Gianna offerta ai serbi...il saldo dell'accordo
di
sexydurex
genere
dominazione
Il nostro piano era stato un successo. Mamma e Serena erano completamente obnubilate dalla lussuria. Serena aveva voluto provare a farsi scopare, facendosi infilare la testa nel cesso. Era come me, si eccitava da morire a farsi umiliare e le piaceva molto davanti allo sguardo del marito. La mamma dal canto suo, aveva scoperto il cazzo del genero e sembrava non poterne più farne a meno.
La notte fu lunga, ma mai come quella di due giorni dopo. Bisognava saldare il debito con i serbi…mi volevano per un’altra intera notte con loro.
Ormai ero abituata al totale degrado e pensavo di poter provare qualsiasi umiliazione, ma quella sera raggiunsi uno stato di sottomissione impensabile.
Questa volta mi vennero a prendere loro, Goran e Pavel. Serena ed Omar sarebbe partiti il giorno dopo, perciò trascorremmo il pomeriggio tutti insieme, tranne lo zio e ci dedicammo a molti giochi, nuovi per Serena e per la mamma, ma non certo per me.
Quando sentimmo il citofono, li dovetti lasciare.
Scesi dai miei aguzzini, senza ancora immaginare che nottata mi avrebbero riservato. Indossavo quel che mi avevano categoricamente ordinato: autoreggenti e reggicalze con sopra, soltanto, un trench appena abbottonato. Tacco a spillo 12.
Così scesi, stando attenta a non far aprire il trench. Salii in auto, c’erano tutti e quattro. Mi fecero mettere dietro, in mezzo a Pavel e Zelijco, che dovetti, immediatamente, a turno, spompinare, ingoiando le rispettive sborrate.
Si dettero il cambio. Pavel prese il posto di guida, Zelijco andò davanti e Goran e Janko vennero dietro con me per riversarmi, in bocca, le loro sborrate.
Trascorsero venti minuti durante i quali ero impegnata a pompare i loro cazzi ed arrivammo su una strada provinciale buia, ma abbastanza trafficata. Mi fecero scendere in uno slargo dove era già acceso un piccolo fuocherello. Era un posto di prostitute ed io sarei stata una di loro. Non potevo crederci, stavo per battere in strada. Di nuovo.
Scesi, quasi tremante. Mi posizionai vicino al fuoco. Goran mi sbottonò il trench. Si sarebbero allontanati, ma mi avrebbero tenuto d’occhio. Avrei dovuto fare la puttana in strada. Avevo il sapore delle loro sborrate ed avrei gradito un po’ di acqua. Lo chiesi ingenuamente ed ovviamente, da bere mi dettero quattro bottiglie, riempite, ognuna, in quel momento, con la pisciata di ciascuno di loro.
“Bevi il piscio, tanto le puttane non le bacia nessuno”, disse Janko.
Presi una delle quattro bottiglie e ne bevvi la metà.
Scoprii che la clientela delle puttane da strada era costituita, per lo più, da uomini disperati. Il mio primo cliente fu un uomo sui cinquant’anni, corporatura massiccia. Viso butterato. Occhiali spessi, aria timida. Accostò e mi chiese quanto volessi. La tariffa mi era stata imposta dai serbi
“5 euro per la bocca; 10 euro bocca e figa; 15 tutto quel che vuoi”
Tirò fuori 15 euro e mi fece salire in macchina.
Ci appartammo in una zona poco distante, si slacciò i pantaloni e li tirò giù, rimanendo in mutande. Gli misi una mano sulla patta e si eccitò immediatamente. Lo tirai fuori e lo segai. Mi piegai per leccarlo. Era durissimo e pulsava. Temevo di farlo venire subito, lo cavalcai ed iniziai a scoparlo. Facevo tutto io. Lui sembrava distratto, forse per durare di più. Lo sentii pulsare e non volevo mi venisse nella figa. Mi fermai e mi rimisi seduta, per prenderlo in bocca, ma lui mi disse che voleva incularmi.
