CAP 6 - Cristina dal Preside
di
The bestof
genere
prime esperienze
CAP 6 - Cristina dal Preside
Durante la notte, Cristina non riuscì a chiudere gli occhi nemmeno per un attimo.
Sentiva ancora le mani di quei tre uomini scivolare sul suo corpo mentre le accarezzavano il seno, le toccavano i fianchi e scendevano lì, in quell’angolo del corpo che sino al pomeriggio precedente aveva conosciuto soltanto il suo dito.
Stava provando delle sensazioni come se avesse le loro dita ancora dentro e…si è bagnata, tanto.
Rivedeva la sua mano mentre scorreva sul pisello dell’uomo più giovane.
Lei? Era stata proprio lei a stringerlo nel suo pugno, e a seguire quello che le diceva il professore sino a quando quel giovane non era venuto.
E sempre lei aveva stretto tra le sue mani, il cazzo del professore e quello del vecchio della biglietteria, segandoli nello stesso momento. Le sembrava di averli ancora davanti a sé , stretti tra le sue mani….e si è cercata per regalarsi un orgasmo liberatorio.
Distrutta, ma rinfrancata, la mattina si era preparata come faceva tutte le mattine. Aveva indossato l’uniforme e si era presentata in classe, come tutte le mattine.
Durante la prima ora, non smetteva di guardare a Lucia, seduta tre banchi davanti a lei, e aspettava la fine dell’ora per parlarle, per chiedere e per sapere cosa le sarebbe accaduto se avesse deciso di rivedere quegli uomini.
Lucia era già stata con quegli uomini, questo lo aveva capito. Quindi, era più avanti di lei nel fare le cose a quegli uomini. Ma una ragazza della loro età cosa poteva fare a quegli uomini senza che non le facessero del male? Niente! Doveva parlare con Lucia; lei le avrebbe detto tutto.
Mancava più di mezz’ora alla fine che bussarono ed entrò il bidello: “professoressa, l’alunna Lucia XXX è convocata in presidenza.”
Non era una cosa insolita essere convocate. I motivi erano molteplici: ritardo nelle rette, comportamenti poco consoni ai nsotri standard, calo nei voti. Cristina non si era stupita, vedendo Lucia uscire dalla classe, seguita dal bidello.
La seconda ora stava terminando quando Lucia ha fatto ritorno in classe. Nessuno ci ha fatto caso, nemmeno Cristina, ma la ragazza aveva uno sguardo spento, preoccupato.
Solo per un attimo lo aveva rivolto verso Cristina.
L’ora era finita e Lucia era uscita dalla classe, per andare verso i bagni, ma era stata fermata da Cristina.
“Che c’è? Cosa vuoi?”, le dice scontrosa.
“Io….io voglio sapere di ieri…”
“Ieri? …ieri cosa?” …ha alzato la voce.
Cristina ha risposto sottovoce: “Lucia…scusa… ma ieri, in quel luogo….tu…quegli uomini…il professore..”
e Lucia, questa volta senza urlare, anche lei con un filo di voce “Cristina, ma stai bene? Quali uomini?” Ma non guardava più la compagna, guardava dietro le sue spalle.
Cristina si era girata di scatto.
“Cristina, mi segua in presidenza.” Che poteva fare? Aveva seguito il professore, quello del cinema.
Lo aveva visto bussare, aprire la porta ed entrare dietro di lei.
“Preside buongiorno. Lei è Cristina XXX. Le ho parlato di lei poc’anzi. La ragazza, ieri, si è intrufolata nell’aula C, dov’era in corso la lezione alla stagista Lucia XXX. Dopo un’immediata e breve analisi, ho ritenuto di iscriverla d’ufficio allo stage, livello 0. Le chiedo la ratifica del mio operato.”
“Grazie per la premessa, professore. Cristina io, però, desidero sentire da te cos’è successo ieri. Ti raccomando di essere sincera perché la promessa che ti ha fatto il professore, ieri, è sempre valida. Soltanto, che sarei io a convocarli, lascerei al professore dire che ti ha seguita dentro a quel cinema e che è intervenuto un po’ troppo tardi per portati via.
