Celestino cap.: IV
di
Bepi
genere
zoofilia
Celestino
Cap.: IV
Passarono due giorni. Lui amava quel lavoro sempre di più. Da tutti prendeva suggerimenti e cercava di capirne le richieste e le inclinazioni non dichiarate. Tutti lo guardavano con simpatia e aspettavano il termine della formazione, per averlo e disporre della sua globale presenza. Riposava sempre vicino alla vacca “Fisa”, così l’aveva chiamata e sempre, ogni sera, la coccolava accarezzandola, baciandola mettendole la sua mano sul muso.
In quella sera, antecedente un rito, la sua amica, attratta dagli afrori emanati da lui, aveva preso a massaggiare il viso dell’adolescente con la corposa aspra lingua. Le direttive per la sua formazione gli impedivano di allontanare la mucca. Alcuni vaccari rimasti per gli ultimi lavori e per la chiusura, accortisi di quello che faceva la bovina, incitavano il ragazzo ad accogliere quelle coccole, fattegli, però, per lo sperma di cui Celestino era coperto. Quel mezzo andò a massaggiare anche il cavo orale e a portare saliva di vaccina in quella bocca. Eccitato, accarezzò amorevolmente il muso bovino e attese, prima di addormentarsi, che la bestia si sdraiasse per allungare la sua mano su una zampa di quella. Si assopì guardandola. Furono chiuse le porte e il silenzio calò nell’ambiente rotto ogni tanto da suoni provenienti dal basso ventre, dal movimento repentino delle code per scacciare qualche mosca o dalla ripresa del ruminare.
Un’anguilla passò tra le sue cosce provocandone una contrazione. Giocava nudo nell’acqua della fonte con il papà. Si bagnava e spruzzava il padre che rispondeva facendolo cadere in acqua.
Dai papà, … prendimi, … dai, … papà”, …
“e a bisata dove sea”, …
Il bambino rispose alzando le spalle, indicandone contemporaneamente la via di fuga tra le sue gambe e rideva felice.
“cossa feto, … perché ti pissi?no el xe el posto”.
Il piccolo osservava i suoi liquidi mescolarsi e svanire nell’acqua, ma … inoltre spingeva con disappunto del padre che
gli mollò un leggero sculaccione.
La vacca aveva interrotto la sua defecazione con un colpo di coda. Spesso i sogni portano a bagnarci o, involontariamente, all’eiaculazione. Guardò con affetto quella che lo aveva bruscamente svegliato, allungò la mano, la salutò sorridendole. Erano giorni che viveva e dormiva in quel posto. Dal giorno precedente sapeva che oggi avrebbe fatto la scelta tra femmine e maschi, cerimonia a cui avrebbero partecipato tutti gli operatori della masseria, compreso il conte. Si era fatto molto bravo a suggere schiacciando tra lingua e palato o con movimenti per cercare di fasciare con la lingua il randello; a ungere con le mani o la lingua l’apertura anale; a venerare con occhi supplichevoli la persona con cui lavorava; a scivolare con il sedere o con l’addome sul pube del compagno o dondolarsi con movimenti rotatori o di va e vieni sul pene per estrarne il miele. Stava seduto in quella melma piacevole e odorante, calda dei suoi depositi; guardava il suo fisico coperto di sterco attendendo che l’amica prima, lo aspergesse del suo liquido giallo e, dopo, che lo liberassero dalle catene per lavarlo. Fuori il concerto della natura era appena iniziato, i primi stallieri sarebbero entrati a momenti; alcuni avrebbero cominciato i lavori e altri in quel giorno lo avrebbero subito preso per mondarlo, in modo che avesse delle ore di pausa per far distendere il suo fisico prima della cerimonia. Lavato,
asciugato, profumato, preparato, fatta una colazione abbondante, con gli addetti alla sua persona fece visita ad alcune bestie per conoscerle, tra cui una giovenca in calore e a un vitellone da monta. Tutti aspettavano l’ora e l’arrivo del proprietario terriero per dare il via al rito della giornata. Fu steso su un lettino nella stanza dei salumi e lì ricevette i saluti e gli incoraggiamenti di Romeo, Roberto, Stefano, Paolo, Aldo, del conte. Sapeva, su suggerimento,quale decisione prendere visto che questa era la sua natura. Subito dopo che suonò l’ora terza fu condotto, seguito da tutti quelli che volevano