Gianna...puttana in strada ed in famiglia
di
sexydurex
genere
dominazione
Per un paio di mesi andai avanti con le due relazioni parallele, una con mio padre e l’altra con lo zio Menotti. Le situazioni più intriganti le vissi ad un paio di cene di famiglia, dove stavano entrambi e mi divertivo a farli eccitare da morire, già dalla scelta dell’outfit; una sera mi ritrovai, nel bagno del locale, a spompinare prima lo zio e dopo una mezz’ora mio padre; pensavo che ognuno ignorasse la mia storia con l’altro, ma presto scoprii non fosse esattamente così.
Mio padre non aveva perso l’abitudine di spiare le chat dal mio telefono; fu così che, una sera, mentre ero sotto la doccia a casa mia, e lui era nel letto, nudo, dopo avermi scopato, prese il telefono e lesse le mie chat con lo zio; non ci volle molto a capire, anche considerando le foto che conservavo. Uscii dalla doccia e lo vidi di nuovo con il cazzo in tiro che si masturbava mentre aveva il mio telefono in mano
- “Così ti fai scopare anche dallo zio”
Nei giorni seguenti mi vidi con entrambi e parlammo di come avremmo potuto portare avanti quelle due relazioni; certamente nessuno le voleva interrompere, ma capii che papà e zio erano d’accordo; avevano voluto quell’incontro per farmi capire che non avevo scelta; dovevo essere non solo la loro amante, ma anche un giocattolo con il quale soddisfare ogni perverso capriccio. Avevano pianificato la mia discesa nel degrado più totale.
Fu l’inizio di una sottomissione totale; ero una bambola che esaudiva ogni loro desiderio e capriccio. Sarebbero arrivati a farmi battere per strada.
Ogni occasione era utile, per salire a casa mia, anche solo per svuotare la loro vescica nella mia bocca. Diverse volte mi presero insieme, trascorrendo serate che non dimenticherò mai, così come le cene di famiglia; ero in continua tensione, sperando che uno dei due mi portasse in bagno e mi aprisse come una scatola di tonno.
Procediamo con ordine, alla prima volta che parlai con entrambi e cosa mi convinsero a fare.
Dopo quella chiacchierata insieme, finimmo, com’era prevedibile, a letto tutti insieme; facemmo sesso a tre e dopo che lo avevo presi in tutti i modi possibili, vollero provare a prendermi nel culo insieme. Cercai di ribellarmi, dicendo che non potevo farcela, che mi avrebbero spaccato, ma non servì a nulla. Me lo lubrificarono a fondo e papà fu il primo ad incularmi. Ero carponi, tesa, quando lo zio si mise a cavalcioni sulla mia schiena, prese il cazzo in mano e lo puntò verso il buco del mio culo, già occupato dal cazzo dì papà. Ce la fecero. Avevo le loro verghe insieme nel culo e fu meraviglioso.
Eravamo sul letto, tutti e tre nudi, dopo quell’inculata pazzesca. Ero stravolta. Io in mezzo a loro due. Papà mi accarezzava le gambe ed il culo, lo zio mi baciava sulle labbra ed io li segavo, ognuno con una mano. Li sentivo durissimi, mi staccai dallo zio e scivolai per prenderli, alternativamente, in bocca.
Mi fecero stendere con le gambe aperte e papà inizio a leccarmi; lo zio me lo mise in bocca. Stavo per godere, sussultai sotto le leccate di papà e mi arrivò l’ordine
- “domani arrivano Serena ed Omar, disse papà”
Non capii dove voleva arrivare, quando aggiunse
- “devi sedurre Omar”
mi fermai dal fare il pompino allo zio, lo sfilai dalla bocca e risposi
- “vi prego, non chiedetemi questo”
- “Non credo sia stata una domanda”, aggiunse lo zio, riprendendo a fottermi la bocca e continuando a dirmi
- “hai fatto cornute tua madre e tua zia, adesso dovrai far cornuta anche tua sorella”.
Risero entrambi; senza dire più una parola, continuai a succhiare il cazzo dello zio.
Andarono via, dopo che entrambi scaricarono il loro seme nella mia bocca.
Papà, prima di uscire da casa, mi disse
- “ci vediamo domani a casa, quando arrivano Serena e… Omar, non mi deludere”
Era mia abitudine, quando arrivava mia sorella, trasferirmi a casa dei miei genitori, per poter trascorrere quanto più tempo possibile con Serena.
Quella volta ne approfittai per sedurre mio cognato Omar.
Avevamo pranzato tutti insieme ed anche in quella occasione, nella maniera più discreta possibile, avevo cercato di attirare l’attenzione di Omar; avevo scelto di indossare un leggings molto aderente, tanto che evidenziava ogni tratto, anche, delle mie parti intime. Non indossai intimo, così da far aderire, e mostrare, persino le labbra della figa, cercando, spesso, di aprire le gambe davanti allo sguardo di mio cognato.
Papà mi osservava, sorridendo sotto i baffi.
Nel pomeriggio, mamma e Serena si allontanarono per andare a far visita ad una zia e Omar, per fortuna, scelse di rimanere in casa, approfittando per andare a fare un breve corsa.
Rimasi in casa, sola con papà; ne approfittò per farmi fare un pompino e dopo avermi inondato la bocca di sperma, uscì, per lasciarmi sola con Omar, al suo rientro dalla corsa.
Si raccomandò perché quell’occasione andava sfruttata.
Restai sola in casa ad aspettare mio cognato.
Tornò ed ammirai il suo fisico atletico sotto la canotta; la pelle sudata e tirata lo rendeva molto sensuale; gli sorrisi quando passò vicino a me per andare a fare la doccia. Era il momento; quando sentii il rumore dell’acqua cessare, segno che Omar aveva terminato di farsi la doccia, mi alzai ed andai verso il bagno; ero convinta si fosse chiuso a chiave, invece girai la maniglia ed aprii la porta.
