Gianna…il piacere dei camionisti
di
sexydurex
genere
dominazione
Quella sera, papà e zio Menotti decisero di portarmi in autogrill. Avevano pianificato tutto. Papà conosceva un camionista e gli disse di organizzare un incontro di autotrasportatori, possibilmente arrapati.
Individuarono una stazione di servizio con un ampio parcheggio. Ci aspettavano in dodici camionisti, la maggior parte dei quali di ritorno da un lungo trasporto, perciò, eccitati, non propriamente puliti e molto sadici.
Questo mi raccontarono, in auto, papà e lo zio, mentre ci stavamo recando al punto di incontro.
Stavamo andando con un auto diversa, non era nè quella di papà nè dello zio; era un suv, di quelli usati dalla gente di campagna; nella parte posteriore, infatti, aveva un vano delimitato da una rete, per il trasporto di animali, sul pianale c’era una cerata. Avrei capito dopo la funzionalità.
Mi avevano fatto preparare come la peggiore delle puttane da strada. Un vestito succinto, leopardato, con una stoffa leggera e sottile, senza slip, tacco12. Sentivo distintamente la figa bagnarsi per l’attesa di quella serata. Ormai avevo accettato questo mio lato perverso e totalmente sottomesso
Ero seduta dietro, papà guidava e lo zio era seduto sul posto passeggero anteriore. Eravamo ancora in città e mi ordinarono di sollevare il vestito, divaricare le cosce e masturbarmi, mettendomi in mostra se qualcuno si fosse affiancato. Così feci, guardando lo zio che si girava per osservare quanto fosse troia la nipote, commentando con papà il mio comportamento.
Uscimmo dalla città per prendere l’autostrada. Mi guardai intorno. Il buio era intenso, finché vidi le luci dell’autogrill.
Papà inserì la freccia per entrarci, sentivo il cuore battere impazzito, la solita scarica di adrenalina.
Ci dirigemmo verso il vasto piazzale, occupato da una decina di camion.
Papà parcheggió e ci disse di rimanere in macchina.
Dopo qualche minuto tornò per farci scendere. Lo zio scese prima di me, quindi mi aiutò ad uscire dalla macchina.
Appena scesi, ci fu un brusio di approvazione. Vidi un camionista dare una pacca a mio padre e dirgli quanto fossi eccitante. Mio padre, per tutta risposta, gli disse “Non hai ancora visto niente”.
Ero merce, niente altro che merce.
Mi avvicinai al cerchio di camionisti, mi feci osservare. Il piazzale era illuminato dai fari di alcune motrici di camion. Papà si avvicinò e mi sfilò l’abito. Rimasi nuda con solo le scarpe ai piedi. Mi bendó, fu umiliante, perciò lo trovai molto eccitante.
Mi prese per mano e mi fece inginocchiare nuda e bendata. Li sentii avvicinare; vollero la mia bocca ed a turno li spompinai tutti.
Ero bendata e non vedevo nulla. Mi accovacciai perché le ginocchia iniziavano a farmi male. Ad un tratto sentii una puzza ripugnante. Mi ritrovai a leccare un cazzo maleodorante e sentii delle risatine. Tutti quanti si fecero coccolare dalla mia lingua, credo che parteciparono anche papà e zio Menotti, perché quando mi tolsero la benda, li vidi con i pantaloni slacciati.
Papà mi fece alzare e mi indicó una roulette. Sarei dovuta entrare lì dentro ed aspettare il loro ingresso.
Mi diressi, camminando sui tacchi, sculettando come sapevo fare. La loro eccitazione era palpabile nell'aria.
Entrai nella roulotte. C’era un letto a due piazze, un copri materasso buttato sopra. Quella roulotte era utilizzata dalle puttane. Tutto faceva capire questo. Mi buttai sul letto e dopo nemmeno un minuto entrarono tre camionisti. Erano tutti e tre rozzi, due indossavano maglietta e jeans, già slacciati; il terzo una canottiera che non riusciva a coprire la prominente pancia. Si spogliarono davanti ai miei occhi. Erano eccitati. Si smanettarono avvicinandosi ed il primo mi scopó. Provai sollievo; avevo la figa bagnata e necessitavo di un cazzo. Gemetti. Inizió a sbattermi ed urlai. Mi avvinghiai, finché gli altri due si avvicinarono menandolo sulle mie labbra. Mi presero insieme. Ad un tratto si misero in fila per incularmi, ma quando capirono l’elasticità del mio culo, non tardarono a prendermi in sandwich, figa e culo ed il terzo in bocca.
