La nostra storia 2

di
genere
dominazione

Cap 2
La stroria continua

L’amicizia con Marco continuò e si rafforzò negli anni. Posso dire che per me è il migliore amico e credo che sia così anche per lui e forse proprio per questo abbiamo potuto fare cose che diversamente non avremmo mai avuto il coraggio di fare.
Nei mesi seguenti al nostro primo rapporto continuammo a frequentarci come se nulla fosse successo, ovviamente non perdevamo l’occasione di sfidarci vicendevolmente ed io in particolare non perdevo occasione per metterlo in condizione di “punirmi”.
Ovviamente sia a causa del suo lavoro che del mio frequentare l’università, le occasioni di vederci da soli non erano tantissime e quelle in cui poter combinare qualcosa ancora meno. Senza contare che, sebbene attirati dall’opportunità di fare esperienze inconsuete e sfogarci sessualmente, rimaneva forte il freno morale, la consapevolezza di fare qualcosa di socialmente non accettato e l’incapacità di comprendere se eravamo “gay” o “depravati” (la consapevolezza sulla bisessualità, sulla possibilità di provare piacere in modo neutro rispetto al genere venne molto dopo).

I nostri incontri intimi erano comunque molto rari e potevano passare tre o quattro mesi tra l’uno e l’altro e talvolta anche di più. Si era, però, già innescata una dinamica abbastanza chiara: Marco era l’attivo ed io il passivo. All’inizio avevo provato a richiedere a Marco di poter giocare anch’io un ruolo attivo o di essere “pagato” quando vincevo qualche scommessa con prestazioni sessuali, ma nonostante qualche successo iniziale avevo capito ben presto che se volevo continuare il rapporto dovevo accettare di essere passivo e consentire a Marco di auto convincersi che chi è attivo non è “strano”, ma semplicemente sfoga un proprio istinto. Ricordo una sera che Marco doveva consegnare alcune piante in una località poco distante dal vivaio e mi chiese di accompagnarlo con il furgone. Ovviamente non persi l’occasione.
Partimmo, e come sempre avveniva cominciammo a stuzzicarci, il rituale era abbastanza consolidato, si cominciava raccontandoci di come andava con le nostre rispettive fidanzate; di cosa si era fatto, di cosa non volevano fare, il racconto dell’ultima scopata e così via. Poi la frase di rito “basta parlare di queste cose che poi va a finire male”, ma in verità è proprio lì che si voleva arrivare … . La frase: “Aprimi i pantaloni e tiramelo fuori” era la naturale conseguenza.
Così io rapidamente aprii la patta dei suoi pantaloni ed estrassi il suo cazzo già abbastanza in tiro e con la mano sinistra cominciai a segarglielo. Pensavo che Marco avrebbe accostato in qualche strada laterale, ma quello che mi chiese mi lasciò stupito. “chinati e prendilo in bocca”, “ma stai guidando ci vedono” gli risposi. “fai come ti dico, vai giù e prendilo in bocca”. Ovviamente feci come richiesto, mi distesi sul sedile e cominciai un lento pompino. Intanto Marco come se niente fosse continuava a guidare ed ogni tanto quando stavamo per incrociare una macchina sentivo la sua mano premere sulla mia nuca per impedirmi di risalire proprio nel momento in cui i fari ci illuminavano.
Fortunatamente il furgoncino era abbastanza alto rispetto alle altre auto, ma certo più basso di altri camion che ci incrociarono, ciò nonostante mi tenne sempre appoggiato alle sue gambe ed io continuai il mio sapiente lavoro di bocca. Ormai ero diventato “abbastanza bravo” come diceva lui, sapevo cosa gli piaceva, affondavo il suo cazzo nella mia bocca senza mai prenderlo con le mani e lavorando velocemente con la lingua continuavo a spingerlo sempre più in profondità. “Sei meglio della mia fidanzata” mi diceva, ed io continuavo felice tutto questo fino a quando, rallentando la guida, ma aumentando il ritmo del pompino non mi inondò la bocca del suo sperma. “cazzo Marco, lo sai che non voglio” gli dissi, dopo essermi rialzato e aver sputato in un fazzolettino, “ non fare tanto lo schizzinoso alla fine dovrai imparare a berla” mi disse ridendo.