Omar era nudo, completamente nudo e svettava un cazzo importante, per altro, stranamente, molto eccitato.
Restammo in silenzio per un paio di secondi, rimasi incantata a guardargli la verga e come un automa, invece che scusarmi e richiudere la porta, entrai nel bagno e mi avvicinai a lui.
Omar rimase impietrito, quasi spaventato
- “Gianna, che fai?”, disse sussurrando
- “shhhh”, misi un dito sul naso per indicargli di fare silenzio, allungai la mano verso la sua verga durissima, mi alzai sulla punta dei piedi e lo baciai sulle labbra
- “lo vedo come mi guardi il culo”, lo sfidai, e iniziai a segarlo scappellandolo lentamente
- “Gianna, sei pazza? Se torna qualcuno e ci scoprono?
- “facciamo presto”, mi inginocchiai e lo presi in bocca
Lo spompinai tenendo il cazzo tra le labbra, le palle in una mano ed accarezzandogli il buco del culo con l’altra; gli infilai un dito dentro, si piegò sulle ginocchia e disse con un filo di voce
- “Giannaaaaaa…sborrooooooo”
Mi riempì la bocca con il suo caldo nettare; i primi due schizzi mi arrivarono direttamente in gola, poi iniziò a sborrare lentamente riempendomi la bocca; quando terminò di pulsare, lo estrassi delicatamente, stando ben attenta a non perdere nemmeno una goccia.
Mi alzai, aprii le labbra ed ingoiai il suo sperma.
Mi voltai per uscire, Omar rimase a ricomporsi.
Mandai un messaggio a papà:
“OPERAZIONE SEDUZIONE CONCLUSA 😉”
“BRAVA LA MIA TROIETTA”, rispose
Il giorno dopo mi ero organizzata con Omar, ma lui ignorava che ci avrebbero raggiunto anche papà e lo zio Menotti.
Nel tardo pomeriggio, salutai il resto della famiglia, inventandomi che dovevo passare da casa mia per sistemare alcune cose e per innaffiare le mie adorate piante; Omar trovò una scusa per uscire anche lui e mi chiese se volessi un passaggio.
Era ovviamente tutto concordato, ma Omar non immaginava quel che sarebbe capitato.
In macchina cercai di parlare di tutto, tranne che di noi, però quando arrivammo sotto casa mia, dissi, per cercare di essere credibile:
- “non staremo facendo una stronzata?”
- “be’, ormai ci siamo”, rispose lui, mi accarezzò il viso
Scendemmo dalla macchina ed andammo verso casa mia con lo sguardo basso; ci infilammo nel portone e salimmo le scale di corsa sino al secondo piano; aprii la porta con il cuore che mi batteva forte, entrammo, chiusi la porta e ci abbracciammo. Omar mi spogliò avidamente, mi prese in braccio e lo cavalcai, strusciando la figa nuda sulla patta dei suoi pantaloni. Sentii tutta la sua eccitazione.
Andammo verso la camera, mi buttò letteralmente sul letto, slacciò velocemente la cinta, sbottonò i pantaloni, li sfilò con un gesto repentino, si liberò dei boxer e mostrò la sua verga impaziente di avermi.
Allargai le cosce offrendogli la figa in tutte le sue voglie.
Omar si piegò tra le mie gambe ed iniziò a leccarmi.
- “siiiii Omar, continua, ti prego, siiiiii…mmmmh”
Gli misi le mani tra i capelli spingendo la bocca più a fondo verso la mia figa; sollevai il bacino per favorirgli la posizione migliore, reclinai la testa all’indietro e chiusi gli occhi
- “scopami, ti prego, non ce la faccio più”
Omar smise di leccarmi, si alzò, prese il cazzo in mano e lo poggiò all’ingresso della figa; una piccola pressione e lo sentii dentro di me. Iniziò a scoparmi ed io cercai subito di assecondare i suoi movimenti trovando la sincronia migliore per quella scopata.
Lo abbracciai ed avvinghiai le cosce intorno a lui.
Lo sentivo dentro, affondare ed urlai all’arrivo del piacere.
- “siiiii, sei meraviglioso, mmmmh, siiiii, godoooooooooooooooo”
Avvertii le vibrazioni dell’orgasmo e la punta del piacere; mi placai solo dopo diversi secondi di intensa adrenalina; lo guardai e ridemmo insieme. Si piegò su di me e sussurrò
- “voglio il tuo culo”
Il cazzo era bagnatissimo per i miei umori, mi girai, mi misi carponi e gli porsi il culo da prendere.
Omar mi prese per i fianchi, inumidì il piccolo buco con la saliva e con gli umori che sgorgavano ancora dalla figa; infilò un dito dentro per allargarlo, per poi appoggiare il cazzo ed entrare facilmente.
Trovò subito la sua dimensione ed il culo si adattò a quell’ingresso ed iniziò a pomparmi. Stavamo entrambi gemendo come due animali; aspettavo l’ingresso di papà e dello zio, ma non sentimmo, né io né, evidentemente, Omar, le chiavi nella toppa della porta d’ingresso.
Ero carponi, nuda, sul letto con mio cognato che mi stava selvaggiamente inculando
- “siiii, sfondami, rompimi il culo, sono la tua troia”
dicevo queste parole, quando sollevai lo sguardo e vidi mio padre sull’uscio della camera da letto
- “papà”, esclamai, cercando di recitare la mia finta sorpresa. Dietro di lui c’era lo zio Menotti che stava sghignazzando.