assistere al rito, nuovamente alle stalle, dove ad attenderlo c’era una donna matura. Sonia, senza abiti, di bell’aspetto, con seno sodo e addome piatto, con una piccola graziosa foresta di peli, era là, voluta per tentare di conoscere l’inclinazione sessuale del ragazzino. La donna doveva pigliare l’adolescente invogliandolo ai piaceri del sesso e visto che sarebbe stata ben remunerata,se fosse riuscita nell’intento, mise in atto tutte le sue energie e le sue arti per sedurlo e conquistarlo. Lei, da subito, prese il ragazzo per le mani attirandolo a se per amoreggiare; ma, anche il giovane sapeva come doveva rispondere. Le loro lingue ballavano intrecciate una con l’altra. La signora tastava nei punti sensibili il ragazzo e cercava con una mano il giocattolo per farlo eccitare e rizzare. Lui non partecipava a quella ingerenza meccanica percepita senza pathos e senza sincerità; poiché nella sua mente non esisteva la femmina come partner di amplesso. Cercavano in un sessantanove di scambiarsi i liquidi, ma mentre la donna riusciva ad averli, lui non rispondeva, o meglio, la sua anima non era coinvolta ed ,anzi,era altrove. Il conte aveva visto giusto in quel ragazzo, quando osservandolo dopo alcuni giorni dal suo arrivo alla fattoria, prevedeva per l’ultimo venuto, soddisfazioni non possibili altrimenti. Era nato per l’omosessualità come si affermava in quella casa e per molti in quel luogo, l’omosessualità è nella natura, è un suo preservativo.
I due continuavano nella lotta amorosa e carezzevole, ma senza la partecipazione emotiva di Celestino. Agivano nei giochi sulle loro intime parti anatomiche, ma mentre Sonia ansimava e si contorceva dagli orgasmi avuti e che provava, il nostro, stanco, si divincolò, da quell’amplesso, per andare a tuffare il suo volto tra le grandi labbra vaginali della vacca in calore, dopo aver chiesto che a qualcuno di prendere, tenendola, la coda della bestia. Sapeva cosa voleva. Aveva la considerazione e l’affetto di tutti, per cui poté organizzare velocemente quello a cui ambiva, e il fattore conosceva gli ordini da dare. Un secchio, una trombetta per clisteri, il tavolo per salare le carni da insaccato, una carriola come appoggio da porre dietro alla vacca, erano pronti per il rito successivo.
Stefano, posando una mano sulle spalle di Celestino, spintolo verso la carriola, fattolo salire in modo che il volto del ragazzo fosse alla giusta altezza, gli prese una mano e gliela mise all’interno della natura della vacina, per muoverla come fosse un giocattolo. Gli astanti in silenzio osservavano la scena, partecipando eccitati e con evidenti umide erzioni sulle braghe. Michele dal lato opposto a quello di Stefano, tenendo con una mano in alto e in disparte la coda della vacca, pose tra i piedi dell’adolescente, ignudo e bello da vedere, il secchio in modo che vi potessero entrare gli umori della bestia che colà sarebbero andati a finire dopo essere scivolati sul corpo del ragazzo, quando avrebbe posato il suo volto tra quelle carnose e umide labbra vaginali. Il ragazzo era preso da forte emotività evidenziata e chiara, anche per le continue lascive manipolazioni che riceveva a livello perineale e inguinale visto l’orgasmo anale che provava. Buttò il suo viso in quel posto per lambire e accarezzare con la sua lingua quell’apertura in cui era entrata ed era infilata la sua mano. Liquidi fuoriuscivano da quella vagina che non aspettava altro che di essere penetrata e stimolata per aprire il suo utero a un’eventuale profonda penetrazione. Con l’aiuto dei due, quella bestia riversò dopo lunghi bavosi bramosi muggiti il suo benessere, sul volto schiacciato e penetrato nella sua vagina, facendo uscire dal suo condotto liquidi filamentosi, tanto da scorrere e scivolare sul petto del nostro in abbondanza. Quei liquori, oltre a riversarsi nel secchio, erano presi e spalmati da più mani su tutto il corpo del giovane, provocando in lui un altro stimolo a baciare e a lambire quell’apertura da cui fluivano succhiandoli e aspirandoli come nettare prelibato.
