Susanna (estratto da omonimo libro in produzione)

di
genere
dominazione

Stasera cenetta leggera, sparecchio, lavo i piatti con cura e salgo in camera mia. Sono quasi le 21.00, orario in cui Lui, quando e se ne ha voglia, mi videochiama. Chiudo a chiave la porta visto che la mia matrigna è in giro per casa, e mi spoglio completamente; Indosso solo il collare, l’ unico vestito che veramente conta. Di fronte a me un cellulare di ultima generazione che generosamente mi ha donato. All’ interno c’è una sim il cui numero è noto solo a Lui. Quando suona, qualsiasi cosa stia facendo, mi devo interrompere e rispondere. Il resto può attendere. Devo stare ferma immobile, se non chiama entro le 22.00 ho il permesso di andare a dormire. In ginocchio, con lo sguardo basso e le mani che scorrono sulle cosce, attendo. Il tempo passa, la mia eccitazione sale, la mia fessura inizia a gocciolare sul pavimento freddo. L’ho sentito ieri, quindi dubito che oggi chiami di nuovo, ma ci spero; ed in ogni caso non sto facendo niente di speciale, se non stare al mio posto naturale. Respiro profondamente, cercando di pensare ad altro, pur restando immobile e concentrata sulla situazione, avrei una gran voglia di toccarmi e darmi piacere, ma non posso senza il suo permesso. D’ improvviso il telefono suona, come una molla scatto a premere il tasto per rispondere. “Eccomi mio Signore. La Sua schiava è a Sua totale disposizione”. Nonostante lo sguardo basso, sento i Suoi occhi su di me. “Ciao Susanna, hai cenato?”. “Si mio Signore, ho mangiato verdure ed un po’ di pollo alla griglia”. “Molto bene. So che sei stanca, ma ho bisogno della tua attenzione per dieci minuti. Ti chiedo troppo?” Starei sveglia per lui anche tutta la notte se me lo chiedesse! “No mio Signore, come posso servirla”? “Devo condividere con te una cosa importante; l’ ultima volta che ci siamo visti abbiamo parlato di un salto di qualità che il nostro rapporto deve fare. Mi hai detto di essere d’accordo: sei sempre di questa idea?” “Assolutamente mio Signore. Qualsiasi cosa per Lei”. Silenzio… sento sempre il Suo sguardo su di me… poi riprende a parlare “domani sera necessito dei tuoi servigi. Se hai impegni sei pregata di cancellarli. L’ appuntamento è per le 20.00, ma non andiamo a cena, e non voglio che consumi il pasto prima. Mangerai, se proprio necessario, dopo. Staremo via un paio di ore. Puoi farlo per me Susanna?” “Si mio Signore, con gioia”. “Bene. Decido io come ti vesti; alzati, prendi il telefono e punta la videocamera sul tuo guardaroba.” Mi alzo in piedi, e sempre con lo sguardo basso eseguo la Sua richiesta. “Quel vestitino blu è perfetto. Indosserai quello, il collare ovviamente, gli stivali neri che ti ho regalato. L’intimo lo voglio nero, ovviamente sia reggiseno che mutandine, che indosserai però dalla mattina quando ti svegli. Più tardi ti manderò la posizione, dovrai essere puntuale. Non ho voglia di punirti. Domande?” “No mio Signore, come sempre è stato chiarissimo”. “Un’ ultima cosa: stanotte dormirai con il plug. Puoi usare la vaselina. E naturalmente dormi nuda.”
Si congeda da me riattaccando il telefono. Mi getto sul letto, con una voglia matta di toccarmi; sfioro appena il mio clitoride gonfio di umori, pronto ad esplodere in un attimo… il solo pensiero di essere con Lui domani sera mi manda fuori di testa. Spero di essere all’ altezza del Suo “salto di qualità”, non posso nemmeno immaginare di deluderlo. Indosso il plug e mi metto a dormire, ma con la testa già a domani sera.

