Donne e motori

di
genere
dominazione

La moto è una passione che ho coltivato fin da bambina. Uno dei miei primi ricordi coscienti è il rumore assordante del motore sotto di me, le lancette che si muovono davanti ai miei occhi e la strada che ci vola incontro, seduta davanti a mio padre che tiene saldamente il manubrio. Avrò avuto tre o quattro anni, e da allora ho sempre cercato di girare il più possibile, inseguendo mio padre per salire con lui, e dopo i fatidici quattordici anni finalmente sola. Mi ha insegnato tutto quello che sapeva, instillandomi anche la passione per il fuoristrada. Ancora oggi quando vedo un sentiero sterrato se ho tempo mi ci infilo, così tanto per vedere dove finisce. Ho un gruppetto di appassionati con cui organizzare uscite, ovviamente abusive, per argini, sentieri e colline della zona, scuse per consumare un po’ di benzina, fermarsi a mangiare qualcosa di buono e poi raccontarsi cazzate tra una recensione di una gomma e quello della prossima moto da prendere. E naturalmente parlare di donne, dopo che hanno capito che non mi scandalizzo se qualcuno nomina figa, tette, culo, pompini e compagnia bella. Ogni tanto qualcuno ci prova anche con me, più o meno velatamente, ma sanno benissimo che non tradirei mai il mio Dario, non motociclista e quindi permanentemente assente dalle mie uscite in moto, con uno qualsiasi, tantomeno uno di loro che per me sono centauri e basta. E ultimamente i miei pseudo stalker si sono dimezzati per l’arrivo nel gruppo della figlia di uno di noi, Valentina, che oltretutto ha dieci anni meno di me, un corpo invidiabile e un padre molto moderno, anche se tutti evitano un frasario troppo spinto da quando lei esce con noi. Ovviamente mi si è attaccata addosso e io per solidarietà femminile le faccio da scorta e da pseudotutor, anche se non ne ha troppo bisogno, e si è creata una certa amicizia che va oltre le uscite su ruote. Telefonate, chat, uscite “girls only” per locali con cui si è cementata l’intesa e siamo arrivate alle confidenze intime, ai consigli di una un po’ più grande a una ragazza che ha già le sue esperienze ma una visione ancora scanzonata della vita. Mi suonava leggermente strano che una ragazza della sua bellezza non fosse impegnata, ma aveva avuto le sue storie e il suo essere single rientrava nella normalità. Sicché la sua proposta “perché non ce ne andiamo una settimana in Sardegna a girare solo noi?” mi ha allettato, certa che ci saremmo divertite e saremmo state bene. Il periodo fuori stagione sembrava comunque abbastanza caldo per permetterci anche qualche bagno, e chilometri di sterrate da esplorare. Organizziamo rapidamente, lascio la moto in officina per una sistemata un paio di giorni e poi andiamo a Genova, lentamente per non friggere troppo le tassellate, e ci imbarchiamo per Olbia. Avevo già girato nel Nord della Sardegna varie volte e avevo fatto un piano di massima per la nostra vacanza, usando come base una casa a S. Teresa, dove arrivammo per appoggiare il bagaglio inutile e iniziammo subito a girare li attorno per tutto il giorno. Dopo cena restiamo un po’ in giro, e dopo aver sentito Dario per l’ennesima volta rientriamo a casa per un po’ di televisione. Zappando Valentina riconosce un vecchio film su un canale francese e si ferma.
- Lo conosci?
- Certo, visto un po’ di volte. Histoire d’O.
- Infatti. Un mio ex era fissatissimo, aveva questo, i sequel, “Le età di Lulù” e migliaia di clip giapponesi nel PC e me ne parlava o me le faceva vedere di continuo.
- Patito del bondage?
- Più che patito…ma diciamo che non dispiace nemmeno a me essere legata.
- Roba forte?
- Diciamo fortina…ma solo con lui. Gli altri con cui sono stata non mi hanno mai proposto niente di simile, e non sono ancora così disinibita da essere quella che propone cose del genere. Pazienza, capiterà…tu invece?
- Qualcosa, e sono una che propone. Il tuo lui ti ha anche frustata? – chiedo guardando una delle scene in cui Corinne Clery viene fustigata – o ti rispettava?
- La seconda. Purtroppo, perché glielo avrei lasciato fare. Pizzicotti, qualche buffetto, sculacciate, solletico. Ma niente di molto doloroso. Considera che avevamo sedici anni.