La donna delusa dalla scelta del ragazzo ma presa dal desiderio di essere partecipe di quelle scene, teneva una mano tra le natiche di Celestino per cogliere i liquidi della vacca, da portarsi alle labbra, suggendoli mentre con l’altra,
contorcendosi negli spasmi di un pre orgasmo, si masturbava introducendo le dita nella sua natura; teneva una postura inclinata in avanti poiché era sodomizzata violentemente da Romeo. C’era in quel momento un inizio di silenziosi amplessi tra individui, non ancora all’apice, poiché tutti erano attirati dalle azioni di forte emozione lirica dell’atto in cui era coinvolto il ragazzo. La lingua di questo era spinta a lambire e accarezzare l’uretra della bestia per provocare e far uscire rapide di urina,affinché tutta la sua testa fosse aspersa intrisa e infradiciata; che la sua gola sapesse e godesse di pipì e di liquidi vaginali femminili. A volte il suo inviolato e fresco sfintere, oltre che sfiorato e accarezzato dalle mani, era penetrato da dita facendo in modo che il ragazzo imparasse ad anelare di essere riempito e farcito nella sua apertura anale poiché ne avrebbe, nella sua fantasia, tratto aumenti di piaceri straordinari e inconcepibili ma nitidi, riconoscibili e visibili dalle sue esternazioni, dai suoi contorcimenti e dal suo ardente e caldo desiderio di darsi all’amplesso e alla copula. I suoi maestri erano entusiasti di come fioriva e si apriva a nuove esperienze. Dovevano preservarlo, centellinandone anche nella scelta, gli incontri. Sarebbe stato consegnato e offerto a chi elargiva di più per averlo.
Oliato dai capelli, unto e cosparso, in tutte le sue aperture ,di umori fin sulle piante dei piedi, con il secchio contenente liquidi, composti di urine e di secrezioni vaginali, scese dal suo piedistallo odorante di stallatico per dirigersi accompagnato nella sala in cui lo avrebbero pulito eseguendo un idrocolon con clisteri. La pungente e rossa peretta era pronta e dal fattore gli fu inserita,unta di burro,per scaricarla e svuotarla nelle sue viscere lentamente, mentre era leggermente posato e adagiato con il petto sul tavolaccio. Si sentiva pieno e dolente con forte impellente desiderio di evacuare e di defecare. Le sue feci scendevano lungo i suoi glutei e i suoi polpacci in striature gialle velate di bruno; grida, di poter vedere, arrivavano al fattore e al conte, ma in quella stanza non potevano entrare in molti. Ansimante, assettato e desideroso di poter completare la prova, con leggeri disturbi addominali, messo supino con gli arti inferiori piegati in avanti, subì e tollerò lentamente e in profondità altri due clisteri, che fu costretto a trattenere. Velocemente fu portato, per essere offerto ed esposto, alle narici e alla lingua del torello. Si doveva conoscere e rilevare la maturità sessuale della giovane bestia, vedere quanto sperma produceva, quanto persisteva la sua eccitazione e se poteva ingravidare.
La bestia bramosa, sbuffante e attratta dai profumi provenienti dal quel giovane corpo, con la lingua da una narice all’altra, alla ricerca nell’aria della direzione verso cui dirigersi, scalpicciava in attesa di fermare le sue aperture nasali prima sul volto, a mo’ di bacio, e poi la sua lingua sui glutei di quel corpo, pieno di afrori frizzanti. Il nostro aveva paura e si riparava i genitali con le mani unte dei fluidi della vacca, mentre una mano era ferma tra le sue natiche a limare con insistenza il suo ano sino allo scroto, provocando una ricerca di fuga da quella per offrire nel frattempo il pube a quella lingua che bramosa aspettava l’offerta. Tra due fuochi che lambivano con insistenza i suoi punti nevralgici di piacere, riuscì dopo sforzi immani a girarsi dando il suo pene alla mano mentre la lingua passava tutta la sua colonna lombosacrale coccigea. Dalla bestia era stimolato, la persona si era ritirata e osservava, con altri, i suoi contorcimenti. Il glande taurino fuoriusciva dal suo involucro. Dallo sfintere del nostro eroe, iniziavano a uscire i liquidi immessi, prima, con gli enteroclismi. Lo sfinimento emotivo erotico del ragazzo aveva prodotto un suo cedersi