Scendemmo dall’auto, appoggiai le mani sul bordo dello sportello, lo piegai facendo sporgere il culo ed entrò facilmente. Iniziò ad incularmi con foga, entrandomi tutto. Prima di sborrare mi disse di inginocchiarmi. Era durissimo. Si voltò e volle essere leccato dietro. Lo feci, aveva pagato per tutto. Puzzava, ma per me non era più un problema. Infilai la lingua nell’ano, trovando residui di merda. Lo segai, si voltò e mi riempì la bocca di sborra caldissima. La ingoiai, mi alzai e senza dire una parola, entrai in macchina per farmi riportare alla mia postazione. Lo salutai senza che lui mi degnasse di un cenno di risposta, sembrava sentirsi in colpa. Rimasi cinque minuti sola nei miei pensieri. Sentivo il sapore di tutto ciò che avevo leccato ed ingoiato. Presi dalla borsa una delle bottigliette con il piscio e bevvi.
Si avvicinò un’auto. Il conducente mi fece paura. Uomo, alto, viso inquietante, sguardo torvo. Mi dette subito l’impressione del viscido ed i fatti avrebbero confermato questa prima impressione. Forse sui 60 anni. Mi chiese il prezzo, mi disse di salire in auto, mi avrebbe pagato a servizio concluso. Mi portò in una radura isolata. Scendemmo dall’auto.
Lasciò i fari accesi e mi fece mettere davanti per illuminarmi. Mi ordinò di spogliarmi. Lo feci,
Tolsi il trench. Così nuda, mi fece mettere carponi, lui venne dietro, senza spogliarsi, tirò fuori il cazzo dalla cerniera dei pantaloni e mi scopo con forza e crudeltà. Mi feci sbattere, finché lo sfilò dalla figa e prese ad incularmi con la stessa violenza. Mi teneva per i fianchi, affondando la verga nel culo. Lo sentivo con tutta la sua potenza. Finché si fermò, lo sfilò dal culo, venne davanti a me e mi sborró in bocca.
Ma non era finita. Si allontanò, non lo vedevo. Rimasi fuori dall’auto per capire dove fosse e cosa volesse fare; finché lo vidi tornare, nudo, con i pantaloni in mano. Mi raggiunse, senza dire una parola, mise le mani sul cofano, si piegò leggermente, e mi ordinò di leccarlo dietro.
Mi avvicinai con un timore che si rivelò fondato. Aveva appena finito di cagare.
Lo leccai pulendolo, era pieno di merda, non si era pulito con nulla. Avevo la cacca sulla lingua e sulle labbra, persino sulla punta del naso. Prese un fazzoletto e si accertò che il culo fosse pulito.
C’erano residue tracce e mi fece leccare anche il fazzoletto. Mi fece mettere in ginocchio e mi pisciò sul viso per pulirmi.
Fu un’esperienza terribile, ma che mi confermò come non avessi limiti.
Mi fece salire in macchina, non prima di aver messo un telo sul sedile, per non sporcarlo di piscio. Ero imbarazzata, sentivo la puzza sulla mia pelle, sentivo lo schifo nella mia bocca. Ero peggio di una latrina. Arrivammo al mio posto, prese 10 euro e me li dette, mi disse che non meritavo di più perché sul fazzoletto c’erano tracce di merda; mi scusai, presi i 10 euro e scesi senza guardarlo.
Recuperai la mia postazione. Presi dalla borsa una delle bottigliette piene di piscio. In mancanza di acqua, doveva prendere qualsiasi cosa per levarmi quel disgustoso sapore dalla bocca. Bevvi il piscio.
Quello è stato, certamente il momento più duro della mia nuova vita. Ero ferma, con un trench sbottonato che non copriva le mie nudità. La pelle del viso puzzolente di piscio di uno sconosciuto. In bocca un miscuglio di sapori, dallo sperma alla pipì, ma predominava il gusto della merda. In borsa avevo da bere solo bottiglie di piscio. E mi stavo prostituendo in strada per pochi spiccioli. Quello è stato il momento in cui ho pensato di dire basta. Poi ho immaginato la delusione di papà e mi sono, pian piano, ripresa. Sarebbe passata anche quella serata e papà sarebbe stato orgogliosissimo di me, soprattutto adesso che ero in competizione con mia sorella e mia madre. Dovevo essere la numero 1, la preferita sia di papà che dello zio. Stavo formulando questi pensieri, quando accostò una macchina, una monovolume con un ampio abitacolo.
