Roberta, quel primo bacio sotto la doccia
di
evablu
genere
prime esperienze
Si intrufolò dentro la doccia, mi colse di sorpresa aprendo il fermo della porta grazie alle sue lunghe e forti braccia, "dai, dividiamo il gettone dell'acqua calda", disse con un finto tono di complicità e poi però, scostandomi rudemente, si mise sotto il getto al mio posto, istintivamente pensai a recuperare il costume ma c'era lui nel mezzo ed era troppo complicato, mi coprii come potevo le parti intime, ero imbarazzatissima mentre lui - tranquillo e come se nulla fosse - si era a sua volta denudato e si godeva il mio imbarazzo e la mia acqua calda.
"Sei uno stronzo", gli dissi non sapendo cos'altro fare, ma incantandomi a guardare quella piccola proboscide che aveva fra le gambe: in quella situazione intrigante mi vergognavo da matti, così pensavo che bastasse prenderlo a parolacce. Fabrizio era un ragazzino biondo, alto più di me, muscoloso, l'acqua di mare aveva accentuato il colore naturale dei suoi capelli, chiazzati di macchie chiare che sembrava si fosse ossigenato, aveva la pelle (e la faccia) di bronzo, riusciva sempre a imporsi su di me. Il bianco latte della parte non abbronzata somigliava al mio, solo che lui mostrava le sue nudità senza censure né reticenze, mentre io me ne stavo imbronciata in un angolino e lui si insaponava come se non ci fossi. Sembrò che mi leggesse nel pensiero, "dai, lavati anche tu, prima che finisca l'acqua", ma io rimanevo piantata nell'angolo, le mani incollate al pube, "ti vergogni?", sorrise, "un poco", sorrisi, nulla da dire, mi inchiodava solo schiudendo leggermente e stendendo le labbra e questa forma di sottomissione, confermata dalla docilità con cui gli stavo ammirando il cazzo scuro e leggermente scappucciato non gli dispiaceva.
Ero castana di capelli, mora di pelle, da sembrare di colore per quanto ero abbronzata, i capelli lunghi e schiariti pure loro dal sole mi scendevano giù per il collo abbracciandomi gli omeri, sentivo freddo, lui se ne accorse dalla mia pelle d'oca, ma in realtà erano i pensieri che mi smuovevano l'anima. Si mostrò comprensivo, "dai, vieni sotto", ma io restavo immobile senza aprire bocca e questo lo divertiva, allora staccò il telefono della doccia e me lo puntò contro, spingendo il miscelatore verso l'acqua fredda, "cazzo!", strillai e fui costretta a scoprirmi per cercare di fermarlo, mentre lui continuava a bersagliarmi con l'acqua gelata, "cazzetto!", commentò sghignazzando e indicando il mio pube, "cazzettino-ino-ino e bel culetto-culettino-culettone culattone", aggiunse posando la mano aperta su un mio gluteo nudo. "Roberto, Robertino, Robertina-ina-ina", proseguì ridacchiando ancora, dopo avere - per la millesima volta - vinto la lotta, il corpo a corpo con me. E quell'abbraccio di corpi nudi e abbronzati non dispiaceva a nessuno dei due.
Era sera, c'era già buio, il villaggio vacanze era mezzo deserto, tutti erano a cena e solo chi si era attardato, come noi, a stare in spiaggia aveva bisogno delle docce comuni per togliere il sale dalla pelle e, nel mio caso, i cattivi pensieri che mi ossessionavano, specie di notte, da quando assieme ai miei dividevo con lui e con la sua famiglia quella vacanza.
"Minchia, ma sei proprio bona", disse dopo essersi staccato da me, continuando a guardarmi nuda e senza difese, gli piaceva sentirmi in suo potere, mi piaceva sentirmi sottomessa a lui, mi era sempre piaciuto, da quando lo conoscevo, praticamente da sempre, come da sempre lo amavo. "In stanza non sei così attraente ma hai sempre un bel seno", scherzò e gli risposi con una smorfia, tornai a coprirmi l'inguine con le mani, come potevo, lui miscelò l'acqua, la riportò calda, rimise il telefono nell'alloggiamento e lo diresse verso di me, mi aiutò a sciacquarmi, gli diedi le spalle per non mostrargli ancora la mia intimità nuda. Era calato il silenzio, in quella doccia, sentii di nuovo una sua mano su un gluteo, "smettila", gli dissi, ma lui non se ne diede per inteso, portò una mano su uno dei miei piccoli seni, gliela scostai, "smettila", ripetei con poca convinzione, riprese a toccarmi, entrambi i seni contemporaneamente, pizzicò dolcemente i capezzoli, insieme, mi sentii mancare, la sensibilità e le dimensioni dei miei capezzoli non erano normali, ne ero perfettamente consapevole, era quella una delle ragioni che mi avevano fatto comprendere la mia femminilità intrinseca ed estrinseca, assieme a quella dannata cotta che avevo per lui.