senza condizioni alla bestia che ora frugava la zona perineale sfinterica alla ricerca dei liquidi di vacca. Era caduto in ginocchio con quella lingua che continuava a lambire e raspare la sua schiena, i suoi glutei, i polpacci; che asportava le sue abbondanti scariche liquorose che dal suo ano continuavano a uscire. Alla vista del glande violaceo ,senza esitazioni e timori di esporre ancora di più il suo ano al raschiare della calda lama taurina , prese quella lunga verga con una mano per portarsi tra le labbra quel bene purpureo grondante umori. Le sue dure natiche, a ogni passaggio di lingua s’infossavano e s’irrigidivano. Le sue labbra si dilatavano quando quel membro cercava, spingendo, di entrare. A ogni affondo s’inarcava tutto come un ponte sull’abisso del proprio godimento, e gemeva, e mugolava. Non solo piacere, ma doveva anche soffrire, poiché quella raspa dalle piante dei piedi alla sua zona sfinterica lo prostrava. Non riusciva a trangugiare tutti i liquidi dell’’eiaculazione della bestia . La lotta furibonda continuava, lui ansimava e la bestia muggiva
inni d’amore, spazzolando con vigore quelle natiche, tra le quali uscivano inviti umidi e profumati per le sue narici. Una danza frenetica tra la bestia e l’adolescente conduceva i corpi a un combattimento epico tra eroi, dove alla fine il vincitore sarebbe stato il pathos. La gola del ragazzo cercava in continuazione lo sperma del bovino. Il suo volto era coperto di liquidi lattiginosi caldi e vischiosi. I sessi erano rigidi e marmorei come non mai. D’improvviso Celestino si mise a urlare vinto e trafitto dal piacere. L’orgasmo era esploso intenso e fulmineo. Muoveva il bacino, lo spingeva incontro alla lingua e cercava di farselo penetrare da quella. Il ragazzo si scuoteva e vibrava tutto spasmodicamente. Dalla sua apertura anale fuoriuscivano incontrollati resti fecali. Quando il piacere cominciò a dileguarsi, riaprì gli occhi, con una mano raccolse il seme che aveva inondato il petto e il volto per, gustando il sapore, passarselo sulla lingua. Ora, lui tenero e affettuoso, abbracciava quella testa baciandola e muoveva la sua mano delicata lungo l’asta bovina ormai rientrata nella sua custodia. Desiderava accarezzarla
Nessuno avrebbe mai creduto che un ragazzo potesse godere così intensamente nel ricevere e nel bere liquidi spermatici animaleschi e in gran quantità. In piedi baciava la bestia che ricambiava facendo scorrere la sua lingua sul volto del ragazzo. I presenti, dopo essersi svuotati i testicoli con urli e insulti, alzarono il giovane per ringraziarlo dello spettacolo dandogli delle botte sul sedere e portarselo via per detergerlo e mondarlo. Il prossimo spettacolo sarebbe stato basato sulla lavanda esterna e intestinale, che Celestino avrebbe subito sul tavolaccio da insaccati, eseguita dal fattore.
Per il resto della giornata il giovane ignudo, dopo un abbondante pranzo in compagnia del conte e del fattore a base di pesce, verdura, frutta e dolce al miele si riposò eccezionalmente in una stanza per ospiti; passeggiò con Roberto e l’anziano Michele per la campagna. Da ciascuno ricevette elogi e incoraggiamenti. Era sazio e sfinito con i piedi che dolevano, abrasi dall’organo orale della vacca, con la parte anatomica sfinterica arrossata e infiammata, pene moscio ed esausto. Tornò alle stalle verso sera per osservare il lavoro dei braccianti e per essere messo a catena vicino alla sua amica, ma per quella sera la lettiera gli era stata approntata. Il giorno successivo sarebbe stato dedicato al riposo assoluto con l’anziano Michele. Al sabato 30 giugno 1956 avrebbe ripreso la formazione e l’attività osservando ed assistendo con il suo aiuto alla sodomizzazione di Roberto da parte di Michele e al pomeriggio avrebbe preso parte alla festa con vari invitati debitamente preparata. Era la sua prima partecipazione ad una festa organizzata dal conte. In ogni fine settimana c’erano ospiti, ed in quella occasione sarebbe stato presentato Celestino con il divieto assoluto di toccarlo; poteva solamente assistere alle prestazioni in cui si sarebbe trovato presente.
