L'occasione, parte prima
di
Cuno
genere
sadomaso
Non sono mai piaciuto, prima alle ragazze e poi alle donne.In forte sovrappeso già alle superiori, peloso e con una faccia che non faceva presa, venivo scartato da tutte. Più mi davano il due di picche, più la mia rabbia verso il sesso femminile cresceva. Persi la verginità solo a 21 anni, con una prostituta matura, e da allora, mi sfogavo solo con loro. Mi concentrai sugli studi universitari e poi sul lavoro, e già a 35 anni, avevo una buona posizione. Ma ancora, per le donne che mi attraevano, continuavo ad essere invisibile, e le bruttine non mi interessavano. A 45 anni, avevo un appartamento in città e una villa in campagna su tre livelli, una lancia k e trascorrevo l'estate in Salento. Ma ero solo. Avevo avuto due legami con donne straniere terminati senza rimpianti. Ero diventato così rabbioso che mi ero orientato sul sadomaso e avevo solo fantasie di quel tipo. Ma più che qualche schiaffo e qualche cinghiata, le prostitute che si prestavano, non mi consentivano di darle. Avevo messo l'annuncio per una colf part-time quando avevo scelto la villa come mia dimora abituale,Francesca fu l'ultima che intervistai.Diciannove anni, carnagione diafana, occhi chiarissimi, lunghi capelli corvini, un corpicino da mangiare in un sol boccone. Mi raccontò di aver ottenuto dal tribunale l'emancipazione a 17 anni, perché stanca del violento trattamento a cui la sottoponeva suo padre per educarla. Non aveva avuto fortuna, e dopo una convivenza con un compagno che, anche lui, le alzava le mani con troppa foga, ora viveva per strada dove era già stata vittima di violenze ripetute.
"Ho bisogno di una casa dove stare, anche gratis" mi disse. "Posso pulire e anche fare la puttana. In cambio di vitto e alloggio, lo faccio anche gratis. Non posso più sopportare la vita di strada".
"Non credo che potremmo trovare un accordo", le dissi. "Io ho bisogno di una schiava, non solo di una puttana". Abbassò lo sguardo e mi chiese "schiava quanto?" "Disposta a cedersi completamente, a sopportare qualunque cosa, a diventare un oggetto", risposi. Scosse la testa, si alzò, mi diede la mano e si congedò.
Passarano circa otto mesi e in una notte gelida,sentii suonare il citofono. La riconobbi subito dalla telecamera, le aprii: era fradicia per la pioggia e tremava. "Se per caso il posto è ancora disponibile, sono pronta a tutto", mi disse tremando. Ci pensai un po' e poi le dissi: "Hai idea di cosa ti aspetta? Ti è chiaro che se entri non uscirai più?" Annuì chinando il capo.
Le permisi di fare un bagno caldo, al termine del quale doveva venire nella mia camera ancora in accappatoio. Quando se lo tolse, mi diventò duro come il marmo a contemplare quel giovane corpo color del latte, la pelke sottile, la figa senza peli e con un piercing evidente nelle grandi labbra. "Desiderio frustarti dal primo momento che ti ho visto", le dissi. "Lo so", rispose lei, "È l'effetto che faccio a tutti gli uomini". Piangeva ma non mi feci commuovere, il ricordo di tutte le volte che ero stato rifiutato, bruciava più forte che mai. Presi una cinghia di cuoio larga e pesante, la immersi nell'acqua calda, le legai i capelli e la feci appoggiare sul tavolo, spalle a me. Le bloccai la schiena con il braccio sinistro e le assestai la prima cinghiata sulle natiche. Urlò e mi infastidii "Se urli per i colpi sulle parti morbide, cosa farai quando picchierò forte dove non c'è ciccia?" Arrabbiato, iniziai a sferzarla senza misericordia sulle cosce tese, le ginocchia, i polpacci. Bagnai ancora la cinghia, facendo scorrere altra acqua calda. Il cuoio aveva segnato per bene le carni colpite e i segni si erano leggermente enfiati, terminando in graffi che grondavano goccioline di sangue. La girai e le presi la figa in mano: era bagnata.