Ho indossato ciò che mi ha chiesto, e sono pronta ad uscire. È così premuroso che mi ha pure chiamato il taxi, salgo in macchina e partiamo. Il mio Signore non lascia nulla al caso, l’ autista sa esattamente dove andare e quando arrivare a destinazione. I dieci minuti che mi separano dalla meta sembrano un’ eternità. Il mio cuore batte forte, cerco come sempre di fare respiri profondi per provare a trattenere l’eccitazione. Sto viaggiando non so verso dove e perché, ma sono tranquilla perché ci sarà la mia Guida al mio fianco. Finalmente la macchina si ferma di fronte al bar in cui ho appuntamento. L’ autista mi dice di scendere, poi riparte velocemente. Di fronte a me il luogo dell’ incontro; un vecchio bar, davvero malmesso. All’ esterno due tavolini bianchi arrugginiti da farli sembrare marroni. Quattro sedie che stanno in piedi per miracolo. Un paio di brutti ceffi che, sorseggiando birra, mi divorano con gli occhi. Ma cosa ci sto a fare io, vestita così? Suona il Suo telefono. “Entra, e chiedi del tavolo numero 7”. Poi riattacca. Cammino verso l’ entrata, accompagnata dallo sguardo dei ceffi seduti all’ esterno. Mi sento come mangiata viva. Ad accogliermi quella che penso sia la padrona del bar, una tizia sui 50 anni un po’ sovrappeso. “Può gentilmente indicarmi il tavolo numero 7 per favore”? Mi guarda dall’ alto verso il basso con aria di sufficienza, poi fa segno di seguirla. Il tavolo è proprio al centro della sala, è quello principale, circondato dagli altri sei. Non ordino niente perché ha già deciso lui: un cocktail analcolico alla frutta, non mi fa mai eccedere con l’ alcool ed ho il divieto assoluto di farne uso senza la Sua presenza e senza il Suo consenso. Seduta su una sedia pericolante, sorseggiando il cocktail, mi guardo intorno aspettando il Suo arrivo. I tavoli sono tutti occupati da persone malvestite, di mezza età, che ad occhio e croce non si lavano da una settimana. Mi domando cosa possa avere in comune il mio Signore con questa gente. Eccolo, arriva, vestito sportivo con un giubbotto di pelle nero, taglio dei capelli stile militare, bellissimo come sempre. Sto per alzarmi e correre da Lui, ma mi fa cenno con la mano, sorridendo, di restare seduta. E così faccio. Si avvicina a me, in piedi, e mi porge la mano posizionandolo accanto alla mia bocca. La bacio, è quello che vuole, è come un rituale. Non si siede, anzi, con il solito sorriso mi fa segno di alzarmi. Una volta in piedi, mi abbraccia ed inizia a baciarmi alla francese, davanti a tutti. Di rado scambia effusioni in pubblico, lo considera da “vanilla”, e quindi non di suo gradimento. Stasera però è diverso, e sinceramente non mi dispiace affatto. Dopo una breve interruzione, durante la quale mi guarda fisso negli occhi con sguardo dolce, non da lui, riprende a baciarmi con più passione di prima. Sento la sua lingua andare in profondità, tanto che faccio fatica a correrle dietro. Contemporaneamente le Sue mani sollevano il vestitino scelto, non a caso, da Lui, scoprendo il mio culo alla platea che ci circonda, la quale inizia a rumoreggiare. Pur provando da un lato una profonda vergogna, avverto nella patta dei pantaloni la Sua enorme soddisfazione. Ancora una volta respiro quell’ inconfondibile odore selvaggio che emana la Sua pelle, nonostante gli odori dell’ ambiente, che difetterebbe di pulizia anche ad un maiale. Il possesso ed il controllo esaltano il Suo ego e lo rendono infinitamente soddisfatto. E quando Lui è felice lo sono anche io, essendo lo strumento della Sua felicità. Si stacca infine dalle mie labbra, ma con le mani ben piazzate nel culo. “Come ci si sente ad essere mia?” “Onorata, mio Signore”. Fa salire le Sue mani lungo i miei fianchi, lasciando scivolare verso il basso il vestito che torna a coprire le mie intimità, portandole fino al mio viso. Mi guarda ancora negli occhi, con sguardo languido, poi dalla tasca tira fuori un guinzaglio, fissando il moschettone al mio collare. “Mettiti a 4 zampe, ti porto fuori”. Ubbidisco di buon grado, e mentre lo seguo come una cagnolina, cerco di “camminare” in modo più sensuale possibile. Voglio che sia fiero di me, voglio renderlo orgoglioso davanti a tutti.