- Io a sedici anni ho fatto sesso anale per la prima volta – dissi fingendo nonchalance – ma prima di farmi legare sono arrivata ai venti.
- Bello scoglio anche quello, e io non l’ho ancora fatto.
- Anche per quello avrai tempo, in caso. Inutile correre.
- No, certo.
- E comunque se spegniamo la luce e non ti scandalizzi, io potrei pensare di fare qualcosa da sola, qui sotto le mie coperte. Parlare di sesso e guardare questo film mi ha un po’ risvegliata.
- Fede! – urlò con una risata di imbarazzo. Poi ci ripensò – a me fa tornare in mente lui…preferisci che esca e ti lasci sola?
- Siamo tra ragazze…se non ti dà fastidio sentirmi ansimare, puoi restare senza problemi.
- Beh…no, alla peggio mi giro dall’altra parte.
- Non mi disturba se guardi, ma non voglio metterti a disagio, tutto qui.
Inizio ad accarezzarmi, dapprima lentamente, osservando con la coda dell’occhio la reazione di Valentina, poi lasciandomi andare alle mie sensazioni chiudo gli occhi e immagino che sia Dario a giocare su di me. I suoni del film mi arrivano sempre più da lontano e vengo abbastanza in fretta, continuando a toccarmi, sempre più delicatamente dopo aver raggiunto l’orgasmo. Tornando nel mondo mi accorgo che ora è Valentina ad ansimare sempre più forte, e per rispetto non mi giro verso di lei per lasciarle lo spazio che mi ha concessa, finché non la sento gemere di gola e ridacchio silenziosamente mentre il suo respiro torna alla normalità.
- Oddio, mi spiace ma mi sono lasciata prendere la mano.
- Letteralmente Vale – scherzo per sdrammatizzare, perché per me questa fiducia conta molto in un’amicizia – ma non c’è il minimo problema, credimi. Tutta natura. E adesso magari riusciamo a dormire, domattina si gira.
- Già…almeno un minimo di pace dei sensi, così domani sarò meno tesa di oggi sulla moto.
- Eri nervosa? Non sembrava.
- Strade nuove, lontana da casa. Per me è la prima volta.
- Hai rotto il ghiaccio. E vai benissimo. Ora dormiamo.
L’indomani ci svegliamo presto e indossiamo l’equipaggiamento completo da fuoristrada. Faccio strada io fino al paese per la colazione, poi proseguiamo verso Castelsardo per cercare alcuni percorsi del motorally. Faccio i primi chilometri davanti, poi rallento vedendo che Valentina resta un po’ indietro.
- Vai tu davanti, prendi pure i sentieri che vuoi tanto non ci perdiamo. Io ti guardo e ci fermiamo quando sei stanca, così ti do un po’ di dritte per migliorare, ok?
- Pensi che ce la farò?
- Sicuramente. Vai come ti senti sicura, siamo qui per divertirci, non è una gara.
- Ok.
Valentin cala gli occhialoni, ingrana e parte in piedi sulle pedane, mentre io le resto dietro abbastanza vicina per tenerla d’occhio ma non a tiro dei sassi che solleverà. Dalla mia posizione mi rendo conto di come sia sexy una donna con la tenuta da enduro, soprattutto se ha un culo come quello di Valentina, e rido dentro al casco pensando ai mal di testa che ho causato ai miei compagni di moto quando gli sono stata davanti. La sua posizione è quasi perfetta, tiene il serbatoio tra le ginocchia, si sposta sulla moto con grazia ed efficacia, e mi trovo a pensare che quando arretra sul posteriore della moto per frenare le darei una sculacciata. E dire che non ho mai avuto pensieri verso altre ragazze nemmeno durante gli anni turbolenti del liceo. Ci fermiamo abbastanza spesso per riposare e parliamo su come migliorare il suo stile, più che decente peraltro, e scendiamo fino al mare. Conosco la zona, e passo davanti indicandole di seguirmi. Così intanto vedi la dimostrazione di quello che ti ho detto. Alzo un po’ il ritmo e vedo che mi sta dietro, finché arriviamo ad una picca baia deserta.
Quando si toglie il casco la vedo piuttosto provata, ma le brillano gli occhi.
- Che figata! Magari ci fossero strade così a casa, ci andrei tutti i giorni! E che spiaggia hai trovato, è una cartolina.