Presi la cinghia e gliela schiaffai sul pube 1, 5, 10 volte. Urlava ma sentirla mi piaceva. La schiaffeggiai forte in viso poi iniziai a pizzicarle forte la figa finché non mi pisciò in mano. Mi feci fare il secondo pompino della sessione, ancora non l'avevo sfondata. Le pulii il viso, le diedi del succo e la portai sopra una cavallina di legno trovata in un sito bdsm. Non era a cuneo, ci si poteva stare tranquillamente a cavallo con la figa bene aperta ma... più avanti, un pochino più avanti, c'erano delle belle puntine metalliche, tante e mmh, vogliose di figa.
Tentò di ribellarsi e urlò che voleva andare via, che non le avevo detto che ero pazzo. Le diedi un forte pugno sulla schiena e poi la avvicinai alle punte, le sue punte, le punte di tutte le fighe di legno che mi avevano rifiutato.
"Ho bisogno di una casa dove stare, anche gratis" mi disse. "Posso pulire e anche fare la puttana. In cambio di vitto e alloggio, lo faccio anche gratis. Non posso più sopportare la vita di strada".
"Non credo che potremmo trovare un accordo", le dissi. "Io ho bisogno di una schiava, non solo di una puttana". Abbassò lo sguardo e mi chiese "schiava quanto?" "Disposta a cedersi completamente, a sopportare qualunque cosa, a diventare un oggetto", risposi. Scosse la testa, si alzò, mi diede la mano e si congedò.
Passarano circa otto mesi e in una notte gelida,sentii suonare il citofono. La riconobbi subito dalla telecamera, le aprii: era fradicia per la pioggia e tremava. "Se per caso il posto è ancora disponibile, sono pronta a tutto", mi disse tremando. Ci pensai un po' e poi le dissi: "Hai idea di cosa ti aspetta? Ti è chiaro che se entri non uscirai più?" Annuì chinando il capo.
Le permisi di fare un bagno caldo, al termine del quale doveva venire nella mia camera ancora in accappatoio. Quando se lo tolse, mi diventò duro come il marmo a contemplare quel giovane corpo color del latte, la pelke sottile, la figa senza peli e con un piercing evidente nelle grandi labbra. "Desiderio frustarti dal primo momento che ti ho visto", le dissi. "Lo so", rispose lei, "È l'effetto che faccio a tutti gli uomini". Piangeva ma non mi feci commuovere, il ricordo di tutte le volte che ero stato rifiutato, bruciava più forte che mai. Presi una cinghia di cuoio larga e pesante, la immersi nell'acqua calda, le legai i capelli e la feci appoggiare sul tavolo, spalle a me. Le bloccai la schiena con il braccio sinistro e le assestai la prima cinghiata sulle natiche. Urlò e mi infastidii "Se urli per i colpi sulle parti morbide, cosa farai quando picchierò forte dove non c'è ciccia?" Arrabbiato, iniziai a sferzarla senza misericordia sulle cosce tese, le ginocchia, i polpacci. Bagnai ancora la cinghia, facendo scorrere altra acqua calda. Il cuoio aveva segnato per bene le carni colpite e i segni si erano leggermente enfiati, terminando in graffi che grondavano goccioline di sangue. La girai e le presi la figa in mano: era bagnata.
Presi la cinghia e gliela schiaffai sul pube 1, 5, 10 volte. Urlava ma sentirla mi piaceva. La schiaffeggiai forte in viso poi iniziai a pizzicarle forte la figa finché non mi pisciò in mano. Mi feci fare il secondo pompino della sessione, ancora non l'avevo sfondata. Le pulii il viso, le diedi del succo e la portai sopra una cavallina di legno trovata in un sito bdsm. Non era a cuneo, ci si poteva stare tranquillamente a cavallo con la figa bene aperta ma... più avanti, un pochino più avanti, c'erano delle belle puntine metalliche, tante e mmh, vogliose di figa.
Tentò di ribellarsi e urlò che voleva andare via, che non le avevo detto che ero pazzo. Le diedi un forte pugno sulla schiena e poi la avvicinai alle punte, le sue punte, le punte di tutte le fighe di legno che mi avevano rifiutato.
2
voti
voti
valutazione
4
4
Commenti dei lettori al racconto erotico