Non gli scostai più la mano, ora mi stava toccando liberamente il seno, con l'altra il culo, mi si era accostato con la proboscide al solco che divide i glutei, lo sentivo semirigido appiccicato a me, l'asta appoggiata al mio buchino ancora vergine, il suo respiro caldo a pochi millimetri dalle mie orecchie e io non facevo più nulla, mi stavo sottomettendo definitivamente e irrevocabilmente, una mano palpeggiava i capezzoli, l'altra scivolò fra le mie cosce lucide, opposi resistenza, mi vergognavo da morire, ma ci mise niente a superare la barriera, "cazzetto", sussurrò incollandosi alla mia schiena, aveva impugnato il cazzetto che mi si era irresistibilmente drizzato, segno che a dispetto delle parole e dell'atteggiamento di apparente ritrosia gradivo eccome, me lo stava scappucciando e mi faceva un po' male, avvertii un tocco umido su una spalla, mi aveva poggiato un bacio delicato accompagnandolo con un morsetto soffice, lieve, "smettila", sospirai, ma adesso mi stava spingendo il suo cazzo di dietro, sentii la cappella fra le chiappe, premere sul buchino vergine ma voglioso mentre mi teneva per le tette e per il pistolino eccitato. Mi sentivo sempre più svenire, precipitare.
"Fabrizio, ti prego...", sospirai girando il viso verso di lui e non volendolo incontrai le sue labbra che sfiorarono le mie, non capii cosa stesse accadendo ma le bocche sembrarono attratte come calamite, il suo respiro entrò dentro di me e il mio dentro di lui, sentii qualcosa di umido che avvolgeva la mia lingua, era la sua lingua, me la circondò, si infilò dentro la mia bocca, nel gustare il suo sapore realizzai che era il primo bacio della mia vita, "che succede?", ebbi il tempo di dire che mi ritrovai con la sua bocca incollata alla mia, mi baciò a lungo e mi resi conto che stavo baciando il ragazzo che amavo, che ero una ragazza a tutti gli effetti, che volevo sposarlo con l'abito bianco e i paggetti e...
"Ragazzi, avete finito?".
La voce che ci richiamò alla realtà, che ci fece scendere dalla nuvola su cui eravamo saliti, era di un signore che doveva fare la doccia, stava fuori dalla porta in accappatoio e forse aveva visto tutto, che figura di merda, pensai accorgendomi che l'acqua non scorreva più da un po', eravamo allacciati nudi sotto una doccia senza acqua, subito ci staccammo e poi, ricomponendomi, io risposi con naturalezza: "Sì, abbiamo finito".
Ma in verità avevamo appena cominciato. Finalmente.
"Sei uno stronzo", gli dissi non sapendo cos'altro fare, ma incantandomi a guardare quella piccola proboscide che aveva fra le gambe: in quella situazione intrigante mi vergognavo da matti, così pensavo che bastasse prenderlo a parolacce. Fabrizio era un ragazzino biondo, alto più di me, muscoloso, l'acqua di mare aveva accentuato il colore naturale dei suoi capelli, chiazzati di macchie chiare che sembrava si fosse ossigenato, aveva la pelle (e la faccia) di bronzo, riusciva sempre a imporsi su di me. Il bianco latte della parte non abbronzata somigliava al mio, solo che lui mostrava le sue nudità senza censure né reticenze, mentre io me ne stavo imbronciata in un angolino e lui si insaponava come se non ci fossi. Sembrò che mi leggesse nel pensiero, "dai, lavati anche tu, prima che finisca l'acqua", ma io rimanevo piantata nell'angolo, le mani incollate al pube, "ti vergogni?", sorrise, "un poco", sorrisi, nulla da dire, mi inchiodava solo schiudendo leggermente e stendendo le labbra e questa forma di sottomissione, confermata dalla docilità con cui gli stavo ammirando il cazzo scuro e leggermente scappucciato non gli dispiaceva.
Ero castana di capelli, mora di pelle, da sembrare di colore per quanto ero abbronzata, i capelli lunghi e schiariti pure loro dal sole mi scendevano giù per il collo abbracciandomi gli omeri, sentivo freddo, lui se ne accorse dalla mia pelle d'oca, ma in realtà erano i pensieri che mi smuovevano l'anima. Si mostrò comprensivo, "dai, vieni sotto", ma io restavo immobile senza aprire bocca e questo lo divertiva, allora staccò il telefono della doccia e me lo puntò contro, spingendo il miscelatore verso l'acqua fredda, "cazzo!", strillai e fui costretta a scoprirmi per cercare di fermarlo, mentre lui continuava a bersagliarmi con l'acqua gelata, "cazzetto!", commentò sghignazzando e indicando il mio pube, "cazzettino-ino-ino e bel culetto-culettino-culettone culattone", aggiunse posando la mano aperta su un mio gluteo nudo. "Roberto, Robertino, Robertina-ina-ina", proseguì ridacchiando ancora, dopo avere - per la millesima volta - vinto la lotta, il corpo a corpo con me. E quell'abbraccio di corpi nudi e abbronzati non dispiaceva a nessuno dei due.