Quando si abbassò il finestrino, rimasi sorpresa ed incuriosita. Un uomo ed una donna. Lei mi squadrò dalla testa ai piedi, mi ordinò di togliere il trench e di farle vedere il culo. Mi girai e la sentii dirmi di aprire le chiappe. Mi piegai e lo feci. Sentii un suono di approvazione.
“Entra”, mi disse con tono duro e perentorio.
Entrai e mi sedetti sugli ampi sedili posteriori. Mi chiesero la tariffa e scoppiarono a ridere nel sentire i prezzi
“Sei molto economica”, disse sempre lei
Dopo qualche metro, sempre lei mi gelò
“Puzzi più di una scrofa”, prese delle salviette umide e profumate. Ne approfittai per cercare di darmi una parvenza di pulizia.
Ci fermammo e scesero. Stavo scendendo anche io, quando la donna mi bloccò, mi disse di mettermi carponi sui sedili posteriori. Infilo uno strap-on nero lungo e molto grosso e con quello mi penetrò nella figa. Urlai per il dolore. Poi iniziò ad essere meraviglioso. L’uomo mi prese per i capelli e mi ficcò il suo cazzo duro in bocca.
Affondò in gola facendomi emettere suoni gutturali, mentre la donna mi violentava la figa. Dopo alcuni minuti, lo sfilò dalla figa e mi inculò con un colpo secco. Repressi l’urlo per il cazzo che mi occupava la bocca. L’uomo iniziò a sborrare. Si fermarono, mi fecero scendere dall’auto. Ero traballante, per come mi aveva aperto. Mi fecero inginocchiare. Lei mi mise la figa in bocca e la leccai. Per la prima volta stavo leccando una figa. Venne, piegandosi sulle gambe e premendo la figa sulla mia bocca, facendomi assaporare ogni suo sapore. Mi fecero salire in auto e mi riportarono in postazione, ma non era finita.
Mi fecero mettere in ginocchio e lei mi orinò in faccia. In quel frangente, non mi accorsi che l’uomo si era allontanato, tornando dopo qualche minuto. Aveva cagato e mi disse:
“Scrofa ti abbiamo trovato e scrofa ti lasciamo. Pulisci con la lingua il culo sporco di merda”
Ovviamente lo feci e dopo mi pisciò addosso ed andarono via, lasciandomi 20 euro.
Ero stata brava.
Puzzavo. Volevo fortemente una doccia. Vidi una macchina avvicinarsi. Erano i quattro serbi che erano venuti a riprendermi.
“Ma quanto puzzi?”, chiese Pavel
Feci spallucce
“C’è solo un posto dove può continuare a farsi scopare, in queste condizioni”, disse Goran.
Mi fecero salire in macchina e mi portarono nei pressi della stazione ferroviaria.
La stazione sorgeva in una delle zone più malfamate della città ed in piena notte era, praticamente, deserta.
Scesi avvolta nel trench e mi portarono verso la sala d’attesa. Era vuota, ma c’erano tre barboni che dormivano per terra.
Mi gelai e dissi sottovoce, supplicandoli:
“Con loro, no, vi prego”
Non risposero, Goran si avvicinò e mi tolse il trench. Pavel andò a svegliare uno dei barboni e mi spinsero verso il giaciglio. L’uomo mi guardò incredulo e mi fece spazio al suo fianco. Puzzava terribilmente. Mi abbracciò e mi baciò, noncurante del disgustoso sapore che doveva avere la mia bocca; del resto anche la sua era terribile, con i pochi denti, per altro neri. Mi spinse sotto le coperte. Sfilò i pantaloni. Erano mesi che non si faceva un bidet. Lo leccai, reprimendo continui conati di vomito. Volle essere leccato anche il culo. Mi feci forza, lo leccai per bene. Poi mi sollevai e lo cavalcai per scoparlo.
Un altro barbone si svegliò, sentendo i gemiti, si alzò immediatamente dal suo giaciglio, si avvicinò per sincerarsi che non stesse sognando, si spogliò e non perse tempo a prendermi da dietro.
Stavo subendo un sandwich da due barboni.
Il terzo anche si era svegliato ed era già nudo, si avvicinò menandosi il cazzo tra le mani, per porgermelo da leccare.