- “cazzo Dino, che ci fai qui?” disse Omar, sfilando velocemente il cazzo dal mio culo
- “siete due stronzi, oltre ad essere due idioti. Vi ho beccati io, ma avrebbe potuto beccarvi mia moglie o, peggio, Serena. Coglioni, oltre che stronzi”
- “dai papà, teniamoci questo segreto, per favore”, dissi io, come avevamo già concodato
- “sì Dino, abbiamo fatto una stronzata, ma sei uomo anche tu”
- “infatti non me la prendo con te, ma con questa zoccola”, mi disse guardandomi, ma colsi il suo sorriso sornione.
Sia papà che lo zio si avvicinarono, slacciandosi cinta e sbottonando i pantaloni.
Sarei stata presa da tutti e tre, come avevano progettato.
Stranamente mi rilassai, avevo portato a termine il piano, avevo sedotto Omar e presto sarebbe diventato, anche lui, il mio padrone.
Continuammo il sesso a quattro. Omar, inizialmente, rimase sorpreso dall’evoluzione della cosa, ma dopo si fece trascinare nell’utilizzarmi come più gli piaceva; anche lui si dimostrò sadico ed eccitato nell’umiliarmi.
Inutile precisare che fui presa in ogni maniera. Ero sommersa dai cazzi, c’era un penetrante odore di sesso e di istinto puro. Me li ritrovai dappertutto ed in contemporanea. Quella volta mi risparmiarono la doppia anale, ma fui presa a sandwich ed in bocca e vollero provare una doppia, contemporanea, penetrazione nella figa. Fu un’idea di Omar e mi presero lui e papà. Fu devastante, ma mi sentii piena ed appagata.
Ero diventata, con consapevolezza, la puttana della famiglia. Una scopata nata per caso con mio padre; una storia alimentata con mio zio ed il trio completato con la seduzione di Omar. Non avevo più tempo per me; se mio padre era impegnato, ero occupata con lo zio; quando Omar era in città, mi concedevo anche a lui e, spesso, mi trovavo con lo zio e con papà insieme.
Una sera stavamo cenando a casa mia, io, papà e lo zio…quando mi proposero un qualcosa che mai, nemmeno nei miei incubi, avrei mai immaginato di sentire.
Lo disse papà, che certamente aveva molta più influenza sulla mia volontà.
- “Gianna, crediamo, io e lo zio, che tu sia pronta per un gioco molto eccitante”
- “Non mi chiedete, per favore, di farvi da cesso completo; mi va bene la pipì, ma non andiamo oltre, non ce la farei
Ultimamente, infatti, avevano preso a farmi fare un gioco deplorevole. Riempivano, nel corso di un paio di giorni, un bidone da diversi litri con le loro pisciate; quindi lo svuotavano nel bidet, opportunamente tappato e mi obbligavano ad immergere la testa per più secondi, ogni volta di più. Non mi piaceva, ma facevo finta mi eccitasse da morire.
- “No, non si tratta di nulla di tutto ciò, è un gioco che non è per tutte, ma secondo noi, tu sei in grado di farlo”, disse lo zio Menotti
- “Mi state incuriosendo”, risposi
- “Bene, dovrai andare a battere in strada”
Credevo di non aver capito bene; strabuzzai gli occhi e chiesi cosa intendesse, non volevo aver capito bene
- “devi battere per strada, andare a fare la puttana”
- “Ma siete pazzi? Ma che razza di gioco è?”
- “Un bel gioco; staremo lì io e lo zio a controllare non ti succeda nulla”
- “No, non mi piace, non voglio”
La discussione terminò lì; la serata proseguì con la classica scopata a tre, ma qualcosa c’era nell’aria di incompiuto, di insoddisfazione da parte loro.
Trascorsero due settimane di continue insistenze; papà, ogni volta che stava per farmi godere, mi ripeteva che sarebbe stato eccitante da morire vedermi battere come una vera puttana; tutti e tre mi scrivevano messaggi, mi mandavano foto. Volevano convincermi a far qualcosa che, nemmeno nei miei incubi, avrei mai accettato. Invece cedetti ed una sera mi preparai per andare a battere. Non volevo crederci, ma accettai.
Aspettammo la serata giusta; per l’occasione scese anche Omar. Tutti e tre si presentarono a casa mia. Mi fecero preparare: autoreggenti, reggicalze, tacco 14; null’altro se non un trench lungo sopra, quasi tutto sbottonato.
Mentre ero in camera a prepararmi, li sentivo confabulare, ridere, essere eccitati e contenti che la loro figlia/nipote/cognata stava per andare a fare la puttana per strada.
Non volevo crederci, ma cosa stavo facendo? Ma la voglia di dimostrarmi all’altezza, il desiderio di non deluderli, di fargli capire che ero unica nel genere, mi fece superare ogni dubbio.
Uscii dalla camera pronta per uscire, pronta per andare a battere. Guardai mio padre, più di tutti. Lo guardai con aria di sfida: stava spingendo la figlia ad andare a battere. Lui resse lo sguardo con fierezza, con desiderio, con la convinzione che poteva disporre di me, della mia mente.
Mi portarono in un posto isolato, vicino al mare; avevo una baracca a mia disposizione per portare dentro i clienti. Mi imposero le tariffe: 10 euro per la bocca, 25 per un rapporto completo e 40 per un rapporto completo con l’anale. Erano tariffe basse, ma in linea con una puttana da strada e così, dissero, avrei potuto avere clienti.
Una ennesima forma di umiliazione. Loro sarebbero rimasti nella baracca, nascosti, in un punto dal quale avrebbero potuto osservarmi in strada e guardarmi mentre ero all’opera dentro. Per vigilare, dissero, in realtà non gli fregava molto, volevano solo la mia completa sottomissione. E così fu
Fermarono la macchina e mi fecero scendere. Mi portarono nella baracca; c’era un materasso su una brandina, senza lenzuola. C’era un bagno piccolo con un water, un lavabo ed un piatto doccia. Non c’erano tracce di molta pulizia, mi augurai che nessuno mi avrebbe infilato la testa nel cesso.