Usciamo fuori, c’è un taxi che ci aspetta, più grande di quelli tradizionali, modello “espace”. Cammino ancora carponi, per fortuna l’ asfalto è in buono stato, benché le mie ginocchia stiano soffrendo. Saliamo sul taxi, l’ autista parte senza che il mio Signore abbia detto una parola; come sempre tutto è curato e programmato nei minimi dettagli, l’ unica persona che non sa dove stiamo andando sono io. Il mio Signore è seduto sul sedile anteriore, che però è rivolto verso di me. “Hai avuto un assaggio del salto di qualità di cui abbiamo parlato. Sei roba mia, e non perché costretta ad esserlo, ma per libera scelta. Esatto?” Roba mia, a quella frase si forma un groppo in gola che quasi mi viene da piangere dalla gioia, faccio un bel respiro, voglio che la mia voce sia più ferma possibile, in modo da fugare ogni dubbio “assolutamente sì, mio Signore”. Sorride, ed è bellissimo vederlo così. “Sei roba mia non solo nella nostra intimità, ma anche quando siamo in mezzo alla gente. Devi abituarti al fatto che con la mia roba faccio tutto quello che voglio, e ne dispongo a mio totale piacimento. Prima ho mostrato il tuo culo ai clienti del bar, poi ti ho portato al guinzaglio come un cane. Tutto questo per dirti che, da oggi, non ci sono più differenze tra la nostra vita intima e quella fuori dalle mura domestiche. Da oggi sei schiava, sempre, anche di fronte ad altri. Non ci nascondiamo più. Questo è un passaggio fondamentale nel nostro percorso. Te lo chiedo perché sono consapevole che puoi farlo.” Quest’ ultima frase mi rende orgogliosa di essere al mondo, le Sue mani si appoggiano alle mie, posizionate rigorosamente sopra le ginocchia, come Lui vuole. Il mio sguardo è ubbidiente verso il basso, sono così emozionata che sento formarsi lacrime ai miei occhi, inutile descrivere lo stato di eccitazione sotto le mutandine, che sono già da strizzare. Il Padrone tira fuori una benda nera, che delicatamente mette sopra ai miei occhi; “da questo momento non puoi vedere più niente. Devo anche chiederti di stare in rigoroso silenzio, qualsiasi cosa succeda io sono sempre accanto a te. Annuisci se hai capito” dice tutto questo mentre si siede accanto a me, ed il taxi continua il suo viaggio verso l’ignoto. Annuisco, eccitata. Non mi spaventa il dove andiamo, ma sono molto intrigata sul perché mi trovo su un taxi bendata in Sua compagnia. Sempre l’ attesa, una costante nel nostro rapporto, come costante è l’ eccitazione a cui sono sottoposta.