Incredibile che degrado avevo raggiunto in così poco tempo.
Goran stava in video chiamata con mio padre, e gli mostrò cosa stessi facendo e con chi.
Sapendo di essere guardata in video da papà, mi impegnai, gemendo di piacere.
Scambiammo più volte posizione, mi trovai stesa, con le cosce aperte, mentre uno dei tre mi scopava, il secondo, seduto sulla mia faccia, si faceva leccare il culo, mentre il terzo si faceva segare dalla mia mano.
Mi presero, tutti e tre, il culo a più riprese. Non facevo più caso alla puzza ed alla loro sporcizia. Leccai il cazzo a tutti loro finché, a turno, mi sborrarono in bocca.
Trascorsi il resto della notte con loro tre, dopo aver fatto la puttana per strada.
Mi presero altre volte, parvero insaziabili. Mi ritrovai a leccarli ovunque.
Mi portarono nel bagno e qui, mi infilarono la testa nel cesso pubblico, alternandosi a scoparmi.
Naturalmente scelsero il cesso più sporco, mi presero per i capelli e mi infilarono a forza la testa dentro, obbligandomi a leccare le pareti interne, completamente sporche e schizzate di piscio e di merda.
Intanto sentivo i cazzi alternarsi nella figa e nel culo.
Finché mi fecero sollevare la testa e schizzarono, tutti e tre sul mio viso.
Rimasi in ginocchio, di fianco al water, il volto pieno delle loro sborrate. Li vedi accerchiarmi ed insieme si misero a pisciare su di me.
Dopo quella doccia, riuscii ad alzarmi, e tornammo in sala di attesa.
Presi il trench ed andai, finalmente, via. Salii sulla macchina di Goran che mi portò verso casa.
Quando entrai in casa, sentii mugolii di piacere. Andai verso la camera da letto e vidi papà che stava inculando Serena, con la tv accesa che proiettava il video della mia gangbang con i barboni.
Sentii la porta d’ingresso aprirsi (tutti loro, ormai, erano in possesso delle chiavi di casa mia). Lo zio Menotti entrò in casa con la mamma ed Omar.
Mi guardarono e sorrisero.
Mi spogliai e mi feci, finalmente, una lunga doccia.
Uscii dal bagno rigenerata. Li raggiunsi.
Serena stava spompinando papà, mentre Omar e lo zio stavano prendendo in doppia la mamma.
Mi unii all’orgia di famiglia.
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La notte fu lunga, ma mai come quella di due giorni dopo. Bisognava saldare il debito con i serbi…mi volevano per un’altra intera notte con loro.
Ormai ero abituata al totale degrado e pensavo di poter provare qualsiasi umiliazione, ma quella sera raggiunsi uno stato di sottomissione impensabile.
Questa volta mi vennero a prendere loro, Goran e Pavel. Serena ed Omar sarebbe partiti il giorno dopo, perciò trascorremmo il pomeriggio tutti insieme, tranne lo zio e ci dedicammo a molti giochi, nuovi per Serena e per la mamma, ma non certo per me.
Quando sentimmo il citofono, li dovetti lasciare.
Scesi dai miei aguzzini, senza ancora immaginare che nottata mi avrebbero riservato. Indossavo quel che mi avevano categoricamente ordinato: autoreggenti e reggicalze con sopra, soltanto, un trench appena abbottonato. Tacco a spillo 12.
Così scesi, stando attenta a non far aprire il trench. Salii in auto, c’erano tutti e quattro. Mi fecero mettere dietro, in mezzo a Pavel e Zelijco, che dovetti, immediatamente, a turno, spompinare, ingoiando le rispettive sborrate.
Si dettero il cambio. Pavel prese il posto di guida, Zelijco andò davanti e Goran e Janko vennero dietro con me per riversarmi, in bocca, le loro sborrate.
Trascorsero venti minuti durante i quali ero impegnata a pompare i loro cazzi ed arrivammo su una strada provinciale buia, ma abbastanza trafficata. Mi fecero scendere in uno slargo dove era già acceso un piccolo fuocherello. Era un posto di prostitute ed io sarei stata una di loro. Non potevo crederci, stavo per battere in strada. Di nuovo.