- Visto come siamo ridotte potremmo anche fare un bagno, che dici?
- A saperlo avrei messo il costume sotto, e non ho un telo.
- Non c’è nessuno da scandalizzare, penso che potremmo fare senza.
- Uhm…ok, dopo ieri sera penso che non ci siano grossi problemi tra noi.
Lasciamo le moto e ci spogliamo correndo in acqua, che è ancora calda nonostante siamo in ottobre. Nuotiamo un po’ e restiamo a mollo continuando a parlare.
- Ora dove andiamo?
- È presto, io continuerei per sentieri e tagliafuoco ma a ritmo tranquillo, scendiamo a Sassari o Alghero e rientriamo. Domani andiamo verso sud verso Tavolara, oppure sempre da questa parte fermandoci a Stintino. Possiamo fare le turiste ogni tanto.
- Come dici tu. Mi va bene tutto.
- Mi piace questa fiducia
- Ho capito che posso fidarmi.
Torniamo a riva ad asciugarsi, camminando per non coprirci di sabbia.
- Per me è la prima volta nuda in pubblico, ma mi sembra molto naturale.
- Proprio pubblico non direi, non c’è nessuno.
- Nel senso “non tra quattro mura”.
- Mai fatto il bagno a mezzanotte?
- Sì, ma con il costume.
- Possiamo rimediare. Di giorno è bello, con le stelle di più.
- Perché no? Tanto ormai…
- Selfie time, per immortalare l’evento. Anche se resterà privato.
- Ci mancherebbe. Sai quanto parlerebbero quei morti di figa?
- Già parlano, pure tanto.
Ci mettiamo in posa scattandoci varie foto, abbracciate e dandoci bacetti sulle guance. A Dario sicuramente piacerà vedermi abbracciata a questo bel tocchettino di patacca, come dice lui, e faccio in modo di inquadrarla bene perché si veda da tutte le angolazioni.
- Aspetta, adesso te ne faccio qualcuna da sola.
- Poi ricambio il favore, e fammi uscire bene.
Andiamo avanti con il cellulare per un po’, finché mi rendo conto che ho una fame pazzesca e lo dico a Vale. Siamo pronte a ripartire e devio per raggiungere un altro posto che conosco per mangiare e rientrare verso casa. All’ingresso del paese Vale mi ferma.
- Vai avanti, io mi fermo in paese a cercare alcune cose. Mi ricordo la strada, e con il GPS non mi perdo.
- Ok, mi tolgo il sale da dosso prima che tu rientri.
Lascio l’armamentario fuori dall’appartamento e mi butto sotto la doccia. Bel giro, mi sto davvero divertendo, così come lei.
- Ho visto un ristorante carino sul mare, ceniamo fuori? Offro io, mi sembra il minimo.
- Non vedo perché no.
Esce dalla doccia nuda, e ho come l’impressione che stia sfilando per me. Faccio finta di niente e mi vesto.
- Ehm, pensavo…dopo perché non facciamo una notturna nel posto di ieri e proviamo quel bagno di mezzanotte?
- E sia. Allora jeans e stivali da moto, e ci portiamo almeno un telo.
- Mettiamo tutto nello zaino che ho preso prima.
- Hai fatto acquisti?
- Già – prende il mio telo e lo ripone nello zaino che mi sembra già quasi pieno, ma non vedo di cosa, e si veste.
Il ristorante è carino, mangiamo un po’ di piatti locali, e soprattutto beviamo un po’ troppo vino, senza risparmiarci due giri di mirto.
- Ancora sicura di voler andare per sterrati?
- Reggo decentemente il vino, mamma
- Ok ok. Seguimi.
- Prendo una stradella che lei non ha mai fatto ma che si collega a quelle già esplorare, e oltre al mio faro ci sono solo le stelle e una falce di luna. Forse incoraggiata dall’alcool Valentina tiene il ritmo fino alla piccola pineta che sovrasta la baia in cui andremo a nuotare. Spegniamo le moto e sentiamo solo il vento e la risacca, osservando le luci della Corsica davanti a noi.
- Di notte anche la moto è più magica.
- Vero. Sarà il fatto che vedi solo una piccola fetta di realtà rispetto al giorno, e puoi immaginare di più.
- Che poetessa.
- Scendiamo?
- Non vedo l’ora
Ci spogliamo, ed arrivando alla battigia mi prende la mano.
