Entra
di
Castle
genere
etero
"Entra. Fa' come se fossi a casa tua": gli viene un po' da ridere, si accorge anche lui che è una
frase del Novecento. Ma va bene, vuole mostrarsi gentile, bendisposto: come se volesse farmi
capire che non devo avere paura né sentirmi in soggezione, nel suo studio all'Università.
Beh, un po' in soggezione mi ci sento, in effetti. Un po' tanto, a dire il vero: è uno degli uomini
più colti e intelligenti che conosca, ha un curriculum da studioso strepitoso, ha letto mille volte di più di quanto abbia fatto io. Quando parla, sa dire sempre la cosa giusta nel modo più
comprensibile per la persona che gli è davanti; se c'è un problema all'Università, ha ogni volta la
soluzione più opportuna. Perché ha chiamato proprio me, stasera, per rivedere la relazione da
presentare al Consiglio di Ateneo?
"Puoi farmi la cortesia di fermarti un po' di più, domani? Vorrei il tuo parere sul documento
conclusivo", mi ha detto. Chiaramente, gli ho risposto subito di sì, che non c'era problema. Ma
dentro mi sono sentita invadere da inadeguatezza e timore, e anche da imbarazzo. Da quando lavoro nel suo staff ha sempre esercitato un certo fascino su di me, nonostante l'età avanzata e qualche chilo di troppo: ha l'aria di un ragazzo invecchiato, né male né bene, e nessuno dei suoi
tratti distintivi mi sembra degno di nota, eppure... quando entra in una stanza - alto, scapigliato e sicuro di sé - attira l'attenzione di tutti. E lo sa. Quindi, l'idea di trovarmi sola con lui....
E così alla fine sono qui, che mi guardo intorno pensando se mi sono vestita adeguatamente, mentre lui, in giacca e cravatta come sempre, mi spiega il lavoro da fare. Mentre mi preparavo, questa mattina, pensavo che non avrei dovuto essere né provocante né troppo sobria...
Pantaloni aderenti, tacchi e camicia bianca morbida... Sotto però, non so perché - o forse lo
so... - ho messo la lingerie più bella che ho, quella di pizzo e seta color crema.... che
sull'abbronzatura d'agosto non sta affatto male.
Ora, dopo una giornata di lavoro, sento che la camicia non è più così fresca, e farei volentieri
una doccia... anche perché stare qui mi fa sentire ancora più accaldata.
"Vedi, non sono sicuro di queste frasi. Vorrei fare dei riferimenti più incisivi, che colpiscano i
vecchi baroni..."... mi strizza l'occhio come a farmi complice: lui ed io contro il Consiglio
d'Ateneo. Indica sullo schermo del PC, noto che la mano gli trema un po'. Se ne accorge e la
abbassa, si schiarisce la voce e mi chiede di leggere a voce alta dove indicava. È emozionato?
Impossibile, è l'autocontrollo in persona....
Mi allungo davanti allo schermo, leggo dove mi ha indicato: mi sembra perfetto. "Secondo te, li
convinco?", mi domanda guardandomi fisso negli occhi. "È impeccabile... come tutto ciò che
scrivi. Non aggiungerei altro". È compiaciuto.
Andiamo avanti di pagina in pagina, seduti uno accanto all'altro. Dimostra di apprezzare i miei
timidi suggerimenti, e questo mi rilassa un po'.
"Vuoi bere qualcosa? Fa molto caldo...", chiede, aprendo il minibar che ha sotto la scrivania. Mi versa qualcosa che scoprirò essere alcolico e dolce, e ancora la mano gli trema mentre mi
passa il bicchiere. Lo prendo sfiorandogli le dita, si ritrae: capisco che è davvero imbarazzato.
Lui, il grande professore manager, riferimento culturale per tanti, è imbarazzato dal contatto con
me.
Questo cambia un po' le cose: improvvisamente, mi sento forte e decisa. Forse è l'alcol: non ho
avuto il coraggio di dirgli che sono astemia..... E ora sento tanta voglia di giocare, di provocarlo.
Mi avvicino a lui con la scusa di vedere meglio lo schermo, gli tocco impercettibilmente la
gamba, inarco la schiena fingendo di voler leggere meglio il testo. Mi faccio aria con una
cartelletta, slacciando un bottone della camicia.... Sento il suo sguardo su di me e fingo di non
accorgermene.