Vollero sborrare tutti e tre in bocca. Ovviamente li accontentai e non ne persi nemmeno una goccia.
Entrarono in quattro, tra loro c’era anche lo zio Menotti. Mi conosceva bene e suggerì diverse posizioni, tra le quali una fantastica doppia anale. Quando la realizzarono, mi riempirono di epiteti offensivi, e vollero provarla tutti e quattro.
Era carponi, sul letto, la testa abbassata sul materasso ed il culo in fuori. Presi due cazzi insieme, uno dei quali ero dello zio, e mi feci sbattere sino ad urlare. Lo stesso fecero gli altri due, ripetendo le gesta della coppia precedente.
Le mie urla di piacere echeggiarono nel parcheggio. Mio padre capì cosa stesse succedendo nella roulotte e disse agli altri
“Starà prendendo due cazzi insieme nel culo”.
Anche i quattro decisero di scaricare le loro palle nella mia bocca e mi venne il dubbio che anche quella scelta era stata concordata. Cominciai ad avere difficoltà ad ingoiare tutta quella quantità di sborra, ma non avevo scelta.
Lo zio Menotti mi accarezzó la testa, me lo infiló in bocca e mi disse
“Brava la zoccola, sei davvero brava. Adesso ingoia” ed anche lui mi venne in bocca.
Uscirono ed entrarono in cinque, non c’era papà.
Rimasi quasi delusa, ero convinta, dopo lo zio, che ci sarebbe stato papà. I cinque mi presero come meglio volevano. Ero stanca, ma come sempre mi misi a disposizione per qualsiasi loro desiderio. Mi scoparono uno per volta, poi a turno vollero incularmi e finalmente mi presero insieme. Provarono anche la doppia anale, ma rinunciarono, limitandosi al classico sandwich figa culo. Non mi sorpresi quando, anche loro, vollero sborrarmi in bocca.
Uscirono e mi domandai come mai ancora non mi avevano pisciato addosso ed in bocca. Sicuramente papà e lo zio avevano raccontato come mi facessi riempire di piscio, se nessuno lo aveva ancora fatto, avevano qualcosa in mente.
Lo avrei scoperto presto.
Entrarono gli ultimi, un camionista, dai tratti somatici slavi più papà. Gli sorrisi anche se appena entrarono capii che quel camionista era l’uomo che puzzava terribilmente. L’aria nella roulotte si fece pesante. Quel che è peggio è che me lo sarei anche scopato.
Papà mi guardò e disse
“Ho chiamato Goran due giorni fa e gli ho detto di non lavarsi sino a domani mattina. Sta guidando dalla Serbia, senza mai lavarsi, immagina cosa deve avere tra le gambe. Adesso lo lavi con la tua lingua. Inizia dai piedi”
Goran è stato l’unico di cui seppi il nome, ma è stato anche il più difficile da scopare. Puzzava in maniera immonda. Papà si sedette e mi filmó. Goran si stese sul letto, andai accucciata ai suoi piedi e gli leccai la pianta, le singole dita, succhiando gli alluci. Puzzavano, il tradizionale puzzo di formaggio ammuffito. Papà mi ordinó di salire su, mi fece evitare i genitali e mi sorprese. Il peggio era solo rimandato. Gli leccai le ascelle, anche queste impossibili da avvicinarsi. Non solo puzzavano di sudore, i peli erano anche sporchi. Lo baciai.sapeva di alcol, di tabacco, di cibo rancido.
Arrivò il momento peggiore. Mi accovacciai tra le sue gambe. Si sentiva puzza di merda e di piscio. Scappellai il cazzo e lo pulii leccandolo. Era terribile farlo, ma non avrei mai deluso papà. Mi soffermai nel pompino, sperando di evitare il momento che temevo. Invece arrivò.
Mi fecero stendere. Goran si sedette sulla mia bocca, allargando le chiappe. Gli pulii il culo. C’erano evidenti tracce di merda, e le leccai. Infilai la lingua nell’ano, lo leccai per bene, trovai tarzanelli che dovetti ingoiare con inevitabili conati di vomito.
Mentre ero impegnata in quell’impresa, papà mi prese le gambe, le allargó e mi scopó, regalandomi la forza di leccare quel culo così sporco. Ma nulla rispetto a ció cui mi avrebbe costretto dopo.