Uscimmo e mi portarono alla mia postazione.
Ero ferma sulla strada, il trench quasi aperto, sotto un lampione con la luce fioca; la serata era mite, ma mi tremavano le gambe. Spesso mi domandai perché lo stessi facendo. Mi travolse il terrore di essere riconosciuta. Papà mi aveva rassicurato: “se qualcuno ti riconosce è perché va a puttane e non ha nessun interesse a dirlo a qualcuno”; non trovai la cosa rassicurante; sperai di non incrociare nessun mio conoscente.
Trascorse un quarto d’ora, rallentò la prima auto; mi guardò e tiró avanti; ne fui ferita nel mio orgoglio di femmina; slacciai di un altro bottone il trench, tenendolo praticamente aperto. alla seconda macchina che rallentó, lo aprii completamente. Si fermò: era un uomo anziano, mi fece quasi tenerezza.
Mi chiese quanto volessi per un lavoro di bocca e gli dissi la mia tariffa.
Mi disse di salire in auto e gli feci cenno di entrare nella baracca; scese con diffidenza. Però ero troppo eccitato per rifiutare. Entrammo nella baracca, mi tolsi il trench, lui si era immediatamente tolto i pantaloni. Portava dei ridicoli boxer e si tenne ai piedi le scarpe e le calze; non era per nulla eccitante.
Mi chiese se ci fosse un bagno perché doveva fare pipì. Gli indicai la porta e sentii lo scroscio della pisciata. Provó a tirare lo scarico e temetti quando capii che non funzionava; pensai subito fosse stato messo fuori uso da papà, era bravo nei lavori in casa.
Il mio primo cliente uscì dal bagno con il cazzo gocciolante di pipì in mano. Mi avvicinai, raccolsi i capelli all’indietro e mi inginocchiai.
Mi infiló il cazzo in bocca; era molliccio e bagnato di pipì, ciò nonostante lavorai bene di lingua e finalmente reagì indurendosi; le dimensioni erano comunque modeste, tanto che non faticai a prenderlo tutto in bocca. Pompavo e leccavo sin quando non mi schizzò in gola. Ingoiai quella sborrata; tutto di lui sapeva di vecchio, anche lo sperma.
Si rivestì in fretta, non voleva restare altro tempo in quella baracca. Mi lasciò senza dire una parola, lasciò i 10 euro sull’unico tavolino presente nella stanza.
Recuperai il trench e vidi papà venirmi incontro. Mi accarezzò e mi disse che ero stata molto brava; gli sorrisi, contenta di quel complimento e tornai in strada sapendo di eccitarlo.
Trascorse un po’ di tempo, prima che una macchina si fermasse. Erano tre ragazzi molto brilli; mi chiesero di farlo tutti insieme ed accettai. Mi avrebbero però dato due quote, pari a 50 euro complessive ed accettai anche questa altra condizione. Entrammo nella baracca tutti e quattro e mi feci sbattere come meglio gli piaceva; uno alla volta, in coppia ed in tripla. Mi presero la figa ed il culo anche se avevano pagato solo per la prima.
Prima di godere, mi fecero mettere in ginocchio a spompinarli insieme, sino a farli godere tutti sulla mia faccia. Retarono anche in piedi intorno a me è temetti quel che poi accadde. Si misero a pisciare insieme su di me, in faccia, in bocca, sui capelli.
Andarono via ed avevo disperato bisogno di una doccia. Fu ancora papà ad uscire dalla loro stanza segreta e mi dette delle salviette con le quali dovetti arrangiarmi. Mi invitarono a tornare per strada, anche se iniziavo ad esser stanca oltre che visibilmente con tracce di piscio.
Si fermó una macchina; un uomo, sulla quarantina. Sguardo inquietante, mi chiese il prezzo. Scelse la tariffa da 25, scese con uno zaino.
Andammo nella baracca, si spoglió, lo aveva già in tiro, ma non si fece toccare. Si comportava in maniera strana ed inaspettata. Ero nuda sul materasso, aspettando che mi prendesse in qualche maniera, ma rimaneva a distanza.
Mi fece mettere carponi. Prese lo zaino e tirò fuori tre vibratori. Prese il primo e me lo infilò nella figa. Prese il secondo e me lo infilò nel culo. Lì fece partire, iniziai a gemere, mi stava piacendo molto. Prese il terzo vibratore e cercò, con insistenza, di infilarmelo nel culo, non curante fosse già occupato dall’altro fallo artificiale. Tanto si accanì che riuscì ad infilarlo. Vibrarono tutti e tre, facendomi sentire il piacere galoppare. Lui si portò davanti al mio viso e si segò con vigore, sin poi a rallentare, venendomi in faccia.
Si acquietò anche nello sguardo. Non disse una parola; per lui ero solo un oggetto, un mezzo per godere. Sfilò i vibratori e li rimise nello zaino. Si vestì ed andò via senza nemmeno salutare, lasciando i 25 euro sul tavolino.
Tornai per strada.
Non si fermò più alcuna macchina, un paio accostarono, ma ero impresentabile: puzzavo di pipì, avevo i capelli bagnati di piscio, la pelle della faccia con evidenti tracce di sperma.
Papà, Zio Menotti ed Omar mi raggiunsero e mi fecero salire in macchina per tornare, finalmente a casa. Trovai i rubinetti chiusi, non c’era acqua, supplicai di farmi lavare e per tutta risposta mi pisciarono addosso e mi imposero di dormire senza potermi nemmeno asciugare. Mi buttai sul letto in condizioni pietose. Pensai ai soldi: non avevo preso nemmeno un euro, lasciando la miseria dei 75 euro guadagnati nel fare la puttana, ai miei tre magnaccia.