Finiamo il lavoro: e adesso che faccio? Non voglio andarmene via... Ti prego ti prego ti prego,
dammi un segnale. "Hai qualcuno che ti aspetta, a casa?".... "Veramente no, mi posso fermare,
se hai bisogno....".... "Sì, ho bisogno". Tace e mi guarda: "Però prima facciamo una
pausa...Devo assolutamente mangiare qualcosa... ordiniamo del sushi, ti va?"
Chiama il ristorante, e intanto io mi alzo e guardo i suoi libri. Gli do la schiena, ondeggio
consapevolmente i fianchi e mi allungo verso gli scaffali più alti: so con certezza che mi sta
guardando, lo sento. E poi lo sento davvero, in carne e ossa, dietro di me. Addosso a me. Il suo
profumo buono, di dopobarba - non lo usa più nessuno ormai - mi entra nelle narici. Appoggia la
bocca sul mio collo (ho fatto bene a raccogliere i capelli...) e lo bacia, poi mi circonda i fianchi
con le mani. Quasi in automatico, spingo il bacino all'indietro, e sento tutta la sua eccitazione...
Lui da dietro mi sbottona la camicia, apre la zip dei miei pantaloni. Rimango girata: muoio dalla
voglia di guardarlo negli occhi, ma sento che è più a suo agio così, mentre infila una mano nel
mio reggiseno e l'altra nelle mutandine, e ancora si appoggia, spinge... Sospira nel mio
orecchio, e io sui suoi libri. Poi, improvvisamente, si stacca. "Faresti una cosa per me?" "Sì...."
"Girati e spogliati".
Mi giro e lo vedo: è eccitatissimo e sudato ed è bello.... è bello, da eccitato. Si siede, e davanti a
lui mi tolgo la camicia, i pantaloni... Scendo dai tacchi, tolgo anche il reggiseno... sì vede il segno dell'abbronzatura: sospira e allunga una mano sul suo sesso, ben visibile sotto la stoffa
del suo abito di sartoria. Tolgo le mutandine: "Vieni, ti prego", mi dice.... Mi avvicino e mi bacia il
seno, mi morde i capezzoli. Con la mano si infila tra le mie cosce, mi tira a sé e assaggia il mio
sapore. Butto la testa indietro, chiudo gli occhi... allargo le gambe... Voglio solo quello che sta
per fare.....
Improvvisamente bussano. Lo guardo spaventata, lui mi fa un cenno tranquillizzante. Si alza e
si ricompone in un attimo, va alla porta e la apre di poco: è il ragazzo del sushi.....
Lo congeda immediatamente e torna da me. La mia eccitazione è rimasta sospesa, ora voglio sentire lui, farlo godere.... Mi abbasso, gli slaccio i pantaloni e li faccio scivolare giù... Gli allento
la cravatta, lo bacio sul collo mentre sento le sue mani ovunque... Lo faccio sedere, scendo con
le mie mani sotto la camicia, percorro con la lingua i centimetri dal collo all'ombelico... ancora
quel profumo, misto a sudore e all'odore della sua eccitazione. Arrivo al suo sesso, stagliato
verso di me... Ci giro intorno più volte, lo prendo con la mano, lo accarezzo prima piano, poi
forte... Poi lo avvolgo nella mia bocca, e sento il suo gemito: hai resistito fino ad ora, ma
adesso, ti prego, seguimi...lasciati andare mentre diventa più grande con la mia lingua... Non
fare niente, guardami e basta, guarda i miei occhi, li vedi da lassù?
"Claudia", mi chiama: "Claudia...." Prima che si lasci andare mi fermo, risalgo: "Dimmi, è questo
che volevi?", gli dico all'orecchio. "Sì, questo.... e.... anche... questo". Mi fa alzare, mi gira, io mi
appoggio sul divano, lui dietro di me mi penetra con sicurezza... entra senza fatica tra i miei
umori... I suoi movimenti si fanno sempre più veloci... mi fa ansimare, e lui ansima con me...
"Claudia".... "Sono qui" "Sei mia, vero?" "Solo tua"... "Claudia...." la voce gli si spezza in gola,
geme un'ultima volta, più forte...
Dopo, mi tira a sé.... mi porta sul divano, mi accarezza.... La sua sicurezza l'ha abbandonato,
perdere il controllo l'ha reso fragile, umano. "Era tanto che non mi sentivo così... Tornerai,
vero?" "Tutte le volte che vorrai".