Goran si segò venendomi in pieno volto, imitato subito dopo da papà. Avevo la faccia coperta di sperma, ma non fu sufficiente. Gli altri dodici entrarono nella roulotte, ognuno per segarsi e sborrarmi in faccia. Il viso coperto da quattordici sborrate. Con le dita mi fu concesso di liberare gli occhi quel poco perché potessi aprirli. Mi alzai dal letto e fui portata nel bagno, posto fuori dall’autogrill con l’accesso dal piazzale. Mi fecero entrare nel bagno degli uomini e qui trovai la sorpresa. Uno degli orinatoi era completamente riempito di pipì. Lo zio mi prese per i capelli e mi fece inginocchiare difronte all’orinatoio pieno di pipì, mi spinse con la testa sino ad affondare la faccia nella pozza di piscio, trattenendomi per i capelli, un tempo che mi parve interminabile. Mi sollevó, non avevo più lo sperma in faccia, ma gocciolavo piscio.
Uno dei camionisti uscì da un bagno, aveva appena finito di cagare. Si avvicinò, tremai. Mi prese i capelli e li usò per pulire il culo sporco di merda. Quindi mi costrinse a leccarglielo per pulirlo con la lingua. Terminai e vidi uscire un altro camionista. Anche lui aveva appena finito di cagare. Si avvicinò, mi porse il culo, allargò le chiappe e mi costrinse a pulirlo. Se quello di prima avevo trovate i residui, perché il resto era sui miei capelli, questo lo trovai completamente sporco di merda e lo dovetti pulire con la lingua, sotto l’incitamento di tutti gli altri.
Prima di andarsene, si misero tutti in cerchio e mi fecero una doccia di piscio. Finalmente andarono via.
Uscii dal bagno, ero impresentabile. I capelli erano bagnati di piscio, con evidenti tracce di merda. La faccia gocciolava pipì e sulle labbra c’erano rimasugli di cacca. Mi fecero salire in macchina, ma nel vano destinato agli animali. Ero troppo sporca per sedermi nell’abitacolo.
Mi accasciai sul piano. Puzzavo, in bocca avevo il sapore della merda. Ero sfatta, umiliata, degradata, ma ero anche, incredibilmente, contenta.
Arrivai a casa e mi fiondai sotto la doccia. Impiegai più di un’ora per tornare pulita e profumata.
Papà era sveglio, facemmo l’amore tutta la restante notte. Sperai che la mamma si trattenesse per molto tempo, a Bologna da mia sorella
Se vuoi conoscere la storia di Gianna, clicca il link
La nuova vita di Gianna: Storia di una escort eBook : durex, Il principe: Amazon.it: Kindle Store
Individuarono una stazione di servizio con un ampio parcheggio. Ci aspettavano in dodici camionisti, la maggior parte dei quali di ritorno da un lungo trasporto, perciò, eccitati, non propriamente puliti e molto sadici.
Questo mi raccontarono, in auto, papà e lo zio, mentre ci stavamo recando al punto di incontro.
Stavamo andando con un auto diversa, non era nè quella di papà nè dello zio; era un suv, di quelli usati dalla gente di campagna; nella parte posteriore, infatti, aveva un vano delimitato da una rete, per il trasporto di animali, sul pianale c’era una cerata. Avrei capito dopo la funzionalità.
Mi avevano fatto preparare come la peggiore delle puttane da strada. Un vestito succinto, leopardato, con una stoffa leggera e sottile, senza slip, tacco12. Sentivo distintamente la figa bagnarsi per l’attesa di quella serata. Ormai avevo accettato questo mio lato perverso e totalmente sottomesso
Ero seduta dietro, papà guidava e lo zio era seduto sul posto passeggero anteriore. Eravamo ancora in città e mi ordinarono di sollevare il vestito, divaricare le cosce e masturbarmi, mettendomi in mostra se qualcuno si fosse affiancato. Così feci, guardando lo zio che si girava per osservare quanto fosse troia la nipote, commentando con papà il mio comportamento.
Uscimmo dalla città per prendere l’autostrada. Mi guardai intorno. Il buio era intenso, finché vidi le luci dell’autogrill.
Papà inserì la freccia per entrarci, sentivo il cuore battere impazzito, la solita scarica di adrenalina.
Ci dirigemmo verso il vasto piazzale, occupato da una decina di camion.
Papà parcheggió e ci disse di rimanere in macchina.
Dopo qualche minuto tornò per farci scendere. Lo zio scese prima di me, quindi mi aiutò ad uscire dalla macchina.
Appena scesi, ci fu un brusio di approvazione. Vidi un camionista dare una pacca a mio padre e dirgli quanto fossi eccitante. Mio padre, per tutta risposta, gli disse “Non hai ancora visto niente”.
