Trovare lavoro
di
Monica Moon
genere
etero
Avevo appena perso il lavoro come segretaria in uno studio medico. Ero disperata. Passai due mesi a cercare qualcuno che volesse assumermi, ma niente. Finii tutti soldi che avevo messo da parte e non seppi più come pagare l'affitto di casa mia...
Mi chiamo Monica, ho quarantanni e un figlio, Luca.
La situazione, come dicevo, era tragica, non sapevo che fare. Arrivai al ventotto del terzo mese da disoccupata senza nulla, mi rimanevano duecento euro e ne dovevo trovare altrettanti per pagare le bollette, per non parlare dell'affitto che erano altri trecento euro.
Decisi di fare una cosa altrettanto tragica, l'unica alternativa rimasta. Andai a prostituirmi, senza dirlo a Luca però, la vergogna era troppa.
Erano le sei del pomeriggio, salutai Luca dicendogli che andavo a vedere se trovavo un posto nello studio di un avvocato e dopo essermi chiusa la porta alle spalle, scesi le scale del condominio ed entrai in macchina, indossavo un cappotto molto lungo per nascondere i vestiti provocanti che avevo addosso, pantacollant attillatissimi con sotto un perizoma e maglietta scollata altrettanto attillata, niente reggiseno. Le scarpe erano delle normalissime scarpe da ginnastica un po' consumate.
Mi allontanai da casa e mi diressi verso una strada che nella città in cui vivo è nota per essere un bordello a cielo aperto.
Come immaginavo c'era molta concorrenza, non sapevo nulla di nulla. Parcheggiai la macchina in un luogo un po' nascosto e mi diressi verso le mie “colleghe”, se così si può dire.
Erano vestite, anzi svestite, un più scollata dell'altra. Fra tutte riconobbi una cassiera del supermercato che da un annetto non vedevo più... guarda te dov'era finita...
Aprii la mia sedia pieghevole e mi misi in attesa. Ogni volta che una macchina passava per la strada, tutte si alzavano e facevano qualcosa per attirare l'attenzione, come a dire “Scegli me! Sono la migliore!”, le auto solitamente rallentavano, poi si fermavano e ci salivano su una o più prostitute.
La strada non era mai vuota però, appena una se la caricavano ne arrivava o tornava un'altra.
Dopo ben due ore di attesa finalmente una Mercedes blu rallentò fermandosi proprio davanti a me, il finestrino si abbassò. Il guidatore era un uomo sui cinquant'anni, calvo, con un pizzetto grigio.
“Sono naturali?” chiese, io inizialmente non capii e feci un'espressione confusa, “Le tette! Cazzo...” specificò irritato. Rimasi un attimo impassibile, “Si...” dissi con un filo di voce.
“Fai sentire...” disse tirando fuori il braccio dal finestrino, mi alzai e gli andai vicino, “Fammi vedere 'ste tette dai...” disse sorridendo, come per farmi sentire a mio agio. Aprii il cappotto e dopo un po' di indecisione alzai la maglietta chinandomi sul finestrino, le tette balzarono fuori, subito lui ne afferrò una e la iniziò a strizzare un po'. “Sali dai...” disse contento. Feci il giro della macchina, aprii lo sportello e mi sedetti sul sedile al fianco del guidatore. La macchina ripartì. L'uomo una volta seduta, senza preavviso, mise una mano nei miei pantacollant e ficcò due dita nella vagina...
Scrivete nei commenti se volete il seguito della vicenda...
Mi chiamo Monica, ho quarantanni e un figlio, Luca.
La situazione, come dicevo, era tragica, non sapevo che fare. Arrivai al ventotto del terzo mese da disoccupata senza nulla, mi rimanevano duecento euro e ne dovevo trovare altrettanti per pagare le bollette, per non parlare dell'affitto che erano altri trecento euro.
Decisi di fare una cosa altrettanto tragica, l'unica alternativa rimasta. Andai a prostituirmi, senza dirlo a Luca però, la vergogna era troppa.
Erano le sei del pomeriggio, salutai Luca dicendogli che andavo a vedere se trovavo un posto nello studio di un avvocato e dopo essermi chiusa la porta alle spalle, scesi le scale del condominio ed entrai in macchina, indossavo un cappotto molto lungo per nascondere i vestiti provocanti che avevo addosso, pantacollant attillatissimi con sotto un perizoma e maglietta scollata altrettanto attillata, niente reggiseno. Le scarpe erano delle normalissime scarpe da ginnastica un po' consumate.
Mi allontanai da casa e mi diressi verso una strada che nella città in cui vivo è nota per essere un bordello a cielo aperto.
Come immaginavo c'era molta concorrenza, non sapevo nulla di nulla. Parcheggiai la macchina in un luogo un po' nascosto e mi diressi verso le mie “colleghe”, se così si può dire.
Erano vestite, anzi svestite, un più scollata dell'altra. Fra tutte riconobbi una cassiera del supermercato che da un annetto non vedevo più... guarda te dov'era finita...
Aprii la mia sedia pieghevole e mi misi in attesa. Ogni volta che una macchina passava per la strada, tutte si alzavano e facevano qualcosa per attirare l'attenzione, come a dire “Scegli me! Sono la migliore!”, le auto solitamente rallentavano, poi si fermavano e ci salivano su una o più prostitute.
La strada non era mai vuota però, appena una se la caricavano ne arrivava o tornava un'altra.
Dopo ben due ore di attesa finalmente una Mercedes blu rallentò fermandosi proprio davanti a me, il finestrino si abbassò. Il guidatore era un uomo sui cinquant'anni, calvo, con un pizzetto grigio.
“Sono naturali?” chiese, io inizialmente non capii e feci un'espressione confusa, “Le tette! Cazzo...” specificò irritato. Rimasi un attimo impassibile, “Si...” dissi con un filo di voce.
“Fai sentire...” disse tirando fuori il braccio dal finestrino, mi alzai e gli andai vicino, “Fammi vedere 'ste tette dai...” disse sorridendo, come per farmi sentire a mio agio. Aprii il cappotto e dopo un po' di indecisione alzai la maglietta chinandomi sul finestrino, le tette balzarono fuori, subito lui ne afferrò una e la iniziò a strizzare un po'. “Sali dai...” disse contento. Feci il giro della macchina, aprii lo sportello e mi sedetti sul sedile al fianco del guidatore. La macchina ripartì. L'uomo una volta seduta, senza preavviso, mise una mano nei miei pantacollant e ficcò due dita nella vagina...
Scrivete nei commenti se volete il seguito della vicenda...
1
voti
voti
valutazione
5
5
Commenti dei lettori al racconto erotico