Oramai, un vecchio si era seduto accanto a te e, mentre lui ti strofinava le sue mani luride sulle tue mutandine, tu gli tenevi il cazzo nella manina e lo stavi segando. Dovrei proporti per una sospensione di due mesi. Ma non capiterà, perché tu ci dirai tutta la verità.”
E Cristina disse tutta la verità. Disse che era rimasta eccitata vedendo la sua compagna alle prese con quegli uomini. Dissse che aveva apprezzato tantissimo le mani che l’avevano cercata e che le avevano regalato i suoi primi orgasmi che non fossero avvenuti grazie alle sue dita. Disse che tenere in mano i cazzi di quei tre uomini l’aveva fatta sentire una brava e che le parole del professore erano sempre state un incoraggiamento. Disse che no, non aveva avuto paura e che si, avrebbe voluto proseguire lo stage.
Il preside ratificò l’operato del professore e fece firmare delle carte alla ragazza. Lei firmò senza leggere nulla.
“Ben Cristina, alzati la gonna e tienila alzata, parli con me, solo se lo fai. Se preferisci non farlo ti giri ed esci.”
La ragazza stralunò. Il preside le stava chiedendo di alzarsi la gonna della divisa, ma era impazzito? Pensò di seguire il suo consiglio e si girò per uscire, ma davanti alla porta c’era il professore che la guardava con gli occhi di rimprovero.
Era tornata sui suoi passi, si era fermata a pochi metri dalla scrivania del preside e le sue mani avevano cercato l’orlo della gonna, portandola verso l’alto. Ma il presidente non sembrava contento del suo fare.
“Cristina, devi alzarla quella gonna. Porta le mani sino all’ombelico. Bene! Ora ci siamo. Resta ferma così tutto il tempo. Professore, lei sa…”
Bastò un cenno di intesa tra i due.
“Cristina, sei stata sincera parlando di ieri. È normale cara e non devi sentirti in colpa con la tua compagna. Alla tua età, la curiosità di conoscere il sesso, in tutte le sue forme, è enorme. Poi, hai reagito bene agli inviti del professore e dei due assistenti ”
Il preside le parlava ma, per essere più chiaro, per impedire che la ragazza, ormai stagista, potesse comprendere male le sue parole, le aveva accompagnate alzando una mano con due dita dritte e leggermente arcuate, muovendola avanti e indietro, mimando un ditalino a due dita.
“Cristina, qualche coetaneo ti aveva già fatto un ditalino?” La ragazza aveva detto di no.
“Bene, meglio così. E tu, avevi già conosciuto un pisello?” Ancora un no. La domanda successiva, aveva turbato Cristina.
“Cristina, nel tuo palazzo c’è il portiere. Oppure ci abita una persona sola, oppure spesso da sola, che sia della mia età o di quella del professore?”
Balbettando Cristina rispose. Nel suo palazzo c’era il portiere che viveva lì, nell’appartamento del custode, con la moglie e i due figli (alla domanda, disse che la moglie era sempre al lavoro e che i figli andavano a scuola) e che sapeva di un signore che viveva solo nell’altra scala.”
“Bene, Cristina. Sarà il professore a farti da tutor, ma tu dovrai intrecciare due rapporti, uno col portiere e uno con quel signore. A loro farai le cose che ti insegneranno il professore e i suoi assistenti. Sono i tuoi compiti per casa. Ogni volta, porterai i video e il professore darà il voto al tuo compito. Non serve diventare rossa, Cristina. Hai firmato un contratto. L’alternativa è quella che conosci. In più faremmo leggere il contratto ai tuoi.”
Cristina era imbambolata. Il portiere? Avrebbe dovuto fare una sega al portiere? E a quello che nemmeno ricordava chi fosse?
“Magnifico, cara. Adesso, togliti le mutandine.” Cosa? Cosa le stava chiedendo?
Il preside la guardava mantenendo una calma glaciale. Per esperienza, sapeva che occorreva imbrigliare le cavalline non ancora domate, ancora selvagge, senza esitazioni, immediatamente. Sapeva che bastava lasciare loro il tempo di respirare e non le avrebbero più controllate.