Un’altra volta accompagnai Marco e sua sorella Carla, la mia amica, oltre Varazze per ritirare un carico di fiori per il vivaio. Il programma prevedeva di arrivare a destinazione, caricare il furgone, dormire in loco e ripartire il mattino successivo. Essendo ormai estate, ed io libero da esami, mi aggregai molto volentieri.
Arrivati a destinazione e caricato il furgone, ci dirigemmo nel vicino paese per mangiare qualcosa e fare una passeggiata sul lungomare, nulla di speciale giusto per far venire ora di coricarci. Ci avevano sistemato in una stanza attigua al vivaio in realtà un deposito ma, sapendolo, ci eravamo attrezzati con materassini e sacco a pelo. Ci disponemmo io al centro e Carla e Marco ai miei lati. Vista la situazione non pensavo si potesse fare gran che e quindi mi accinsi a dormire, ma mi sbagliavo. Mentre io ero sistemato di schiena Marco, si mise in pancione e subito dopo sentii la sua mano che mi accarezzava il pacco e lentamente mi calava il pigiama e i boxer.
Preoccupato per la situazione che si stava creando, mi girai di fianco verso Carla, ma la situazione peggiorò avendo così offerto il sedere alla mano di Marco che incoraggiato da quello che a lui sembrò un invito cominciò a stuzzicarmi il buco. Poco dopo sentii la sua mano appoggiata alla mia bocca e l’indice a forzare le mie labbra così da bagnarlo e facilitargli il lavoro. Le dita di Marco cominciarono un lungo lavoro di intrusione dentro di me con un lento movimento rotatorio che mi faceva impazzire.
Io restavo immobile con gli occhi fissi sul volto di Carla, grondando di sudore e con il terrore che aprisse gli occhi. Mi girai quindi intenzionato a porre fine alla cosa ma Marco guardandomi fisso negli occhi mi indirizzo rapidamente a prendere in bocca il suo grosso membro cosa che prontamente feci nell’illusione di farlo venire subito. Marco non venne anzi, per non fare rumore, non si muoveva limitandosi a tenere premuta la mia testa sul suo pacco così da prolungare il pompino al massimo. Quando poi Carla cambiò posizione voltandosi e dandoci la schiena sentii le mani di Marco girarmi nuovamente di fianco. Il suo respiro sul mio collo si fece più vicino e sentii il suo petto appoggiarsi alla mia schiena. Lentamente il cazzo di Marco ampiamente inumidito dal mio precedente lavoro di bocca si fece strada nel mio buco, mentre con la gamba mi avvolgeva per impedirmi di muovermi.
La posizione non consentiva a Marco di fare grandi affondi dentro di me, ma continuava a penetrarmi fino alla radice del suo lungo cazzo per poi uscire lentamente e rientrare di nuovo in un interminabile avanti-indietro. Avrei voluto guaire a ogni affondo ma non era possibile e a ogni buon conto Marco mi teneva la sua forte mano sulla bocca. La situazione eccitante e il lungo pompino diedero i loro frutti, sentii Marco irrigidirsi il suo cazzo pulsare e lunghi fiotti di sperma riempirmi fino all’orlo.

Quando riuscivamo, ci incontravamo a casa sua o da me o in un piccolo appartamentino che i suoi genitori avevano comprato a Carla ma che lei non utilizzava. I nostri incontri ormai anche se rari erano molto intensi. I ruoli come detto erano chiari, io passivo e Marco attivo. Non era tuttavia più solo una questione di sperimentare il sesso, volevamo entrambi qualcosa di più. Erano ormai gli anni della grande diffusione di internet che, per me che mi vergognavo e ancora mi vergogno, anche ad andare a comprare una scatola di preservativi, fu una vera rivelazione.
Un’infinita quantità d’immagini, storie, stimoli, opportunità era alla nostra portata ed entrambi restammo affascinati dal mondo del bondage, del S/M, dei ruoli sub e Dom. La nostra sperimentazione si rivolse quindi verso queste esperienze e le nostre rispettive posizioni furono ovvie: io sub e Marco Dom. In realtà io sono naturalmente dominante e questa è anche il ruolo che agivo con le mie fidanzate e poi con mia moglie, ma con Marco era tutta un'altra cosa. A lui si doveva e si deve un’obbedienza cieca totale e assoluta.