- Sono emozionata…
- È molto suggestivo, vero?
- Non hai idea di quanto.
L’aria notturna è sicuramente meno calda dell’acqua, e mi affretto ad infilarmi in mare, immergendomi per qualche bracciata. Il fondale scende in fretta, e per evitare guai me la tengo vicina.
- Ma è fantastico! – urla come se dovesse farsi sentire oltre le bocche di Bonifacio – che mi sono persa finora?
- Adesso lo sai, potrai rifarlo quando vuoi – la schizzo con la mano e lei risponde, poi si avvicina.
- Fede, non pensare male…posso chiederti una cosa?
- Che succede Vale?
- Niente…è che ci ho pensato tutt’oggi, e so che non penserai male di me…o se lo fai rimarrà tra noi, vero?
- Perché dovrei pensare male di te bimba? Che ti prende?
- Il film di ieri…
- Sì. Ci siamo masturbate. Un momento nostro.
- Sì ma…ho pensato a quella cosa.
- Quale cosa?
- Che non sono mai stata…frustata.
- Lo so, me lo hai detto.
- E pensavo che magari…potresti farlo tu.
- Io?
- Lo so che pensi che sia ubriaca, ma l’idea mi è venuta prima. Ho l’alibi – ride imbarazzata, stringendosi le braccia al petto e distogliendo lo sguardo. Però facendo così solleva i seni sopra il pelo dell’acqua, e vedo i capezzoli, un po’ per il vento e un po’ per la situazione, puntarmi addosso, duri come il marmo – ti giuro che mi piacciono i ragazzi, ma una cosa del genere la farei solo con te.
Sospira come se si fosse tolta un peso enorme dal cuore. La tiro a me e la abbraccio con forza, e lei mi si attaccano addosso come una cozza.
- Io non ho mai frustato nessuno, se ti faccio male?
- L’effetto dovrebbe essere quello, immagino…mi fido di te…ti prego.
- Che devo dirti? Proviamo. Ma con cosa? Io non…
- Oggi, in paese. Ricordi? – si sfila dal mio abbraccio e mi tende la mano perché la segua a riva – al negozio di fai da te ho preso le corde con cui legarmi, e ho trovato un negozio in centro di pelletterie, dove ho preso anche lo zaino. Le cinture di cuoio andranno bene, credo.
- Vuoi che ti frusti con delle cinture di cuoio?
- Aha…
- Questa se la racconto non mi credono…
- Oh no no no…
- Vale, scherzo – le metto sulle spalle l’asciugamani gigante e ci si avvolge dentro mentre faccio altrettanto con il mio – non lo dirò ad anima viva. A parte Dario, naturalmente.
- Devi proprio?
- A lui dico tutto. Ma proprio tutto. Ma è una tomba, stai tranquilla.
- Se lo dici tu.
- E ora che si fa?
- Pensavo che in assenza di colonne potremmo usare gli alberi del boschetto qui sopra. Se non hai altre idee tu.
- Hai già previsto tutto, sei machiavellica. E io pazza.
- Dai…
- In senso buono. Forza, quando sei asciutta saliamo.
- Così? Nude?
- Beh, tanto per farti frustare dovrai essere nuda, tanto vale mettersi i vestiti su un braccio e infilare solo le scarpe, almeno per ora.
- Hai ragione. Andiamo.
Lo dice come se avesse preso un decisione di importanza capitale, e forse lo é. Da parte mia mi sento investita di una missione, di una responsabilità inaspettata. La seguo, pensando a come mi sentirò rigando di rosso il bel culo che mi sta ancheggiando davanti, e a come si sentirà lei se l’esperimento non sará all’altezza delle aspettative. Una volta tornate alle moto, il vento è un po’ più teso rispetto alla spiaggia, ma non sento freddo. Valentina posa lo zaino e inizia a tirare fuori le corde.
- Quante ne hai prese?
- Quattro, due per le mani e due per i piedi, e non sapendo dove avrei potuto usarle sono stata larga.
- Di sicuro hai le idee più chiare di me.
- E poi le cinture - ne estrae quattro e me le porge – spessore e larghezza diversa per ognuna, dovrebbero fare effetti diversi. Almeno questa è la teoria…
- Ormai siamo in ballo…sei ancora convinta?
- Come non mai – la vedo avviarsi verso gli alberi, fermandosi tra due di quelli più esterni, e la seguo con le cinture in mano – qui dovrebbe andare bene.