Cap.: IV
Passarono due giorni. Lui amava quel lavoro sempre di più. Da tutti prendeva suggerimenti e cercava di capirne le richieste e le inclinazioni non dichiarate. Tutti lo guardavano con simpatia e aspettavano il termine della formazione, per averlo e disporre della sua globale presenza. Riposava sempre vicino alla vacca “Fisa”, così l’aveva chiamata e sempre, ogni sera, la coccolava accarezzandola, baciandola mettendole la sua mano sul muso.
In quella sera, antecedente un rito, la sua amica, attratta dagli afrori emanati da lui, aveva preso a massaggiare il viso dell’adolescente con la corposa aspra lingua. Le direttive per la sua formazione gli impedivano di allontanare la mucca. Alcuni vaccari rimasti per gli ultimi lavori e per la chiusura, accortisi di quello che faceva la bovina, incitavano il ragazzo ad accogliere quelle coccole, fattegli, però, per lo sperma di cui Celestino era coperto. Quel mezzo andò a massaggiare anche il cavo orale e a portare saliva di vaccina in quella bocca. Eccitato, accarezzò amorevolmente il muso bovino e attese, prima di addormentarsi, che la bestia si sdraiasse per allungare la sua mano su una zampa di quella. Si assopì guardandola. Furono chiuse le porte e il silenzio calò nell’ambiente rotto ogni tanto da suoni provenienti dal basso ventre, dal movimento repentino delle code per scacciare qualche mosca o dalla ripresa del ruminare.
Un’anguilla passò tra le sue cosce provocandone una contrazione. Giocava nudo nell’acqua della fonte con il papà. Si bagnava e spruzzava il padre che rispondeva facendolo cadere in acqua.
Dai papà, … prendimi, … dai, … papà”, …
“e a bisata dove sea”, …
Il bambino rispose alzando le spalle, indicandone contemporaneamente la via di fuga tra le sue gambe e rideva felice.
“cossa feto, … perché ti pissi?no el xe el posto”.
Il piccolo osservava i suoi liquidi mescolarsi e svanire nell’acqua, ma … inoltre spingeva con disappunto del padre che
gli mollò un leggero sculaccione.
La vacca aveva interrotto la sua defecazione con un colpo di coda. Spesso i sogni portano a bagnarci o, involontariamente, all’eiaculazione. Guardò con affetto quella che lo aveva bruscamente svegliato, allungò la mano, la salutò sorridendole. Erano giorni che viveva e dormiva in quel posto. Dal giorno precedente sapeva che oggi avrebbe fatto la scelta tra femmine e maschi, cerimonia a cui avrebbero partecipato tutti gli operatori della masseria, compreso il conte. Si era fatto molto bravo a suggere schiacciando tra lingua e palato o con movimenti per cercare di fasciare con la lingua il randello; a ungere con le mani o la lingua l’apertura anale; a venerare con occhi supplichevoli la persona con cui lavorava; a scivolare con il sedere o con l’addome sul pube del compagno o dondolarsi con movimenti rotatori o di va e vieni sul pene per estrarne il miele. Stava seduto in quella melma piacevole e odorante, calda dei suoi depositi; guardava il suo fisico coperto di sterco attendendo che l’amica prima, lo aspergesse del suo liquido giallo e, dopo, che lo liberassero dalle catene per lavarlo. Fuori il concerto della natura era appena iniziato, i primi stallieri sarebbero entrati a momenti; alcuni avrebbero cominciato i lavori e altri in quel giorno lo avrebbero subito preso per mondarlo, in modo che avesse delle ore di pausa per far distendere il suo fisico prima della cerimonia. Lavato,
asciugato, profumato, preparato, fatta una colazione abbondante, con gli addetti alla sua persona fece visita ad alcune bestie per conoscerle, tra cui una giovenca in calore e a un vitellone da monta. Tutti aspettavano l’ora e l’arrivo del proprietario terriero per dare il via al rito della giornata. Fu steso su un lettino nella stanza dei salumi e lì ricevette i saluti e gli incoraggiamenti di Romeo, Roberto, Stefano, Paolo, Aldo, del conte. Sapeva, su suggerimento,quale decisione prendere visto che questa era la sua natura. Subito dopo che suonò l’ora terza fu condotto, seguito da tutti quelli che volevano assistere al rito, nuovamente