Ed è così che a 33 anni sono diventata ordinaria di glottologia e linguistica in uno dei migliori
atenei italiani.
frase del Novecento. Ma va bene, vuole mostrarsi gentile, bendisposto: come se volesse farmi
capire che non devo avere paura né sentirmi in soggezione, nel suo studio all'Università.
Beh, un po' in soggezione mi ci sento, in effetti. Un po' tanto, a dire il vero: è uno degli uomini
più colti e intelligenti che conosca, ha un curriculum da studioso strepitoso, ha letto mille volte di più di quanto abbia fatto io. Quando parla, sa dire sempre la cosa giusta nel modo più
comprensibile per la persona che gli è davanti; se c'è un problema all'Università, ha ogni volta la
soluzione più opportuna. Perché ha chiamato proprio me, stasera, per rivedere la relazione da
presentare al Consiglio di Ateneo?
"Puoi farmi la cortesia di fermarti un po' di più, domani? Vorrei il tuo parere sul documento
conclusivo", mi ha detto. Chiaramente, gli ho risposto subito di sì, che non c'era problema. Ma
dentro mi sono sentita invadere da inadeguatezza e timore, e anche da imbarazzo. Da quando lavoro nel suo staff ha sempre esercitato un certo fascino su di me, nonostante l'età avanzata e qualche chilo di troppo: ha l'aria di un ragazzo invecchiato, né male né bene, e nessuno dei suoi
tratti distintivi mi sembra degno di nota, eppure... quando entra in una stanza - alto, scapigliato e sicuro di sé - attira l'attenzione di tutti. E lo sa. Quindi, l'idea di trovarmi sola con lui....
E così alla fine sono qui, che mi guardo intorno pensando se mi sono vestita adeguatamente, mentre lui, in giacca e cravatta come sempre, mi spiega il lavoro da fare. Mentre mi preparavo, questa mattina, pensavo che non avrei dovuto essere né provocante né troppo sobria...
Pantaloni aderenti, tacchi e camicia bianca morbida... Sotto però, non so perché - o forse lo
so... - ho messo la lingerie più bella che ho, quella di pizzo e seta color crema.... che
sull'abbronzatura d'agosto non sta affatto male.
Ora, dopo una giornata di lavoro, sento che la camicia non è più così fresca, e farei volentieri
una doccia... anche perché stare qui mi fa sentire ancora più accaldata.
"Vedi, non sono sicuro di queste frasi. Vorrei fare dei riferimenti più incisivi, che colpiscano i
vecchi baroni..."... mi strizza l'occhio come a farmi complice: lui ed io contro il Consiglio
d'Ateneo. Indica sullo schermo del PC, noto che la mano gli trema un po'. Se ne accorge e la
abbassa, si schiarisce la voce e mi chiede di leggere a voce alta dove indicava. È emozionato?
Impossibile, è l'autocontrollo in persona....
Mi allungo davanti allo schermo, leggo dove mi ha indicato: mi sembra perfetto. "Secondo te, li
convinco?", mi domanda guardandomi fisso negli occhi. "È impeccabile... come tutto ciò che
scrivi. Non aggiungerei altro". È compiaciuto.
Andiamo avanti di pagina in pagina, seduti uno accanto all'altro. Dimostra di apprezzare i miei
timidi suggerimenti, e questo mi rilassa un po'.
"Vuoi bere qualcosa? Fa molto caldo...", chiede, aprendo il minibar che ha sotto la scrivania. Mi versa qualcosa che scoprirò essere alcolico e dolce, e ancora la mano gli trema mentre mi
passa il bicchiere. Lo prendo sfiorandogli le dita, si ritrae: capisco che è davvero imbarazzato.
Lui, il grande professore manager, riferimento culturale per tanti, è imbarazzato dal contatto con
me.
Questo cambia un po' le cose: improvvisamente, mi sento forte e decisa. Forse è l'alcol: non ho
avuto il coraggio di dirgli che sono astemia..... E ora sento tanta voglia di giocare, di provocarlo.
Mi avvicino a lui con la scusa di vedere meglio lo schermo, gli tocco impercettibilmente la
gamba, inarco la schiena fingendo di voler leggere meglio il testo. Mi faccio aria con una
cartelletta, slacciando un bottone della camicia.... Sento il suo sguardo su di me e fingo di non
accorgermene.