Per questo, le aveva detto di alzarsi la gonna appena entrata, la ragazza doveva sentirsi sottomessa al suo volere sin dal primo momento. Adesso, occorreva imporre totalmente la sua autorità, e quella del professore.
“Cristina, pensi di avere tutto il tempo che vuoi? Togliti le mutandine, subito! Oppure, quella è la porta.”
Cristina iniziò a pensare che il preside fosse davvero. No che non me le avrebbe tolte. Lei ora se ne sarebbe andata. Ma perché voleva che si togliesse le mutandine? Non poteva fare quello che avevano fatto ieri quelli nel cinema.
La sua testa continuava a parlarle, ma le sue mani erano scese in basso, e le mutandine erano scese sino al pavimento.
“Brava Cristina. Adesso, alza bene la gonna e tienila ferma, ora allarga un po’ le gambe. Professore, prego.”
Cristina si stava chiedendo perché stesse facendo tutto quello che le diceva il preside, si sentiva un burattino con lui che muoveva i fili, quando sentì la mano del professore accarezzarla tra le cosce.
Quello la accarezzava e il preside le parlava.
“Cristina, ti dicevo che ieri hai iniziato un percorso che solo tu puoi interrompere. Tu sei giovane, hai una vita davanti e mai nessuno ti dirà quello che sto per dirti io. Il sesso è bello, ma pochi sanno come farlo bene e rovinano molte giovani, come te.
Sai quante donne non sanno tenere un cazzo tra le labbra? Che non sanno controllare i muscoli mentre scopano? Sai quante donne hanno paura del rapporto anale perché il primo che ci ha provato ha fatto loro del male, hanno provato dolore? Tantissime. Se tu seguirai il nostro stage, se otterrai il diploma, non sarai come loro. Alla fine dell’anno scolastico avrai scoperto tutti i segreti perché il sesso sia bello, in tutte le sfaccettature.
Ora lasciati andare sotto le mani sapienti del professore e della mia lingua. Dopo ci segherai e, per oggi, dovrai odorarti le mani per due minuti e tornerai in classe.”
Durante la notte, Cristina non riuscì a chiudere gli occhi nemmeno per un attimo.
Sentiva ancora le mani di quei tre uomini scivolare sul suo corpo mentre le accarezzavano il seno, le toccavano i fianchi e scendevano lì, in quell’angolo del corpo che sino al pomeriggio precedente aveva conosciuto soltanto il suo dito.
Stava provando delle sensazioni come se avesse le loro dita ancora dentro e…si è bagnata, tanto.
Rivedeva la sua mano mentre scorreva sul pisello dell’uomo più giovane.
Lei? Era stata proprio lei a stringerlo nel suo pugno, e a seguire quello che le diceva il professore sino a quando quel giovane non era venuto.
E sempre lei aveva stretto tra le sue mani, il cazzo del professore e quello del vecchio della biglietteria, segandoli nello stesso momento. Le sembrava di averli ancora davanti a sé , stretti tra le sue mani….e si è cercata per regalarsi un orgasmo liberatorio.
Distrutta, ma rinfrancata, la mattina si era preparata come faceva tutte le mattine. Aveva indossato l’uniforme e si era presentata in classe, come tutte le mattine.
Durante la prima ora, non smetteva di guardare a Lucia, seduta tre banchi davanti a lei, e aspettava la fine dell’ora per parlarle, per chiedere e per sapere cosa le sarebbe accaduto se avesse deciso di rivedere quegli uomini.
Lucia era già stata con quegli uomini, questo lo aveva capito. Quindi, era più avanti di lei nel fare le cose a quegli uomini. Ma una ragazza della loro età cosa poteva fare a quegli uomini senza che non le facessero del male? Niente! Doveva parlare con Lucia; lei le avrebbe detto tutto.
Mancava più di mezz’ora alla fine che bussarono ed entrò il bidello: “professoressa, l’alunna Lucia XXX è convocata in presidenza.”
