermi conto di essere molto vicina a Marco. Troppo. Marco mi guarda, allunga una mano e con un dito mi alza il mento. È un gesto gentile e delicato che mi fa alzare lo sguardo. Lo faccio lentamente. Mi rendo conto di essere distratta dalla sua cintura e da quello che c’è sotto. Sono all’altezza giusta e fatico a pensare ad altro. Ho un’attrazione particolare per il “suo lui”. Poi incontro i suoi occhi e li sento entrare dentro di me. Mi alzo, dimenticando di prendere zucchero e cioccolatino e ci sediamo entrambi.
Riprendiamo a parlare e, dopo un po’, Marco mi dice “Vedo che non usi lo zucchero, ma il cioccolatino non lo vuoi?” Solo allora mi ricordo che il mio è caduto e nell’agitazione di quanto accaduto, mi sono dimenticata di raccoglierlo. Guardo sotto il tavolo. Il cioccolatino è sotto Marco. Proprio in mezzo ai suoi piedi. Guardo Marco. Lui mi guarda. Vede il cioccolatino. Apre la cerniera dei pantaloni. Mi dice “Puoi prenderlo tranquillamente. Qui non ti vede nessuno”. Rimango basita. Non so bene se stia parlando del cioccolatino o di altro. Non riesco a trattenermi. Mi abbasso con la testa in mezzo alle sue gambe. Sento le sue mani sulla mia testa. Indossa, come sempre i boxer. Il suo cazzo è uscito dall’apertura sul davanti. Comincio a leccarlo avidamente. Mi scoccia tremendamente ammetterlo, ma mi mancava… Ho voglia di ingoiarlo, ma non voglio fare le cose troppo di fretta. E soprattutto non so se voglio farlo venire. Non se lo merita. Mentre lo ingoio e lo succhio con passione, penso a quanto mi piace avere il suo cazzo in bocca. Mi piacerebbe guardarlo mentre lo faccio, ma in questa posizione non riesco. Lui mi dà il ritmo con una mano appoggiata sulla mia testa, mentre con l’altra mi ha scostato i capelli. Sta guardando il suo cazzo sparire nella mia bocca. Che maiale. Mi fa impazzire, ma non gliela voglio dare vinta, non questa volta. Mentre sento che sta per scoppiare, mi fermo. “Tesoro, non vorrai divertirti solo tu, vero?” gli dico. “Primo bagno delle donne.”
Prendo la borsa e scendo dalla scala di fianco al nostro tavolo, verso i servizi. Entro nel bagno delle donne, prima porta. Dando le spalle alla porta, mi piego in avanti, mi tolgo lo slip e alzo la gonna. Sono a novanta, bagnata fradicia e vogliosa di riceverlo. Dopo poco sento dei passi e qualcuno che entra nel mio bagno. Si chiude la porta alle spalle. Sento una zip abbassarsi. Mi penetra con forza. Oggi è particolarmente grosso, e largo. Lo sento nelle pareti della vagina. Mi sta dilatando. La mia lei fa quasi fatica, ma è una fatica a cui non rinuncerei nemmeno se mi facesse male. Pompa con passione, il ragazzo. Esce un secondo prima di venire e mi sento spruzzare addosso… uno, due, tre getti almeno… una quantità di sperma incredibile. Sto per girarmi e lui è già uscito. “Bel cafone”, penso “ecco perché non lo sopporto più. Pensa solo a sé stesso.” Non faccio a tempo a finire il pensiero, che Marco entra in bagno. “Quindi? Il nostro amico è stato bravo?” Rimango un secondo senza fiato. “Come, scusa?” “Ti piace fare la zoccola e non volevi farmi venire, vero? Ti ho trattato da zoccola…. Adesso siamo pari. Torniamo tu e io. Ho ancora voglia di te. ”
È pazzesco, ma quando mi tratta così non riesco a pensare ad altro se non che lo adoro, che mi fa impazzire. Ho voglia di essere sua. Ho voglia di farlo godere, ancora e ancora. E infatti, visto che sono senza mutande e piena dello sperma del suo amico sulla pelle, lo faccio sedere, mi siedo sopra di lui. Ho voglia di baciarlo. Prendo il suo cazzo in mano e me lo infilo. Mi piace sentirlo dentro. Lui mi guarda, ma non mi bacia. Mi scopa con gli occhi. Sono ancora più eccitata di prima. Mi fa alzare, mi fa girare. Mentre mi fa girare, mi tiene con una mano. Due dita tengono saldamente il mio clitoride. Lo stringono a tratti. Mi fa sobbalzare. Con l’altra mano prende qualcosa in tasca, sembra crema, mi massaggia il buco del sedere mentre si avvicina con la bocca al mio collo. Ho i brividi. Riesce veramente a farmi perdere il controllo. Sto per venire e in quel momento lo sento entrare dentro di me, lo sento nel sedere, tutto, fino in fondo. Ho voglia di urlare, ma non posso. “Morditi le labbra, in silenzio”. Vorrei che questo momento non finisse mai. Il mio corpo è pervaso da scariche elettriche. Non riesco a controllarlo. Fatico a reggermi in piedi. Veniamo entrambi. Sento il suo sperma caldo inondarmi le viscere. Si sfila da dentro di me, mi gira e mi accarezza il viso. È tremendamente sexy e io mi rendo conto di essere pazza di lui.
Ci ricomponiamo, saliamo le scale e usciamo. Lo saluto con un sorriso “Decisamente gustoso il cioccolatino di Starbucks. Quando rifacciamo?”
8
voti
voti
valutazione
3.9
3.9
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Fantasie metropolitane
Commenti dei lettori al racconto erotico