Finiamo il lavoro: e adesso che faccio? Non voglio andarmene via... Ti prego ti prego ti prego,
dammi un segnale. "Hai qualcuno che ti aspetta, a casa?".... "Veramente no, mi posso fermare,
se hai bisogno....".... "Sì, ho bisogno". Tace e mi guarda: "Però prima facciamo una
pausa...Devo assolutamente mangiare qualcosa... ordiniamo del sushi, ti va?"
Chiama il ristorante, e intanto io mi alzo e guardo i suoi libri. Gli do la schiena, ondeggio
consapevolmente i fianchi e mi allungo verso gli scaffali più alti: so con certezza che mi sta
guardando, lo sento. E poi lo sento davvero, in carne e ossa, dietro di me. Addosso a me. Il suo
profumo buono, di dopobarba - non lo usa più nessuno ormai - mi entra nelle narici. Appoggia la
bocca sul mio collo (ho fatto bene a raccogliere i capelli...) e lo bacia, poi mi circonda i fianchi
con le mani. Quasi in automatico, spingo il bacino all'indietro, e sento tutta la sua eccitazione...
Lui da dietro mi sbottona la camicia, apre la zip dei miei pantaloni. Rimango girata: muoio dalla
voglia di guardarlo negli occhi, ma sento che è più a suo agio così, mentre infila una mano nel
mio reggiseno e l'altra nelle mutandine, e ancora si appoggia, spinge... Sospira nel mio
orecchio, e io sui suoi libri. Poi, improvvisamente, si stacca. "Faresti una cosa per me?" "Sì...."
"Girati e spogliati".
Mi giro e lo vedo: è eccitatissimo e sudato ed è bello.... è bello, da eccitato. Si siede, e davanti a
lui mi tolgo la camicia, i pantaloni... Scendo dai tacchi, tolgo anche il reggiseno... sì vede il segno dell'abbronzatura: sospira e allunga una mano sul suo sesso, ben visibile sotto la stoffa
del suo abito di sartoria. Tolgo le mutandine: "Vieni, ti prego", mi dice.... Mi avvicino e mi bacia il
seno, mi morde i capezzoli. Con la mano si infila tra le mie cosce, mi tira a sé e assaggia il mio
sapore. Butto la testa indietro, chiudo gli occhi... allargo le gambe... Voglio solo quello che sta
per fare.....
Improvvisamente bussano. Lo guardo spaventata, lui mi fa un cenno tranquillizzante. Si alza e
si ricompone in un attimo, va alla porta e la apre di poco: è il ragazzo del sushi.....
Lo congeda immediatamente e torna da me. La mia eccitazione è rimasta sospesa, ora voglio sentire lui, farlo godere.... Mi abbasso, gli slaccio i pantaloni e li faccio scivolare giù... Gli allento
la cravatta, lo bacio sul collo mentre sento le sue mani ovunque... Lo faccio sedere, scendo con
le mie mani sotto la camicia, percorro con la lingua i centimetri dal collo all'ombelico... ancora
quel profumo, misto a sudore e all'odore della sua eccitazione. Arrivo al suo sesso, stagliato
verso di me... Ci giro intorno più volte, lo prendo con la mano, lo accarezzo prima piano, poi
forte... Poi lo avvolgo nella mia bocca, e sento il suo gemito: hai resistito fino ad ora, ma
adesso, ti prego, seguimi...lasciati andare mentre diventa più grande con la mia lingua... Non
fare niente, guardami e basta, guarda i miei occhi, li vedi da lassù?
"Claudia", mi chiama: "Claudia...." Prima che si lasci andare mi fermo, risalgo: "Dimmi, è questo
che volevi?", gli dico all'orecchio. "Sì, questo.... e.... anche... questo". Mi fa alzare, mi gira, io mi
appoggio sul divano, lui dietro di me mi penetra con sicurezza... entra senza fatica tra i miei
umori... I suoi movimenti si fanno sempre più veloci... mi fa ansimare, e lui ansima con me...
"Claudia".... "Sono qui" "Sei mia, vero?" "Solo tua"... "Claudia...." la voce gli si spezza in gola,
geme un'ultima volta, più forte...
Dopo, mi tira a sé.... mi porta sul divano, mi accarezza.... La sua sicurezza l'ha abbandonato,
perdere il controllo l'ha reso fragile, umano. "Era tanto che non mi sentivo così... Tornerai,
vero?" "Tutte le volte che vorrai".
Ed è così che a 33 anni sono diventata ordinaria di glottologia e linguistica in uno dei migliori
atenei italiani.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto sucessivo
Entra 2
Commenti dei lettori al racconto erotico