Ero merce, niente altro che merce.
Mi avvicinai al cerchio di camionisti, mi feci osservare. Il piazzale era illuminato dai fari di alcune motrici di camion. Papà si avvicinò e mi sfilò l’abito. Rimasi nuda con solo le scarpe ai piedi. Mi bendó, fu umiliante, perciò lo trovai molto eccitante.
Mi prese per mano e mi fece inginocchiare nuda e bendata. Li sentii avvicinare; vollero la mia bocca ed a turno li spompinai tutti.
Ero bendata e non vedevo nulla. Mi accovacciai perché le ginocchia iniziavano a farmi male. Ad un tratto sentii una puzza ripugnante. Mi ritrovai a leccare un cazzo maleodorante e sentii delle risatine. Tutti quanti si fecero coccolare dalla mia lingua, credo che parteciparono anche papà e zio Menotti, perché quando mi tolsero la benda, li vidi con i pantaloni slacciati.
Papà mi fece alzare e mi indicó una roulette. Sarei dovuta entrare lì dentro ed aspettare il loro ingresso.
Mi diressi, camminando sui tacchi, sculettando come sapevo fare. La loro eccitazione era palpabile nell'aria.
Entrai nella roulotte. C’era un letto a due piazze, un copri materasso buttato sopra. Quella roulotte era utilizzata dalle puttane. Tutto faceva capire questo. Mi buttai sul letto e dopo nemmeno un minuto entrarono tre camionisti. Erano tutti e tre rozzi, due indossavano maglietta e jeans, già slacciati; il terzo una canottiera che non riusciva a coprire la prominente pancia. Si spogliarono davanti ai miei occhi. Erano eccitati. Si smanettarono avvicinandosi ed il primo mi scopó. Provai sollievo; avevo la figa bagnata e necessitavo di un cazzo. Gemetti. Inizió a sbattermi ed urlai. Mi avvinghiai, finché gli altri due si avvicinarono menandolo sulle mie labbra. Mi presero insieme. Ad un tratto si misero in fila per incularmi, ma quando capirono l’elasticità del mio culo, non tardarono a prendermi in sandwich, figa e culo ed il terzo in bocca.
Vollero sborrare tutti e tre in bocca. Ovviamente li accontentai e non ne persi nemmeno una goccia.
Entrarono in quattro, tra loro c’era anche lo zio Menotti. Mi conosceva bene e suggerì diverse posizioni, tra le quali una fantastica doppia anale. Quando la realizzarono, mi riempirono di epiteti offensivi, e vollero provarla tutti e quattro.
Era carponi, sul letto, la testa abbassata sul materasso ed il culo in fuori. Presi due cazzi insieme, uno dei quali ero dello zio, e mi feci sbattere sino ad urlare. Lo stesso fecero gli altri due, ripetendo le gesta della coppia precedente.
Le mie urla di piacere echeggiarono nel parcheggio. Mio padre capì cosa stesse succedendo nella roulotte e disse agli altri
“Starà prendendo due cazzi insieme nel culo”.
Anche i quattro decisero di scaricare le loro palle nella mia bocca e mi venne il dubbio che anche quella scelta era stata concordata. Cominciai ad avere difficoltà ad ingoiare tutta quella quantità di sborra, ma non avevo scelta.
Lo zio Menotti mi accarezzó la testa, me lo infiló in bocca e mi disse
“Brava la zoccola, sei davvero brava. Adesso ingoia” ed anche lui mi venne in bocca.
Uscirono ed entrarono in cinque, non c’era papà.
Rimasi quasi delusa, ero convinta, dopo lo zio, che ci sarebbe stato papà. I cinque mi presero come meglio volevano. Ero stanca, ma come sempre mi misi a disposizione per qualsiasi loro desiderio. Mi scoparono uno per volta, poi a turno vollero incularmi e finalmente mi presero insieme. Provarono anche la doppia anale, ma rinunciarono, limitandosi al classico sandwich figa culo. Non mi sorpresi quando, anche loro, vollero sborrarmi in bocca.
Uscirono e mi domandai come mai ancora non mi avevano pisciato addosso ed in bocca. Sicuramente papà e lo zio avevano raccontato come mi facessi riempire di piscio, se nessuno lo aveva ancora fatto, avevano qualcosa in mente.
Lo avrei scoperto presto.