Non era una cosa insolita essere convocate. I motivi erano molteplici: ritardo nelle rette, comportamenti poco consoni ai nsotri standard, calo nei voti. Cristina non si era stupita, vedendo Lucia uscire dalla classe, seguita dal bidello.
La seconda ora stava terminando quando Lucia ha fatto ritorno in classe. Nessuno ci ha fatto caso, nemmeno Cristina, ma la ragazza aveva uno sguardo spento, preoccupato.
Solo per un attimo lo aveva rivolto verso Cristina.
L’ora era finita e Lucia era uscita dalla classe, per andare verso i bagni, ma era stata fermata da Cristina.
“Che c’è? Cosa vuoi?”, le dice scontrosa.
“Io….io voglio sapere di ieri…”
“Ieri? …ieri cosa?” …ha alzato la voce.
Cristina ha risposto sottovoce: “Lucia…scusa… ma ieri, in quel luogo….tu…quegli uomini…il professore..”
e Lucia, questa volta senza urlare, anche lei con un filo di voce “Cristina, ma stai bene? Quali uomini?” Ma non guardava più la compagna, guardava dietro le sue spalle.
Cristina si era girata di scatto.
“Cristina, mi segua in presidenza.” Che poteva fare? Aveva seguito il professore, quello del cinema.
Lo aveva visto bussare, aprire la porta ed entrare dietro di lei.
“Preside buongiorno. Lei è Cristina XXX. Le ho parlato di lei poc’anzi. La ragazza, ieri, si è intrufolata nell’aula C, dov’era in corso la lezione alla stagista Lucia XXX. Dopo un’immediata e breve analisi, ho ritenuto di iscriverla d’ufficio allo stage, livello 0. Le chiedo la ratifica del mio operato.”
“Grazie per la premessa, professore. Cristina io, però, desidero sentire da te cos’è successo ieri. Ti raccomando di essere sincera perché la promessa che ti ha fatto il professore, ieri, è sempre valida. Soltanto, che sarei io a convocarli, lascerei al professore dire che ti ha seguita dentro a quel cinema e che è intervenuto un po’ troppo tardi per portati via.
Oramai, un vecchio si era seduto accanto a te e, mentre lui ti strofinava le sue mani luride sulle tue mutandine, tu gli tenevi il cazzo nella manina e lo stavi segando. Dovrei proporti per una sospensione di due mesi. Ma non capiterà, perché tu ci dirai tutta la verità.”
E Cristina disse tutta la verità. Disse che era rimasta eccitata vedendo la sua compagna alle prese con quegli uomini. Dissse che aveva apprezzato tantissimo le mani che l’avevano cercata e che le avevano regalato i suoi primi orgasmi che non fossero avvenuti grazie alle sue dita. Disse che tenere in mano i cazzi di quei tre uomini l’aveva fatta sentire una brava e che le parole del professore erano sempre state un incoraggiamento. Disse che no, non aveva avuto paura e che si, avrebbe voluto proseguire lo stage.
Il preside ratificò l’operato del professore e fece firmare delle carte alla ragazza. Lei firmò senza leggere nulla.
“Ben Cristina, alzati la gonna e tienila alzata, parli con me, solo se lo fai. Se preferisci non farlo ti giri ed esci.”
La ragazza stralunò. Il preside le stava chiedendo di alzarsi la gonna della divisa, ma era impazzito? Pensò di seguire il suo consiglio e si girò per uscire, ma davanti alla porta c’era il professore che la guardava con gli occhi di rimprovero.
Era tornata sui suoi passi, si era fermata a pochi metri dalla scrivania del preside e le sue mani avevano cercato l’orlo della gonna, portandola verso l’alto. Ma il presidente non sembrava contento del suo fare.
“Cristina, devi alzarla quella gonna. Porta le mani sino all’ombelico. Bene! Ora ci siamo. Resta ferma così tutto il tempo. Professore, lei sa…”
Bastò un cenno di intesa tra i due.