Scesi, quasi tremante. Mi posizionai vicino al fuoco. Goran mi sbottonò il trench. Si sarebbero allontanati, ma mi avrebbero tenuto d’occhio. Avrei dovuto fare la puttana in strada. Avevo il sapore delle loro sborrate ed avrei gradito un po’ di acqua. Lo chiesi ingenuamente ed ovviamente, da bere mi dettero quattro bottiglie, riempite, ognuna, in quel momento, con la pisciata di ciascuno di loro.
“Bevi il piscio, tanto le puttane non le bacia nessuno”, disse Janko.
Presi una delle quattro bottiglie e ne bevvi la metà.
Scoprii che la clientela delle puttane da strada era costituita, per lo più, da uomini disperati. Il mio primo cliente fu un uomo sui cinquant’anni, corporatura massiccia. Viso butterato. Occhiali spessi, aria timida. Accostò e mi chiese quanto volessi. La tariffa mi era stata imposta dai serbi
“5 euro per la bocca; 10 euro bocca e figa; 15 tutto quel che vuoi”
Tirò fuori 15 euro e mi fece salire in macchina.
Ci appartammo in una zona poco distante, si slacciò i pantaloni e li tirò giù, rimanendo in mutande. Gli misi una mano sulla patta e si eccitò immediatamente. Lo tirai fuori e lo segai. Mi piegai per leccarlo. Era durissimo e pulsava. Temevo di farlo venire subito, lo cavalcai ed iniziai a scoparlo. Facevo tutto io. Lui sembrava distratto, forse per durare di più. Lo sentii pulsare e non volevo mi venisse nella figa. Mi fermai e mi rimisi seduta, per prenderlo in bocca, ma lui mi disse che voleva incularmi.
Scendemmo dall’auto, appoggiai le mani sul bordo dello sportello, lo piegai facendo sporgere il culo ed entrò facilmente. Iniziò ad incularmi con foga, entrandomi tutto. Prima di sborrare mi disse di inginocchiarmi. Era durissimo. Si voltò e volle essere leccato dietro. Lo feci, aveva pagato per tutto. Puzzava, ma per me non era più un problema. Infilai la lingua nell’ano, trovando residui di merda. Lo segai, si voltò e mi riempì la bocca di sborra caldissima. La ingoiai, mi alzai e senza dire una parola, entrai in macchina per farmi riportare alla mia postazione. Lo salutai senza che lui mi degnasse di un cenno di risposta, sembrava sentirsi in colpa. Rimasi cinque minuti sola nei miei pensieri. Sentivo il sapore di tutto ciò che avevo leccato ed ingoiato. Presi dalla borsa una delle bottigliette con il piscio e bevvi.
Si avvicinò un’auto. Il conducente mi fece paura. Uomo, alto, viso inquietante, sguardo torvo. Mi dette subito l’impressione del viscido ed i fatti avrebbero confermato questa prima impressione. Forse sui 60 anni. Mi chiese il prezzo, mi disse di salire in auto, mi avrebbe pagato a servizio concluso. Mi portò in una radura isolata. Scendemmo dall’auto.
Lasciò i fari accesi e mi fece mettere davanti per illuminarmi. Mi ordinò di spogliarmi. Lo feci,
Tolsi il trench. Così nuda, mi fece mettere carponi, lui venne dietro, senza spogliarsi, tirò fuori il cazzo dalla cerniera dei pantaloni e mi scopo con forza e crudeltà. Mi feci sbattere, finché lo sfilò dalla figa e prese ad incularmi con la stessa violenza. Mi teneva per i fianchi, affondando la verga nel culo. Lo sentivo con tutta la sua potenza. Finché si fermò, lo sfilò dal culo, venne davanti a me e mi sborró in bocca.
Ma non era finita. Si allontanò, non lo vedevo. Rimasi fuori dall’auto per capire dove fosse e cosa volesse fare; finché lo vidi tornare, nudo, con i pantaloni in mano. Mi raggiunse, senza dire una parola, mise le mani sul cofano, si piegò leggermente, e mi ordinò di leccarlo dietro.
Mi avvicinai con un timore che si rivelò fondato. Aveva appena finito di cagare.