Così terminò la mia prima esperienza di puttana
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Mio padre non aveva perso l’abitudine di spiare le chat dal mio telefono; fu così che, una sera, mentre ero sotto la doccia a casa mia, e lui era nel letto, nudo, dopo avermi scopato, prese il telefono e lesse le mie chat con lo zio; non ci volle molto a capire, anche considerando le foto che conservavo. Uscii dalla doccia e lo vidi di nuovo con il cazzo in tiro che si masturbava mentre aveva il mio telefono in mano
- “Così ti fai scopare anche dallo zio”
Nei giorni seguenti mi vidi con entrambi e parlammo di come avremmo potuto portare avanti quelle due relazioni; certamente nessuno le voleva interrompere, ma capii che papà e zio erano d’accordo; avevano voluto quell’incontro per farmi capire che non avevo scelta; dovevo essere non solo la loro amante, ma anche un giocattolo con il quale soddisfare ogni perverso capriccio. Avevano pianificato la mia discesa nel degrado più totale.
Fu l’inizio di una sottomissione totale; ero una bambola che esaudiva ogni loro desiderio e capriccio. Sarebbero arrivati a farmi battere per strada.
Ogni occasione era utile, per salire a casa mia, anche solo per svuotare la loro vescica nella mia bocca. Diverse volte mi presero insieme, trascorrendo serate che non dimenticherò mai, così come le cene di famiglia; ero in continua tensione, sperando che uno dei due mi portasse in bagno e mi aprisse come una scatola di tonno.
Procediamo con ordine, alla prima volta che parlai con entrambi e cosa mi convinsero a fare.
Dopo quella chiacchierata insieme, finimmo, com’era prevedibile, a letto tutti insieme; facemmo sesso a tre e dopo che lo avevo presi in tutti i modi possibili, vollero provare a prendermi nel culo insieme. Cercai di ribellarmi, dicendo che non potevo farcela, che mi avrebbero spaccato, ma non servì a nulla. Me lo lubrificarono a fondo e papà fu il primo ad incularmi. Ero carponi, tesa, quando lo zio si mise a cavalcioni sulla mia schiena, prese il cazzo in mano e lo puntò verso il buco del mio culo, già occupato dal cazzo dì papà. Ce la fecero. Avevo le loro verghe insieme nel culo e fu meraviglioso.
Eravamo sul letto, tutti e tre nudi, dopo quell’inculata pazzesca. Ero stravolta. Io in mezzo a loro due. Papà mi accarezzava le gambe ed il culo, lo zio mi baciava sulle labbra ed io li segavo, ognuno con una mano. Li sentivo durissimi, mi staccai dallo zio e scivolai per prenderli, alternativamente, in bocca.
Mi fecero stendere con le gambe aperte e papà inizio a leccarmi; lo zio me lo mise in bocca. Stavo per godere, sussultai sotto le leccate di papà e mi arrivò l’ordine
- “domani arrivano Serena ed Omar, disse papà”
Non capii dove voleva arrivare, quando aggiunse
- “devi sedurre Omar”
mi fermai dal fare il pompino allo zio, lo sfilai dalla bocca e risposi
- “vi prego, non chiedetemi questo”
- “Non credo sia stata una domanda”, aggiunse lo zio, riprendendo a fottermi la bocca e continuando a dirmi
- “hai fatto cornute tua madre e tua zia, adesso dovrai far cornuta anche tua sorella”.
Risero entrambi; senza dire più una parola, continuai a succhiare il cazzo dello zio.
Andarono via, dopo che entrambi scaricarono il loro seme nella mia bocca.
Papà, prima di uscire da casa, mi disse
- “ci vediamo domani a casa, quando arrivano Serena e… Omar, non mi deludere”
Era mia abitudine, quando arrivava mia sorella, trasferirmi a casa dei miei genitori, per poter trascorrere quanto più tempo possibile con Serena.
Quella volta ne approfittai per sedurre mio cognato Omar.
Avevamo pranzato tutti insieme ed anche in quella occasione, nella maniera più discreta possibile, avevo cercato di attirare l’attenzione di Omar; avevo scelto di indossare un leggings molto aderente, tanto che evidenziava ogni tratto, anche, delle mie parti intime. Non indossai intimo, così da far aderire, e mostrare, persino le labbra della figa, cercando, spesso, di aprire le gambe davanti allo sguardo di mio cognato.
Papà mi osservava, sorridendo sotto i baffi.
Nel pomeriggio, mamma e Serena si allontanarono per andare a far visita ad una zia e Omar, per fortuna, scelse di rimanere in casa, approfittando per andare a fare un breve corsa.
Rimasi in casa, sola con papà; ne approfittò per farmi fare un pompino e dopo avermi inondato la bocca di sperma, uscì, per lasciarmi sola con Omar, al suo rientro dalla corsa.
Si raccomandò perché quell’occasione andava sfruttata.
Restai sola in casa ad aspettare mio cognato.
Tornò ed ammirai il suo fisico atletico sotto la canotta; la pelle sudata e tirata lo rendeva molto sensuale; gli sorrisi quando passò vicino a me per andare a fare la doccia. Era il momento; quando sentii il rumore dell’acqua cessare, segno che Omar aveva terminato di farsi la doccia, mi alzai ed andai verso il bagno; ero convinta si fosse chiuso a chiave, invece girai la maniglia ed aprii la porta.
Omar era nudo, completamente nudo e svettava un cazzo importante, per altro, stranamente, molto eccitato.
