Ripetizioni di chimica
di
Nicola Pavell
genere
etero
Tratto dal mio libro "Bologna la perversa" presente anche in formato e-book su Amazon.
https://www.amazon.it/Bologna-golosa-Quattro-storie-spinto-ebook/dp/B0C7NH35S6/ref=sr_1_1?qid=1686551495&refinements=p_27%3ANicola+Pavelli&s=digital-text&sr=1-1&text=Nicola+Pavelli
La telefonata era stata veloce ma la sua voce autoritaria aveva inebriato la mia pelle smuovendo qualcosa nella zona del basso cervello. Lessi il suo curriculum e ne dedussi che dovesse avere un’età superiore ai 35 ma inferiore ai 40 anni. Le immagini che avevo scovato nel web lo ritraevano come un uomo di bell’aspetto, dai capelli corti color nero e una barba folta ma ben curata. Nella mia mente passò per un secondo l’immagine di me seduta sulla sua faccia mentre i miei umori colavano abbondanti fino a impregnare quel viso caldo.
...
Depilai con cura la mia vagina e cercai di sbollire i caldi spiriti con una lunga doccia fredda. Per quel secondo appuntamento l’outfit era simile al giorno precedente con la sola differenza che avevo rinunciato alle mutandine.
Non risposi alla provocazione di mia madre e le rivolsi soltanto un sorriso che lasciava spazio a ogni tipo di interpretazione. Arrivai con qualche minuto d’anticipo rispetto all’orario concordato e mi accomodai su quella stessa sedia che il giorno prima aveva udito il pulsare eccitato della mia vagina.
Con un tono annoiato di chi in realtà aveva ben altre intenzioni.
Nel mezzo della lezione iniziai a stuzzicarlo delicatamente, dapprima appoggiando una mano sulla sua spalla, poi accostando la mia gamba sulla sua coscia. Non vedendo alcuna palese reazione decisi di passare all’azione. Lasciai scivolare la penna sotto al tavolo chiedendogli gentilmente di raccoglierla per me. Lo vidi chinarsi con prontezza in tutta la sua eleganza, e dall’alto della mia posizione feci attenzione solo a mantenere le gambe spalancate. Volevo che vedesse e assaporasse quella prelibatezza che gli stavo offrendo. Non appena ruotò la testa per alzarsi scorsi il suo viso interdetto e quel corpo riprese a contrarsi di nuovo per l’eccitazione.
Quel suo tono indeciso e quel suo balbuzzire mi confermarono che avevo ragione. Mi avvicinai a lui e gli posai una mano su quella protuberanza che attendeva solo di esplodere. Iniziai a massaggiarlo tenendolo sempre più stretto al palmo della mia mano.
Con un timido gesto del capo annuì.
Non gli diedi nemmeno il tempo di replicare che la mia lingua era già dentro la sua bocca. Senza che mi rendessi conto il vestitino e il reggiseno erano stesi sul pavimento. I miei capezzoli, turgidi come il ferro, furono in un istante preda della sua vorace bocca e la vulva, già zuppa di liquido, pulsava famelica sotto l’incessante pressione delle dita sulla clitoride. Supina su quel divano-letto, ero posseduta dal suo corpo disteso sopra il mio e dalla sua barba che, come degli spilli, picchettava nella mia pelle nuda. La sua bocca scendeva istante dopo istante passando per stomaco, ombelico fino ad arrivare all’altezza della vagina. Iniziò a leccarmela in una maniera del tutto inaspettata. A giudicare dal rossore del mio viso doveva aver fatto molta pratica nel corso degli anni. Con la mia passera sempre più dilatata, premevo con vigore il suo viso al solo scopo di inondarlo di tutti i miei umori. Esattamente come avevo sognato la notte prima e quella prima ancora. Senza proferire parola lo vidi rialzarsi e abbassarsi gli slip. Aveva proprio un bel cazzo. Non lungo ma tozzo di quelli che chiedono solo di essere succhiati. Salii sopra di me e iniziò a penetrarmi. Entrò con dolcezza poi superato il primo gradino con sempre più virulenza. I nostri visi erano l’uno di fronte all’altro. Nello scambiarci qualche affettuoso bacio risentivo il profumo del mio liquido nella sua barba. Mi infilò una mano nella bocca per impedirmi di urlare. Gliela morsi fino a lasciargli impressi i segni dei miei denti. Poi mi sollevò con forza e mi sbatté contro il tavolino facendo cadere tutti i libri. Quell’impeto mi fece ancora più sbrodolare di goduria. Ora sentivo con la mia schiena la superficie fredda di quel piccolo tavolo mentre le pareti della vagina erano allargate da quel grosso arbusto. Ammiravo quei pettorali nella loro massima contrazione mentre le mie mani non riuscivano ad aggrapparsi ai suoi fianchi per il troppo sudore. Gli spasmi disordinati del viso mi urlarono che era sul punto di venire.
Scesi dal tavolo e mi inginocchiai di fronte a quell’asta in erezione. Lo prese in mano per masturbarsi mentre con la mia gli strozzavo i testicoli. Ci vollero solo un paio di succhiate per sentire tutto il liquido caldo riversarsi nella mia lingua e poi scivolare nella mia gola. Ingoiai tutto senza tralasciare la minima goccia.