Quando Marco e i suoi genitori cambiarono casa io, lo aiutai nel trasloco, era più di un anno che non ci incontravamo “sessualmente”, lui si era ormai definitivamente fidanzato con quella che sarebbe poi diventata sua moglie e anch’io ormai avevo compiuto il gran passo.
Quando quel pomeriggio arrivai da lui, lo vidi particolarmente agitato. “vieni a vedere cosa ho trovato ieri sera spostando l’armadio” mi disse. Da dietro l’armadio tirò fuori una borsa coperta di polvere con dentro vecchie riviste s/m “è da ieri sera che sono eccitato ripensando ai vecchi tempi” mi disse avvicinandosi e spingendomi contro il muro. “dai Marco lascia stare è passato tanto tempo …” risposi. “tu sei la mia cagna, la mia schiava e fai quello che io ti ordino”. Era la prima volta che Marco si rivolgeva a me al femminile ed anche la prima volta che usava la parola “cagna”.
Quelle parole per me furono una gioia, l’essere umiliata mi eccitava enormemente, ma Marco era sempre stato restio a questo perché pensava, avrebbe pregiudicato il nostro rapporto. Io invece volevo essere per lui non uno schiavo o una schiava ma una schiava-cagna (l’essere cagna, come avevo imparato, è un atteggiamento mentale di forte subordinazione, amore, fiducia, ma soprattutto dedizione incondizionata, dedizione e adorazione verso un’unica persona che è il tuo Padrone Assoluto).
Immediatamente mi misi a terra accucciata ai suoi piedi, lui mi accarezzò la testa compiaciuto e con un colpetto del piede m’indirizzo verso il corridoio e il bagno. “brava la mia cagnolina ora spogliati nuda”, “mettiti a novanta gradi con le mani appoggiate alla vasca”, “sei stata disubbidiente e devi essere punita”. Se non fossi stata pronta il primo sonoro schiaffo che mi giunse sul sedere, mi avrebbe scaraventato dentro la vasca da bagno. Mi uscì un urlo per il dolore, ma con il secondo colpo marco fu molto chiaro: “Guai a te se urli o ti muovi, sei stata disubbidiente ed io ti punisco. Anzi dovresti ringraziarmi perché ti sto educando”, capii che aveva davvero letto molto e si era preparato … . “grazie Padrone” gli risposi ed era un ringraziamento sincero … .
Dopo una decina di colpi che mi fecero arrossire il fondoschiena Marco, si pose dietro di me puntò il suo cazzo sul mio buco e senza aspettare un secondo mi penetrò violentemente. Tutti i miei sforzi erano concentrati sul mantenere l’equilibrio, mentre Marco affondando con violenza dentro di me mi riempiva d’insulti. Pensavo si sarebbe scaricato rapidamente dentro di me e invece lo sentii uscire e girarsi verso il lavandino, ero un po’ deluso ma lui, senza voltarsi, mi disse “ non preoccuparti che avrai il tuo osso” “ora mettiti giù”, mi accucciai nuovamente tra le sue gambe e il suo cazzo ancora bagnato d’acqua s’infilo naturalmente dentro la mia bocca. “ ciuccia l’osso cagna” mi disse ed io inizia a pompare famelica.
Il cazzo entrava sempre più in profondità e la lingua vorticava senza sosta, ben presto Marco cominciò ad ansimare con più forza, fino a quando con violenti fiotti mi riempi la bocca. Non riuscii però a staccarmi da lui, le sue mani premevano sulla mia nuca e mi tenevano incollato al suo inguine. “bevi tutto cagna ingoia il succo del tuo Padrone” non potevo fare altrimenti e ingoiai ….. avevo creato un mostro …… .

“Che cosa stai facendo”….. ”buongiorno Dottore sono in una riunione posso richiamarla più tardi” “no ora vai in bagno ti metti un dito su per il culo ti fai una foto e me la mandi poi all’una corri da me” “ si Dottore non mancherò”.
Era diventata ormai un’abitudine che Marco mi chiamasse mentre ero al lavoro chiedendomi cose strane come quella, si divertiva un mondo. Lasciai un attimo la riunione di approvazione del bilancio e feci come mi aveva richiesto. Poi alle 12,30 sciolsi la riunione rinviandola al pomeriggio e presa la macchina corsi dal mio Padrone. Uno squillo e il cancello si aprì, corsi all’ultimo piano, la porta era socchiusa entrai e richiusi. L’appartamento era in penombra, senza dire una parola scivolai ai suoi piedi la testa bassa e le mani dietro la schiena. “buongiorno Padrone” . “Buongiorno cagna mi piace metterti in imbarazzo lo sai” “si Padrone”, “ora apri la bocca” .
Il pompino fu lungo, lui stravaccato sulla poltroncina del computer ed io ai suoi piedi. “vai in bagno spogliati e mettiti nella doccia” mi disse. Sapevo che alla fine quel momento sarebbe arrivato me lo prometteva da un sacco di tempo a volte come minaccia a volte come premio. Quando mi raggiunse in bagno, io ero già pronto: inginocchiato nel piatto doccia con la schiena appoggiata alle fredde mattonelle di ceramica. “E’ da questa mattina che non piscio, lo tenuta tutta per te”, non feci in tempo a rispondergli che un getto caldo di urina mi colpì sul petto, in viso, sulla testa … . Era tanto che fantasticavo su come potesse essere questa esperienza e ora, il mio Padrone mi faceva il piacere di farmela sperimentare. Finito di pisciare Marco si sporse in avanti ed io gli asciugai con la lingua le ultime gocce. “ora lavati” mi disse. Mentre finivo di sciacquarmi Marco, entrò in doccia mi voltò e con le dita piene di doccia schiuma cominciò a prepararmi il culo.
Il suo cazzo entrò dolcemente in me “ho bisogno di svuotarmi le palle sei felice?”, “qualunque cosa fa felice il mio padrone fa felice me” gli risposi. Con la destra mi teneva per le palle mentre con la sinistra schiacciava il mio volto contro le piastrelle, tutto il suo corpo spingeva dentro di me e ben presto mi riempì. “lavati e torna al lavoro tra poco arriva mia moglie”…… .
scritto il
2012-10-23
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