Restammo in silenzio per un paio di secondi, rimasi incantata a guardargli la verga e come un automa, invece che scusarmi e richiudere la porta, entrai nel bagno e mi avvicinai a lui.
Omar rimase impietrito, quasi spaventato
- “Gianna, che fai?”, disse sussurrando
- “shhhh”, misi un dito sul naso per indicargli di fare silenzio, allungai la mano verso la sua verga durissima, mi alzai sulla punta dei piedi e lo baciai sulle labbra
- “lo vedo come mi guardi il culo”, lo sfidai, e iniziai a segarlo scappellandolo lentamente
- “Gianna, sei pazza? Se torna qualcuno e ci scoprono?
- “facciamo presto”, mi inginocchiai e lo presi in bocca
Lo spompinai tenendo il cazzo tra le labbra, le palle in una mano ed accarezzandogli il buco del culo con l’altra; gli infilai un dito dentro, si piegò sulle ginocchia e disse con un filo di voce
- “Giannaaaaaa…sborrooooooo”
Mi riempì la bocca con il suo caldo nettare; i primi due schizzi mi arrivarono direttamente in gola, poi iniziò a sborrare lentamente riempendomi la bocca; quando terminò di pulsare, lo estrassi delicatamente, stando ben attenta a non perdere nemmeno una goccia.
Mi alzai, aprii le labbra ed ingoiai il suo sperma.
Mi voltai per uscire, Omar rimase a ricomporsi.
Mandai un messaggio a papà:
“OPERAZIONE SEDUZIONE CONCLUSA 😉”
“BRAVA LA MIA TROIETTA”, rispose
Il giorno dopo mi ero organizzata con Omar, ma lui ignorava che ci avrebbero raggiunto anche papà e lo zio Menotti.
Nel tardo pomeriggio, salutai il resto della famiglia, inventandomi che dovevo passare da casa mia per sistemare alcune cose e per innaffiare le mie adorate piante; Omar trovò una scusa per uscire anche lui e mi chiese se volessi un passaggio.
Era ovviamente tutto concordato, ma Omar non immaginava quel che sarebbe capitato.
In macchina cercai di parlare di tutto, tranne che di noi, però quando arrivammo sotto casa mia, dissi, per cercare di essere credibile:
- “non staremo facendo una stronzata?”
- “be’, ormai ci siamo”, rispose lui, mi accarezzò il viso
Scendemmo dalla macchina ed andammo verso casa mia con lo sguardo basso; ci infilammo nel portone e salimmo le scale di corsa sino al secondo piano; aprii la porta con il cuore che mi batteva forte, entrammo, chiusi la porta e ci abbracciammo. Omar mi spogliò avidamente, mi prese in braccio e lo cavalcai, strusciando la figa nuda sulla patta dei suoi pantaloni. Sentii tutta la sua eccitazione.
Andammo verso la camera, mi buttò letteralmente sul letto, slacciò velocemente la cinta, sbottonò i pantaloni, li sfilò con un gesto repentino, si liberò dei boxer e mostrò la sua verga impaziente di avermi.
Allargai le cosce offrendogli la figa in tutte le sue voglie.
Omar si piegò tra le mie gambe ed iniziò a leccarmi.
- “siiiii Omar, continua, ti prego, siiiiii…mmmmh”
Gli misi le mani tra i capelli spingendo la bocca più a fondo verso la mia figa; sollevai il bacino per favorirgli la posizione migliore, reclinai la testa all’indietro e chiusi gli occhi
- “scopami, ti prego, non ce la faccio più”
Omar smise di leccarmi, si alzò, prese il cazzo in mano e lo poggiò all’ingresso della figa; una piccola pressione e lo sentii dentro di me. Iniziò a scoparmi ed io cercai subito di assecondare i suoi movimenti trovando la sincronia migliore per quella scopata.
Lo abbracciai ed avvinghiai le cosce intorno a lui.
Lo sentivo dentro, affondare ed urlai all’arrivo del piacere.
- “siiiii, sei meraviglioso, mmmmh, siiiii, godoooooooooooooooo”
Avvertii le vibrazioni dell’orgasmo e la punta del piacere; mi placai solo dopo diversi secondi di intensa adrenalina; lo guardai e ridemmo insieme. Si piegò su di me e sussurrò
- “voglio il tuo culo”
Il cazzo era bagnatissimo per i miei umori, mi girai, mi misi carponi e gli porsi il culo da prendere.
Omar mi prese per i fianchi, inumidì il piccolo buco con la saliva e con gli umori che sgorgavano ancora dalla figa; infilò un dito dentro per allargarlo, per poi appoggiare il cazzo ed entrare facilmente.
Trovò subito la sua dimensione ed il culo si adattò a quell’ingresso ed iniziò a pomparmi. Stavamo entrambi gemendo come due animali; aspettavo l’ingresso di papà e dello zio, ma non sentimmo, né io né, evidentemente, Omar, le chiavi nella toppa della porta d’ingresso.
Ero carponi, nuda, sul letto con mio cognato che mi stava selvaggiamente inculando
- “siiii, sfondami, rompimi il culo, sono la tua troia”
dicevo queste parole, quando sollevai lo sguardo e vidi mio padre sull’uscio della camera da letto
- “papà”, esclamai, cercando di recitare la mia finta sorpresa. Dietro di lui c’era lo zio Menotti che stava sghignazzando.
- “cazzo Dino, che ci fai qui?” disse Omar, sfilando velocemente il cazzo dal mio culo
- “siete due stronzi, oltre ad essere due idioti. Vi ho beccati io, ma avrebbe potuto beccarvi mia moglie o, peggio, Serena. Coglioni, oltre che stronzi”
- “dai papà, teniamoci questo segreto, per favore”, dissi io, come avevamo già concodato
- “sì Dino, abbiamo fatto una stronzata, ma sei uomo anche tu”
- “infatti non me la prendo con te, ma con questa zoccola”, mi disse guardandomi, ma colsi il suo sorriso sornione.