Poso le cinghie e prendo una corda alla volta, annodandole con un giro elaborato a ciascuna estremità.
- Almeno sui nodi sono preparata. Questi non dovrebbero lasciarti molti segni.
- Me ne lascerai abbastanza altrove – e ride nervosamente alla sua battuta. Rido anche io, più nervosa di lei. Ma che cazzo sto facendo? – ma sono io a chiedertelo.
Le corde sono lunghissime e la attacco ai due alberi con facilità, facendole allargare le gambe e toglierle gran parte delle possibilità di movimento. Una volta immobilizzata si tranquillizza, come se il più fosse fatto.
- Ancora convinta?
- Sì. Hai idea del coraggio che mi è servito per chiederti una cosa del genere? Adesso devo andare fino in fondo. Anzi, tu devi.
La vedo tremare impercettibilmente, e raccolgo da terra una a caso delle quattro cinture afferrandola per la fibbia, e con l’altra il cellulare per scattare qualche foto. Osservo la schiena e le gambe, mentre fissa il buio davanti a sé. La trovo bellissima, coraggiosa e un po’ fuori di testa, ma mi fa anche una tenerezza enorme. Le arrivo addosso e le tiro indietro la testa per darle un bacio sulla guancia, arrivando a schiacciarle le labbra sulla pelle un attimo prima che lei possa girarsi abbastanza da offrirmi le labbra. Sento un’elettricità fra noi che non ho mai avvertito con nessuno. Valentina mi fa un effetto strano, ed evidentemente io lo faccio a lei. Le sposto i capelli sul petto per avere la schiena libera, e mi allontano di un paio di passi. Esito a vibrare il primo colpo, e la vedo aumentare il ritmo del suo respiro.
La colpisco, volutamente piano, quasi accarezzandole la pelle con il cuoio. La sferzata la fa sussultare, ma sicuramente non le ho fatto male. Tende le braccia in attesa del secondo, che arriva un po’ più forte, e aumento gradualmente, riuscendo a controllare la traiettoria solo in parte per inesperienza, e Valentina inizia a muoversi come per evitare i colpi, quando però l’hanno già raggiunta. Mi rendo conto della sensazione di potere che ho nell’avere un corpo nudo davanti e potergli fare quello che mi viene in mente. Mi piace guardare l’effetto delle frustate, e il primo gemito di Valentina mi dà una sensazione come di vertigine, e un brivido mi scorre come acqua bollente lungo la schiena. Cambio cinghia e le passo davanti. La pelle le luccica di sudore, e mi avvicino a lei toccandole la schiena per sentire sotto le dita i solchi lievi lasciati dai colpi, premendola contro di me. Sporge la testa in avanti per baciarmi, ma mi allontano.
- Non sono lesbica, te lo giuro. Ma ho bisogno di un bacio, ora.
- A suo tempo, forse – e le tiro all’indietro la testa tirandole i capelli sulla nuca – ora ancora frustate, e basta.
Inizio a frustarle il petto, il ventre e le cosce, e la nuova cinghia, più sottile, la segna molto più rapidamente dell’altra. Valentina ora geme senza ritegno ad ogni colpo, e si copre di sottili venature rosate molto velocemente. Mi concentro sui seni piccoli e duri con qualche staffilata davvero crudele, e lei si tira all’indietro per sottrarvisi. Smetto, lasciandole un ultimo segno sul culo che risalta rispetto a quelli precedenti, per provare la terza, larghissima e morbida, che non ottiene grossi risultati.
- Questa è troppo da riposo, quasi un premio.
- Mi stai facendo male anche se non sembra.
- È quello che volevi tu. Il problema è che ho scoperto che mi piace.
- Davvero?
- Sì. E ora l’ultima.
Questa è quasi rotonda e fatta di strisce più piccole incrociate fra loro. Assomiglia alla mia idea di frusta più delle altre, e forse la migliore per finire il lavoro. Già dal primo colpo Valentina si proietta lontano tendendo le corde che la trattengono, stringendo i pugni e alzandosi sulla punta delle dita. I capelli sono ancora umidi dal bagno, e si attaccano al corpo sudato creando una ragnatela sulla schiena e sul petto.
- Basta, non ce la faccio – dice con un filo di voce – non resisto più.
- Sai cosa devi dire per farmi smettere, quindi continuerò.
- No...