Entrarono gli ultimi, un camionista, dai tratti somatici slavi più papà. Gli sorrisi anche se appena entrarono capii che quel camionista era l’uomo che puzzava terribilmente. L’aria nella roulotte si fece pesante. Quel che è peggio è che me lo sarei anche scopato.
Papà mi guardò e disse
“Ho chiamato Goran due giorni fa e gli ho detto di non lavarsi sino a domani mattina. Sta guidando dalla Serbia, senza mai lavarsi, immagina cosa deve avere tra le gambe. Adesso lo lavi con la tua lingua. Inizia dai piedi”
Goran è stato l’unico di cui seppi il nome, ma è stato anche il più difficile da scopare. Puzzava in maniera immonda. Papà si sedette e mi filmó. Goran si stese sul letto, andai accucciata ai suoi piedi e gli leccai la pianta, le singole dita, succhiando gli alluci. Puzzavano, il tradizionale puzzo di formaggio ammuffito. Papà mi ordinó di salire su, mi fece evitare i genitali e mi sorprese. Il peggio era solo rimandato. Gli leccai le ascelle, anche queste impossibili da avvicinarsi. Non solo puzzavano di sudore, i peli erano anche sporchi. Lo baciai.sapeva di alcol, di tabacco, di cibo rancido.
Arrivò il momento peggiore. Mi accovacciai tra le sue gambe. Si sentiva puzza di merda e di piscio. Scappellai il cazzo e lo pulii leccandolo. Era terribile farlo, ma non avrei mai deluso papà. Mi soffermai nel pompino, sperando di evitare il momento che temevo. Invece arrivò.
Mi fecero stendere. Goran si sedette sulla mia bocca, allargando le chiappe. Gli pulii il culo. C’erano evidenti tracce di merda, e le leccai. Infilai la lingua nell’ano, lo leccai per bene, trovai tarzanelli che dovetti ingoiare con inevitabili conati di vomito.
Mentre ero impegnata in quell’impresa, papà mi prese le gambe, le allargó e mi scopó, regalandomi la forza di leccare quel culo così sporco. Ma nulla rispetto a ció cui mi avrebbe costretto dopo.
Goran si segò venendomi in pieno volto, imitato subito dopo da papà. Avevo la faccia coperta di sperma, ma non fu sufficiente. Gli altri dodici entrarono nella roulotte, ognuno per segarsi e sborrarmi in faccia. Il viso coperto da quattordici sborrate. Con le dita mi fu concesso di liberare gli occhi quel poco perché potessi aprirli. Mi alzai dal letto e fui portata nel bagno, posto fuori dall’autogrill con l’accesso dal piazzale. Mi fecero entrare nel bagno degli uomini e qui trovai la sorpresa. Uno degli orinatoi era completamente riempito di pipì. Lo zio mi prese per i capelli e mi fece inginocchiare difronte all’orinatoio pieno di pipì, mi spinse con la testa sino ad affondare la faccia nella pozza di piscio, trattenendomi per i capelli, un tempo che mi parve interminabile. Mi sollevó, non avevo più lo sperma in faccia, ma gocciolavo piscio.
Uno dei camionisti uscì da un bagno, aveva appena finito di cagare. Si avvicinò, tremai. Mi prese i capelli e li usò per pulire il culo sporco di merda. Quindi mi costrinse a leccarglielo per pulirlo con la lingua. Terminai e vidi uscire un altro camionista. Anche lui aveva appena finito di cagare. Si avvicinò, mi porse il culo, allargò le chiappe e mi costrinse a pulirlo. Se quello di prima avevo trovate i residui, perché il resto era sui miei capelli, questo lo trovai completamente sporco di merda e lo dovetti pulire con la lingua, sotto l’incitamento di tutti gli altri.
Prima di andarsene, si misero tutti in cerchio e mi fecero una doccia di piscio. Finalmente andarono via.
Uscii dal bagno, ero impresentabile. I capelli erano bagnati di piscio, con evidenti tracce di merda. La faccia gocciolava pipì e sulle labbra c’erano rimasugli di cacca. Mi fecero salire in macchina, ma nel vano destinato agli animali. Ero troppo sporca per sedermi nell’abitacolo.
Mi accasciai sul piano. Puzzavo, in bocca avevo il sapore della merda. Ero sfatta, umiliata, degradata, ma ero anche, incredibilmente, contenta.
Arrivai a casa e mi fiondai sotto la doccia. Impiegai più di un’ora per tornare pulita e profumata.
Papà era sveglio, facemmo l’amore tutta la restante notte. Sperai che la mamma si trattenesse per molto tempo, a Bologna da mia sorella
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