Finalmente il taxi si ferma, tuttavia non vengo invitata a scendere. “Aspetta qui, immobile”. Così faccio. Anche se non vedo, l’autista dovrebbe sempre essere al suo posto. Il motore del taxi resta acceso, posso solo immaginare che sarà una sosta breve. D’ improvviso entrambe le porte laterali si aprono, più persone salgono sul taxi, che poi riparte in tutta fretta. Non comprendo cosa succeda quando la Sua voce mi rassicura “va tutto bene, sono qui”. Sorrido, anche se non sono del tutto a mio agio, la benda mi impedisce di capire chi ho accanto. Poi ancora la Sua voce “alla tua destra ed alla tua sinistra ci sono due miei conoscenti. Ci frequentiamo da anni. Stanno passando, per motivi diversi, un periodo complicato, quindi ho pensato di farli distrarre un po’, portandoli con noi. Devi essere molto gentile con loro, esattamente come lo sei con me… annuisci con la testa per dire che hai capito”. Non comprendo questa sua affermazione, sono sempre gentile ed educata con tutti. Non riesco a finire il pensiero che mani diverse da quelle del mio Signore iniziano ad accarezzarmi le cosce. “Va tutto bene Susanna, sono amici. Ricorda di essere gentile, lasciati fare!”. Questo “lasciati fare”, pronunciato con tono deciso, mi ricorda se ce ne fosse bisogno il mio ruolo. Resto immobile, le gambe una accanto all’ altra, la testa appoggiata sul poggiatesta dell’ auto. Non parlo, come mi è stato ordinato, sono in Sua totale balia. Sto iniziando a comprendere il “salto di qualità”, mi chiedo solo dove potrà spingersi. Le mani continuano ad accarezzare le mie gambe, in un silenzio surreale che viene rotto da uno dei due “complimenti amico mio, una pelle molto liscia. Davvero un bel bocconcino questa giovane puttanella”. Anche l’ altro commenta “si, non è male, forse un po’ troppo tesa per i miei gusti” “cercate di essere un minimo comprensivi, ha appena 18 anni. Fate pure il vostro comodo, ma con delicatezza. Avete piena libertà di movimento, nei limiti che abbiamo concordato. Lei non vi fermerà” Le loro mani, all’ uninsono, aprono le mie gambe, appoggiandole sulle loro, dopodiché continuano ad accarezzarmi, questa volta nell’ interno coscia, in modo sempre più intimo, arrivando fino alle mutandine. Non sarei disposta a tollerare una situazione del genere se non per Lui, diversamente li avrei già presi a ceffoni a costo di rischiare di essere violentata. Tuttavia, ogni qualvolta le loro mani tendono ad avvicinarsi alle mutandine tengo ad irrigidirmi. Non posso certo oppormi fisicamente messa in quella posizione, e non voglio nemmeno farlo per non deludere il mio Signore a cui ho felicemente delegato l’ uso del mio corpo. “Stai andando bene Susanna”, è così dolce e carino quando mi incoraggia ogniqualvolta mi vede in difficoltà. Riesce a leggere i miei pensieri e comprendere i miei timori e le mie paure. Non potrei avere una guida migliore e più paziente di Lui.
Nel frattempo uno dei due inizia a spingere due dita verso l’interno della mia fighetta bagnata, scostando le mutandine. L’altro, spazientito dalla presenza dell’ intimo, inizia a sfilarle via, eliminando di fatto l’ ultima frontiera a protezione della mia fessura. Nella posizione in cui sono, a gambe totalmente aperte, è ovviamente impossibile toglierle, e difatti d’ improvviso sento uno strappo, uno dei due ha avuto la geniale idea di rompere le mutandine, che con tanta cura avevo scelto per Lui; vengono quindi agevolmente sfilate dalla gamba sinistra, per poi essere portate al naso dell’uomo, lo capisco sentendolo annusare. “Sono bagnatissime, da vera Troia, senti qua!” Esclama verso il suo compare, che compie lo stesso rituale. “Da cagna Troia direi” risponde l’ altro, con aria divertita.