Sia papà che lo zio si avvicinarono, slacciandosi cinta e sbottonando i pantaloni.
Sarei stata presa da tutti e tre, come avevano progettato.
Stranamente mi rilassai, avevo portato a termine il piano, avevo sedotto Omar e presto sarebbe diventato, anche lui, il mio padrone.
Continuammo il sesso a quattro. Omar, inizialmente, rimase sorpreso dall’evoluzione della cosa, ma dopo si fece trascinare nell’utilizzarmi come più gli piaceva; anche lui si dimostrò sadico ed eccitato nell’umiliarmi.
Inutile precisare che fui presa in ogni maniera. Ero sommersa dai cazzi, c’era un penetrante odore di sesso e di istinto puro. Me li ritrovai dappertutto ed in contemporanea. Quella volta mi risparmiarono la doppia anale, ma fui presa a sandwich ed in bocca e vollero provare una doppia, contemporanea, penetrazione nella figa. Fu un’idea di Omar e mi presero lui e papà. Fu devastante, ma mi sentii piena ed appagata.
Ero diventata, con consapevolezza, la puttana della famiglia. Una scopata nata per caso con mio padre; una storia alimentata con mio zio ed il trio completato con la seduzione di Omar. Non avevo più tempo per me; se mio padre era impegnato, ero occupata con lo zio; quando Omar era in città, mi concedevo anche a lui e, spesso, mi trovavo con lo zio e con papà insieme.
Una sera stavamo cenando a casa mia, io, papà e lo zio…quando mi proposero un qualcosa che mai, nemmeno nei miei incubi, avrei mai immaginato di sentire.
Lo disse papà, che certamente aveva molta più influenza sulla mia volontà.
- “Gianna, crediamo, io e lo zio, che tu sia pronta per un gioco molto eccitante”
- “Non mi chiedete, per favore, di farvi da cesso completo; mi va bene la pipì, ma non andiamo oltre, non ce la farei
Ultimamente, infatti, avevano preso a farmi fare un gioco deplorevole. Riempivano, nel corso di un paio di giorni, un bidone da diversi litri con le loro pisciate; quindi lo svuotavano nel bidet, opportunamente tappato e mi obbligavano ad immergere la testa per più secondi, ogni volta di più. Non mi piaceva, ma facevo finta mi eccitasse da morire.
- “No, non si tratta di nulla di tutto ciò, è un gioco che non è per tutte, ma secondo noi, tu sei in grado di farlo”, disse lo zio Menotti
- “Mi state incuriosendo”, risposi
- “Bene, dovrai andare a battere in strada”
Credevo di non aver capito bene; strabuzzai gli occhi e chiesi cosa intendesse, non volevo aver capito bene
- “devi battere per strada, andare a fare la puttana”
- “Ma siete pazzi? Ma che razza di gioco è?”
- “Un bel gioco; staremo lì io e lo zio a controllare non ti succeda nulla”
- “No, non mi piace, non voglio”
La discussione terminò lì; la serata proseguì con la classica scopata a tre, ma qualcosa c’era nell’aria di incompiuto, di insoddisfazione da parte loro.
Trascorsero due settimane di continue insistenze; papà, ogni volta che stava per farmi godere, mi ripeteva che sarebbe stato eccitante da morire vedermi battere come una vera puttana; tutti e tre mi scrivevano messaggi, mi mandavano foto. Volevano convincermi a far qualcosa che, nemmeno nei miei incubi, avrei mai accettato. Invece cedetti ed una sera mi preparai per andare a battere. Non volevo crederci, ma accettai.
Aspettammo la serata giusta; per l’occasione scese anche Omar. Tutti e tre si presentarono a casa mia. Mi fecero preparare: autoreggenti, reggicalze, tacco 14; null’altro se non un trench lungo sopra, quasi tutto sbottonato.
Mentre ero in camera a prepararmi, li sentivo confabulare, ridere, essere eccitati e contenti che la loro figlia/nipote/cognata stava per andare a fare la puttana per strada.
Non volevo crederci, ma cosa stavo facendo? Ma la voglia di dimostrarmi all’altezza, il desiderio di non deluderli, di fargli capire che ero unica nel genere, mi fece superare ogni dubbio.
Uscii dalla camera pronta per uscire, pronta per andare a battere. Guardai mio padre, più di tutti. Lo guardai con aria di sfida: stava spingendo la figlia ad andare a battere. Lui resse lo sguardo con fierezza, con desiderio, con la convinzione che poteva disporre di me, della mia mente.
Mi portarono in un posto isolato, vicino al mare; avevo una baracca a mia disposizione per portare dentro i clienti. Mi imposero le tariffe: 10 euro per la bocca, 25 per un rapporto completo e 40 per un rapporto completo con l’anale. Erano tariffe basse, ma in linea con una puttana da strada e così, dissero, avrei potuto avere clienti.
Una ennesima forma di umiliazione. Loro sarebbero rimasti nella baracca, nascosti, in un punto dal quale avrebbero potuto osservarmi in strada e guardarmi mentre ero all’opera dentro. Per vigilare, dissero, in realtà non gli fregava molto, volevano solo la mia completa sottomissione. E così fu
Fermarono la macchina e mi fecero scendere. Mi portarono nella baracca; c’era un materasso su una brandina, senza lenzuola. C’era un bagno piccolo con un water, un lavabo ed un piatto doccia. Non c’erano tracce di molta pulizia, mi augurai che nessuno mi avrebbe infilato la testa nel cesso.