Lo leccai pulendolo, era pieno di merda, non si era pulito con nulla. Avevo la cacca sulla lingua e sulle labbra, persino sulla punta del naso. Prese un fazzoletto e si accertò che il culo fosse pulito.
C’erano residue tracce e mi fece leccare anche il fazzoletto. Mi fece mettere in ginocchio e mi pisciò sul viso per pulirmi.
Fu un’esperienza terribile, ma che mi confermò come non avessi limiti.
Mi fece salire in macchina, non prima di aver messo un telo sul sedile, per non sporcarlo di piscio. Ero imbarazzata, sentivo la puzza sulla mia pelle, sentivo lo schifo nella mia bocca. Ero peggio di una latrina. Arrivammo al mio posto, prese 10 euro e me li dette, mi disse che non meritavo di più perché sul fazzoletto c’erano tracce di merda; mi scusai, presi i 10 euro e scesi senza guardarlo.
Recuperai la mia postazione. Presi dalla borsa una delle bottigliette piene di piscio. In mancanza di acqua, doveva prendere qualsiasi cosa per levarmi quel disgustoso sapore dalla bocca. Bevvi il piscio.
Quello è stato, certamente il momento più duro della mia nuova vita. Ero ferma, con un trench sbottonato che non copriva le mie nudità. La pelle del viso puzzolente di piscio di uno sconosciuto. In bocca un miscuglio di sapori, dallo sperma alla pipì, ma predominava il gusto della merda. In borsa avevo da bere solo bottiglie di piscio. E mi stavo prostituendo in strada per pochi spiccioli. Quello è stato il momento in cui ho pensato di dire basta. Poi ho immaginato la delusione di papà e mi sono, pian piano, ripresa. Sarebbe passata anche quella serata e papà sarebbe stato orgogliosissimo di me, soprattutto adesso che ero in competizione con mia sorella e mia madre. Dovevo essere la numero 1, la preferita sia di papà che dello zio. Stavo formulando questi pensieri, quando accostò una macchina, una monovolume con un ampio abitacolo.
Quando si abbassò il finestrino, rimasi sorpresa ed incuriosita. Un uomo ed una donna. Lei mi squadrò dalla testa ai piedi, mi ordinò di togliere il trench e di farle vedere il culo. Mi girai e la sentii dirmi di aprire le chiappe. Mi piegai e lo feci. Sentii un suono di approvazione.
“Entra”, mi disse con tono duro e perentorio.
Entrai e mi sedetti sugli ampi sedili posteriori. Mi chiesero la tariffa e scoppiarono a ridere nel sentire i prezzi
“Sei molto economica”, disse sempre lei
Dopo qualche metro, sempre lei mi gelò
“Puzzi più di una scrofa”, prese delle salviette umide e profumate. Ne approfittai per cercare di darmi una parvenza di pulizia.
Ci fermammo e scesero. Stavo scendendo anche io, quando la donna mi bloccò, mi disse di mettermi carponi sui sedili posteriori. Infilo uno strap-on nero lungo e molto grosso e con quello mi penetrò nella figa. Urlai per il dolore. Poi iniziò ad essere meraviglioso. L’uomo mi prese per i capelli e mi ficcò il suo cazzo duro in bocca.
Affondò in gola facendomi emettere suoni gutturali, mentre la donna mi violentava la figa. Dopo alcuni minuti, lo sfilò dalla figa e mi inculò con un colpo secco. Repressi l’urlo per il cazzo che mi occupava la bocca. L’uomo iniziò a sborrare. Si fermarono, mi fecero scendere dall’auto. Ero traballante, per come mi aveva aperto. Mi fecero inginocchiare. Lei mi mise la figa in bocca e la leccai. Per la prima volta stavo leccando una figa. Venne, piegandosi sulle gambe e premendo la figa sulla mia bocca, facendomi assaporare ogni suo sapore. Mi fecero salire in auto e mi riportarono in postazione, ma non era finita.
Mi fecero mettere in ginocchio e lei mi orinò in faccia. In quel frangente, non mi accorsi che l’uomo si era allontanato, tornando dopo qualche minuto. Aveva cagato e mi disse:
“Scrofa ti abbiamo trovato e scrofa ti lasciamo. Pulisci con la lingua il culo sporco di merda”
Ovviamente lo feci e dopo mi pisciò addosso ed andarono via, lasciandomi 20 euro.