Era sera, c'era già buio, il villaggio vacanze era mezzo deserto, tutti erano a cena e solo chi si era attardato, come noi, a stare in spiaggia aveva bisogno delle docce comuni per togliere il sale dalla pelle e, nel mio caso, i cattivi pensieri che mi ossessionavano, specie di notte, da quando assieme ai miei dividevo con lui e con la sua famiglia quella vacanza.
"Minchia, ma sei proprio bona", disse dopo essersi staccato da me, continuando a guardarmi nuda e senza difese, gli piaceva sentirmi in suo potere, mi piaceva sentirmi sottomessa a lui, mi era sempre piaciuto, da quando lo conoscevo, praticamente da sempre, come da sempre lo amavo. "In stanza non sei così attraente ma hai sempre un bel seno", scherzò e gli risposi con una smorfia, tornai a coprirmi l'inguine con le mani, come potevo, lui miscelò l'acqua, la riportò calda, rimise il telefono nell'alloggiamento e lo diresse verso di me, mi aiutò a sciacquarmi, gli diedi le spalle per non mostrargli ancora la mia intimità nuda. Era calato il silenzio, in quella doccia, sentii di nuovo una sua mano su un gluteo, "smettila", gli dissi, ma lui non se ne diede per inteso, portò una mano su uno dei miei piccoli seni, gliela scostai, "smettila", ripetei con poca convinzione, riprese a toccarmi, entrambi i seni contemporaneamente, pizzicò dolcemente i capezzoli, insieme, mi sentii mancare, la sensibilità e le dimensioni dei miei capezzoli non erano normali, ne ero perfettamente consapevole, era quella una delle ragioni che mi avevano fatto comprendere la mia femminilità intrinseca ed estrinseca, assieme a quella dannata cotta che avevo per lui.
Non gli scostai più la mano, ora mi stava toccando liberamente il seno, con l'altra il culo, mi si era accostato con la proboscide al solco che divide i glutei, lo sentivo semirigido appiccicato a me, l'asta appoggiata al mio buchino ancora vergine, il suo respiro caldo a pochi millimetri dalle mie orecchie e io non facevo più nulla, mi stavo sottomettendo definitivamente e irrevocabilmente, una mano palpeggiava i capezzoli, l'altra scivolò fra le mie cosce lucide, opposi resistenza, mi vergognavo da morire, ma ci mise niente a superare la barriera, "cazzetto", sussurrò incollandosi alla mia schiena, aveva impugnato il cazzetto che mi si era irresistibilmente drizzato, segno che a dispetto delle parole e dell'atteggiamento di apparente ritrosia gradivo eccome, me lo stava scappucciando e mi faceva un po' male, avvertii un tocco umido su una spalla, mi aveva poggiato un bacio delicato accompagnandolo con un morsetto soffice, lieve, "smettila", sospirai, ma adesso mi stava spingendo il suo cazzo di dietro, sentii la cappella fra le chiappe, premere sul buchino vergine ma voglioso mentre mi teneva per le tette e per il pistolino eccitato. Mi sentivo sempre più svenire, precipitare.
"Fabrizio, ti prego...", sospirai girando il viso verso di lui e non volendolo incontrai le sue labbra che sfiorarono le mie, non capii cosa stesse accadendo ma le bocche sembrarono attratte come calamite, il suo respiro entrò dentro di me e il mio dentro di lui, sentii qualcosa di umido che avvolgeva la mia lingua, era la sua lingua, me la circondò, si infilò dentro la mia bocca, nel gustare il suo sapore realizzai che era il primo bacio della mia vita, "che succede?", ebbi il tempo di dire che mi ritrovai con la sua bocca incollata alla mia, mi baciò a lungo e mi resi conto che stavo baciando il ragazzo che amavo, che ero una ragazza a tutti gli effetti, che volevo sposarlo con l'abito bianco e i paggetti e...
"Ragazzi, avete finito?".
La voce che ci richiamò alla realtà, che ci fece scendere dalla nuvola su cui eravamo saliti, era di un signore che doveva fare la doccia, stava fuori dalla porta in accappatoio e forse aveva visto tutto, che figura di merda, pensai accorgendomi che l'acqua non scorreva più da un po', eravamo allacciati nudi sotto una doccia senza acqua, subito ci staccammo e poi, ricomponendomi, io risposi con naturalezza: "Sì, abbiamo finito".
Ma in verità avevamo appena cominciato. Finalmente.
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