alle stalle, dove ad attenderlo c’era una donna matura. Sonia, senza abiti, di bell’aspetto, con seno sodo e addome piatto, con una piccola graziosa foresta di peli, era là, voluta per tentare di conoscere l’inclinazione sessuale del ragazzino. La donna doveva pigliare l’adolescente invogliandolo ai piaceri del sesso e visto che sarebbe stata ben remunerata,se fosse riuscita nell’intento, mise in atto tutte le sue energie e le sue arti per sedurlo e conquistarlo. Lei, da subito, prese il ragazzo per le mani attirandolo a se per amoreggiare; ma, anche il giovane sapeva come doveva rispondere. Le loro lingue ballavano intrecciate una con l’altra. La signora tastava nei punti sensibili il ragazzo e cercava con una mano il giocattolo per farlo eccitare e rizzare. Lui non partecipava a quella ingerenza meccanica percepita senza pathos e senza sincerità; poiché nella sua mente non esisteva la femmina come partner di amplesso. Cercavano in un sessantanove di scambiarsi i liquidi, ma mentre la donna riusciva ad averli, lui non rispondeva, o meglio, la sua anima non era coinvolta ed ,anzi,era altrove. Il conte aveva visto giusto in quel ragazzo, quando osservandolo dopo alcuni giorni dal suo arrivo alla fattoria, prevedeva per l’ultimo venuto, soddisfazioni non possibili altrimenti. Era nato per l’omosessualità come si affermava in quella casa e per molti in quel luogo, l’omosessualità è nella natura, è un suo preservativo.
I due continuavano nella lotta amorosa e carezzevole, ma senza la partecipazione emotiva di Celestino. Agivano nei giochi sulle loro intime parti anatomiche, ma mentre Sonia ansimava e si contorceva dagli orgasmi avuti e che provava, il nostro, stanco, si divincolò, da quell’amplesso, per andare a tuffare il suo volto tra le grandi labbra vaginali della vacca in calore, dopo aver chiesto che a qualcuno di prendere, tenendola, la coda della bestia. Sapeva cosa voleva. Aveva la considerazione e l’affetto di tutti, per cui poté organizzare velocemente quello a cui ambiva, e il fattore conosceva gli ordini da dare. Un secchio, una trombetta per clisteri, il tavolo per salare le carni da insaccato, una carriola come appoggio da porre dietro alla vacca, erano pronti per il rito successivo.
Stefano, posando una mano sulle spalle di Celestino, spintolo verso la carriola, fattolo salire in modo che il volto del ragazzo fosse alla giusta altezza, gli prese una mano e gliela mise all’interno della natura della vacina, per muoverla come fosse un giocattolo. Gli astanti in silenzio osservavano la scena, partecipando eccitati e con evidenti umide erzioni sulle braghe. Michele dal lato opposto a quello di Stefano, tenendo con una mano in alto e in disparte la coda della vacca, pose tra i piedi dell’adolescente, ignudo e bello da vedere, il secchio in modo che vi potessero entrare gli umori della bestia che colà sarebbero andati a finire dopo essere scivolati sul corpo del ragazzo, quando avrebbe posato il suo volto tra quelle carnose e umide labbra vaginali. Il ragazzo era preso da forte emotività evidenziata e chiara, anche per le continue lascive manipolazioni che riceveva a livello perineale e inguinale visto l’orgasmo anale che provava. Buttò il suo viso in quel posto per lambire e accarezzare con la sua lingua quell’apertura in cui era entrata ed era infilata la sua mano. Liquidi fuoriuscivano da quella vagina che non aspettava altro che di essere penetrata e stimolata per aprire il suo utero a un’eventuale profonda penetrazione. Con l’aiuto dei due, quella bestia riversò dopo lunghi bavosi bramosi muggiti il suo benessere, sul volto schiacciato e penetrato nella sua vagina, facendo uscire dal suo condotto liquidi filamentosi, tanto da scorrere e scivolare sul petto del nostro in abbondanza. Quei liquori, oltre a riversarsi nel secchio, erano presi e spalmati da più mani su tutto il corpo del giovane, provocando in lui un altro stimolo a baciare e a lambire quell’apertura da cui fluivano succhiandoli e aspirandoli come nettare prelibato.