Eliminato il fastidio delle mutandine, le mani dei due maiali hanno campo libero. Scorrono per l’ interno coscia arrivando agilmente alla fessura; aprono le labbra che coprono il clitoride, il quale fa capolino. A quel punto uno dei due inizia a massaggiarlo con la delicatezza di uno scaricatore di porto, mentre l’ altro pensa bene di infilare due dita nella mia fessura, iniziando a sbatterla con la stessa delicatezza del suo compare. Ora il gioco inizia a farsi decisamente meno simpatico, ma posso solo sperare che finisca presto. Per quanto la mia mente sia totalmente convinta che ciò che sta accadendo sia la naturale conseguenza della mia scelta di vita, le espressioni del mio viso non possono nascondere un profondo disagio per quello che sta succedendo. “Le senti le mie dita che ti scavano la fica, vero piccola sgualdrina?” Le dita vengono sfilate dalla fessura e buttate di colpo nella mia bocca. “Succhiale” esclama l’ uomo “e fallo per bene!”. Faccio quello che dice solo per la devozione che ho verso il mio Signore, che è più forte della voglia che ho di staccargli quelle sporche dita con un morso. I due uomini si danno il cambio, adesso ho in bocca le dita dell’ altro “adesso le mie, piccola troia, ripuliscile bene dal tuo succo di cagna”. Faccio quello che mi chiede, ed intanto mi domando l’ autista in che direzione guidi, anche se penso che, forse, una meta non esista. Una volta finito il lavoro, mi “invitano” a spostare il culo più avanti, per poi rimettere le gambe sopra le loro. Tutto mi è più chiaro quando sento due dita che cercano di farsi spazio nel mio ano; la nuova posizione li aiuta a raggiungere l’ agognato obbiettivo, aiutata anche dal fatto che l’ uomo ha avuto la delicatezza, strano a dirsi, di ungere le sue dita con della crema. Nonostante tutto il fastidio che provo mentre le spinge all’ interno è inimmaginabile. I due giocano con le mie fessure più intime muovendo le loro dita in modo che almeno uno di loro sia sempre presente dentro di me. “Adesso puoi interagire con loro”, ed udite queste parole da parte del mio Signore uno dei due prende la palla al balzo. “Sei una puttana” esclama, seguita da un “vero?”. “Si” rispondo. “Si cosa? Fammi sentire cosa sei”. “Si, io sono una puttana” rispondo con voce ferma. “Ripetilo ancora” “sono una puttana” “a voce più alta!” “SONO UNA PUTTANA!”. Tolgono finalmente le loro dita dalle mie parti intime e, come logico fosse, a turno le infilano nella mia bocca. È un trattamento simile a quello che il mio Signore mi riserva ogni volta che ci vediamo, anche se ovviamente con Lui è molto più piacevole. È il motivo per cui, quando esco con Lui, sono ancora più pulita del solito. “Ora che hai goduto, vediamo come te la cavi a lavorare il cazzo”. Non ho tempo di riflettere su quanto detto, che le mie mani vengono occupate dai loro membri, dritti e duri, e pronti ad essere segati. Le loro mani sono nuovamente nelle mie parti intime, e ricominciano a lavorare, questa volta però invertendo le parti. Me ne accorgo perché le dita che stantuffano il mio ano non sono unte, anche se entrano comunque abbastanza bene perché la strada è già predisposta da prima. “Sputa sulle mani prima di menarci il cazzo, da vera puttana che sei” esclama l’uomo alla mia sinistra. Eseguo senza fiatare ed inizio a menarli, nella speranza che vengano presto. “Piano troietta, altrimenti il gioco finisce troppo presto” “non stringere troppo il cazzo, stupida sgualdrina, non è mica una maniglia! Con dolcezza”. Finalmente la Sua voce che ancora mi rassicura “stai andando bene, fai solo un pizzico di attenzione a quanto ti chiedono”. Muovo le mani su e giù, cercando di tenere