Ci riaccomodammo di fronte a quel tavolo che sembrava aver vissuto un bombardamento. Per qualche secondo non proferimmo parola. Sentivamo solo il rumore dell’aria provenire dalle nostre narici.
Mi sorrise dopo avermi aiutata a ripulire una goccia di sperma che mi era rimasta sul viso.
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La telefonata era stata veloce ma la sua voce autoritaria aveva inebriato la mia pelle smuovendo qualcosa nella zona del basso cervello. Lessi il suo curriculum e ne dedussi che dovesse avere un’età superiore ai 35 ma inferiore ai 40 anni. Le immagini che avevo scovato nel web lo ritraevano come un uomo di bell’aspetto, dai capelli corti color nero e una barba folta ma ben curata. Nella mia mente passò per un secondo l’immagine di me seduta sulla sua faccia mentre i miei umori colavano abbondanti fino a impregnare quel viso caldo.
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Depilai con cura la mia vagina e cercai di sbollire i caldi spiriti con una lunga doccia fredda. Per quel secondo appuntamento l’outfit era simile al giorno precedente con la sola differenza che avevo rinunciato alle mutandine.
Non risposi alla provocazione di mia madre e le rivolsi soltanto un sorriso che lasciava spazio a ogni tipo di interpretazione. Arrivai con qualche minuto d’anticipo rispetto all’orario concordato e mi accomodai su quella stessa sedia che il giorno prima aveva udito il pulsare eccitato della mia vagina.
Con un tono annoiato di chi in realtà aveva ben altre intenzioni.
Nel mezzo della lezione iniziai a stuzzicarlo delicatamente, dapprima appoggiando una mano sulla sua spalla, poi accostando la mia gamba sulla sua coscia. Non vedendo alcuna palese reazione decisi di passare all’azione. Lasciai scivolare la penna sotto al tavolo chiedendogli gentilmente di raccoglierla per me. Lo vidi chinarsi con prontezza in tutta la sua eleganza, e dall’alto della mia posizione feci attenzione solo a mantenere le gambe spalancate. Volevo che vedesse e assaporasse quella prelibatezza che gli stavo offrendo. Non appena ruotò la testa per alzarsi scorsi il suo viso interdetto e quel corpo riprese a contrarsi di nuovo per l’eccitazione.
Quel suo tono indeciso e quel suo balbuzzire mi confermarono che avevo ragione. Mi avvicinai a lui e gli posai una mano su quella protuberanza che attendeva solo di esplodere. Iniziai a massaggiarlo tenendolo sempre più stretto al palmo della mia mano.
Con un timido gesto del capo annuì.
Non gli diedi nemmeno il tempo di replicare che la mia lingua era già dentro la sua bocca. Senza che mi rendessi conto il vestitino e il reggiseno erano stesi sul pavimento. I miei capezzoli, turgidi come il ferro, furono in un istante preda della sua vorace bocca e la vulva, già zuppa di liquido, pulsava famelica sotto l’incessante pressione delle dita sulla clitoride. Supina su quel divano-letto, ero posseduta dal suo corpo disteso sopra il mio e dalla sua barba che, come degli spilli, picchettava nella mia pelle nuda. La sua bocca scendeva istante dopo istante passando per stomaco, ombelico fino ad arrivare all’altezza della vagina. Iniziò a leccarmela in una maniera del tutto inaspettata. A giudicare dal rossore del mio viso doveva aver fatto molta pratica nel corso degli anni. Con la mia passera sempre più dilatata, premevo con vigore il suo viso al solo scopo di inondarlo di tutti i miei umori. Esattamente come avevo sognato la notte prima e quella prima ancora. Senza proferire parola lo vidi rialzarsi e abbassarsi gli slip. Aveva proprio un bel cazzo. Non lungo ma tozzo di quelli che chiedono solo di essere succhiati. Salii sopra di me e iniziò a penetrarmi. Entrò con dolcezza poi superato il primo gradino con sempre più virulenza. I nostri visi erano l’uno di fronte all’altro. Nello scambiarci qualche affettuoso bacio risentivo il profumo del mio liquido nella sua barba. Mi infilò una mano nella bocca per impedirmi di urlare. Gliela morsi fino a lasciargli impressi i segni dei miei denti. Poi mi sollevò con forza e mi sbatté contro il tavolino facendo cadere tutti i libri. Quell’impeto mi fece ancora più sbrodolare di goduria. Ora sentivo con la mia schiena la superficie fredda di quel piccolo tavolo mentre le pareti della vagina erano allargate da quel grosso arbusto. Ammiravo quei pettorali nella loro massima contrazione mentre le mie mani non riuscivano ad aggrapparsi ai suoi fianchi per il troppo sudore. Gli spasmi disordinati del viso mi urlarono che era sul punto di venire.
Scesi dal tavolo e mi inginocchiai di fronte a quell’asta in erezione. Lo prese in mano per masturbarsi mentre con la mia gli strozzavo i testicoli. Ci vollero solo un paio di succhiate per sentire tutto il liquido caldo riversarsi nella mia lingua e poi scivolare nella mia gola. Ingoiai tutto senza tralasciare la minima goccia.
Ci riaccomodammo di fronte a quel tavolo che sembrava aver vissuto un bombardamento. Per qualche secondo non proferimmo parola. Sentivamo solo il rumore dell’aria provenire dalle nostre narici.
Mi sorrise dopo avermi aiutata a ripulire una goccia di sperma che mi era rimasta sul viso.
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