“Cristina, sei stata sincera parlando di ieri. È normale cara e non devi sentirti in colpa con la tua compagna. Alla tua età, la curiosità di conoscere il sesso, in tutte le sue forme, è enorme. Poi, hai reagito bene agli inviti del professore e dei due assistenti ”
Il preside le parlava ma, per essere più chiaro, per impedire che la ragazza, ormai stagista, potesse comprendere male le sue parole, le aveva accompagnate alzando una mano con due dita dritte e leggermente arcuate, muovendola avanti e indietro, mimando un ditalino a due dita.
“Cristina, qualche coetaneo ti aveva già fatto un ditalino?” La ragazza aveva detto di no.
“Bene, meglio così. E tu, avevi già conosciuto un pisello?” Ancora un no. La domanda successiva, aveva turbato Cristina.
“Cristina, nel tuo palazzo c’è il portiere. Oppure ci abita una persona sola, oppure spesso da sola, che sia della mia età o di quella del professore?”
Balbettando Cristina rispose. Nel suo palazzo c’era il portiere che viveva lì, nell’appartamento del custode, con la moglie e i due figli (alla domanda, disse che la moglie era sempre al lavoro e che i figli andavano a scuola) e che sapeva di un signore che viveva solo nell’altra scala.”
“Bene, Cristina. Sarà il professore a farti da tutor, ma tu dovrai intrecciare due rapporti, uno col portiere e uno con quel signore. A loro farai le cose che ti insegneranno il professore e i suoi assistenti. Sono i tuoi compiti per casa. Ogni volta, porterai i video e il professore darà il voto al tuo compito. Non serve diventare rossa, Cristina. Hai firmato un contratto. L’alternativa è quella che conosci. In più faremmo leggere il contratto ai tuoi.”
Cristina era imbambolata. Il portiere? Avrebbe dovuto fare una sega al portiere? E a quello che nemmeno ricordava chi fosse?
“Magnifico, cara. Adesso, togliti le mutandine.” Cosa? Cosa le stava chiedendo?
Il preside la guardava mantenendo una calma glaciale. Per esperienza, sapeva che occorreva imbrigliare le cavalline non ancora domate, ancora selvagge, senza esitazioni, immediatamente. Sapeva che bastava lasciare loro il tempo di respirare e non le avrebbero più controllate.
Per questo, le aveva detto di alzarsi la gonna appena entrata, la ragazza doveva sentirsi sottomessa al suo volere sin dal primo momento. Adesso, occorreva imporre totalmente la sua autorità, e quella del professore.
“Cristina, pensi di avere tutto il tempo che vuoi? Togliti le mutandine, subito! Oppure, quella è la porta.”
Cristina iniziò a pensare che il preside fosse davvero. No che non me le avrebbe tolte. Lei ora se ne sarebbe andata. Ma perché voleva che si togliesse le mutandine? Non poteva fare quello che avevano fatto ieri quelli nel cinema.
La sua testa continuava a parlarle, ma le sue mani erano scese in basso, e le mutandine erano scese sino al pavimento.
“Brava Cristina. Adesso, alza bene la gonna e tienila ferma, ora allarga un po’ le gambe. Professore, prego.”
Cristina si stava chiedendo perché stesse facendo tutto quello che le diceva il preside, si sentiva un burattino con lui che muoveva i fili, quando sentì la mano del professore accarezzarla tra le cosce.
Quello la accarezzava e il preside le parlava.
“Cristina, ti dicevo che ieri hai iniziato un percorso che solo tu puoi interrompere. Tu sei giovane, hai una vita davanti e mai nessuno ti dirà quello che sto per dirti io. Il sesso è bello, ma pochi sanno come farlo bene e rovinano molte giovani, come te.
Sai quante donne non sanno tenere un cazzo tra le labbra? Che non sanno controllare i muscoli mentre scopano? Sai quante donne hanno paura del rapporto anale perché il primo che ci ha provato ha fatto loro del male, hanno provato dolore? Tantissime. Se tu seguirai il nostro stage, se otterrai il diploma, non sarai come loro. Alla fine dell’anno scolastico avrai scoperto tutti i segreti perché il sesso sia bello, in tutte le sfaccettature.
Ora lasciati andare sotto le mani sapienti del professore e della mia lingua. Dopo ci segherai e, per oggi, dovrai odorarti le mani per due minuti e tornerai in classe.”
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