lo stesso ritmo. Via via che passa il tempo segandoli, sento le loro dita che, a poco a poco, smettono di stantuffare. Lentamente smettono di masturbarmi e si rilassano appoggiando la schiena sul sedile. Lo interpreto come un buon segno, se tutto va bene a breve verranno e, spero, tutto questo finirà. E poi finalmente le mie fessure tornano a respirare, libere da quella presenza fastidiosa ed ingombrante. Di lì a poco i due uomini afferrano i miei polsi, e dettano il ritmo della sega. È il segnale che sono sulla strada giusta per farli godere. Le loro mani aumentano il ritmo muovendo i miei polsi e stringendoli fino a farmi male. I loro respiri si fanno più affannati, “così puttana, non ti fermare” “facci godere piccola troia”. Di lì a poco e quasi contemporaneamente, vengono in abbondanza, tra gemiti ed urla il loro piacere inzuppa le mie mani, come gioioso ringraziamento per l’ ottimo lavoro svolto. I miei polsi sono sempre prigionieri nelle loro mani, ma ancora per poco. I loro membri, ormai a riposo,sfilano dalle mie mani, a questo punto sono inutile: non gli servo più. In malo modo spingono le mie gambe nella loro posizione naturale, e si allontanano per quanto possono da me. Poi si rivolgono al mio Signore: “fai fermare il taxi per favore, abbiamo finito. Grazie di tutto.” Poi verso di me: “ti ricordi cosa sei, vero?” Con le gambe ancora spalancate e le mani appiccicose del loro piacere rispondo con voce ferma e calma “Sono una puttana”. Poi il rumore degli sportelli che si chiudono. Adesso siamo io e Lui, oltre l’ autista ovviamente. Il mio Signore si prende cura di me: Mi mette in mano delle salviette rinfrescanti, con cui posso finalmente pulirmi le mani. “Rinfrescati anche tra le gambe, ricomponiti e poi puoi togliere la benda”. Così faccio; prima mi pulisco bene bene le mani, in modo da eliminare qualsiasi traccia di liquidò seminale. Poi passo alle mie intimità, ed è come se togliessi delle scorie radioattive dalle mie fessure. “Puoi togliere la benda adesso”. Tolta la benda, finalmente il suo sguardo sorridente. “Sono stra-orgoglioso di te. Sei andata benissimo, hai fatto il tuo dovere in modo egregio.” “Grazie mio Signore” rispondo con voce dismessa. “In tutta sincerità, dopo oggi, sarà ancora bello appartenermi?”. Con lo sguardo sempre ai Suoi piedi, prendo un bel respiro e rispondo “da oggi sarà ancora più bello essere Sua. Mio Signore. Avrei solo una domanda, se posso…” “si, puoi, dopo una serata come oggi ne hai diritto” “dove ancora ha intenzione di condurmi?”. “Ti faccio io una domanda Susanna: se quando ci siamo conosciuti ti avessi detto che ti avrei condotta in un taxi bendata a segare due uomini, avresti accettato di diventare mia schiava?”. La domanda è più che pertinente, come tutte le Sue riflessioni del resto. “No, non avrei accettato mio Signore, anzi, forse la avrei presa per pazzo”. “È questo il punto. Il nostro rapporto è totalmente trasparente. Non voglio nasconderti niente. Ma tutto deve arrivare col tempo. Pensa quante emozioni avresti perso, quanta strada non avresti fatto, se ti avessi indicato il traguardo all’ inizio del percorso”. “Ha ragione mio Signore. Le chiedo scusa per la domanda stupida” “non è una domanda stupida. Sei giovane, impulsiva e vogliosa di bruciare le tappe. Per questo hai bisogno di me; sono onorato di essere la tua guida”. “Ed io di essere la Sua schiava mio Signore. Se posso, chi erano i due uomini?” “Chissà!” Mi risponde con tono beffardo. “Forse sconosciuti, forse li hai conosciuti qualche domenica fa a pranzo. O forse amici intimi. Non lo saprai mai…”
scritto il
2024-05-01
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