Al mercato - 2 - Fiori di ciliegio

di
genere
sadomaso

Marina era una donna libera, si era liberata di tutto, della sua famiglia che la faceva sentire in carcere, di suo marito che l'aveva sposata per quel suo senso di libertà viscerale, salvo poi volerle mettere le briglie, del suo vecchio lavoro che la legava ad orari e scadenze e la faceva dipendere dalle esigenze altrui e finalmente si era creata il suo lavoro in cui almeno in parte era libera di gestire tempo, impegno e denaro.
Nulla era stato particolarmente semplice, ma Marina era contenta e fiera della vita che le sue scelte le avevano riservato, certo spesso quella libertà era troppa e non sapeva che farsene.

Marina sapeva ciò che voleva, al mercato andava quando ne aveva voglia, non mercanteggiava sul prezzo, scriveva la sua offerta e sceglieva.

Ciò che lei offriva come ciò che cercava, era sempre molto chiaro, ma al banco del baratto c'era tanta di quella ressa e confusione che gli interessati neppure si accorgevano che bastava dire 'si'.
Loro d'istinto e di mestiere ci tenevano comunque a vestirsi a festa di tutte le parole e teorie elaborate e perfezionate nel tempo.

Marina ben conosceva quel comportamento e sapeva che disilluderli avrebbe ferito il loro ego, così li lasciava parlare ed esprimersi ben sapendo che al di là della forma essi cercavano le stesse cose.

Marina non cercava falsi collari, né false dichiarazioni di appartenenza, non avrebbe gridato a nessuno di essere Sua di essere del suo Dio, era abbastanza onesta da riconoscere i diritti d'autore di quell'appellativo.
L'SM Marina ce l'aveva dentro era parte di sé, ogni tanto ne sentiva il bisogno, cercava e trovava la sua catarsi.

Nuda, legata, pronta…
Immersa in quello spazio parallelo era pronta a ricevere più che a dare.
Si caricava di quello che prima assomiglia ad un lontano fruscio, e le risvegliava sensazioni conosciute, poi ti accarezza la pelle, una carezza che cambia intensità, che sale e che diventa sale….sale su pelle che comincia a bruciare, poi diventa morso e unghie che graffiano e ti spinge sempre più in là in quello spazio.
Spazio in cui Marina trovava piacere, non era mai via del tutto, ma via abbastanza da sapere che sarebbe andata avanti, finchè quel gioco le faceva bene, finchè l'altro non avesse cominciato a pretendere o ad illudersi poi l'avrebbe cercato ancora, lui od un altro.

Marina era perfetta agli occhi di quel maestro, stava lì e ci stava e prendeva, ansimava, niente lamentele, niente lacrimucce…finalmente!
Era ora che ne trovasse una così, questa, lui se la sentiva davvero di sua proprietà, stava immobile non frignava e non diceva di no, perché lui gliel'aveva detto di non accettare alcun no.

Stanche le braccia, gonfie le vene e gonfio l'ego, lui.

Piacevolmente avvolta da quell'involucro bruciante di pelle da cui presto sarebbe uscita, lei.

Qualche carezza prima di esser presa, ma presa da chi, ma presa da cosa?
Vabbè già che eran li perché non consumare un po' d'ossigeno.

Marina aveva proprio voglia, voglia di scopare come piaceva a lei e sì anche di fare la cagna di mettersi a quattrozampe godendo della sua immagine riflessa nello specchio, di leccare, di succhiare, di sentirsi messa sotto coll'odore addosso di colui che tanto onorato e tanto potente si sentiva.

A Marina piaceva sentire sulla pelle di essersi scambiati almeno un po' di umori e di sudore, almeno fino alla doccia che poi avrebbe lavato via tutto e chiuso la giornata.
scritto il
2010-03-03
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