La donna delusa dalla scelta del ragazzo ma presa dal desiderio di essere partecipe di quelle scene, teneva una mano tra le natiche di Celestino per cogliere i liquidi della vacca, da portarsi alle labbra, suggendoli mentre con l’altra,
contorcendosi negli spasmi di un pre orgasmo, si masturbava introducendo le dita nella sua natura; teneva una postura inclinata in avanti poiché era sodomizzata violentemente da Romeo. C’era in quel momento un inizio di silenziosi amplessi tra individui, non ancora all’apice, poiché tutti erano attirati dalle azioni di forte emozione lirica dell’atto in cui era coinvolto il ragazzo. La lingua di questo era spinta a lambire e accarezzare l’uretra della bestia per provocare e far uscire rapide di urina,affinché tutta la sua testa fosse aspersa intrisa e infradiciata; che la sua gola sapesse e godesse di pipì e di liquidi vaginali femminili. A volte il suo inviolato e fresco sfintere, oltre che sfiorato e accarezzato dalle mani, era penetrato da dita facendo in modo che il ragazzo imparasse ad anelare di essere riempito e farcito nella sua apertura anale poiché ne avrebbe, nella sua fantasia, tratto aumenti di piaceri straordinari e inconcepibili ma nitidi, riconoscibili e visibili dalle sue esternazioni, dai suoi contorcimenti e dal suo ardente e caldo desiderio di darsi all’amplesso e alla copula. I suoi maestri erano entusiasti di come fioriva e si apriva a nuove esperienze. Dovevano preservarlo, centellinandone anche nella scelta, gli incontri. Sarebbe stato consegnato e offerto a chi elargiva di più per averlo.
Oliato dai capelli, unto e cosparso, in tutte le sue aperture ,di umori fin sulle piante dei piedi, con il secchio contenente liquidi, composti di urine e di secrezioni vaginali, scese dal suo piedistallo odorante di stallatico per dirigersi accompagnato nella sala in cui lo avrebbero pulito eseguendo un idrocolon con clisteri. La pungente e rossa peretta era pronta e dal fattore gli fu inserita,unta di burro,per scaricarla e svuotarla nelle sue viscere lentamente, mentre era leggermente posato e adagiato con il petto sul tavolaccio. Si sentiva pieno e dolente con forte impellente desiderio di evacuare e di defecare. Le sue feci scendevano lungo i suoi glutei e i suoi polpacci in striature gialle velate di bruno; grida, di poter vedere, arrivavano al fattore e al conte, ma in quella stanza non potevano entrare in molti. Ansimante, assettato e desideroso di poter completare la prova, con leggeri disturbi addominali, messo supino con gli arti inferiori piegati in avanti, subì e tollerò lentamente e in profondità altri due clisteri, che fu costretto a trattenere. Velocemente fu portato, per essere offerto ed esposto, alle narici e alla lingua del torello. Si doveva conoscere e rilevare la maturità sessuale della giovane bestia, vedere quanto sperma produceva, quanto persisteva la sua eccitazione e se poteva ingravidare.
La bestia bramosa, sbuffante e attratta dai profumi provenienti dal quel giovane corpo, con la lingua da una narice all’altra, alla ricerca nell’aria della direzione verso cui dirigersi, scalpicciava in attesa di fermare le sue aperture nasali prima sul volto, a mo’ di bacio, e poi la sua lingua sui glutei di quel corpo, pieno di afrori frizzanti. Il nostro aveva paura e si riparava i genitali con le mani unte dei fluidi della vacca, mentre una mano era ferma tra le sue natiche a limare con insistenza il suo ano sino allo scroto, provocando una ricerca di fuga da quella per offrire nel frattempo il pube a quella lingua che bramosa aspettava l’offerta. Tra due fuochi che lambivano con insistenza i suoi punti nevralgici di piacere, riuscì dopo sforzi immani a girarsi dando il suo pene alla mano mentre la lingua passava tutta la sua colonna lombosacrale coccigea. Dalla bestia era stimolato, la persona si era ritirata e osservava, con altri, i suoi contorcimenti. Il glande taurino fuoriusciva dal suo involucro. Dallo sfintere del nostro eroe, iniziavano a uscire i liquidi immessi, prima, con gli enteroclismi. Lo sfinimento emotivo erotico del ragazzo aveva prodotto un suo cedersi senza condizioni alla