Ero stata brava.
Puzzavo. Volevo fortemente una doccia. Vidi una macchina avvicinarsi. Erano i quattro serbi che erano venuti a riprendermi.
“Ma quanto puzzi?”, chiese Pavel
Feci spallucce
“C’è solo un posto dove può continuare a farsi scopare, in queste condizioni”, disse Goran.
Mi fecero salire in macchina e mi portarono nei pressi della stazione ferroviaria.
La stazione sorgeva in una delle zone più malfamate della città ed in piena notte era, praticamente, deserta.
Scesi avvolta nel trench e mi portarono verso la sala d’attesa. Era vuota, ma c’erano tre barboni che dormivano per terra.
Mi gelai e dissi sottovoce, supplicandoli:
“Con loro, no, vi prego”
Non risposero, Goran si avvicinò e mi tolse il trench. Pavel andò a svegliare uno dei barboni e mi spinsero verso il giaciglio. L’uomo mi guardò incredulo e mi fece spazio al suo fianco. Puzzava terribilmente. Mi abbracciò e mi baciò, noncurante del disgustoso sapore che doveva avere la mia bocca; del resto anche la sua era terribile, con i pochi denti, per altro neri. Mi spinse sotto le coperte. Sfilò i pantaloni. Erano mesi che non si faceva un bidet. Lo leccai, reprimendo continui conati di vomito. Volle essere leccato anche il culo. Mi feci forza, lo leccai per bene. Poi mi sollevai e lo cavalcai per scoparlo.
Un altro barbone si svegliò, sentendo i gemiti, si alzò immediatamente dal suo giaciglio, si avvicinò per sincerarsi che non stesse sognando, si spogliò e non perse tempo a prendermi da dietro.
Stavo subendo un sandwich da due barboni.
Il terzo anche si era svegliato ed era già nudo, si avvicinò menandosi il cazzo tra le mani, per porgermelo da leccare.
Incredibile che degrado avevo raggiunto in così poco tempo.
Goran stava in video chiamata con mio padre, e gli mostrò cosa stessi facendo e con chi.
Sapendo di essere guardata in video da papà, mi impegnai, gemendo di piacere.
Scambiammo più volte posizione, mi trovai stesa, con le cosce aperte, mentre uno dei tre mi scopava, il secondo, seduto sulla mia faccia, si faceva leccare il culo, mentre il terzo si faceva segare dalla mia mano.
Mi presero, tutti e tre, il culo a più riprese. Non facevo più caso alla puzza ed alla loro sporcizia. Leccai il cazzo a tutti loro finché, a turno, mi sborrarono in bocca.
Trascorsi il resto della notte con loro tre, dopo aver fatto la puttana per strada.
Mi presero altre volte, parvero insaziabili. Mi ritrovai a leccarli ovunque.
Mi portarono nel bagno e qui, mi infilarono la testa nel cesso pubblico, alternandosi a scoparmi.
Naturalmente scelsero il cesso più sporco, mi presero per i capelli e mi infilarono a forza la testa dentro, obbligandomi a leccare le pareti interne, completamente sporche e schizzate di piscio e di merda.
Intanto sentivo i cazzi alternarsi nella figa e nel culo.
Finché mi fecero sollevare la testa e schizzarono, tutti e tre sul mio viso.
Rimasi in ginocchio, di fianco al water, il volto pieno delle loro sborrate. Li vedi accerchiarmi ed insieme si misero a pisciare su di me.
Dopo quella doccia, riuscii ad alzarmi, e tornammo in sala di attesa.
Presi il trench ed andai, finalmente, via. Salii sulla macchina di Goran che mi portò verso casa.
Quando entrai in casa, sentii mugolii di piacere. Andai verso la camera da letto e vidi papà che stava inculando Serena, con la tv accesa che proiettava il video della mia gangbang con i barboni.
Sentii la porta d’ingresso aprirsi (tutti loro, ormai, erano in possesso delle chiavi di casa mia). Lo zio Menotti entrò in casa con la mamma ed Omar.
Mi guardarono e sorrisero.
Mi spogliai e mi feci, finalmente, una lunga doccia.
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