Uscimmo e mi portarono alla mia postazione.
Ero ferma sulla strada, il trench quasi aperto, sotto un lampione con la luce fioca; la serata era mite, ma mi tremavano le gambe. Spesso mi domandai perché lo stessi facendo. Mi travolse il terrore di essere riconosciuta. Papà mi aveva rassicurato: “se qualcuno ti riconosce è perché va a puttane e non ha nessun interesse a dirlo a qualcuno”; non trovai la cosa rassicurante; sperai di non incrociare nessun mio conoscente.
Trascorse un quarto d’ora, rallentò la prima auto; mi guardò e tiró avanti; ne fui ferita nel mio orgoglio di femmina; slacciai di un altro bottone il trench, tenendolo praticamente aperto. alla seconda macchina che rallentó, lo aprii completamente. Si fermò: era un uomo anziano, mi fece quasi tenerezza.
Mi chiese quanto volessi per un lavoro di bocca e gli dissi la mia tariffa.
Mi disse di salire in auto e gli feci cenno di entrare nella baracca; scese con diffidenza. Però ero troppo eccitato per rifiutare. Entrammo nella baracca, mi tolsi il trench, lui si era immediatamente tolto i pantaloni. Portava dei ridicoli boxer e si tenne ai piedi le scarpe e le calze; non era per nulla eccitante.
Mi chiese se ci fosse un bagno perché doveva fare pipì. Gli indicai la porta e sentii lo scroscio della pisciata. Provó a tirare lo scarico e temetti quando capii che non funzionava; pensai subito fosse stato messo fuori uso da papà, era bravo nei lavori in casa.
Il mio primo cliente uscì dal bagno con il cazzo gocciolante di pipì in mano. Mi avvicinai, raccolsi i capelli all’indietro e mi inginocchiai.
Mi infiló il cazzo in bocca; era molliccio e bagnato di pipì, ciò nonostante lavorai bene di lingua e finalmente reagì indurendosi; le dimensioni erano comunque modeste, tanto che non faticai a prenderlo tutto in bocca. Pompavo e leccavo sin quando non mi schizzò in gola. Ingoiai quella sborrata; tutto di lui sapeva di vecchio, anche lo sperma.
Si rivestì in fretta, non voleva restare altro tempo in quella baracca. Mi lasciò senza dire una parola, lasciò i 10 euro sull’unico tavolino presente nella stanza.
Recuperai il trench e vidi papà venirmi incontro. Mi accarezzò e mi disse che ero stata molto brava; gli sorrisi, contenta di quel complimento e tornai in strada sapendo di eccitarlo.
Trascorse un po’ di tempo, prima che una macchina si fermasse. Erano tre ragazzi molto brilli; mi chiesero di farlo tutti insieme ed accettai. Mi avrebbero però dato due quote, pari a 50 euro complessive ed accettai anche questa altra condizione. Entrammo nella baracca tutti e quattro e mi feci sbattere come meglio gli piaceva; uno alla volta, in coppia ed in tripla. Mi presero la figa ed il culo anche se avevano pagato solo per la prima.
Prima di godere, mi fecero mettere in ginocchio a spompinarli insieme, sino a farli godere tutti sulla mia faccia. Retarono anche in piedi intorno a me è temetti quel che poi accadde. Si misero a pisciare insieme su di me, in faccia, in bocca, sui capelli.
Andarono via ed avevo disperato bisogno di una doccia. Fu ancora papà ad uscire dalla loro stanza segreta e mi dette delle salviette con le quali dovetti arrangiarmi. Mi invitarono a tornare per strada, anche se iniziavo ad esser stanca oltre che visibilmente con tracce di piscio.
Si fermó una macchina; un uomo, sulla quarantina. Sguardo inquietante, mi chiese il prezzo. Scelse la tariffa da 25, scese con uno zaino.
Andammo nella baracca, si spoglió, lo aveva già in tiro, ma non si fece toccare. Si comportava in maniera strana ed inaspettata. Ero nuda sul materasso, aspettando che mi prendesse in qualche maniera, ma rimaneva a distanza.
Mi fece mettere carponi. Prese lo zaino e tirò fuori tre vibratori. Prese il primo e me lo infilò nella figa. Prese il secondo e me lo infilò nel culo. Lì fece partire, iniziai a gemere, mi stava piacendo molto. Prese il terzo vibratore e cercò, con insistenza, di infilarmelo nel culo, non curante fosse già occupato dall’altro fallo artificiale. Tanto si accanì che riuscì ad infilarlo. Vibrarono tutti e tre, facendomi sentire il piacere galoppare. Lui si portò davanti al mio viso e si segò con vigore, sin poi a rallentare, venendomi in faccia.
Si acquietò anche nello sguardo. Non disse una parola; per lui ero solo un oggetto, un mezzo per godere. Sfilò i vibratori e li rimise nello zaino. Si vestì ed andò via senza nemmeno salutare, lasciando i 25 euro sul tavolino.
Tornai per strada.
Non si fermò più alcuna macchina, un paio accostarono, ma ero impresentabile: puzzavo di pipì, avevo i capelli bagnati di piscio, la pelle della faccia con evidenti tracce di sperma.
Papà, Zio Menotti ed Omar mi raggiunsero e mi fecero salire in macchina per tornare, finalmente a casa. Trovai i rubinetti chiusi, non c’era acqua, supplicai di farmi lavare e per tutta risposta mi pisciarono addosso e mi imposero di dormire senza potermi nemmeno asciugare. Mi buttai sul letto in condizioni pietose. Pensai ai soldi: non avevo preso nemmeno un euro, lasciando la miseria dei 75 euro guadagnati nel fare la puttana, ai miei tre magnaccia.
Così terminò la mia prima esperienza di puttana
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