bestia che ora frugava la zona perineale sfinterica alla ricerca dei liquidi di vacca. Era caduto in ginocchio con quella lingua che continuava a lambire e raspare la sua schiena, i suoi glutei, i polpacci; che asportava le sue abbondanti scariche liquorose che dal suo ano continuavano a uscire. Alla vista del glande violaceo ,senza esitazioni e timori di esporre ancora di più il suo ano al raschiare della calda lama taurina , prese quella lunga verga con una mano per portarsi tra le labbra quel bene purpureo grondante umori. Le sue dure natiche, a ogni passaggio di lingua s’infossavano e s’irrigidivano. Le sue labbra si dilatavano quando quel membro cercava, spingendo, di entrare. A ogni affondo s’inarcava tutto come un ponte sull’abisso del proprio godimento, e gemeva, e mugolava. Non solo piacere, ma doveva anche soffrire, poiché quella raspa dalle piante dei piedi alla sua zona sfinterica lo prostrava. Non riusciva a trangugiare tutti i liquidi dell’’eiaculazione della bestia . La lotta furibonda continuava, lui ansimava e la bestia muggiva
inni d’amore, spazzolando con vigore quelle natiche, tra le quali uscivano inviti umidi e profumati per le sue narici. Una danza frenetica tra la bestia e l’adolescente conduceva i corpi a un combattimento epico tra eroi, dove alla fine il vincitore sarebbe stato il pathos. La gola del ragazzo cercava in continuazione lo sperma del bovino. Il suo volto era coperto di liquidi lattiginosi caldi e vischiosi. I sessi erano rigidi e marmorei come non mai. D’improvviso Celestino si mise a urlare vinto e trafitto dal piacere. L’orgasmo era esploso intenso e fulmineo. Muoveva il bacino, lo spingeva incontro alla lingua e cercava di farselo penetrare da quella. Il ragazzo si scuoteva e vibrava tutto spasmodicamente. Dalla sua apertura anale fuoriuscivano incontrollati resti fecali. Quando il piacere cominciò a dileguarsi, riaprì gli occhi, con una mano raccolse il seme che aveva inondato il petto e il volto per, gustando il sapore, passarselo sulla lingua. Ora, lui tenero e affettuoso, abbracciava quella testa baciandola e muoveva la sua mano delicata lungo l’asta bovina ormai rientrata nella sua custodia. Desiderava accarezzarla
Nessuno avrebbe mai creduto che un ragazzo potesse godere così intensamente nel ricevere e nel bere liquidi spermatici animaleschi e in gran quantità. In piedi baciava la bestia che ricambiava facendo scorrere la sua lingua sul volto del ragazzo. I presenti, dopo essersi svuotati i testicoli con urli e insulti, alzarono il giovane per ringraziarlo dello spettacolo dandogli delle botte sul sedere e portarselo via per detergerlo e mondarlo. Il prossimo spettacolo sarebbe stato basato sulla lavanda esterna e intestinale, che Celestino avrebbe subito sul tavolaccio da insaccati, eseguita dal fattore.
Per il resto della giornata il giovane ignudo, dopo un abbondante pranzo in compagnia del conte e del fattore a base di pesce, verdura, frutta e dolce al miele si riposò eccezionalmente in una stanza per ospiti; passeggiò con Roberto e l’anziano Michele per la campagna. Da ciascuno ricevette elogi e incoraggiamenti. Era sazio e sfinito con i piedi che dolevano, abrasi dall’organo orale della vacca, con la parte anatomica sfinterica arrossata e infiammata, pene moscio ed esausto. Tornò alle stalle verso sera per osservare il lavoro dei braccianti e per essere messo a catena vicino alla sua amica, ma per quella sera la lettiera gli era stata approntata. Il giorno successivo sarebbe stato dedicato al riposo assoluto con l’anziano Michele. Al sabato 30 giugno 1956 avrebbe ripreso la formazione e l’attività osservando ed assistendo con il suo aiuto alla sodomizzazione di Roberto da parte di Michele e al pomeriggio avrebbe preso parte alla festa con vari invitati debitamente preparata. Era la sua prima partecipazione ad una festa organizzata dal conte. In ogni fine settimana c’erano ospiti, ed in quella occasione sarebbe stato presentato Celestino con il divieto assoluto di toccarlo; poteva solamente assistere alle prestazioni in cui si sarebbe trovato presente.
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