I segni che lascio sono leggerissimi, e per quel che so posso continuare perché lei sente il dolore ma è solo la pelle che si scalda. La colpisco su tutto il corpo, per darle un gran finale come in uno spettacolo di fuochi d’artificio in cui il meglio arriva al termine, e guardo quella marionetta appesa ai fili che io stessa ho teso per imprigionarla. Più la guardo e più la ammiro per il suo coraggio perverso. Ho il braccio stanco ma le lascio tre colpi che le atterrano da vicino, così che la cinghia si avvolge attorno a lei colpendola contemporaneamente davanti e dietro. All’ultimo sta piangendo, e mi fermo, guardandola singhiozzare scuotendo il petto ansante. Il movimento dei suoi seni è ipnotico, e lascio cadere cinghia e cellulare mentre mi avvicino a lei, prendendole i capelli sulla nuca non per allontanarla come prima ma per tirarla a me. Solleva la testa con gli occhi chiusi, non sapendo cosa aspettarsi, ma socchiude le labbra sperando in quel bacio che aveva già elemosinato inutilmente.
- Ora sì – le dico prima di leccarle le labbra salate di mare e dolore e cercare la sua lingua con la mia in un bacio che mi sorprende per la dolcezza mista a passione. Mi piace sentire i suoi seni contro i miei, e glieli accarezzo sapendo che sto anche facendole male. C’è un solo posto in cui non l’ho quasi colpita, e scendendo con le labbra sul suo collo le sussurro qualcosa che non avrei mai pensato di dire.
- Sei stata brava, e ora ti premierò.
La tocco fra le gambe e la sento irrigidirsi, come se volesse impedirmi quel contatto. Con due dita la allargo leggermente e la sento madida, e si scioglie in avanti protendendosi verso i miei polpastrelli che hanno trovato il clitoride. Mi inginocchio davanti a lei incredula, e la guardo da sotto in su mentre avvicino la bocca al suo pube.
- Stupisce più me di te, te l’assicuro. M te lo meriti.
- Oh Fede…
La lecco come piace a me essere leccata, e mi ci vuole poco per farla gemere sempre più forte, questa volta per il piacere che le sto dando. Il suo è un orgasmo violento, che scarica energia in ogni direzione scuotendo il suo corpo imprigionato e lasciandola esausta e appesa alle corde, con le ginocchia piegate. Mi alzo per andare a rivestirmi, poi raccolgo le cinghie riponendole nello zaino prima di tornare da lei. Le accarezzo i capelli togliendoglieli dalla fronte e dagli occhi e la abbraccio. Ora è di nuovo la bambina che si vergogna dei suoi sogni proibiti, quella che pensa “ora cosa penserà di me?” La abbraccio mentre inizio a sciogliere i nodi, e mi cade addosso con le braccia lungo i fianchi, sfinita.
- Su su, devo finire di liberarti.
Le allungo i vestiti mentre le sciolgo le caviglie, poi mi siedo con la schiena contro un albero mentre si copre.
- Sei in grado di parlare?
- Diciamo di sì – mormora a testa bassa – la cosa ha preso una piega inattesa…
- Decisamente – sento ancora il suo sapore sulla lingua, trovandolo tutt’altro che sgradevole – ma dimmi se ti è piaciuto. Prima di tutto quello che volevi, le frustate.
- Fanno un male cane…ma, e puoi non credermi, ricomincerei da capo. È una sensazione indescrivibile, come proiettarsi fuori da se stessi.
- Però puoi guardarmi in faccia mentre lo dici? Di che ti vergogni? Sono io che ti ho leccata. Forse dovrei essere io quella che pensa “oddio, che ho fatto?”
Riesco a farla ridere, e le passa l’imbarazzo. Sì scioglie di nuovo come a tavola.
- Mi hai fatto davvero delle foto?
- Certo. Tante, poi le guardiamo insieme. Anzi…
- Anzi cosa?
- Potrei guardarle solo io, mentre tu a casa, dopo la doccia, potresti trovare un modo per restituirmi il favore?
- Cioè io dovrei…
- Mi sembrerebbe giusto. A te no?
- Ma io non…
- Nemmeno io per quello. E se vuoi ti costringo…potrei legarti al letto e salirti sopra, se proprio non vuoi farlo volontariamente.
- Ora che mi ci fai pensare potrebbe piacermi quest’idea. Torniamo a casa…
scritto il
2022-12-28
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